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di Tecnica & Medicina

 

Tecnica & Medicina Subacquea

 

104.  INCIDENTE SUBACQUEO

Responsabilità penale dell’istruttore e della guida subacquea

Articolo degli  avvocati Francesca Zambonin e Floriana Maio

tratto da "SCUBAZONE" n. 2 - Legal Zone

 

 

 

Sotto un profilo civilistico, l’avvocato Francesca Zambonin in sintesi ha così riassunto la responsabilità di istruttore, guida e diving center nel caso di incidente subacqueo:

Istruttore subacqueo: potrà incorrere in responsabilità contrattuale nei casi in cui possa ravvisarsi una violazione degli obblighi di diligenza al medesimo richiesti nello svolgimento del proprio lavoro. Tali obblighi si possono ravvisare nelle competenze tecniche sportive che l’istruttore deve conoscere e applicare durante l’insegnamento; nei controlli dell’attrezzatura sportiva utilizzata, affinché la stessa risulti in buono stato e funzionante; nella capacità di valutare lo stato di apprendimento dell’allievo al fine di preparare il medesimo all’esecuzione dell’attività sportiva in maniera autonoma senza pericolo.

La violazione di uno di questi doveri, comporta la responsabilità contrattuale dell’istruttore nei confronti dell’allievo che si sia procurato dei danni fisici durante l’addestramento.

Per esonerarsi da tale responsabilità, l’istruttore dovrà dimostrare di non aver violato gli obblighi di diligenza posti a proprio carico e che l’evento dannoso si è verificato per caso fortuito, ovvero per una circostanza non prevista né prevedibile, posta al di fuori della propria sfera di controllo. L’istruttore dovrà, in altre parole, dimostrare di aver preso tutte le precauzioni e usato tutti gli accorgimenti necessari per evitare i rischi tipici dell’attività subacquea.

Guida subacquea: occorre distinguere se l’obbligazione assunta dalla guida sia di sostegno per subacquei poco esperti e di controllo dei medesimi durante l’attività subacquea, ovvero se la guida si sia impegnata solamente ad accompagnare subacquei esperti su un sito di immersione sconosciuto ai partecipanti.

 

Nel primo caso, la guida assumerà una responsabilità che si avvicina a quella dell’istruttore e risponderà pertanto dei danni subiti dai partecipanti l’immersione se non prova di aver svolto la propria mansione con l’ordinaria diligenza e di aver fatto di tutto per evitare il danno (dovrà cioè provare che il danno si è verificato per caso fortuito o per forza maggiore).

 

Nel secondo caso, la responsabilità della guida-accompagnatore è limitata a eventuali comportamenti negligenti attivi posti in essere dalla guida stessa.

 

Diving center: in caso di incidente potrà essere chiamato a rispondere di qualsiasi danno derivante da vizi o difetti dell’attrezzatura locata quali la cattiva qualità dell’aria, l’errata miscela di gas contenuta nelle bombole, i difetti di funzionamento di GAV ed erogatore, ecc. Oltre a ciò, sarà chiamato a rispondere dei danni derivanti da una cattiva, temeraria o imprudente organizzazione dell’immersione, come l’utilizzo di mezzi di trasporto inidonei, l’insufficiente presenza o la non qualificazione del personale utilizzato, l’aver praticato l’escursione in cattive condizioni climatiche/marittime o in previste condizioni avverse e, comunque, in tutti i casi in cui si accerti che il danno si è verificato per una causa addebitabile alla attiva/insufficiente/omessa organizzazione.

Infine, il diving center potrà essere chiamato a rispondere, in concorso con la guida o l’istruttore subacqueo, dei danni derivanti da colpa dei medesimi soggetti.

 

In definitiva, sotto un profilo civilistico, l’accertamento della responsabilità di istruttore, guida e diving center, li obbliga al risarcimento del danno patito dalle vittime dell’incidente.

 

Analizziamo ora la responsabilità dei medesimi soggetti sotto il profilo penale, grazie all’intervento dell’avvocato penalista Floriana Maio.

Un incidente subacqueo può coinvolgere, oltre alla vittima, anche altri soggetti che possono essere stati semplici spettatori, o avere partecipato all’immersione, all’incidente stesso, o ai soccorsi che sono intervenuti sul luogo. Tutti i soggetti coinvolti sono tenuti all’obbligo minimo del soccorso, la cui violazione è sanzionata penalmente.

 

L’art. 593 c.p. impone, infatti, che chi trova un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, è tenuto a prestare l’assistenza occorrente o a dare immediatamente avviso all’Autorità.

La giurisprudenza sul punto precisa che “non è sufficiente il ferimento o una generica condizione di pericolo, ma è necessario che la ferita o le altre condizioni soggettive siano tali da privare il soggetto della capacità di provvedere a se stesso; l’incapacità di autodeterminazione è presunta nell’ipotesi di persona che non dia segni di vita, o che sembri inanimata e va accertata caso per caso nell’ipotesi di persona ferita o altrimenti in pericolo”.

Ovviamente, non si richiede che il soccorritore metta in pericolo la propria vita, o quella di altre persone, ma, in ogni caso, chi viola la norma suddetta, oltre alla sanzione penale prevista, deve risarcire i danni, eventualmente, provocati con la sua omissione di soccorso.

Passiamo ora ad analizzare, nelle varie ipotesi di incidente subacqueo, quelle nelle quali è possibile individuare delle forme di responsabilità penale attribuibili, in particolare, agli istruttori e/o guide subacquee per il verificarsi di un evento colposo, o contro l’intenzione “quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di imprudenza, negligenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline” (art. 43, comma 3 c.p.).

 

In primis, è opportuno circoscrivere, sotto il profilo sostanziale, le tipologie di reati che, più frequentemente, possono verificarsi in seguito a incidente “sott’acqua”:

Art. 589 c.p. (omicidio colposo)

• Art. 590 c.p. (lesioni colpose)

Si tratta, nello specifico, di delitti colposi d’evento a forma libera che tutelano il bene giuridico dell’incolumità personale nella sua massima espressione della vita umana (589 c.p.) o nella sua ipotesi attenuata della “malattia del corpo e della mente” (590 c.p.).

Com’è noto, la configurabilità della responsabilità colposa trova un ostacolo invalicabile nell’istituto del caso fortuito (art. 45 c.p.), che è quell’elemento causale dell’evento che, costituendo un quid imponderabile, imprevisto e imprevedibile, esula completamente dal comportamento del soggetto agente, sì da rendere fatale il verificarsi dell’evento, che come tale non è ricollegabile, in alcun modo, a una azione di omissione cosciente e volontaria del soggetto incriminato.

Inoltre, per avere rilevanza giuridica il caso fortuito deve trovarsi in rapporto di causalità tra l’azione posta in essere e l’evento lesivo che si è verificato. Non rientrano, pertanto, gli avvenimenti straordinari della natura come, ad esempio, un improvviso maremoto. In altri termini, il caso fortuito si verifica quando nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, può muoversi all’autore del fatto o a chi, assumendo una posizione di garanzia, aveva l’obbligo giuridico di impedirlo ex art. 40, comma 2 c.p. (“non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”). Tuttavia, è evidente che nel campo delle attività c.d. “pericolose” la soglia di rimproverabilità giuridica a titolo di colpa, imputabile agli “addetti ai lavori”, si alza notevolmente in ragione della prevedibilità dell’evento e, soprattutto, della posizione di “protezione” che chi svolge tale professione è chiamato a ricoprire nei confronti dei suoi alunni e/o partecipanti all'immersione.

L’attività subacquea è considerata, sicuramente, una attività che presenta un elevato grado di pericolosità per l’incolumità personale di chi la pratica, pertanto, l’area del caso fortuito si riduce, espandendosi, per converso, l’area della responsabilità per colpa dei soggetti che rivestono la posizione di garanzia (istruttore/ guida subacquea), che devono possedere un’alta professionalità e devono mantenere, durante le immersioni, la massima cautela e concentrazione. Il concetto di posizione di garanzia si esplicita, pertanto, attraverso tutte quelle posizioni che derivano da uno speciale rapporto di protezione, di educazione, di controllo e di custodia del bene tutelato. Nel caso degli operatori subacquei ciò accade ogni qual volta un cliente si rivolge a un istruttore, a un diving center o a una guida subacquea, in quanto il rapporto che si instaura tra gli stessi e gli allievi – in forza del contratto a partecipare a un’immersione o a un corso – non può prescindere per sua stessa natura da un obbligo in capo agli operatori subacquei di svolgere tutti i comportamenti necessari a proteggere il “bene salute” dei partecipanti.

In particolare, la “posizione di garanzia” in capo all’istruttore subacqueo nei confronti degli allievi deriva, con tutta evidenza, dalle qualifiche e dalle maggiori conoscenze ed esperienza di quest’ultimo sulle quali gli allievi stessi debbono poter fare affidamento.

In un interessante convegno sulla responsabilità da incidente subacqueo (L’incidente in corso di attività subacquee, Medicina Legale, Quaderni Camerti 19.21 giugno 2003), si è approfondito il tema della responsabilità penale attribuibile agli istruttori e/o guide subacquee in caso di incidenti occorsi agli allievi durante le immersioni. Autorevole, il pensiero del Dott. Ettore Cardinali, Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Trani: “… è personale convinzione, che, nell’ambito della subacquea nelle immersioni con autorespiratore, sia necessario operare una distinzione tra immersioni fuori curva di sicurezza e immersioni in curva. Laddove, nelle immersioni fuori curva il pericolo è certamente maggiore e, di conseguenza, anche la posizione di garanzia dell’istruttore richiede maggiore professionalità, prudenza e attenzione: si potrà giungere a un giudizio di evento colposo con maggiore frequenza, perché l’evento sarà determinato essenzialmente dalla combinazione tra un fattore “esterno” (la causa dell’incidente) e il rischio proprio, definibile “interno”, dell’immersione in quota. In questa combinazione di fattori, però, di norma, sarà dominante il rischio dovuto all’immersione profonda… La distinzione è più agevole facendo ricorso a un esempio pratico: l’improvvisa rottura dell’attrezzatura subacquea durante un’immersione fuori curva è causa “scatenante”, mentre la repentina risalita senza rispettare le tabelle di decompressione, e, quindi, la profondità è la causa “determinante” dell’evento… La profondità incide, quindi, sulla qualifica di evento colposo, nella misura in cui richiede una maggiore professionalità nello svolgimento dell’attività posta in essere dal soggetto che ricopriva la posizione di garanzia sul subacqueo vittima dell’evento. In questo tipo di immersioni, ogni problema (anche minimo), se non adeguatamente affrontato, può degenerare in evento infausto. Nel caso de quo, si potrà parlare, pertanto, di evento accidentale quando il fattore “esterno” risulta non solo “scatenante”, ma anche essenzialmente “determinante”dell’evento lesivo. Nel caso, invece, di immersioni più sicure, effettuate in curva di sicurezza “… il fattore esterno è non solo “scatenante” ma probabilmente anche “determinante”. In pratica, l’evento sarà effettivamente riconducibile al fattore “esterno”, e in quanto tale “accidentale”. Questo non vuol significare che l’evento è sempre accidentale, ma, semplicemente, che deve essere considerato tale se si riesce a dimostrare che, nel caso concreto, sono stati rispettati gli ordinari standard di diligenza, richiesti per affrontare un’immersione facile. Al contrario, sarà colposo se l’evento si verifica a causa di negligenze, imprudenze o imperizie, caratterizzate con ogni probabilità dall’essere gravi ed evidenti. Si pensi, ad esempio, a un’immersione con un numero troppo elevato di allievi, o all’abbandono degli allievi durante l’immersione, alle immersioni con subacquei con scarso senso d’acquaticità…”. Particolare rilevanza, per quanto riguarda le attività subacquee, può avere la causa di giustificazione prevista dall’art. 54 c.p. (stato di necessità - “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”) nella parte in cui precisa che tale esimente “non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo”.

 

Come evidenziato dagli avvocati F. De Francesco e G. d’Adamo nel libro Responsabilità civile e penale nelle attività subacquee il “dovere giuridico” in esame può derivare direttamente dalla Legge (es. guide alpine) ovvero anche da un “atto di natura contrattuale”, quale certamente potrebbe essere il contratto di prestazione d’opera fra guida o istruttore da un lato e cliente o allievo dall’altro, in forza del quale si instaura quella particolare posizione di garanzia riconosciuta dalla giurisprudenza (Cass. Pen. n. 24201/2006). In forza di tali principi la guida o l’istruttore avranno l’obbligo giuridico di rischiare la propria vita per salvare quella dell’allievo o del subacqueo condotto in immersione tutte le volte in cui risulta chiara l’assunzione di tale obbligo (cosa che emergerà facilmente nel caso dell’istruttore e che invece richiederà una prova specifica e rigorosa, caso per caso, nell’ipotesi del contratto con la guida subacquea).

Interessante è anche l’ipotesi del concorso di colpa da parte del danneggiato dal reato. L’accertamento, infatti, dell’eventuale colpa concorrente della vittima del reato rileva sia sotto il profilo penalistico, in riferimento al trattamento sanzionatorio ex art. 133 c.p. e alla determinazione del grado di colpa imputabile al comportamento del soggetto agente, sia ai fini civilistici, nella determinazione dell’evento generatore del danno risarcibile, che, ai sensi dell’art. 1227, richiamato dall’art. 2056 c.c., diminuisce secondo la gravità della colpa e le conseguenze che ne derivano (Cass. Pen. n. 44660/2005).

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