23. BEST MIX E BEST
DIVE
di Andrea
Neri
www.andreaneri.net
- Instructor Trainer Mixed Gas Diving UTR
www.utrdivers.it
La "filosofia"
UTR: a best-diver uses only the best-mix!
"What is the
best-mix for the dive that i'm planning?"
Lucido, preciso,
tagliente.... un articolo bellissimo da leggere davvero sino in fondo!!
(Marcello Polacchini)
Immersione profonda: Aria, Nitrox o Trimix?
Scopo di
questo articolo è evidenziare come la continua diffusione
dell’immersione profonda con decompressione, e le annesse diversità
didattiche, ponga importanti interrogativi riguardo al concetto di
sicurezza dei gas respirati in profondità.
Diversamente dal settore ricreativo, quello delle immersioni tecniche è
decisamente più eterogeneo riguardo alle metodiche e all’attrezzature da
impiegare.
Il primo effetto di queste diversità è la nascita di diffidenze in tutti
quei subacquei che non hanno le conoscenze necessarie per fare
distinzioni, pertanto sorgono spontanee perplessità o convinzioni che
l’immersione profonda non sia ancora ben conosciuta, e quindi non
sicura.
Il secondo effetto ha origini meno scientifiche e più... affettive.
Il riferimento è a coloro che iniziano il loro percorso di formazione
per immersione profonda in base alla stima, all’amicizia o per semplice
fidelizzazione a un dato istruttore, a una scuola o a un dato sistema,
presuppongono inconsciamente che non esistono metodi migliori e più
sicuri di quello a loro proposto.
Aprendo i manuali delle varie didattiche ricreative si può assumere,
tranne rare eccezioni, che i sistemi e gli esercizi non si differenziano
tra loro in modo sostanziale.
Le stesse tabelle di immersione ufficiali pur generate da algoritmi
diversi hanno una convergenza di dati che divengono quasi speculari
nelle immersioni oltre i venti metri di profondità con differenze
irrilevanti.
Si potrebbe quindi sostenere con alte percentuali di esattezza, che nel
settore ricreativo le tecniche di immersione sono convergenti.
Nei manuali delle didattiche tecniche vi sono invece metodi con
differenze più significative, alcune delle quali non possono non
impressionare chi vi si approccia per la prima volta e da qui emergono,
logicamente, le perplessità e le diffidenze alle quali si è fatto
riferimento poc’anzi.
Queste differenze non si limitano solamente alla codificazione degli
equipaggiamenti da utilizzare (altra diversità dal settore ricreativo)
ma anche e soprattutto alla scelta di ciò che deve essere respirato
(aria? nitrox? trimix?) e con quale metodo debba essere eseguita la
relativa decompressione.
«Non conosco subacquei che si siano limitati a scendere solo a quote molto
modeste»
È una frase presente nella premessa di un libro sull’immersione profonda
edito nel 1980. Anche se generalizza un comportamento, quella frase
indica una verità che era attuale negli anni ’80 ma che lo è ancor di
più venti anni dopo.
Lo è di più perché oggi sono disponibili attrezzature più affidabili, e
le conoscenze sull’immersione profonda sono aumentate in modo
vertiginoso.
L’avvento di
Internet
con i suoi numerosi link e siti dedicati alle immersioni con
decompressione, offre molti spunti di riflessione anche se nello stesso
tempo, rappresenta un pericoloso labirinto informatico in quanto possono
essere alimentati opinabili sistemi autodidattici.
La comparsa delle didattiche tecniche ha demolito concetti, e in alcuni
casi veri e propri miti, avversi all’immersione profonda con
decompressione.
L’avversità alle immersioni con decompressione è stata enfatizzata per
molti anni dalle stesse didattiche ricreative, salvo poi tornare sulle
proprie decisioni probabilmente proprio in virtù dello sviluppo delle
conoscenze.
Nonostante il dissenso filosofico, deontologico o altro verso le
immersioni profonde, quest’ultime sono state sempre eseguite adottando
criteri e metodi che potevano essere condivisi venti anni fa, ma non
oggi.
Prendendo atto che le immersioni profonde con decompressione sono state
fatte, sono fatte e saranno fatte, è di fatto moralmente obbligatorio
per il subacqueo attento alla sicurezza, compiere aggiornamenti,
sviluppare conoscenze e se necessario, mutare abitudini.
Ma è quest’ultimo aspetto il maggior freno all’evoluzione, vediamone
alcuni aspetti.
«Mi sono immerso sempre così
senza avere problemi, perché dovrei cambiare abitudini?»
Questa frase non è prelevata da un libro sull’immersione profonda, non è
nemmeno stata raccolta da qualche autorevole relazione.
Essa appartiene al modo di pensare di una tipologia di subacqueo tuttora
presente, e che periodicamente risuona nelle discussioni.
Se si desidera non mentire a se stessi, quella frase non è altro che la
celebrazione della pigrizia mentale, connessa in modo stabile alla
presunzione, quest’ultima titanico problema con il quale spesso debbono
confrontarsi gli istruttori e le guide subacquee.
Se si accetta l’ipotesi che le immersioni con decompressione abbiano
avuto forti sviluppi negli ultimi anni, è intuitivo considerare che tali
sviluppi materializzano modifiche più o meno rilevanti nelle tecniche di
immersione, e allora perché restare ancorati a sistemi e attrezzature
precari?
Affermare di essersi sempre immersi in un dato modo «senza
avere problemi», non significa automaticamente che quel
sistema non necessita migliorie; molti subacquei si sono immersi per
anni senza gav e senza computer «senza
avere problemi».
Il
best-diver e la best-mix
È naturale che ad ogni diver sia gradito essere considerato un bravo
subacqueo o qualcosa di più: un best-diver.
Per essere un best-diver però, non è sufficiente disporre di un’ottima
attrezzatura, di un’evidente acquaticità, d’esperienza ed aver
frequentato corsi di formazione.
Per essere un buon subacqueo è richiesta un ulteriore caratteristica:
respirare le best-mix, ma cosa significa best-mix?
Per Best-Mix deve intendersi una data miscela respiratoria i cui gas
componenti non superano precisi limiti di pressioni parziali alla
massima profondità programmata.
In altre parole, la best-mix è una miscela respiratoria le cui
percentuali dei gas che la compongono, sono stabilite dal subacqueo in
fase di pianificazione.
Le percentuali stabilite rispetteranno precisi valori di pressione
parziale dell’ossigeno e dell’azoto sul fondo e dell’elio se è il caso.
Tutto ciò significa gestire le miscele e non essere gestite da loro.
Il concetto base si racchiude in una semplice domanda che deve porsi
l’aspirante best-diver: «Quale è la
migliore miscela da respirare per l’immersione che voglio fare?»
Se il subacqueo si pone questa domanda si renderà presto conto che
l’aria diventa il peggiore gas da respirare in assoluto, che il nitrox
ha forti limiti di profondità operativa, che per fare immersioni
profonde occorre il trimix ma c’è un piccolo problema: per rispondere
con esattezza a questa domanda occorre un bagaglio di conoscenze
rilevante.
A questo punto il lettore potrebbe chiedersi come ottenere le conoscenze
«giuste» in modo da poter disporre di un bagaglio tecnico rilevante.
Per giungere alle conoscenze giuste occorre studiare anche ciò che si
ritiene errato, chiedersi quali siano i motivi per i quali si sostengono
teorie contrarie alle proprie convinzioni, occorre liberarsi dai
preconcetti ma soprattutto, occorre mettere in discussione ciò che si
ritiene corretto al momento presente perché potrebbe non esserlo più il
giorno dopo.
Nel caso delle immersioni subacquee lo sforzo di giungere a conclusioni
certe è reso maggiormente complicato dall’innumerevoli variabili
fisiologiche individuali, che mal si adattano ai calcoli generati dagli
algoritmi decompressivi.
Nonostante l’asincronia tra fisiologia e matematica, molti aspetti
dell’immersione subacquea sono ben conosciuti tra i quali vi sono le
proprietà tossiche dell’ossigeno e dell’azoto respirati in iperbaria.
Ossigeno
e Azoto, amici o nemici?
L’immersione subacquea presenta alcuni rischi, l’immersione subacquea
profonda ne presenta di più, questo lo sanno tutti.
I rischi maggiori non sono determinati dalle abilità tecniche del
subacqueo.
Per imparare a immergersi esistono i corsi e gli esercizi, i rischi
maggiori sono quelli che non si osservano materialmente con gli occhi
perché si muovono all’interno del proprio corpo, e cioè i gas con i loro
effetti chimico/fisici direttamente proporzionali alla pressione
ambiente e al tempo di permanenza.
Tuttavia, come sopradescritto, le proprietà tossiche dei principali gas
respirati nelle immersioni (ossigeno e azoto), sono ben conosciute e
questo è molto importante per l’aspirante best-diver.
Per stabilire la migliore miscela per la propria immersione occorre
avere bene in mente i significati di pressione parziale e di Narcosi
Equivalente ad Aria (END = equivalent narcosis depth).
Prima di parlare di tutto ciò occorre fare alcune considerazioni.
L’ossigeno è un gas vitale, senza ossigeno l’uomo non potrebbe vivere,
tuttavia l’ossigeno se respirato a pressioni elevate diventa tossico e
può condurre a noti incidenti, per cui diventa importante stabilire
precisi limiti della pressione massima dell’ossigeno da poter respirare.
Il nitrox usato nelle immersioni ricreative e tecniche è una miscela
dove la percentuale dell’ossigeno è ben superiore al 21% presente
nell’aria.
Aumentando la percentuale dell’ossigeno diminuisce proporzionalmente
quella dell’azoto e considerando che è l’azoto il gas che determina i
limiti di non decompressione di ogni tabella d’immersione e computer
subacqueo, diventa facile capire il grande vantaggio del nitrox, ma
facciamo un passo indietro e torniamo alla tossicità dell’ossigeno.
Via via che aumenta la percentuale dell’ossigeno nella miscela nitrox,
parallelamente aumenta la forza (pressione parziale) del gas e il
subacqueo deve calcolarne i limiti in atmosfere assolute che respirerà
alla massima profondità.
Per saperlo basta moltiplicare la percentuale del gas per la pressione
assoluta; esempio: la pressione parziale dell’ossigeno presente a 30
metri respirando nitrox con il 32% di ossigeno sarà 1,28 ata (0.32 x 4
= 1,28).
A questo punto diventa importante stabilire quale sia il limite massimo
di pressione parziale dell’ossigeno in modo da evitare gli effetti
tossici ad esso collegati, ma quali sono e cosa fanno gli effetti
tossici dell’ossigeno?
La
tossicità bivalente dell’Ossigeno
Le respirazione di miscele con alte frazioni di ossigeno può portare a
due differenti forme di intossicazione: l’intossicazione al sistema
nervoso centrale e l’intossicazione polmonare ambedue note come Sindrome
di Paul Bert e Sindrome di Lorrain-Smith.
Per molti anni le immersioni nitrox hanno avuto nella NOAA il punto di
riferimento principale. I limiti NOAA prevedono immersioni nitrox fino a
una pressione parziale dell’ossigeno di 1,6 bar, ma nel tempo molte
didattiche ricreative e tecniche hanno abbassato tale valore a 1,4 bar.
La riduzione della massima pressione parziale dell’ossigeno da 1,6 bar a
1,4 bar è dovuta essenzialmente dall’obiettivo di limitare il grado di
tossicità al sistema nervoso centrale.
La tossicità del sistema nervoso centrale (Central Nervous Syndrome o
CNS%O2) o sindrome di Paul Bert descrive i segni/sintomi di
questa particolare forma di tossicità che trova nelle convulsioni il suo
massimo stadio di gravità.
La sindrome di Paul Bert è determinata dal tempo al quale permane il
diver a una, solitamente elevata, pressione parziale dell’ossigeno.
Proprio per questo motivo, nonostante i limiti NOAA siano affidabili, le
didattiche ufficiali hanno ulteriormente ridotto tali limiti portando la
sicurezza delle immersioni nitrox ad alti livelli di affidabilità.
In ogni caso è opportuno precisare che il valore di 1,6 bar della PO2
(pressione parziale ossigeno) è rimasto immutato nelle miscele usate per
eseguire decompressioni e non immersioni tradizionali.
In un primo momento si può dedurre che riducendo la percentuale
dell’azoto si riduce conseguentemente il potere narcotico di questo gas
e in parte è vero.
Alcuni studi e teorie però, sostengono l’azione sinergica dell’azoto con
l’ossigeno riferita agli effetti narcotici, ma di questo si rimanda il
lettore alla lettura del box dedicato alla narcosi. L’azoto è quindi un
gas «scomodo» per l’immersione: crea problemi per i tempi di permanenza
e crea problemi di narcosi, nonostante queste caratteristiche
indubbiamente negative dell’azoto, occorre precisare che questo gas è
importante per la sopravvivenza umana in quanto non sarebbe possibile
vivere respirando solo ossigeno perché l’ossigeno puro determinerebbe
nel tempo patologie al territorio polmonare quali l’ispessimento della
membrana alveolare, danni al surfactante, fibrosi, fenomeni atelectasici.
Queste problematiche sono prevenute attraverso un sistema di
valutazione/prevenzione chiamato OTU (Oxygen Tolerance Unit) che
permette al subacqueo di pianificare in sicurezza le proprie immersioni.
Al fine di non diffondere falsi allarmi è doveroso precisare che per
raggiungere livelli OTU di attenzione, occorrono fare immersioni che
nello stesso ambiente tecnico subacqueo sono definite molto impegnative
o estreme.
La
narcosi da azoto
Molti incidenti subacquei, anche mortali, sono causati dalla narcosi da
azoto. Purtroppo la narcosi ha una caratteristica speciale, quella di
lasciare gli effetti drammatici della sua azione, ma non le tracce che
portano alla sua identificazione.La narcosi ha le qualità per essere un
perfetto serial-killer in quanto colpisce senza lasciare mai le proprie
«impronte digitali». Pallonate da profondità che generano
sovradistensioni polmonari o embolie, esaurimento dell’aria sul fondo,
comportamenti tecnici inammissibili e annegamenti, spesso sono solo la
risultante di questo particolare incidente.
La Narcosi da Azoto è giustamente descritta come una specie di ebbrezza
alcoolica, un’alterazione delle proprie facoltà mentali che conduce a
comportamenti irrazionali senza esserne consapevole.
Come in ogni fenomeno di ebbrezza, la vittima non ha la lucidità
sufficiente per capacitarsi del proprio stato nello stesso modo in cui
l’ubriaco non capisce come mai non riesce a infilare una chiave nella
serratura della porta di casa.
La differenza sostanziale tra un ubriaco e un sub in narcosi è che
l’ubriaco può anche addormentarsi davanti alla propria porta di casa, il
sub invece, se si addormenta non si risveglia.
Leggende
metropolitane
Ancora oggi vi sono subacquei che ritengono di poter gestire la narcosi
da azoto allo stesso modo in cui chi ha «alzato troppo il gomito» è
convinto di poter guidare la propria auto in sicurezza.
La
narcosi non si gestisce, si subisce!
Questo deve essere ben chiaro, e se non appena avvertiti i primi segnali
non si risale immediatamente a quote nettamente inferiori, le
possibilità di un grave incidente sono elevate, per cui, se si vuole
parlare di sicurezza, vera, reale, e non pittoresca, occorre prendere
atto che la narcosi è bene che non ci sia.
La capacità di saper gestire la narcosi da azoto fa parte di una delle
molteplici e variopinte leggende metropolitane, più preoccupanti da
ascoltare.
Purtroppo la convinzione di saper gestire la narcosi da azoto non
alberga solo nella mente dei subacquei sportivi, ma anche in quella di
alcuni istruttori e metodi didattici, onde per cui il problema non solo
non è risolto, bensì alimentato.
La narcosi non si manifesta con un segnale dal proprio computer, da una
lampadina che si accende o da una lancetta troppo bassa; la narcosi non
si monitorizza, viene e basta.
Fortunatamente la narcosi da azoto si manifesta per gradi, non in modo
violento e inaspettato, per cui il sub può avere alcuni segnali
premonitori che indicano l’avvicinarsi di questo problema e iniziare
subito la risalita; la difficoltà consiste nel saper decifrare questi
segni premonitori, nel «sapersi ascoltare» dote che matura con
l’esperienza, ma perché convivere o «allenarsi» con la narcosi quando la
si può evitare?
Quante vittime da narcosi occorrono per convincersi che la narcosi deve
essere evitata con un’adeguata prevenzione?
A questo punto si potrebbe affermare che il nitrox può essere un mezzo
per scendere in profondità in quanto riducendo l’azoto si riduce
proporzionalmente la narcosi.
Non è del tutto esatto perché in profondità bisogna fare i conti con la
PO2 (tossicità dell’ossigeno) e l’anidride carbonica per cui
se si vuole ridurre in modo consistente l’azoto di contro si innalzerà
pericolosamente proprio la percentuale dell’ossigeno e automaticamente
la sua pressione parziale.
Divertiamoci a fare qualche esempio con vari tipi di nitrox.
Nitrox a
confronto
Per conoscere la massima profondità che si può raggiungere con una data
miscela nitrox basta applicare la legge di Dalton rappresentata qui di
fianco e cioè si moltiplica la frazione del gas (in questo caso
l’ossigeno) per la pressione totale o ambiente.
Per il nostro confronto useremo i limiti di PO2 1,4 e 1,6 bar
e tre miscele nitrox campione: Nitrox27, Nitrox30, Nitrox32. Massima
profondità raggiungibile con 1,4 bar di PO2
Il Nitrox27 ha una massima profondità operativa di 41 metri. (1,4 :
0,27 = 5,185 ata). Il Nitrox30 ha una massima profondità operativa di 36
metri. (1,4 : 0,30 = 4,666 ata). Il Nitrox32 ha una massima profondità
operativa di 33 metri. (1,4 : 0,32 = 4,375 ata). Massima profondità
raggiungibile con 1,6 bar di PO2
Il Nitrox27 ha una massima profondità operativa di 49 metri. (1,6 :
0,27 = 5,925 ata). Il Nitrox30 ha una massima profondità operativa di 43
metri. (1,6 : 0,30 = 5,333 ata). Il Nitrox32 ha una massima profondità
operativa di 40 metri. (1,6 : 0,32 = 5,000 ata).
Come si può notare per superare di alcuni metri i normali limiti delle
immersioni ricreative ad aria stabiliti a 40 metri, occorre esporsi a
una maggiore PO2 e in termini di riduzione di narcosi i
vantaggi sono scarsamente significativi.
Pensiamo sia chiaro quindi che il Nitrox non è una best-mix per fare
immersioni profonde, mentre diventa una miscela magnifica, una vera
best-mix per immersioni da 1 fino a un massimo di 30/35 metri.
Ma cosa c’è di meglio del nitrox e dell’aria per fare immersioni
profonde?
Immersione profonda: il regno del Trimix
Il trimix per le immersioni subacquee è una miscela sintetica di
respirazione (come del resto lo è il nitrox) composta da tre gas:
ossigeno, azoto ed elio.
Il trimix è impiegato nelle immersioni profonde e/o di rilevante
permanenza sul fondo in modo da non subire alcun effetto della narcosi
da azoto e quindi prevenire il più grande pericolo della deep-diving.
Nell’immersione profonda non esiste spazio per l’aria. L’aria può
condurre alla narcosi da azoto in poco tempo e lo stesso azoto è un gas
che durante le fasi di decompressione l’organismo tollera meno
agevolmente rispetto all’elio.
Per cui, una volta accertata la pericolosità della narcosi da azoto,
l’unico modo per ridurla in modo significativo è detrarre importanti
quantità di azoto dalla miscela che sarà respirata in profondità,
sostituendole con un altro gas dal potere narcotico quasi nullo: l’elio
appunto.
Ecco quindi nascere il trimix: ossigeno, azoto + elio.
Con il trimix il sub deve gestire le proprietà di tre gas, per cui
diventa indispensabile un addestramento graduale.
Un addestramento graduale consente però di immergersi con consapevolezza
di quello che si sta facendo e di stabilire con cognizione di causa
quante «dosi» di elio, di ossigeno e di azoto inserire nel proprio
trimix.
Con il trimix il subacqueo può decidere in anticipo quale sarà il
livello di narcosi generato dalla sua miscela trimix alla massima
profondità e anche la massima PO2 per controllare la
tossicità dell’ossigeno.
Si tratta del concetto della END riferita naturalmente alla pressione
parziale dell’azoto. Facciamo un altro esempio.
Un sub decide di immergersi a 70 metri ed avere un livello di narcosi
uguale a quello che avrebbe respirando aria a soli 20 metri, oltre a
questo il sub desidera respirare sul fondo una miscela la cui PO2
non superi 1,2 bar, quali saranno le percentuali dei gas della sua
miscela trimix?
Anche in questo caso si ricorre al «rombo» di Dalton. A 20 metri
respirando aria la pressione parziale dell’azoto (PN2) è 2,37
ata e questa sarà la PN2 dell’azoto nel trimix a 70 metri. A
70 metri ci sono 8 ata di pressione per cui per conoscere la percentuale
dell’azoto nel trimix occorre eseguire 2,37 : 8 = 0,296 (FN2)
Passiamo adesso all’ossigeno.
Il sub ha fissato il limite della PO2 a 1,2 bar e deve
pertanto determinare la frazione dell’ossigeno del suo trimix che a 70
metri non superi 1,2 bar di pressione parziale.
Per conoscere la frazione o percentuale dell’ossigeno del trimix in
oggetto si ricorre nuovamente al «rombo» di Dalton:
F= Pp : Ptot che applicando all’ossigeno fa 1,2 : 8 = 0,15 (FO2
).
A questo punto il giuoco è fatto perché il subacqueo conosce le frazioni
dell’azoto e dell’ossigeno, quella dell’elio sarà data per differenza,
vediamo come.
La frazione dell’azoto è 0,296 (si arrotonda a 0,30), la frazione
dell’ossigeno è 0,15 per cui sommando le due frazioni (0,30 + 0,15 =
0,45) rimane da conoscere quella dell’elio che sarà data da 1 – 0,45 =
0,55. Il trimix (best-mix) per l’immersione pianificata dal sub sarà un
15/30/55 (15% di ossigeno,30% di azoto, 55% di elio).
Sembra difficile? Si, come ogni cosa che non si conosce.
Toccata
e fuga
Con un po’ di malizia, cominciamo adesso a frugare nei cassetti nascosti
di una specifica fascia di subacquei profondisti: le immersioni
ping-pong o a rimbalzo.
Queste immersioni sono quelle dove il sub permane alla massima
profondità per pochi, esigui minuti o ancor meno, sufficienti tuttavia a
far memorizzare sul proprio computer la massima profondità raggiunta.
L’obiettivo di queste immersioni è principalmente quello di poter
dimostrare a se stesso, ma soprattutto agli altri, di essersi immerso a
profondità ragguardevoli onde per cui di essere un sub di quelli «veri»,
meritevole di rispetto.
Occorre precisare che pur non approvando questo sistema di
autocelebrazione, lo preferiamo a quello dove il sub realizza tempi di
fondo maggiori usando l’aria quale gas respiratorio in quanto in
quest’ultimo caso, il rischio dell’incidente è nettamente più alto di
quello delle immersioni a rimbalzo.
Per i motivi sopradescritti, le immersioni profonde definibili come una
semplice toccata e fuga dalla profondità sono molto praticate, anche se
difficilmente ammesse.
Ai sub che amano vantarsi di immersioni «di quelle vere» occorrerebbe
chiedere di poter visionare il grafico dell’immersione scaricabile dal
computer subacqueo e siamo certi che avremmo piccole sorprese e/o grandi
delusioni o più probabilmente, non sarebbe mostrato.
L’aria profonda o la deep-air diving è stata una pratica usata per molti
anni, ma le conoscenze attuali indicano che tale disciplina non è la più
sicura.
Il trimix consente tempi di permanenza sul fondo con il subacqueo in
condizioni mentali di elevata lucidità, inavvicinabili con l’aria o con
il nitrox.
Pensiamo per un attimo a un’emergenza in profondità: quali possono
essere le reazioni di un subacqueo che si immerge con aria e pertanto
innegabilmente condizionato dalla narcosi da azoto?
Pensiamo per un attimo che l’emergenza non avviene appena giunti sul
fondo ma dopo minuti e minuti di permanenza e di conseguenza pensiamo
quale possa essere il livello di lucidità che fa individuare
immediatamente al subacqueo le azioni di emergenza più corrette.
Se pensiamo a questo e condividiamo ancora l’uso dell’aria come gas da
respirare nelle immersioni profonde, si deve cessare di discutere sulla
prevenzione e sulla sicurezza.
È semplicemente inaccettabile che si possa pianificare un’immersione
nella quale è implicita l’esposizione ad elevate pressioni parziali
dell’azoto.
Se si desidera eseguire immersioni profonde occorre avere
l’addestramento, le attrezzature e le conoscenze adeguate, altrimenti
non debbono essere fatte.
I tempi sono cambiati, le immersioni profonde ad aria, con il monostadio
e con il cestello pieno di pietre sono documentate con pellicole in
bianco e nero, non in DVD.
Abbiamo affetto e ammirazione per coloro che hanno fatto la storia
rischiando e cedendo talvolta la propria vita nelle immersioni profonde
ad aria, ma non possiamo nutrire la stessa ammirazione verso chi lo fa
oggi, nei nostri giorni, perché se lo si vuole, lo si può far meglio e
con più sicurezza.
Il
rovescio della medaglia
Trimix dunque per le immersione profonde, certo ma occorre
addestramento, un serio addestramento che non potrà mai essere rapido.
Immergersi con il trimix comporta conoscere le caratteristiche di
«movimento» dell’elio, apprendere l’importanza assoluta delle velocità
di risalita, dei deep-stop, delle miscele da usare durante la
decompressione, dell’analisi dei gas, considerare realmente l’ipotesi di
un’emergenza, pianificare un piano di evacuazione, predisporre un piano
alternativo all’inutilizzo improvviso di una bombola decompressiva e
molto altro.
L’immersione profonda non ha lo stesso coefficiente di rischio di un
tuffo in un mare tropicale a venti metri di profondità, con la
temperatura dell’acqua a 26° C e magari con nitrox!
Oltre a questo l’immersione trimix ha costi superiori.
L’elio costa non poco, le stesse attrezzature richiedono un investimento
iniziale, poi vi si debbono sommare i costi dei corsi di formazione, e
chissà che non siano proprio questi i fattori che ostacolano l’approccio
di molti appassionati alle immersioni trimix.
Tempo fa, proprio sulle pagine di
Mondo Sommerso, a proposito delle emergenze subacquee ebbi
modo di scrivere che i sub sono
strana gente.
Non ho motivo per mutare opinione, i sub sono davvero strani.
Vivendo e frequentando gli amici subacquei si nota infatti che il
fattore «denaro» condiziona molte scelte, e tra queste quella di
scendere in profondità con l’aria.
Alle osservazioni di carattere economico si potrebbe obiettare che la
propria incolumità dovrebbe giustificare qualche sforzo amministrativo,
come per esempio la rinuncia a qualche civettuolo bene voluttuario,
anche se di moda.
E’ stupefacente ascoltare o leggere miriadi di opinioni tutte
amabilmente convergenti nell’affermare solennemente che la sicurezza non
deve essere considerata un optional, ma bensì un severo e accurato
segmento della pianificazione subacquea, e poi, dalle stesse fonti,
giungono comportamenti subacquei dove sono sconfessate sistematicamente
tali dottrine adducendo giustificazioni del tipo: «Non
mi hanno ricaricato le bombole perché non avevano elio, oramai siamo
qui, ho fatto molti chilometri, non posso certo rinunciare
all’immersione, qui non fanno ricariche trimix, di immersioni così ne ho
fatte un mucchio senza problemi, non facciamo i fiscali, la prossima
volta faremo meglio».
Il punto
L’immersione profonda comporta alcuni rischi. Sta al sub decidere se
ridurli o amplificarli. Per ridurre o amplificare i propri canoni di
sicurezza il sub ha l’obbligo intellettuale di procurarsi le conoscenze
e quindi essere in grado di rispondere a questa domanda: «Quale
è il migliore gas da respirare per la mia immersione profonda?
» e, in ultima istanza, di non considerarsi sempre più fortunato degli
altri.
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