149. I SUB
DI OGGI
Testo integrale dell’articolo di Andrea Neri, pubblicato
su Mondo Sommerso del dicembre 2009
Le immersioni subacquee sono una tra le attività sportive
che più di tutte hanno avuto un forte impulso dalla tecnologia e dalle
nuove conoscenze.
Una pioggia di novità
sottoforma di attrezzature e tecniche d’immersione, ha attivato modi
d’immergersi fino a poco tempo fa inconcepibili o riservati a pochi
appassionati.
Come da sempre
accade, al loro arrivo le novità suscitano giudizi differenti che
spaziano dal consenso al totale rifiuto.
Per convincersi di questo è sufficiente pensare alle immersioni a
miscela, ai software decompressivi, agli scooter subacquei, alle nuove
filosofie didattiche, ai rebreathers, alle nuove strategie
decompressive.
L’impulso è stato, e non è finito, così forte che non è stato possibile
non avvertirlo, esclusa forse la fascia dei sub meno stimolati dalla
stessa passione di chi sta attento, e riflette su ciò che accade attorno
a lui (e in lui) quando entra nel pianeta subacqueo.
In questo articolo tratteremo del percorso del subacqueo
d’oggi, di come le novità tecniche e scientifiche influenzano il modo di
pensare la subacquea, il modo di viverla, il modo di giudicarla con
tutte le loro entusiasmanti opportunità e umane contraddizioni, il tutto
senza nessuna intenzione dottrinale.
Una demarcazione
La domanda non è molto precisa, ma insomma, sei un
subacqueo vero, un tecnico o un normale ricreativo?
In questa domanda, solo parzialmente tendenziosa, vi si può notare
quello che alberga nella mente di molti subacquei, e il plurale maschile
non è usato casualmente.
Da quando sono comparse le didattiche tecniche con programmi di
decompressione importanti, automaticamente è caduto il muro
dell’applicazione rigorosa del No Decompression Limits evangelizzato da
quasi tutte le didattiche mondiali.
È stato come il rompersi di una diga con migliaia di subacquei che
finalmente vedevano supportato, diffuso e insegnato il modo di fare le
immersioni più congeniale, quelle con decompressione e miscele
sintetiche di respirazione.
Gli effetti sono stati molteplici e tra questi un glossario specifico
composto di termini quali, runtime, decogas, trimix, back-up, ean50,
bail-out, set point, trim, best-mix, oxygen window, v-weights ed altri
ancora, ha iniziato a circolare e ad essere presente nei dialoghi tra
sub, ma l’effetto maggiore è stato meno apparente dello slang tecnico, è
stato quello che ha visto la nascita di una netta demarcazione tra
subacquei ricreativi e tecnici.
La distinzione tra sub ricreativo e tecnico è vissuta i vari modi
dipendentemente se a farla è un rec o un tech.
Per il recreational diver, il subacqueo tecnico è prevalentemente un sub
che ama il rischio, che ha problemi di personalità e cerca nelle
immersioni tecniche un territorio dove potersi affermare e quelli che
fanno la technical diving con ragionevole senso di responsabilità sono
la minoranza.
Il technical diver sembra disegnare il sub ricreativo come un subacqueo
strettamente turistico, domenicale, che s’immerge come più gli aggrada,
con un addestramento mediocre, il tutto condito con un pizzico di paura
per le immersioni “serie”.
Come al solito la verità è un’altra ma spiace assistere alle
suddivisioni, classificazioni, demarcazioni quando ciò che spinge l’uomo
a scendere sott’acqua ha un unico denominatore: la passione per
l’immersioni.
Oltre a questo la parola “technical” ci sembra un’appropriazione
indebita perché pensiamo si possa affermare che anche i “recreational”
adottano tecniche, a volte complesse, per immergersi. e spesso più di
una insieme.
Si ha modo di ritenere che il termine technical-diving dovrebbe indicare
una data immersione condotta oltre i limiti di non decompressione la cui
risalita prevede soste respirando una o più miscele iperossigenate
diverse da quella respirata sul fondo.
Un passo indietro
Quando sono fatti riferimenti agli avvenimenti del
passato, anche poco lontano, può accadere di notare in alcuni giovani
reazioni di insofferenza, di noia.
Sono reazioni comprensibili perché al giovane piace il
presente ed a maggior ragione il futuro senza considerare però che il
suo presente, il suo futuro, sono il risultato del passato.
Non si vuole fare della filosofia elementare, ma non si deve nemmeno
compiere l’errore d’ignorare che proprio quella fantastica attrezzatura
che si sta per usare è stata realizzata in base alle lacune di
precedenti attrezzature progettate e realizzate dai meno giovani.
Nessun encomio ai meno giovani, si tratta solo di una riflessione che
non si limita però alle sole attrezzature ma anche al loro impiego e al
modo mentale d’immergersi, forse quest’ultimo l’ostacolo più impegnativo
da superare.
Vorremmo tanto
ricordare come sono nati ed evoluti i jacket, oggi chiamati più
tecnicamente compensatori di assetto, i computer subacquei, le mute
stagne, le miscele respiratorie e vorremmo ricordare le ironie e i
sarcasmi, talvolta ancora presenti, che sono stati riversati
copiosamente su di essi eppure, come sempre accade, ciò che è valido
prosegue il suo cammino, a volte lento ma inarrestabile.
Un’altra
considerazione riguarda le tabelle d’immersione.
Sì, lo sappiamo che scrivere delle tabelle nell’era dei
software decompressivi può apparire quasi obsoleto, ma tralasciando il
forte valore didattico delle tabelle e la diatriba tabelle-vs-computer
di cui ci occuperemo più avanti, si vuole porre l’attenzione su di un
fatto a nostro avviso significativo.
Per vari decenni le
tabelle d’immersione ad aria della US. Navy sono state considerate tra
le più affidabili e per questo utilizzate, quasi dogmaticamente, dalle
maggiori didattiche nazionali e internazionali.
Le tabelle US Navy erano pertanto considerate intoccabili fino a quando
dopo vari decenni sono state riviste e modificate sostanzialmente dallo
stesso ente americano.
Modificare significa quasi sempre migliorare e quindi sono state gradite
le modifiche ma lo stesso “gradimento” dovrebbe essere speculare anche
laddove l’oggetto in questione non è tra quelli da noi impiegati.
Si ha modo di ritenere che la refrattarietà alle
modifiche e agli sviluppi sia spesso la risultante di un qualcosa che
potrebbe essere definito quale pigrizia mentale, un comportamento
derivante dalla fatica di dovere mettere in discussione ciò che è stato
fatto fino ad allora in quanto “ho sempre fatto così senza avere mai
problemi”.
Ma le modifiche, gli sviluppi e nuove scoperte non sono
un’esclusiva delle attrezzature, la stessa medicina subacquea e
iperbarica ha avuto ed ha un ruolo insostituibile per quanto concerne la
sicurezza in immersione eppure, anche in questo caso, vi sono
appassionati che non usufruiscono delle scoperte, documentate e talvolta
irridono chi le adotta.
Facciamo un esempio, uno soltanto. Il DAN è impegnato dal
1995 nella ricerca denominata Safe Dive attraverso un protocollo basato
sul rilevamento delle microbolle post-immersione.
Grazie al rilevamento doppler, coloro che partecipano a tale ricerca
sanno bene quali sono i fattori che aumentano in modo impressionante la
formazione di microbolle e la loro aggregazione.
Tra questi fattori vi sono gli sforzi dopo immersione dove per sforzo
non si intende un forte impegno fisico.
La semplice risalita
in barca con lo scuba indossato e anche senza è un fattore importante
che però tutti o quasi tutti sottovalutano.
È una forte tentazione citare il bicchiere contente acqua gassata, birra
o spumante, scegliete voi la bevanda, che viene agitato e indicare tutte
le bollicine che si formano, vorremmo citare invece le registrazioni
eco-doppler che documentano l’invasione di microbolle nella parte destra
del cuore dopo una semplice immersione ricreativa condotta correttamente
ma con lo “sforzo” di cui sopra.
Da alcuni anni è un gran parlare del PFO (Patent Forame Ovale) di cui fu
proprio il DAN a descriverne gli effetti per primo al mondo.
Su Internet i
messaggi, le discussioni e gli articoli sul PFO sono presenti in
profusione e ad un primo approccio è piacevole assistere a una
moltitudine di subacquei attenti sul tema ma, vorremmo aggiungere poco
coerenti in quanto se è vero che il PFO è una delicata condizione
anatomica, altrettanto vero è fondamentale cercare di contenere la
formazione (e la loro aggregazione) delle microbolle con risalite
accurate e sopratutto evitando sforzi post-immersione ma tutto questo
sembra passare in secondo piano perché “la teoria è solo teoria”
e se ci soffermiamo troppo si corre il rischio di fare del terrorismo
didattico. Noi di Mondo Sommerso abbiamo avuto modo di vedere
registrazioni eco-doppler post-immersione, e siamo rimasti molto
impressionati nel constatare l’enorme produzione di bolle dopo
l’esecuzione di movimenti irrilevanti.
Il nitrox
Quando apparve il nitrox per la prima volta sul suolo
nazionale, fu per un’iniziativa della ANDI allora pilotata in Italia da
Mauro Pavan.
Al primo impatto lo scetticismo fu alto, compresi noi che scriviamo.
Problematiche legate alla ricarica delle bombole, al costo e sopratutto
alla non conoscenza, ostacolarono la diffusione delle immersioni nitrox
anche se vi fu chi vi rivolse l’attenzione, come il compianto Umberto
Pepoli allora patron della SSI Italia e membro fondatore della SNSI.
Non si può non
sorridere facendo un confronto tra i primi manuali nitrox e quelli
attuali, sopratutto se i manuali nitrox aperti sono i primi pubblicati
delle didattiche più diffuse, libri di testo nei quali avvisi tipo
warning e danger popolavano ogni pagina facendo dissolvere
quasi tutto l’entusiasmo di chi vi si stava avvicinando.
Ancora oggi vi sono
subacquei e purtroppo istruttori che ben poco sanno del nitrox e non
perché sono impossibilitati a saperne di più, semplicemente non
vogliono, non gli interessa ma è la loro pigrizia mentale a inibirli
esponendoli immancabilmente a situazioni imbarazzanti.
Molti istruttori subacquei professionali ritengono che l’impiego di
miscele nitrox, dopo un addestramento corretto, costituisca uno dei modi
più intelligenti nel fare immersioni ricreative sopratutto quando il
subacqueo monitorizza l’immersione seguendo i limiti di non
decompressione ad aria, noi lo condividiamo.
Deep-air e trimix
Sembra che l’unico merito derivante dall’uso del trimix
sia la riduzione drastica della narcosi da azoto. In effetti, si tratta
di un gran bel merito visto che la narcosi da azoto è senza alcun dubbio
la responsabile di moltissimi incidenti, anche fatali.
Sappiamo anche che
questo articolo sarà letto da sostenitori della deep-air diving anzi, è
una nostra speranza. Insistere, nel 2009, ad immergersi oltre i 40/50
metri ad aria significa non volersi bene. Non abbiamo intenzione di
catechizzare nessuno onde redimerlo e condurlo verso il Verbo trimix,
del resto esiste il libero arbitrio, ma non dovrebbe esistere
l’ignoranza nel senso della non conoscenza.
Eppure sono moltissimi i subacquei che sanno poco o niente del trimix
(tranne che costa caro) e nonostante ciò sentenziano affermando che con
l’addestramento dovuto si possono fare immersioni profonde ad aria e
gestire la narcosi, già.. gestire la narcosi.
Le miscele trimix non hanno il solo vantaggio di abbattere il livello di
narcosi ma, se decompresse nel modo corretto, hanno un effetto meno
stressante sui tessuti fisiologici, naturalmente, per chi è capace di
gestire la narcosi quest’ultimo vantaggio è di scarsa considerazione.
Nei diving center
Fare la guida subacquea o l’istruttore in un diving
center rappresenta un’esperienza inestimabile. Nei diving-center si
alternano tutte le tipologie degli appassionati, dal principiante
all’esperto, dal coscienzioso all’irresponsabile, per cui chi ha compiti
di guida o assistenza deve fronteggiare situazioni di ogni genere
maturando un’esperienza che nessuna altra scuola accademica può offrire.
Un problema lo è senz’altro quando la guida è una giovane guida e cioè
senza esperienza oppure formata un pò troppo in fretta come si ha la
sensazione avvenga abbastanza diffusamente.
Un altro problema è costituito dall’eccessive pretese di un subacqueo
che s’immerge da un diving-center.
La guida subacquea non è un istruttore e un’escursione non è una lezione
didattica.
Questa precisazione ha lo scopo di stigmatizzare il comportamento di
molti subacquei che immergendosi con un centro sub pensano che la guida
deve assisterli come se fossero allievi.
Una guida ha il compito di recare in escursione subacquei già
brevettati, non insegnargli ad usare il jacket, le pinne, a svuotare una
maschera; chi ha questi problemi significa che ha un brevetto che non
dovrebbe avere.
Nuove metodiche
Il sistema Dir, impossibile non parlarne.
Questo sistema sta raccogliendo sempre più consensi, la sua validità,
efficacia e diffusione ha “costretto” persino alcune aziende a produrre
articoli su specifiche Dir.
Questo metodo è composto da vari segmenti ma quelli più appariscenti
sono senza dubbio la configurazione dello scuba-equipment e il modo
d’immergersi.
Il sistema Dir ha rivoluzionato il modo di andare sott’acqua e anche le
didattiche più note al mondo hanno dovuto affrontare l’argomento Dir
emanando direttive ai propri istruttori e in taluni casi, modificando i
propri Standard Dir-Oriented.
In questo articolo non ha importanza descrivere il
sistema Dir, ha importanza segnalare l’atteggiamento dei subacquei, e
degli istruttori, giovani e meno giovani verso tale sistema.
Con la propria efficacia e qualità operativa il sistema Dir, o
Hogartiano come amano definirlo alcuni professionisti, ha destabilizzato
le convinzioni più radicate nei subacquei esperti e per questo più
difficili da convincere.
Ma per apprezzare e valutare una novità occorre provarla
o quantomeno gli istruttori dovrebbero avere il senso etico
professionale per impegnarsi a farlo, in modo da restare aggiornati e
quindi essere in grado di offrire ai propri studenti un ottimo percorso
didattico sottoforma di corsi subacquei al passo coi tempi.
La validità del sistema Dir è evidente, differentemente da molte agenzie
didattiche che lasciano all’istruttore immensi spazi di discrezionalità
operativa, al Dir va dato il merito di avere affrontati tutti i problemi
derivanti da una configurazione dell’attrezzatura inappropriate di
averne standardizzato ogni dettaglio.
Il Dir però non è solo una configurazione, è una filosofia che però in
diversi praticanti assume un aspetto teocratico che riteniamo non possa
giovare alla diffusione del metodo, tutt’altro.
Il filosofo Orazio sosteneva che “se hai un sistema migliore
insegnalo, altrimenti usa il mio” ebbene da questo punto di vista
duole osservare che vi sono strutture e subacquei che potrebbero dare
molto alla comunità subacquea, ma che stranamente preferiscono mantenere
riservate il più a lungo possibile le conoscenze di cui dispongono
divenendo inutili per se stessi e per gli altri.
I rebreathers
I subacquei che s’immergono con rebreather sono
attualmente una minoranza, tuttavia il loro numero è destinato a
crescere significativamente e questo grazie al sempre maggiore interesse
dell’industria verso questo tipo di prodotto e all’attenzione delle
didattiche con i loro programmi di formazione.
Questo tipo d’immersione, la rebreather-diving richiede
un’autodisciplina e una preparazione tecnica superiore a quella
richiesta per gli utilizzatori dello Scuba.
L’approccio al reb
avviene in modo graduale con gli apparati semichiusi e miscele già
composte fino a giungere ai CCR meccanici ed elettronici.
I margini di
disattenzione concessi dal rebreather al subacqueo sono praticamente
nulli e quindi questa “severità” della macchina mal si addice ai
subacquei “turistici”.
Gli incidenti avvenuti con i rebreathers sembrano
indicare nell’errore umano la causa dominante: Il parere di Mondo
Sommerso è che si ha la sensazione che talvolta a queste macchine
siano richieste prestazioni che travalicano ogni limite del range
sportivo, sconfinando in quello professionale dove l’assistenza tecnica
subacquea e di superficie non è quasi sempre allo stesso livello degli
obiettivi subacquei preposti.
Il rebreather non è il sinonimo di immersione tecnica, il reb può essere
usato con grande soddisfazione e divertimento entro il range
dell’immersione sportiva; vi sono infatti appositi reb sviluppati
appositamente per la recreational-diving.
Brain Softwaring
Il conflitto computer/deco a memoria ha già avuto spazio
sulle pagine di Mondo Sommerso ma vi sono motivi per aggiungere
altro.
Il sistema di elaborare la decompressione “a memoria” nasce in GUE e
successivamente sviluppata da uno dei suoi creatori, Andrew Georgitsis,
con il nome di Ratio Deco.
L’opportunità di elaborare mentalmente una risalita con
tutte le tappe di decompressione in modo semplice ed efficace,
rappresenta senza alcun dubbio un enorme vantaggio addizionale.
Questo tipo di risalita conosciuta anche come Deco on the Fly
oltre ad essere funzionale è senza alcun dubbio affascinante, sopratutto
quando a sentirla sono i semplici ricreativi che si sentono sciorinare
numeri e tappe deco con una semplicità talmente disarmante da farli
entrare in depressione.
A parte la semplicità nell’impiego del sistema Deco on the fly o Ratio
Deco non riusciamo a comprendere la palpabile ostilità verso i computer
subacquei da chi usa la deco a memoria. Una delle osservazioni critiche
più frequenti verso l’uso del computer subacqueo è che lo strumento
“calcola profili fissi di decompressione senza elaborare variazioni
alternative dettate dalla reale situazione psicofisica del subacqueo”.
Non considerando l’inesattezza derivante che diversamente da quanto
affermato, molti computer subacquei dispongono di programmi
personalizzabili e alcuni dei quali anche assai frammentati, siamo
rimasti molto impressionati nel leggere riferimenti alla “reale
situazione psicofisica del subacqueo”.
Non possiamo non essere d’accordo con tale affermazione perché in
effetti la situazione psicofisica è certamente diversa da sub a sub e
quindi poterne calcolare gli effetti fisiologici costituirebbe un passo
enorme in avanti verso la sicurezza di ogni appassionato subacqueo ma
come è possibile conoscere sul momento (in immersione) il valore
volemico del plasma, le pervietà vasali, la gittata sistolica, la
capacità e l’efficienza del filtro polmonare, le peculiarità
fisiologiche perfusionali e diffusionali, l’acidosi, tutti fattori che
complicano all’infinito le variabili di assorbimento e rilascio dei gas?
La risposta è una soltanto, e perviene da decine e decine
di ricercatori, veri, e studiosi specializzati, la risposta è che non
può razionalmente esserlo, sopratutto in un calcolo “al volo” e troppo
grande è la tentazione per potervi resistere, di ricordare ai novelli
Wienke, Brubak, Neuman, Bove, la saggia frase scritta da Duilio
Marcante: “È da incoraggiare chi voglia ampliare le sue conoscenze ma
riteniamo ammonire tutti coloro che dopo aver guardato dal buco della
serratura in casa della scienza, si sentono scienziati”.
Vi sono altre considerazioni che suscitano perplessità nel confronto tra
computer e deco on the fly ma prima di enunciarle riteniamo che dal
punto di vista didattico il sistema a memoria o Ratio Deco può essere
inserito come un eccellente sistema di bail-out.
Nell’ambiente della technical-diving il sistema Ratio
Deco suscita grande rispetto e ammirazione, tuttavia ricordiamo che
anche la Ratio Deco ha bisogno di strumenti per il calcolo del tempo e
della profondità, stranamente di essi è naturale fidarsi ma dei loro
algoritmi no.
Maliziosamente si potrebbe osservare che al momento in cui l’algoritmo
(se esiste) della deco on the fly sarà inserito in un computer
subacqueo, forse allora la diatriba computer/deco a memoria finirà ma al
momento siamo in difficoltà nel rispondere ad un quesito ancora
irrisolto: per elaborare la ratio deco, la deco on the fly, gli altri
sistemi a memoria, i novelli scienziati hanno usato un computer o carta
e penna?
Scootering
Dipendentemente lo scooter subacqueo ha un unico grande
difetto: il costo di acquisto.
Disporre di un mezzo di locomozione come il DPV (Diving Propulsion
Vehicle) permette di esplorare ampi territori senza durare la minima
fatica e quindi assorbire meno gas e abbattere i consumi.
La diffusione dei DPV è anch’essa principalmente merito della GUE che
grazie alle sue impressionanti esplorazioni nel Wakulla in Florida ha
attirato l’attenzione su questi sistemi di locomozione che sono stati
sempre più perfezionati in termini di potenza, affidabilità e autonomia.
L’interesse verso i DPV ha stimolato alcune aziende italiane a iniziare
la produzione di nuovi scooter subacquei con eccellenti risultati se si
considera la quantità di prodotti esportati in mercati nei quali erano
già presenti altri modelli.
L’unica perplessità riguardo all’impiego dei DPV ha una matrice nautica,
ci riferiamo a come debba essere segnalato in superficie un subacqueo
che sta percorrendo una data distanza, magari anche in profondità.
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