Aldo
Ferrucci risponde ad alcune domande sull’utilizzo e la
sicurezza dei rebreathers
Quello
del rebreather, oltre a far sognare molti subacquei, è
sicuramente un settore che stimola la fantasia della
gente. Sono tantissimi, infatti, i miti e le leggende
legati a questi magnifici apparati, chiacchiere da bar,
potremmo dire, che vengono ostinatamente divulgate da
coloro che, pur definendosi esperti nel settore, nella
maggior parte dei casi il rebreather lo hanno visto solo
in foto o a terra e mai utilizzato realmente in acqua.
Nella mia carriera oramai ventennale, ho sentito
direttamente con le mie orecchie, o mi sono state
raccontate da colleghi tante storie diverse soprattutto
riguardo i CCR, i circuiti chiusi elettronici. Notizie
per la maggior parte totalmente errate a volte assurde,
a volte divertenti, rarissime volte verosimili e molto
spesso improbabili, ma che purtroppo restano ancorate
nella memoria di chi ascolta.
Proviamo
quindi ad analizzare, spiegandoli nel dettaglio, i più
diffusi luoghi comuni sul rebreather e sul suo uso.
E’
necessario aver superato un corso Trimix ipossico, prima
di poter frequentare un corso CCR.
E’ una
delle più comuni affermazioni quando le persone vengono
a informarsi su un corso rebreather. Nella realtà,
sicuramente è necessario avere una valida esperienza di
immersioni e una buona acquaticità, che senza dubbio
aiutano il subacqueo a sviluppare e apprendere più
rapidamente le tecniche di immersione con questo tipo di
apparato. Il fatto in se stesso, di avere già esperienza
in immersioni profonde ad aria o trimix, non ha alcun
rilievo sulla progressione didattica durante i corsi,
almeno per i programmi iniziali con diluente aria. Per
quanto riguarda i corsi successivi, che prevedono l’uso
del diluente trimix, avere un’esperienza di subacquea
tecnica può facilitare il subacqueo durante
l’apprendimento delle metodologie sviluppate per le
immersioni profonde in CCR.
L’immersione
con il rebreather è più sicura rispetto al circuito
aperto.
L’utilizzo
del rebreather offre più opzioni di sicurezza, per un
subacqueo che sia adeguatamente addestrato ed
equipaggiato con una bombola di bailout. Le statistiche
però dimostrano che gli incidenti con il rebreather, in
proporzione agli utilizzatori, avvengono in modo più
frequente rispetto a quelli in circuito aperto. Va
sottolineato che quasi mai il problema viene causato da
un malfunzionamento strutturale dell’apparato. Molti di
questi incidenti avrebbero potuto essere evitati, se il
subacqueo avesse semplicemente seguito le regole
previste dalla corretta preparazione della macchina,
soprattutto rispettando la check list e la procedura di
pre-respirazione.
Un
subacqueo rebreather con l’esperienza si immergerà con
maggiore sicurezza.
Anche questa volta le statistiche dimostrano che gli
incidenti avvengono più spesso a subacquei rebreather
esperti. Il motivo è che molto spesso, con l’aumentare
dell’esperienza, il subacqueo tende a diminuire
l’attenzione e ad ignorare quelle regole fondamentali
che invece un principiante ha bene in mente. Bisogna
capire e accettare che non esistono immersioni facili,
che qualunque siano la profondità o il sito, ignorare le
procedure basilari, può portare a situazioni
catastrofiche. Se non accettate in toto tutto questo, il
rebreather non fa per voi.
Se
uso il rebreather, non faccio rumore e bolle posso
avvicinarmi senza problemi ai pesci e alle creature
marine senza che queste scappino via.
I
predatori marini (squali, foche, tonni, etc.) non fanno
bolle né rumore, eppure le possibili prede li evitano a
tutta velocità. La stessa cosa avviene quando un
subacqueo CCR si avvicina rapidamente e frontalmente a
un branco di pesci. Tagliare loro la strada, guardarli
direttamente negli occhi, viene recepito come una
manovra aggressiva. Se volete veramente avvicinarvi,
dovete farlo lentamente (ricordate che con il rebreather
avete tutto il tempo necessario), possibilmente nuotando
nella loro stessa direzione e guardando di fronte a voi.
Quando il branco si sarà reso conto che non siete un
pericolo, vi accetterà come parte integrante e avrete la
libertà di osservarlo da molto vicino, una cosa molto
apprezzata da fotografi e videoperatori.
Preparare
e pulire un rebreather richiede ore e ore di lavoro.
Anche
questa affermazione non è completamente vera. Con un po’
di esperienza e manualità, la preparazione corretta di
un rebreather richiede solo poche decine di minuti,
mentre la sua pulizia e disinfezione a fine immersione
un tempo anche inferiore.
Di molto aiuto in queste operazioni che richiedono una
buona attenzione, evitando distrazioni, sono le
specifiche check list appositamente predisposte da ogni
fabbricante.
Se
sto respirando vuol dire che tutto va bene.
Questo può essere in massima parte vero per quanto
riguarda le immersioni in circuito aperto, ma d’altro
canto questa affermazione non può essere applicata alle
immersioni in CCR. In circuito aperto i problemi sono
normalmente accompagnati o da un forte rumore o dalla
mancanza di gas, sono eventi di cui ci si rende conto
immediatamente e sui quali si deve intervenire con la
massima rapidità. Quando invece si utilizza un
rebreather, se non viene prestata la necessaria
attenzione agli strumenti di controllo, i problemi
possono sopravvenire silenziosamente. Questo ovviamente
non significa che siano meno pericolosi. Il vantaggio è
che con il rebreather le eventuali situazioni critiche
non hanno mai uno sviluppo repentino, pertanto il
subacqueo ha il tempo necessario per intervenire e
risolverle. Non basta, quindi, una respirazione regolare
per essere certi che tutto funzioni correttamente, ma è
indispensabile monitorare gli strumenti: uno studio del
DAN ha dimostrato che un subacqueo CCR non ha modo di
capire quando il gas respirato non è più sicuro, che sia
a causa di ipossia, di iperossia o di ipercapnia. In
questi casi tralasciare di leggere con regolarità le
strumentazioni fidandosi solo del proprio senso di
confort, potrebbe significare perdere conoscenza prima
ancora di essersi resi conto che c’è un problema con il
gas.
Posso
utilizzare tutti i tipi di assorbente per la CO2
compresa quella per uso medico.
I
rebreather sono stati testati e le loro prestazioni sono
state valutate utilizzando degli assorbenti di tipo e
grado specifici. Gli assorbenti medicali hanno contenuti
di umidità diversi da quelli per la subacquea. La loro
reazione chimica potrebbe agire nel modo sbagliato, in
un ambiente umido e in presenza di miscele di gas,
diverso da quello di una macchina di anestesia. Pertanto
sono ammissibili soltanto gli assorbenti CO2 il cui
produttore dichiari esplicitamente l’uso per il
rebreather.
Posso
utilizzare ogni tipo di sensori di ossigeno nel mio
rebreather.
Come nei
materiali assorbenti sopracitati, solo specifici tipi di
sensori sono approvati per ogni modello. Sono necessari
mesi, se non anni perché il fabbricante ne testi
adeguatamente il funzionamento e per sviluppare un
algoritmo che ne permetta un utilizzo ottimale per
quella specifica unità.
Questo permette all’elettronica di mostrare al subacqueo
una corretta PO2 in modo sicuro e lineare.
Per garantire un corretto funzionamento, i sensori
devono essere compensati in funzione della temperatura,
all’interno di determinati limiti che sono calcolati dal
fabbricante sullo specifico rebreather. Un sensore non
approvato e non testato, potrebbe indicare valori non
corrispondenti alla realtà, mettendo in grave pericolo
la sicurezza del subacqueo che li utilizza.
Non
potrei mai affidare la mia vita a un’elettronica che si
trova a contatto con l’acqua.
Si tratta di una negazione senza fondamento. Ogni giorno
ognuno di noi affida la propria vita ad elettroniche che
sono a contatto con l’acqua. Prima fra tutti,
l’elettronica ABS che controlla oramai da diversi anni
il sistema di frenata di tutte le autovetture, che siano
di lusso o utilitarie. In effetti quando voi premete il
pedale del freno, la forza impressa al pedale, non viene
trasmessa direttamente alle pastiglie dei freni a disco,
ma viene inviato un segnale elettronico a una
centralina, che, in funzione di tutta una serie di
sensori, (anche questi elettronici) decide se, come e
quando frenare le ruote.
Le elettroniche presenti sui rebreather più affermati
sono oramai sicure e affidabili, e molto spesso sono
presenti almeno due centraline separate per garantire
una ridondanza assoluta in caso di malfunzionamento.
Potrei
forse andare avanti all’infinito, talmente ne ho sentite
in questi anni di corsi, immersioni, conferenze o
saloni, ma vorrei concludere con l’affermazione
principe:
Utilizzare
un rebreather è molto complicato.
Anche
questa è una credenza comune tra i subacquei, è
addirittura una delle principali motivazioni addotte per
prediligere il circuito aperto rispetto al CCR.
Nella realtà l’utilizzo del rebreather è molto più
semplice di quanto si possa pensare e tanti sono i
partecipanti ai corsi che dopo le prime ore di utilizzo
mi confidano che avevano paura del carico di lavoro e di
incombenze a cui sarebbero stati sottoposti, ma che
invece hanno trovato l’utilizzo del rebreather molto
elementare.
In realtà, uno dei “problemi” nell’immersione con il
rebreather sta proprio nella sua semplicità d’uso. Il
suo impiego è talmente elementare e la sua architettura
così evoluta e affidabile, che il subacqueo, dopo alcune
ore di utilizzo, tende a sottovalutare le procedure di
sicurezza, pensando che il rebreather possa fare tutto
da solo.
In ogni
caso consiglio a coloro che vogliono interessarsi a
questo settore, che ne sono entrati a far porta da poco
o tanto tempo, di attingere le loro informazioni con
attenzione, da persone e istruttori che abbiano una
riconosciuta esperienza sulle macchine, evitando falsi
esperti e forum, anche perché troppo spesso, nascosti
dietro uno pseudonimo, si nascondono dispensatori di
false verità e di informazioni potenzialmente
pericolose.
Aldo Ferrucci - Aprile 2017 |