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TECH DIVING - Storia,
informazioni, attrezzatura e addestramento per la subacquea tecnica
Premessa
L'immersione subacquea tecnica, comunemente chiamata "tech diving", è un
particolare tipo di immersione sportiva che va oltre i limiti della
normale immersione ricreativa. Si è soliti considerare "immersioni
tecniche" tutte le immersioni che superano i 40 metri di profondità, che
utilizzano miscele diverse dall'aria, che obbligano a tappe di
decompressione o che vengono svolte in ambienti ostruiti come grotte o
relitti.
Ma
come e quando nasce l'immersione tecnica? E quale attrezzatura e
addestramento particolari sono necessari? Vediamolo.
Le
origini
L’immersione tecnica o "tech diving" nasce nei primi anni ‘70 tra i
subacquei tecnici e i cave divers della Florida, per permettere
l’esplorazione dei vasti sistemi di grotte presenti nella zona di
Wakulla Springs. In quel periodo cominciarono a essere utilizzati i
primi bibombola montati su jacket a gonfiaggio posteriore (i cd. "tutto
dietro"), i primi reel e mulinelli da penetrazione ed i primi
illuminatori subacquei da 30W. E’ proprio allora che nascono molti dei
prototipi dell’attrezzatura tecnica che viene utilizzata oggi. Subacquei
come Sheck Exley, Bob Friedman e Bob Goodman, inventarono i moderni
sistemi di mappatura delle grotte, accoppiarono le bombole e inventarono
anche la cd. "maniglia Goodman" che permette al subacqueo di reggere la
torcia d’illuminazione avendo le mani libere. Lo stesso Sheck Exley
assieme a Court Smith iniziò in quegli anni ad immergersi con le bombole
da fianco per estendere la durata delle sue penetrazioni in grotta e fu
nel 1979 che Tom Mount coniò il termine "stage diving". Alla fine degli
anni ‘70 Lamar English ed altri speleo subacquei iniziarono ad
immergersi con il sistema "Hogarthiano" che prende il nome da Bill
Hogarth Main, famoso cave diver e tech diver statunitense, che fu tra i
primi ad utilizzare una particolare attrezzatura per immersioni tecniche
in grotta particolarmente minimalista, idrodinamica, "pulita" e aderente
al corpo. In questo ristretto gruppo di subacquei si iniziò a ridurre al
minimo l’attrezzatura, facendo particolare attenzione alle dimensioni e
al posizionamento dell’attrezzatura sul corpo. I subacquei tecnici
iniziarono a respirare da un erogatore principale collegato a una frusta
lunga, che poteva essere utilizzato per fornire più facilmente aria ad
un compagno in difficoltà. L’erogatore di backup con frusta corta veniva
invece vincolato al collo con un elastico per essere facilmente
raggiungibile in caso di necessità. I grossi pacchi batteria al piombo
furono posizionati sul fianco destro del subacqueo, dove veniva fatta
passare la frusta lunga dell’erogatore principale per mantenerla
aderente al corpo. Questo serviva anche per bilanciare le bombole da
fianco in acciaio posizionate tutte sul fianco sinistro. Utilizzando il
sistema Hogarthiano le immersioni erano più sicure, e veniva dato molto
risalto al sistema di squadra ed alla standardizzazione
dell’attrezzatura tecnica. Respirando dalla frusta lunga collegata al
rubinetto di destra del bibombola i subacquei tecnici americani si
accorsero che venivano risolti molti problemi in caso di necessità di
condivisione d’aria. Infatti, in caso di emergenza veniva donato al
subacqueo in difficoltà un erogatore funzionante, aperto e con la
miscela corretta. Inoltre, in caso di subacqueo in panico o di zero
visibilità o di esaurimento d’aria, il subacqueo in emergenza potrebbe
strappare dalla bocca del donatore l’erogatore, ma avendo la frusta
lunga il subacqueo che dona è preparato a questa evenienza e non deve
fare altro che utilizzare l’erogatore di backup posizionato sotto il suo
collo.
Proprio nel 1979 uno studente dell’università della Florida, durante un
corso con Sheck Exley sviluppò il primo backplate (schienalino in
metallo). Questo nuovo sistema si diffuse rapidamente e grazie a Bill
Hogart Main ed alla sua instancabile ricerca di nuove procedure e
sistemi per il tech diving in grotta, rese popolare la moderna piastra
posteriore di metallo con imbracatura unica chiamata "Hogarthian Rig",
da noi conosciuta come "imbracatura DIR" fatta da una fettuccia
continua.
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Un
po’ di storia
Nel
1983 la sezione Cave Diving della National Speleological Society
divenne indipendente ed iniziarono i primi corsi ufficiali di immersioni
in grotta.
Nel
1984 nacque la Dive Rite, che fu la prima azienda a
commercializzare il sistema wing-backplate (sacco ad ali con schienalino
rigido).
Nel
1985 nacque la IAND (International Association Nitrox Divers),
fondata da Dick Rutwoski, che iniziò ad addestrare subacquei
all’utilizzo di miscele nitrox. Proprio in questo periodo nacque la
moderna subacquea tecnica o tech diving, che con continue evoluzioni e
migliorie arriverà fino ai nostri giorni.
Nel
1987 proseguì il progetto Wakulla Springs, e Bill Stone con un
team di cave diver completò con successo oltre 93 metri di penetrazione
nel sistema di grotte sommerse della Florida usando miscela heliox e le
tabelle decompressive del dottor Hamilton. In quell’occasione fu testato
il primo rebreather ridondante il Cis-Lunar Mk-1.
Nel
1991 Tom Mount divenne presidente della IAND e fu il primo
istruttore a insegnare corsi tecnici e di immersioni in grotta.
Nel
1992 il nome della didattica americana cambiò in IANTD
(International Association of Nitrox and Technical Divers) e assieme
all’ANDI, nata nel 1987, queste furono le prime agenzie didattiche a
promuovere l’utilizzo delle miscele ternarie e delle immersioni
tecniche. Sempre nel 1992 Kevin Gurr, Richard Bull e Rob Palmer
formarono l’EATD (European Association of Technical Divers ed offrirono
i primi corsi nitrox e tecnici, poi nel 1993 l’EATD diventò IANTD UK.
Nel
1992 alcuni tech divers, tra cui Bernie Chowdhury, organizzarono
la prima spedizione sul relitto del transatlantico italiano Andrea Doria
affondato al largo dell’isola di Nantucket alla profondità di 77 metri.
Nel
1994 nacque la TDI (Technical Diving International) fondata da
Bret Gilliam. Nel frattempo il numero di tech diver che si immergevano
nelle grotte e nei relitti era in continuo aumento e nacquero numerose
nuove agenzie didattiche ed aziende di attrezzatura subacquea tecnica
come Oms, Golem Gear, Halcyon, Salvo, Hollis, eccetera. Team di
subacquei come il WKPP (Woodville Karst Plain Project) di Bill Gavin e
Bill Main e molti altri compirno immersioni di molte ore a elevate
profondità in grotta ed esplorarono estesi sistemi carsici nelle grotte
della Florida.
In
questi ultimi anni il tech diving si è diffuso in tutto il mondo e
grazie ad una rapida e sicura evoluzione permette oggi a molti tech
diver di estendere i propri limiti in completa sicurezza, a patto di
aver seguito degli adeguati corsi di addestramento.
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L’attrezzatura del tech diver
Il
tech diver necessita di un’attrezzatura subacquea diversa da quella
normalmente utilizzata dal subacqueo ricreativo: il classico monobombola
da 15 litri con singolo erogatore ed octopus non è assolutamente adatto
a garantire un’adeguata sicurezza ed una scorta di gas sufficiente per
fare immersioni profonde con decompressione. Il subacqueo che vuole
entrare nel mondo del tech diving deve necessariamente iniziare un nuovo
percorso di addestramento, fatto di sacrificio e di lunga esperienza.
L’attrezzatura ricreativa deve essere sostituita da un bibombola con
separatore (manifold) per poter prontamente separare le due bottiglie.
Il sub deve utilizzare due erogatori indipendenti con attacco DIN e
l’erogatore principale deve avere frusta lunga 180/210 cm. Il tutto deve
essere montato su un sistema di galleggiamento formato da un sacco di
capacità adeguata (18/25 litri di spinta), a seconda del tipo di
bibombola utilizzato. Il sacco (wing) viene accoppiato ad uno
schienalino rigido (backplate) costruito in acciaio inox o alluminio, a
seconda delle necessità del tech diver. La
muta
umida in neoprene non è più
sufficiente, in quanto le lunghe permanenze sul fondo legate
all’utilizzo di miscele contenenti elio, fanno disperdere rapidamente il
calore del subacqueo. La muta stagna diventa necessaria e questa
permette anche una riserva di galleggiamento nel caso in cui il sistema
gav/sacco/piastra non dovesse funzionare correttamente. Le più usate
sono le mute stagne in trilaminato o in neoprene precompresso, dotate di
due tasche sulle gambe, in modo tale da poter inserire i numerosi
accessori che occorrono al tech diver, come maschera di emergenza,
lavagnetta (wetnotes), spool, moschettoni a doppia luce, eccetera.
Infine, vanno a completare l’attrezzatura del tech diver numerosi altri
accessori come computer subacquei multimiscela, pinne di gomma di tipo
rigido, mulinelli (reel), palloni da decompressione, e molti altri
componenti.
Il
subacqueo tecnico può decidere di proseguire il suo percorso didattico
imparando a utilizzare sistemi di respirazione a ricircolo di gas,
comunemente chiamati rebreather, che possono essere di svariati tip: a
circuito semichiuso, chiuso meccanico, chiuso elettronico, semichiuso
passivo e altre piccole varianti.
Altra
attrezzatura aggiuntiva deve essere utilizzata per immersioni in
ambiente ostruito come relitti e grotte. Il subacqueo di grotta,
chiamato "cave diver", utilizza speciali mulinelli chiamati reel o spool,
indicatori di direzione (arrow) da applicare sulla sagola guida, tre
lampade, di cui la principale, che può essere a scarica di gas (HID)
oppure a LED, è dotata di pacco batteria separato (canister). Le altre
due lampade sono quelle di emergenza dette "backup lights", che vengono
posizionate sotto le ascelle del sub vincolate all’imbracatura o nelle
tasche della muta stagna. Spesso il subacqueo tecnico utilizza scooter
subacquei (DPV), che gli permettono lunghe percorrenze, consumi di gas
limitati e facilitano la movimentazione della numerosa e pesante
attrezzatura subacquea necessaria per esplorare le grotte.
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L’addestramento del tech diver
Se
l’'attrezzatura copre un ruolo fondamentale per il subacqueo tecnico, il
corretto addestramento è la cosa più importante che un subacqueo deve
apprendere per effettuare tech diving in sicurezza. Oggi esistono
numerosi corsi che possono insegnare al subacqueo ricreativo le basi per
immergersi in maniera migliore e più sicura, nonostante si superino i
limiti delle normali immersioni ricreative.
Il
mercato offre numerosi corsi preparatori al tech diving, che a seconda
delle agenzie didattiche che li propongono prendono il nome di
Fundamental, Essential, Correctly, eccetera. Questi corsi introduttivi sono
adatti sia a principianti che ad istruttori, e addestrano il subacqueo
ad immergersi mantenendo un assetto ed una postura migliore (trim),
rimanendo sempre sollevati dal fondale. Il subacqueo in questi corsi
impara a pinneggiare in maniera corretta e a scegliere il tipo di pinneggiata più adatta alla situazione o all’ambiente in cui si trova.
Impara inoltre ad utilizzare la frusta lunga come sistema principale di
erogazione e a donarla al subacqueo senza aria. Un’ampia enfasi viene
data al sistema di squadra, alla comunicazione ed alle procedure di
emergenza come la chiusura dei rubinetti in seguito ad un
malfunzionamento di un erogatore (valve drill), o al lancio del pallone
per segnalare una risalita anomala lontano dalla barca. Una volta
terminato questo corso introduttivo il subacqueo sarà pronto per
accedere ai corsi tecnici.
Oltre
al corso Nitrox che addestra all’utilizzo di miscele con aria arricchita
di ossigeno (che permette al sub di aumentare i tempi d’immersione),
molte agenzie didattiche promuovono corsi con decompressione e corsi
tecnici Trimix. Quest’ultima miscela è particolarmente adatta ai quei
subacquei che si vogliono immergere oltre i 40/50 metri di profondità,
mantenendo una certa lucidità e utilizzando miscele decompressive (nitrox
ed ossigeno puro), in modo tale da accelerare la decompressione in
sicurezza. Per la loro sicurezza è indispensabile che i trimix divers
analizzino sempre le miscele respirate, impiegando degli speciali
strumenti chiamati analizzatori O2/He.
Un’altra specialità del tech diving sono le immersioni in ambienti
ostruiti: probabilmente le più pericolose immersioni possibili, che
necessitano di un addestramento particolarmente approfondito, di lunga
esperienza e di attrezzature idonee.
I
corsi per le immersioni in ambienti ostruiti fondamentalmente si
suddividono in tre livelli.
Il
corso Cavern, che addestra il subacqueo a fare immersioni in caverna,
cioè in ambienti dove la luce è sempre visibile. In questo modo il
subacqueo, in caso di emergenza, può uscire dalla grotta senza alcun
problema. Durante questi corsi di norma l’allievo non può effettuare
decompressione e superare i 30 metri di profondità.
Il
corso Intro Cave, che permette al subacqueo di entrare in una vera e
propria grotta (dove non è visibile la luce esterna),ma seguendo sempre
una cima guida. L’allievo non può staccarsi dalla main line, non può
effettuare decompressione, non può accedere alle restrizioni della
grotta nè effettuare nessun tipo di navigazione.
Il
corso Tech Cave Diver o Cave Diver abilita il subacqueo ad utilizzare in
grotta miscele nitrox e trimix se è già addestrato Tech Diver o Trimix
Diver. L’allievo può fare navigazione semplice e complessa, staccarsi
con dei jump dalla main line e immergersi oltre i 30 metri di profondità
con decompressione. Può entrare in grotte con restrizioni e utilizzare
le bombole stage per incrementare la penetrazione della grotta.
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L’esperienza continua
Una
volta che il tech diver ha ricevuto un corretto addestramento ed è in
possesso dell’attrezzatura tecnica adeguata, deve mantenere le
conoscenze e le procedure che ha appreso durante i corsi.
L’esperienza nel tech diving è spesso relegata in secondo piano, ma
probabilmente è la cosa più importante per far si che il tech diver si
possa divertire in assoluta sicurezza.
Inoltre il subacqueo tecnico deve mantenersi in buona forma fisica,
continuare ad immergersi nello stesso ambiente per il quale è stato
addestrato e condividere le proprie immersioni con una squadra di tech
divers affiatata e con capacità uguali o superiori alle proprie. Dopo
lunghi periodi di inattività il tech diver deve ripartire facendo
immersioni in basso fondale durante le quali dovrà ripetere tutte le
procedure e gli esercizi fondamentali imparati durante i corsi.
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