Forse si ma …
vi sono tuttavia situazioni nelle quali un profilo
inverso, prima immersione meno profonda o ritorno alla
massima profondità dopo essere risaliti ad una quota
inferiore durante una singola immersione, è inevitabile.
Ad esempio l’immersione speleo-subacquea obbliga i
subacquei a seguire il profilo altimetrico della grotta
che potrebbe richiedere diverse “risalite e discese”.
Uno studio delle teorie de
compressive, ad iniziare dai primi lavori di Haldane nel
1908, non ha evidenziato alcun supporto teoretico o
sperimentale per la necessità di evitare profili inversi
da un punto di vista fisiologico. Il limite
sembrerebbe piuttosto di tipo pratico perché le tabelle
d’immersione, per come sono state create, penalizzano i
profili inversi riducendo molto il tempo di fondo
permesso nelle immersioni successive (Lewis, 1999).
Ad esempio
utilizzando le tabelle NAUI facendo un profilo diretto
con prima immersione a 27 m per 20 minuti e seconda
immersione a 21 m per 19 minuti (massimo tempo di fondo
permesso) con intervallo di superficie di un’ora tra le
due possiamo spendere un tempo totale di immersione
(cumulato tra le due) di 39 minuti. Invertendo il
profilo (21 m per 20 minuti seguiti da 27 m per il
massimo consentito di 9 minuti) il totale del nostro
tempo in immersione sarà di 29 minuti. Il profilo
inverso perciò causa una riduzione del tempo totale di
fondo delle due immersioni cumulate di quasi il 25%.
Questa riduzione
dei tempi di fondo però non necessariamente indica un
reale aumento del rischio decompressivo basato su
effetti fisiologici dei profili inversi.
In pratica la regola sarebbe più una conseguenza di
“abitudini” che frutto di studi scientifici. Infatti
nella letteratura medica non sembra ci siano riferimenti
al fatto che i profili inversi siano causa di incremento
del rischio de compressivo (Egstrom, 1999).
Profili inversi
tuttavia causano un incremento sostanziale nel numero di
bolle e nel rilascio di gas e questi effetti devono
essere adeguatamente considerati nell’algoritmo
decompressivo (Yount, Maiken, Baker, 1999). Dall’analisi
di molteplici profili inversi il meccanismo di
formazione delle bolle ed il rischio di malattia da
decompressione sembrerebbe essere il medesimo che per
profili diretti (Weathersby, Gerth, 1999). Sia i modelli
della dinamica delle bolle che diversi algoritmi
utilizzati nei computer subacquei non mostrano
differenze nello stress decompressivo tra profili
diretti ed inversi (Gerth and Thalamann, 1999; Gernhardt,
1999). |