IMMERSIONI NELLA RISERVA MARINA DEL PROMONTORIO DI PORTOFINO
SECCA DELL’ISUELA - 44°19′02.33″N 9°08′06.7″E 4.5.2015 prof. max 43 m. tempo 52 min. temp. 15 °C
Anfratti e anguste spaccature ospitano cernie, aragoste, astici, murene, gronghi e mustelle; imponente la presenza del corallo rosso. Una presenza eccellente è quella del gattuccio, un piccolo squalo inoffensivo che si trova nel Mediterraneo dal carattere schivo e timido, che si nutre di piccoli crostacei e vive trovando rifugio tra le fessure della roccia deponendo le sue uova sui rami di gorgonie. Il blu circostante e l’esplosione di vita di questa secca, ne fanno una meta ambita per ogni subacqueo e l’Insuela è considerata a ragione una delle più belle immersioni del Mediterraneo.
Descrizione dell’immersione Si possono scegliere vari percorsi nella sua esplorazione ma il più seguito si trova nel versante sud-ovest. Scendiamo lungo la catena della boa che è posizionata sul cappello della secca che arriva a 14 metri di profondità e, una volta raggiunto il corpo morto, ci dirigiamo verso levante percorrendo un tratto dell’ampio cappello ma senza soffermarci troppo a lungo (lo faremo al ritorno). Già qui è facile incontrare cernie, nugoli di saraghi fasciati, e soprattutto inconfondibili i dentici che appaiono all’improvviso dal blu per poi scomparire. Il pianoro del cappello rapidamente si trasforma in parete. Una volta attraversato il cappello voltiamo verso la parte più esterna della secca rivolta verso il largo e riprendiamo la nostra discesa fino alla quota desiderata. Il paesaggio qui è mozzafiato con una grande distesa di gorgonie rosse (Paramuricea Clavata) che dondolano nella corrente, spesso forte, a partire da circa 25 metri per arrivare fino a una profondità di oltre 55 metri. La parete è molto lunga; sugli ampi rami delle gorgonie spesso si trovano attaccate uova di gattuccio. Oltre alle gorgonie nei vari tagli della roccia è possibile vedere grandi rami fioriti di corallo rosso (Corallium Rubrum). Tra i massi del fondale si possono trovare rami di Leptogorgia Sarmentosa e la rara gorgonia Leptogorgia Verrucosa. Tenendo la parete sulla sinistra, cominciamo a nuotare attorno alla secca. Conviene mantenere una quota massima di 35-38 metri per non uscire troppo in fretta dalla curva di sicurezza. La parete è molto lunga e noi la percorriamo in direzione ponente.
Verso la fine della parete sud della
secca, a una profondità di circa 28 metri, incontriamo uno scenografico
tetto di roccia ricoperto di margherite di mare (Parazoanthus) e
di madreporari solitari. Nel fondo di questo tetto stazionano alcune
mustelle di proporzioni ragguardevoli. Non dimenticate di guardare il manometro perché con tutto questo pesce è facile distrarsi e rimanere senz’aria. È difficile abbandonare il fondo davanti a questo spettacolo, ma siamo costretti a farlo. Risaliamo sulla catena senza abbandonarla perché talvolta qui c’è parecchia corrente e in questo caso, senza l’ausilio di una cima di risalita, ci troveremmo facilmente lontani dalla barca.
Secca di Punta Carega (cd. Secca Gonzatti) - 44°18′05.3″N 9°10′07″E 5.5.2015 prof. max 45.5 m. tempo 65 min. temp. 15 °C
La profondità massima consigliata per l’immersione è di 30 metri, in modo da permettere l’esplorazione dell’intero perimetro della secca. La zona a levante è quella più interessante per la presenza di corallo rosso, gorgonie e briozoi, dovuta principalmente alla ripida caduta verticale della parete esposta alle frequenti correnti. La maggior parte del pesce si trova nella fascia compresa tra i 10 e i 20 metri: nel blu che circonda la secca un’infinità di castagnole, menole, boghe e occhiate costituiscono facili prede per i dentici che sono soliti pattugliare queste acque. I saraghi maggiori nuotano in compagnia delle tanute, mentre i saraghi fasciati ordinati in branchi contrastano immobili la corrente e i saraghi pizzuti, più solitari, brucano tra le alghe. Con un pò di fortuna e nei periodi giusti qui si può osservare il passaggio di ricciole, pesci luna e lucci di mare (Sphyraena Sphyraena), il rappresentante mediterraneo dei barracuda, che si addensano spesso in grossi sciami come in un carosello. Nelle tane socievoli gronghi e timide murene sono, insieme alle cernie, gli indiscussi protagonisti dell’ambiente bentonico.
Descrizione dell’immersione Possiamo iniziare l’immersione partendo dalla piccola piattaforma del cappello a 6 metri di profondità. Scendiamo tra la secca e la parete del Promontorio di Portofino e, tenendo la parete della secca alla nostra destra, procediamo in senso orario. Intorno ai 18 metri, ci sono tane di gronghi e murene.
Nel punto in cui la
secca inizia ad allontanarsi dalla parete del Promontorio, proseguiamo
fino a incontrare una zona ricca di gorgonie rosse (Paramuricea
Clavata) intorno ai 30 metri. Abbiamo così raggiunto la zona dove si
trova a 10 metri il corpo morto della boa. La parete crea piccole
insenature e spaccature ricche di flora. Guardando verso il mare aperto,
possiamo notare dentici di notevoli dimensioni.
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Questo è un punto d’immersione d’interesse sia naturalistico che storico, a metà strada tra la zona B e la C dell’Area Marina Protetta. Al largo di Punta Chiappa nel 1959 Duilio Marcante trovò alcuni resti romani a circa 50 metri di profondità. I fondali della Punta, ricchi di massi e spaccature, sono popolati da cernie e pesci di grosse dimensioni. A circa 37 metri di profondità c'è una piccola grotta sommersa dalla forma di una U, popolata da un gran numero di gamberi parapandalo (in genovese Gàmbao), un elegante gamberetto dal lungo rostro, caratterizzato da bande longitudinali rosse su fondo arancio. |
Descrizione dell’immersione
L’immersione per
raggiungere la Grotta dei gamberi, indicata sulla cartografia ufficiale
dell'AMP come Punta Chiappa lato est, ha inizio a circa 18 metri sulla
base della boa di ormeggio.
Dirigendoci verso sud e lievemente a ovest, il fondale roccioso misto a
poseidonia degrada lentamente sino a circa 22 metri, dove inizia una
bella parete verticale che sprofonda rapidamente nel blu.
Tenendo la parete a destra si nuota verso ovest dove il corallo rosso (Corallum
Rubrium) ricopre gli anfratti, in cui aragoste, mustelle e talvolta
qualche gattuccio trovano riparo.
A circa 37 metri di profondità, si apre una fenditura che penetra nella
parete per una decina di metri e fa una curva verso destra, nota col
nome di Grotta dei gamberi perchè ospita una folta colonia di
Parapandalo (Plesionika Narval), un piccolo crostaceo decapode
(con 5 paia di arti toracici di cui il primo può essere trasformato in
chele) che può arrivare alla lunghezza di 15 centimetri, color rosso
pallido- arancio con striature longitudinali più chiare e lunghe
antenne.
Il fondale della grotta è costituito da fango finissimo che rende
difficile la visibilità se lo si sfiora con le pinne, perciò è
importante mantenere un corretto assetto. La grotta è a fondo cieco e
occorre ruotare su se stessi in uno spazio abbastanza angusto per
guadagnare l’uscita.
Proseguendo l’immersione, si risale lungo la parete e tornati sul
pianoro si termina l’immersione esplorando i grandi massi accatastati
sul fondo, tra i quali trovano riparo grosse cernie.
La risalita si può fare lungo la catena della boa d’ormeggio oppure a
ridosso della parete sul lato est di Punta Chiappa.
Punta della Torretta - 44°18′07.54″N 9°10′00.56″E
5.5.2015 prof. max 34.5 m. tempo 50 min. temp. 16 °C
6.5.2015 prof. max 51 m. tempo 60 min. temp. 16 °C
La Punta della torretta (che prende il nome dalla vecchia torre che svetta sulla roccia di fronte al mare) si presenta come una parete, verticale prima e in seguito terrazzata, prima di riprendere la discesa fino ai 39 metri di profondità. E’ ricca di gorgonie rosse ed è punto di passaggio per i dentici e, talvolta, per i barracuda nei periodi caldi. Al di sotto del terrazzamento, tra le spaccature, sono abbondanti le colonie di corallo rosso (Corallum Rubrium) .
Descrizione dell’immersione Situata al limite nord dell’insenatura di San Fruttuoso questa Punta segna l’inizio della zona A di riserva integrale. La boa di ormeggio si trova a pochi metri dalla parete ma si scende immediatamente fino a circa 20 metri di profondità dove, seguendo la catena, si raggiunge un pianoro. Qui s’incontrano le prime posidonie. Tenendo la parete sulla destra, seguendone il profilo, si inizia a scendere fino a poco più di 40 metri. |
La parete, alla cui base vi sono dei grossi massi, è piena di anfratti e piccole grotte che ospitano grosse cernie, murene e polpi. Continuando a scendere si incontrano due massi quasi completamente ricoperti di posidonie. Qui non è raro incontrare dentici e ricciole e se si è fortunati anche qualche piccolo tonno e barracuda. Spostandosi appena verso nord e tenendo la parete sulla sinistra si ricomincia la salita.
Risalendo, se si sta vicini al fondale, si possono scorgere diversi nudibranchi, come vacchette di mare (Discodoris Atromaculata) e flabelline (Flabellina Affinis). Seguendo il profilo del fondale si risale piano fino alla quota per la tappa di sicurezza che può essere fatta anche esplorando la parte interna della baia di San Fruttuoso.
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