42.
I Limiti
(tradizionali) delle immersioni “ricreative”
Articolo di
Stefano Ruia, tratto dalla rivista “Mondo Sommerso”
Cosa distingue
il subacqueo cd. "tecnico" da quello "ricreativo"? Le numerose bombole? I
chilogrammi di attrezzature? Approfondiamo alcuni aspetti essenziali.
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Tutte le immersioni svolte unicamente per proprio
piacere possono essere classificate come "ricreative", a differenza di
quelle "professionali". Ma anche i subacquei "tecnici" si immergono la
maggior parte delle volte solamente per loro piacere. Quindi dividere
fra subacquea "ricreativa" e "tecnica" è formalmente un errore. Certo
una immersione detta "tecnica" si intende più difficile di una
"ricreativa", anche se entrambe si svolgono solo per piacere. Dobbiamo
quindi definire, nell'ambito delle immersioni ricreative, una divisione,
in base al livello di difficoltà delle stesse. Semplificando
l'argomento, possiamo considerare tre grandi livelli. Il livello più
semplice è quello del subacqueo non autonomo, l'intermedio è quello del
subacqueo autonomo che si immerge nei limiti tradizionali di sicurezza
mentre il più complesso è quello del subacqueo autonomo che si immerge
oltre uno o più di questi. Approfondiamo quindi quali siano i limiti
tradizionali. |
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Immersioni in curva di sicurezza
Certamente il limite più importante (ma anche quello, purtroppo, più
facilmente superato) è la "curva di sicurezza". Alla base delle tecniche
di emergenza insegnate nei corsi di primo livello vi è l'ipotesi che il
subacqueo possa risalire in ogni istante direttamente in superficie.
Certo l'insegnamento della risalita di emergenza controllata nuotando
perde di valore se il subacqueo deve ancora effettuare venti minuti di
decompressione! Quindi se si intende superare anche di un solo minuto la
curva di sicurezza, si ricade nell'immersione tecnica, che obbliga a
pianificare il profilo della stessa, il programma di decompressione (con
gli eventuali programmi di emergenza) e persino la configurazione di
attrezzature necessaria per risolvere eventuali problemi. Immaginate un
esaurimento d'aria od un'improvvisa interruzione della sua erogazione a
causa, per esempio, dell'ostruzione del tubo di pescaggio. Cosa potreste
fare se non avete una riserva di aria separata e dovete ancora fare
decompressione? Nessuna configurazione tradizionale adottata dai
subacquei permette individualmente di risolvere questo problema, se non
affidandosi completamente al compagno. E cosa si può fare se è
necessario effettuare la decompressione, c'è corrente e non si trova più
la cima di risalita? Dovrete disporre di mulinello e pallone. Ecco
quindi che superare il limite della curva di sicurezza impone di avere a
disposizione riserve di gas, attrezzature speciali e di pianificare
accuratamente il consumo. Se si vuole prolungare la permanenza sul fondo
basta usare Nitrox al posto dell'aria.
L'accesso diretto alla superficie
Un corollario alle immersioni in curva di sicurezza è quello
dell'accesso diretto alla superficie. Lo scopo di rimanere nei limiti
della curva di sicurezza è quello di garantire un'immediata risalita
diretta alla superficie. Ovvio quindi che se siamo penetrati nei meandri
di un relitto o di una grotta e non vediamo più l'uscita, non siamo in
grado di raggiungere la superficie direttamente, anche se la profondità
alla quale ci troviamo è solo di pochi metri! Per questo in USA si distingue
fra immersioni in grotta ("cavern diving"), cioè negli antri illuminati
dalla luce solare, ed immersioni speleosub ("cave diving"), cioè in
anfratti od in zone buie. Oltre all'ampiezza dei passaggi, l'elemento
chiave è che il subacqueo in difficoltà possa raggiungere la superficie
seguendo solo la direzione della luce.
Il
sistema di coppia
Un altro fondamento delle tecniche didattiche di tutti i corsi iniziali
è l'utilizzo del sistema di coppia. In genere durante i corsi è data
molta enfasi all'attuazione di questo sistema durante la vestizione od
il controllo delle attrezzature. È altrettanto (abbiamo qualche timore
nello scrivere un più realistico "molto più") importante dare enfasi
all'applicazione delle regole del sistema di coppia in acqua! Quante
volte si vedono due compagni d'immersione nuotare a discreta distanza
fra loro? E pensare che bisognerebbe sempre restare a portata di
braccio! L'immersione solitaria ("solo-diving") è un'attività non molto
più rischiosa di quella in coppia, se praticata con le dovute tecniche.
Si tratta tuttavia di tecniche non insegnate nei corsi tradizionali,
quale ad esempio l'uso della maschera granfacciale per evitare di annegare in caso
di crisi iperossica.
Una
sola miscela
Un altro limite tradizionale delle immersioni "ricreative" è quello dell'utilizzo di una sola miscela
respiratoria, con percentuale di ossigeno fra il 21% ed il 40% e PPO2
massima di 1,4 bar, per tutta l'immersione. Una sola miscela
respiratoria impedisce di commettere errori e quindi di trovarsi in
situazioni pericolose, per esempio respirare la miscela errata per la
profondità alla quale ci si trova. La percentuale di ossigeno superiore
al 21% garantisce contro la possibilità di ipossia, una situazione
pericolosissima per via della rapidità di azione. La percentuale fino al 40% consente
invece di non applicare
particolari precauzioni nella gestione dell'ossigeno e delle
attrezzature. Inoltre, insieme al limite di 1,4 bar per la PPO2, ci
permette di evitare approfonditi calcoli di esposizione ai diversi gas.
Per considerare l'esposizione ai gas inerti si utilizzano, infatti,
tabelle precalcolate o computer d'immersione. Mantenendo l'ossigeno
sotto il 40% sono
possibili tre immersioni di un'ora ogni giorno, quindi i calcoli
dell'esposizione a questo gas non sono più necessari. Nelle immersioni
"tecniche", si utilizzano invece percentuali e pressioni parziali di
ossigeno superiori, obbligando ad un dettagliato calcolo
dell'esposizione a questo gas.
La
profondità
Un altro limite tradizionale è la massima profondità di 40 metri. In
questo caso tuttavia la motivazione del limite non è ben definita. Se
infatti si considerano i 40 metri come distanza da percorrere per
tornare in superficie, sarebbe più raccomandabile un limite inferiore,
intorno ai 30 metri. Se invece si ritiene che il limite sia dovuto
alla possibilità di un alto grado di narcosi da gas inerte, sarebbe
opportuno definirlo con la pressione parziale di azoto (PPN2) o, meglio, con la
pressione equivalente ad aria (EAD = equivalent air depth). Infatti se usassimo una miscela di
ossigeno, azoto ed elio, potremmo tranquillamente svolgere immersioni a
40-45 metri, con un grado di narcosi paragonabile a quello dei 30 metri
ad aria. Ovvio comunque che una immersione a 80 metri, anche se svolta
con una miscela tanto ricca di elio da essere paragonata ai 30 metri ad
aria, resta comunque una immersione difficile e ben oltre la portata dei
subacquei tradizionali! In questo caso tuttavia ci viene in aiuto il
limite della curva di sicurezza, che scatterebbe ben prima di aver
raggiunto gli 80 metri.
Sistema aperto
Un altro limite è quello posto dall'utilizzo di un sistema a circuito
aperto. Immergersi con un rebreather richiede un particolare
addestramento, per via dei potenziali alti rischi di ipossia
(soprattutto) od iperossia. Ciò vale sia per i fantastici apparecchi
chiusi, sia per i meno vantaggiosi semi-chiusi che oggi si stanno
diffondendo.
Condizioni ambientali accessibili
L'ultimo limite è posto dalle condizioni ambientali. Immergersi con una
fortissima corrente, in un fiume, con visibilità nulla, sotto i ghiacci,
con forti onde richiede tecniche specifiche, che non sono insegnate o
sufficientemente approfondite nei corsi tradizionali.
Immersioni fuori curva
Ora abbiamo ben
definito la divisione fra immersioni sportive tradizionali "ricreative" ed immersioni
"tecniche". Adesso chiariamo meglio il concetto di "immersione
fuori curva". Per poterci immergere fuori curva dobbiamo per prima cosa
analizzare attentamente i fattori che riducono la possibilità di
incorrere in situazioni pericolose: la preparazione individuale, le
attrezzature, le tecniche e la pianificazione.
Fra
immersioni al limite di curva e immersioni fuori curva la differenza è,
dal punto di vista fisico e fisiologico, molto scarsa. La separazione
fra i due tipi d’immersione è fatta da esseri umani, i ricercatori; per
semplificare il compito di altri esseri umani, coloro che s’immergono,
che in genere sono poco avvezzi a trattare il calcolo delle probabilità.
Tuttavia l’opera di chi effettua materialmente questa separazione,
determinando la "curva di sicurezza", ha una grandissima influenza sul
modo in cui i subacquei s’immergono. Le tecniche e le configurazioni di
attrezzature tradizionalmente utilizzate nella subacquea ricreativa sono
infatti applicate dai subacquei coscienziosi solo fino al limite della
curva di sicurezza. Quando prevedono di superare, anche di un solo
minuto, tale limite, gli stessi subacquei adottano le procedure delle
immersioni tecniche, che obbligano a pianificare il profilo, il
programma di decompressione (con gli eventuali programmi di emergenza) e
persino la configurazione di attrezzature necessaria per risolvere
eventuali problemi. Non farlo sarebbe un grave errore poiché tutto il
tempo che passiamo in immersione oltre il limite di curva
(decompressione compresa) è, come vedremo, una situazione ad altissima
pericolosità se affrontata con tecniche e attrezzature tradizionali
delle immersioni ricreative. Applicare invece queste procedure anche
alle immersioni in curva non è affatto un errore. Lo diventa se esse
sono applicate pedissequamente, senza il necessario adattamento alla
diversa situazione. Scendere con due bombole separate, quattro
erogatori, due manometri, ecc. ecc., per un’immersione in coppia, entro
i limiti di curva e a 20 metri di profondità, non è più sicuro di
scendere con un monobombola e l’octopus. Anzi! L’eccesso di peso e
l’impaccio dovuto al grande volume occupato in acqua (con una maggiore
resistenza idrodinamica), aumenteranno i rischi d’incorrere in un
incidente, senza offrire molti vantaggi in più.
La bilancia vantaggi-svantaggi
Qualunque tecnica o procedura utilizziate dovrete attentamente valutarne
i vantaggi e gli svantaggi, fino a decidere quale, fra le diverse
alternative possibili, sia più "redditizia". Questa valutazione non può
essere assoluta, cioè unica per tutte le situazioni. In effetti ogni
tecnica, procedura e attrezzatura offre vantaggi (e svantaggi) diversi
se posta in atto in situazioni diverse. L’unica attrezzatura che ci sarà
sempre utile è una mente razionale, con un buon bagaglio di conoscenze
ed esperienza e ben funzionante! È lei infatti a permetterci di
effettuare correttamente le valutazioni.
Il processo «what if…?»
Una corretta preparazione impone l’utilizzo di un processo che gli
americani hanno chiamato «what if…?» e che noi potremmo chiamare «come
posso comportarmi se succede che…?». Ipotizzando più situazioni
possibili e rispondendo alla domanda, e a tutte le ulteriori domande che
discendono direttamente dalla nostra risposta, saremo in grado di
scegliere meglio procedure, tecniche e configurazione delle
attrezzature. Non è possibile dividere questi tre elementi in quanto
alcune risposte obbligano a passare da uno all’altro. Infatti alcune
duplicazioni eccessive, per esempio di una particolare attrezzatura,
possono essere ridotte grazie a procedure particolari, come tipico delle
immersioni ricreative con l’applicazione del sistema di coppia. Per
preparare egregiamente un’immersione, bisogna ipotizzare che succedano
le situazioni più strane, applicando il principio, stavolta tutto
italiano, del «la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo».
Un esempio pratico
Immaginiamo di volere effettuare un’immersione fuori curva a 30 metri di
profondità. Per esempio perché intendiamo restare sul fondo parecchio
tempo o, più semplicemente, perché siamo penalizzati dalle immersioni
precedenti. Praticamente le due situazioni si equivalgono, ma solo in
apparenza (infatti potrebbe essere diverso il tipo di muta scelto ed è
sicuramente diverso il consumo di aria!). Ad un certo punto potremmo
trovarci in una situazione di esaurimento d’aria od un’improvvisa
interruzione della sua erogazione a causa, per esempio, dell’ostruzione
del tubo di pescaggio. Cosa possiamo fare? Nessuna configurazione
ricreativa tradizionale adottata dai subacquei permette individualmente
di risolvere questo problema: è necessario affidarsi al compagno.
L’unica veramente valida è quella di disporre di una bombola
completamente separata, con i suoi accessori (il così detto "pony
tank"). Nel caso della subacquea ricreativa ci si può permettere di
affidare la duplicazione della bombola al compagno, utilizzando, grazie
al sistema octopus la sua. Infatti cosa succederebbe se non lo
trovassimo subito vicino a noi (ricordate che la sfiga ci vede
benissimo)? Potendo tornare subito in superficie, possiamo effettuare
una risalita di emergenza. Ma se dobbiamo ancora fare decompressione la
risalita di emergenza ci pone in gravi rischi, a meno che non siamo
proprio sotto la barca e prima di scendere abbiamo predisposto una
bombola di riserva alla giusta profondità. È molto più sicuro quindi
portare la bombola di riserva, magari di capacità limitata, con noi in
immersione. In definitiva ad un problema di equipaggiamento abbiamo
sopperito nel primo caso con una procedura, nel secondo con una
duplicazione di attrezzatura.
Ridondanza e duplicazione
Abbiamo così incontrato due importanti elementi che ci aiutano a
programmare correttamente le nostre immersioni: la ridondanza e la
duplicazione. Sebbene in italiano «ridondante» sia sinonimo di
«superfluo», per i subacquei tecnici significa che più sistemi assolvono
alla stessa funzione. In entrambi i casi prima esaminati si aveva una
ridondanza di funzione: nel primo caso affidata alla procedura del
sistema di coppia, nell’altro a una duplicazione di equipaggiamento (per
sopperire alla possibile separazione dal compagno).
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