Passiamo ora ad analizzare, nelle varie ipotesi di incidente
subacqueo, quelle nelle quali è possibile individuare delle
forme di responsabilità penale attribuibili, in
particolare, agli istruttori e/o guide subacquee per il
verificarsi di un evento colposo, o contro l’intenzione “quando
l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si
verifica a causa di imprudenza, negligenza o imperizia, ovvero
per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”
(art. 43, comma 3 c.p.).
In
primis, è opportuno circoscrivere, sotto il profilo
sostanziale, le tipologie di reati che, più
frequentemente, possono verificarsi in seguito a incidente
“sott’acqua”:
•
Art. 589 c.p. (omicidio colposo)
•
Art. 590 c.p. (lesioni colpose)
Si
tratta, nello specifico, di delitti colposi d’evento a forma
libera che tutelano il bene giuridico dell’incolumità
personale nella sua massima espressione della vita umana (589
c.p.) o nella sua ipotesi attenuata della “malattia del corpo e
della mente” (590 c.p.).
Com’è
noto, la configurabilità della responsabilità colposa
trova un ostacolo invalicabile nell’istituto del caso
fortuito (art. 45 c.p.), che è quell’elemento causale
dell’evento che, costituendo un quid imponderabile,
imprevisto e imprevedibile, esula completamente dal
comportamento del soggetto agente, sì da rendere fatale il
verificarsi dell’evento, che come tale non è ricollegabile, in
alcun modo, a una azione di omissione cosciente e volontaria del
soggetto incriminato.
Inoltre, per avere rilevanza giuridica il caso fortuito deve
trovarsi in rapporto di causalità tra l’azione posta in
essere e l’evento lesivo che si è verificato. Non rientrano,
pertanto, gli avvenimenti straordinari della natura come, ad
esempio, un improvviso maremoto. In altri termini, il caso
fortuito si verifica quando nessun rimprovero, neppure di
semplice leggerezza, può muoversi all’autore del fatto o a chi,
assumendo una posizione di garanzia, aveva l’obbligo giuridico
di impedirlo ex art. 40, comma 2 c.p. (“non impedire un
evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a
cagionarlo”). Tuttavia, è evidente che nel campo delle
attività c.d. “pericolose” la soglia di rimproverabilità
giuridica a titolo di colpa, imputabile agli “addetti ai
lavori”, si alza notevolmente in ragione della prevedibilità
dell’evento e, soprattutto, della posizione di
“protezione” che chi svolge tale professione è chiamato a
ricoprire nei confronti dei suoi alunni e/o partecipanti
all'immersione.
L’attività subacquea è considerata, sicuramente, una attività
che presenta un elevato grado di pericolosità per l’incolumità
personale di chi la pratica, pertanto, l’area del caso
fortuito si riduce, espandendosi, per converso, l’area della
responsabilità per colpa dei soggetti che rivestono la posizione
di garanzia (istruttore/ guida subacquea), che devono possedere
un’alta professionalità e devono mantenere, durante le
immersioni, la massima cautela e concentrazione. Il concetto di
posizione di garanzia si esplicita, pertanto, attraverso tutte
quelle posizioni che derivano da uno speciale rapporto di
protezione, di educazione, di controllo e di custodia del bene
tutelato. Nel caso degli operatori subacquei ciò accade ogni
qual volta un cliente si rivolge a un istruttore, a un diving
center o a una guida subacquea, in quanto il rapporto che si
instaura tra gli stessi e gli allievi – in forza del contratto a
partecipare a un’immersione o a un corso – non può prescindere
per sua stessa natura da un obbligo in capo agli operatori
subacquei di svolgere tutti i comportamenti necessari
a proteggere il “bene salute” dei partecipanti.
In
particolare, la “posizione di garanzia” in capo all’istruttore
subacqueo nei confronti degli allievi deriva, con tutta
evidenza, dalle qualifiche e dalle maggiori conoscenze
ed esperienza di quest’ultimo sulle quali gli allievi
stessi debbono poter fare affidamento.
In un
interessante convegno sulla responsabilità da incidente
subacqueo (L’incidente in corso di attività subacquee,
Medicina Legale, Quaderni Camerti 19.21 giugno 2003), si è
approfondito il tema della responsabilità penale attribuibile
agli istruttori e/o guide subacquee in caso di incidenti occorsi
agli allievi durante le immersioni. Autorevole, il pensiero del
Dott. Ettore Cardinali, Pubblico Ministero presso la Procura
della Repubblica di Trani: “… è personale convinzione, che,
nell’ambito della subacquea nelle immersioni con
autorespiratore, sia necessario operare una distinzione tra
immersioni fuori curva di sicurezza e immersioni in curva.
Laddove, nelle immersioni fuori curva il pericolo è certamente
maggiore e, di conseguenza, anche la posizione di garanzia
dell’istruttore richiede maggiore professionalità, prudenza e
attenzione: si potrà giungere a un giudizio di evento colposo
con maggiore frequenza, perché l’evento sarà determinato
essenzialmente dalla combinazione tra un fattore “esterno” (la
causa dell’incidente) e il rischio proprio, definibile
“interno”, dell’immersione in quota. In questa combinazione di
fattori, però, di norma, sarà dominante il rischio dovuto
all’immersione profonda… La distinzione è più agevole facendo
ricorso a un esempio pratico: l’improvvisa rottura
dell’attrezzatura subacquea durante un’immersione fuori curva è
causa “scatenante”, mentre la repentina risalita senza
rispettare le tabelle di decompressione, e, quindi, la
profondità è la causa “determinante” dell’evento… La
profondità incide, quindi, sulla qualifica di evento colposo,
nella misura in cui richiede una maggiore professionalità nello
svolgimento dell’attività posta in essere dal soggetto che
ricopriva la posizione di garanzia sul subacqueo vittima
dell’evento. In questo tipo di immersioni, ogni problema (anche
minimo), se non adeguatamente affrontato, può degenerare in
evento infausto. Nel caso de quo, si potrà parlare,
pertanto, di evento accidentale quando il fattore “esterno”
risulta non solo “scatenante”, ma anche essenzialmente
“determinante”dell’evento lesivo. Nel caso, invece, di
immersioni più sicure, effettuate in curva di sicurezza “… il
fattore esterno è non solo “scatenante” ma probabilmente anche
“determinante”. In pratica, l’evento sarà effettivamente
riconducibile al fattore “esterno”, e in quanto tale
“accidentale”. Questo non vuol significare che l’evento è sempre
accidentale, ma, semplicemente, che deve essere considerato tale
se si riesce a dimostrare che, nel caso concreto, sono stati
rispettati gli ordinari standard di diligenza, richiesti per
affrontare un’immersione facile. Al contrario, sarà colposo se
l’evento si verifica a causa di negligenze, imprudenze o
imperizie, caratterizzate con ogni probabilità dall’essere gravi
ed evidenti. Si pensi, ad esempio, a un’immersione con un numero
troppo elevato di allievi, o all’abbandono degli allievi durante
l’immersione, alle immersioni con subacquei con scarso senso
d’acquaticità…”. Particolare rilevanza, per quanto riguarda
le attività subacquee, può avere la causa di giustificazione
prevista dall’art. 54 c.p. (stato di necessità - “non è
punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto
dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un
danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente
causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia
proporzionato al pericolo”) nella parte in cui precisa
che tale esimente “non si applica a chi ha un particolare dovere
giuridico di esporsi al pericolo”.
Come
evidenziato dagli avvocati F. De Francesco e G. d’Adamo nel
libro Responsabilità civile e penale nelle attività subacquee
il “dovere giuridico” in esame può derivare direttamente
dalla Legge (es. guide alpine) ovvero anche da un “atto di
natura contrattuale”, quale certamente potrebbe essere il
contratto di prestazione d’opera fra guida o istruttore da un
lato e cliente o allievo dall’altro, in forza del quale si
instaura quella particolare posizione di garanzia riconosciuta
dalla giurisprudenza (Cass. Pen. n. 24201/2006). In forza di
tali principi la guida o l’istruttore avranno l’obbligo
giuridico di rischiare la propria vita per salvare quella
dell’allievo o del subacqueo condotto in immersione tutte le
volte in cui risulta chiara l’assunzione di tale obbligo (cosa
che emergerà facilmente nel caso dell’istruttore e che invece
richiederà una prova specifica e rigorosa, caso per caso,
nell’ipotesi del contratto con la guida subacquea).
Interessante è anche l’ipotesi del concorso di colpa da parte
del danneggiato dal reato. L’accertamento, infatti,
dell’eventuale colpa concorrente della vittima del reato rileva
sia sotto il profilo penalistico, in riferimento al trattamento
sanzionatorio ex art. 133 c.p. e alla determinazione del grado
di colpa imputabile al comportamento del soggetto agente, sia ai
fini civilistici, nella determinazione dell’evento generatore
del danno risarcibile, che, ai sensi dell’art. 1227, richiamato
dall’art. 2056 c.c., diminuisce secondo la gravità della colpa e
le conseguenze che ne derivano (Cass. Pen. n. 44660/2005). |