TOP 

                             Io  e  la  subacquea...               

 

 

IMMERSIONI NELLA RISERVA MARINA DEL PROMONTORIO DI PORTOFINO

 

Le Aree Marine Protette italiane generalmente sono suddivise al loro interno in diverse tipologie di zone, denominate A, B e C. L'intento della creazione delle A.M.P. è quello di assicurare la massima protezione agli ambiti di maggior valore ambientale, che ricadono nelle zone di riserva integrale (Zona A), applicando in modo rigoroso i vincoli stabiliti dalla legge.
Con le Zone B e le Zone C invece, si vuole assicurare una gradualità di protezione attuando, attraverso i decreti istitutivi, delle deroghe ai rigidi vincoli per coniugare la conservazione dei valori ambientali con la fruizione e l'uso sostenibile dell'ambiente marino.

Le tre tipologie di zone sono delimitate da precise coordinate geografiche e sono riportate nella cartografia allegata al decreto istitutivo di ciascuna A.M.P. che è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.


La classificazione delle zone dell'A.M.P.

• Zona A, zona di riserva integrale, è interdetta a tutte le attività che possano arrecare danno o disturbo all'ambiente marino. La Zona A è il vero cuore della riserva: in essa, individuata in ambiti ridotti, generalmente sono consentite unicamente le attività di ricerca scientifica e le attività di servizio.

• Zona B, di riserva generale, dove sono consentite e regolamentate dall'Organismo di gestione una serie di attività che, pur concedendo una fruizione ed uso sostenibile dell'ambiente influiscono con il minor impatto possibile. Anche le Zone B di solito non sono molto estese.

• Zona C, di riserva parziale, rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore naturalistico e i settori esterni all'Area Marina Protetta, dove sono consentite e regolamentate dall'Organismo di gestione, oltre a quanto già consentito nelle altre zone, le attività di fruizione ed uso sostenibile del mare di modesto impatto ambientale.

 

Area Marina Protetta del Promontorio di Portofino

Il Promontorio di Portofino, delimitato dal Golfo Paradiso e da quello del Tigullio, è situato a circa 20 km da Genova e si protende in mare per circa 4 km. Esso rappresenta uno degli scenari più suggestivi della Riviera Ligure, ed è caratterizzato da una notevole varietà di ambienti.

Dalle numerose insenature della costa si gettano in mare alte falesie che proseguono sott’acqua fino alla profondità di 50 metri, dove si trovano ampie distese sabbiose. Qui, i fondali ricchi di biocenosi, si caratterizzano per la presenza di molte fessure, anfratti e tettoie, ambiente ideale per il riparo di numerose specie di pesci e molluschi.

I siti di immersione dell’Area Marina Protetta del Promontorio di Portofino offrono a quanti vi si immergono scenari meravigliosi e fondali non visibili in altre zone del Mediterraneo.
L’AMP è stata istituita dal Ministero dell’Ambiente il 26 aprile 1999 con l’obiettivo di valorizzare le risorse biologiche e geomorfologiche della zona e diffondere la conoscenza dell’ecologia e della biologia.
Partendo da Camogli, la riserva si spinge fino alle porte di Santa Margherita Ligure ed è un luogo ideale per il turismo, la subacquea e la ricerca scientifica.

 

LOG BOOK

SECCA DELL’ISUELA - 44°19′02.33″N 9°08′06.7″E

4.5.2015 prof. max 43 m. tempo 52 min. temp. 15 °C

La secca si trova poco a sud di Punta Chiappa a circa 200 metri dalla costa; si erge da 60 fino a 14 metri e affonda le radici in un fondale pianeggiante piuttosto fangoso. Questa secca, a forma di panettone dalla sommità ampia e tondeggiante, è costantemente investita da correnti ricchissime di plancton pertanto l’immersione qui è piuttosto difficoltosa, ma a causa delle correnti la secca dell’Insuela è abitata dalle più piccole specie ittiche fino ai più grandi pesci pelagici, come ricciole, dentici, tonni e pesci luna, che arricchiscono la già numerosa popolazione animale e vegetale.

Anfratti e anguste spaccature ospitano cernie, aragoste, astici, murene, gronghi e mustelle; imponente la presenza del corallo rosso. Una presenza eccellente è quella del gattuccio, un piccolo squalo inoffensivo che si trova nel Mediterraneo dal carattere schivo e timido, che si nutre di piccoli crostacei e vive trovando rifugio tra le fessure della roccia deponendo le sue uova sui rami di gorgonie.

Il blu circostante e l’esplosione di vita di questa secca, ne fanno una meta ambita per ogni subacqueo e l’Insuela è considerata a ragione una delle più belle immersioni del Mediterraneo.

 

Descrizione dell’immersione

Si possono scegliere vari percorsi nella sua esplorazione ma il più seguito si trova nel versante sud-ovest. Scendiamo lungo la catena della boa che è posizionata sul cappello della secca che arriva a 14 metri di profondità e, una volta raggiunto il corpo morto, ci dirigiamo verso levante percorrendo un tratto dell’ampio cappello ma senza soffermarci troppo a  lungo (lo faremo al ritorno).

Già qui è facile incontrare cernie, nugoli di saraghi fasciati, e soprattutto inconfondibili i dentici che appaiono all’improvviso dal blu per poi scomparire. Il pianoro del cappello rapidamente si trasforma in parete. Una volta attraversato il cappello voltiamo verso la parte più esterna della secca rivolta verso il largo e riprendiamo la nostra discesa fino alla quota desiderata. Il paesaggio qui è mozzafiato con una grande distesa di gorgonie rosse (Paramuricea Clavata) che dondolano nella corrente, spesso forte, a partire da circa 25 metri per arrivare fino a una profondità di oltre 55 metri. La parete è molto lunga; sugli ampi rami delle gorgonie spesso si trovano attaccate uova di gattuccio. Oltre alle gorgonie nei vari tagli della roccia è possibile vedere grandi rami fioriti di corallo rosso (Corallium Rubrum).

Tra i massi del fondale si possono trovare rami di Leptogorgia Sarmentosa e la rara gorgonia Leptogorgia Verrucosa.

Tenendo la parete sulla sinistra, cominciamo a nuotare attorno alla secca. Conviene mantenere una quota massima di 35-38 metri per non uscire troppo in fretta dalla curva di sicurezza. La parete è molto lunga e noi la percorriamo in direzione ponente.

Verso la fine della parete sud della secca, a una profondità di circa 28 metri, incontriamo uno scenografico tetto di roccia ricoperto di margherite di mare (Parazoanthus) e di madreporari solitari. Nel fondo di questo tetto stazionano alcune mustelle di proporzioni ragguardevoli.
A questo punto la secca fa una svolta decisa di 90 gradi e ci troviamo nella parete ovest. È il momento di cominciare a risalire verso il cappello della secca. Le gorgonie rosse (Paramuricea Clavata) lasciano il posto alle gorgonie gialle (Eunicella Cavolini), mentre cominciano a riapparire numerosi i dentici con la loro inconfondibile sagoma.
Percorrendo il lato ponente, risaliamo verso il cappello che merita sicuramente una visita più approfondita: qui, infatti, l’impressione è quella di essere in un acquario con la presenza costante di murene, gronghi, polpi, saraghi di enormi dimensioni, tanute, cernie molto curiose e degli immancabili dentici in caccia.

Non dimenticate di guardare il manometro perché con tutto questo pesce è facile distrarsi e rimanere senz’aria. È difficile abbandonare il fondo davanti a questo spettacolo, ma siamo costretti a farlo. Risaliamo sulla catena senza abbandonarla perché talvolta qui c’è parecchia corrente e in questo caso, senza l’ausilio di una cima di risalita, ci troveremmo facilmente lontani dalla barca.

 

Secca di Punta Carega (cd. Secca Gonzatti) - 44°18′05.3″N 9°10′07″E

5.5.2015 prof. max 45.5 m. tempo 65 min. temp. 15 °C

Conosciuta anche come "secca di Dario Gonzatti", questo sito d’immersione è tra i più conosciuti e più frequentati del Promontorio di Portofino, perchè regala incontri emozionanti ad ogni visitatore.
La sommità della secca arriva a 6 metri di profondità e dista solo alcune decine di metri dalla costa, dalla quale è separata da una sella con grandi scogli dove la quota non supera i 20 metri.

Il versante più profondo è quello verso il mare aperto, che supera abbondantemente i 50 metri con una graduale caduta fatta di piccole terrazze e pareti, terminante con alcuni massi isolati avvolti da gorgonie e da nuvole di castagnole rosse (Anthias Anthias).
Talvolta la secca è investita dalla corrente che corre lungo il Promontorio, e le ripide pendici del versante verso il mare aperto non la rendono l’immersione ideale per i subacquei inesperti.

La profondità massima consigliata per l’immersione è di 30 metri, in modo da permettere l’esplorazione dell’intero perimetro della secca.

La zona a levante è quella più interessante per la presenza di corallo rosso, gorgonie e briozoi, dovuta principalmente alla ripida caduta verticale della parete esposta alle frequenti correnti.

La maggior parte del pesce si trova nella fascia compresa tra i 10 e i 20 metri: nel blu che circonda la secca un’infinità di castagnole, menole, boghe e occhiate costituiscono facili prede per i dentici che sono soliti pattugliare queste acque. 

I saraghi maggiori nuotano in compagnia delle tanute, mentre i saraghi fasciati ordinati in branchi contrastano immobili la corrente e i saraghi pizzuti, più solitari, brucano tra le alghe.

Con un pò di fortuna e nei periodi giusti qui si può osservare il passaggio di ricciole, pesci luna e lucci di mare (Sphyraena Sphyraena), il rappresentante mediterraneo dei barracuda, che si addensano spesso in grossi sciami come in un carosello. Nelle tane socievoli gronghi e timide murene sono, insieme alle cernie, gli indiscussi protagonisti dell’ambiente bentonico.

 

Descrizione dell’immersione

Possiamo iniziare l’immersione partendo dalla piccola piattaforma del cappello a 6 metri di profondità. Scendiamo tra la secca e la parete del Promontorio di Portofino e, tenendo la parete della secca alla nostra destra, procediamo in senso orario. Intorno ai 18 metri, ci sono tane di gronghi e murene.

Nel punto in cui la secca inizia ad allontanarsi dalla parete del Promontorio, proseguiamo fino a incontrare una zona ricca di gorgonie rosse (Paramuricea Clavata) intorno ai 30 metri. Abbiamo così raggiunto la zona dove si trova a 10 metri il corpo morto della boa. La parete crea piccole insenature e spaccature ricche di flora. Guardando verso il mare aperto, possiamo notare dentici di notevoli dimensioni.
Dirigendoci di nuovo verso il promontorio la secca degrada dolcemente. Raggiungiamo il canale tra la secca e il Promontorio a circa 20 metri di profondità; questo, ricco di massi dalle forme più strane, accoglie le tane di molte cernie. Ancora uno sguardo alla parete della secca, dove a pochi metri si vede una splendida Anemonia Sulcata, e possiamo fare la sosta di sicurezza sulla piccola piattaforma del cappello giocando con le donzelle pavonine (Thalassoma Pavo).

Grotta dei gamberi (Punta Chiappa-Levante) - 44°19′03.06″N 9°08′07.44″E

4.5.2015 prof. max 39 m. tempo 50 min. temp. 15 °C

Questo è un punto d’immersione d’interesse sia naturalistico che storico, a metà strada tra la zona B e la C dell’Area Marina Protetta.

Al largo di Punta Chiappa nel 1959 Duilio Marcante trovò alcuni resti romani a circa 50 metri di profondità.

I fondali della Punta, ricchi di massi e spaccature, sono popolati da cernie e pesci di grosse dimensioni.

A circa 37 metri di profondità c'è una piccola grotta sommersa dalla forma di una U, popolata da un gran numero di gamberi parapandalo (in genovese Gàmbao), un elegante gamberetto dal lungo rostro, caratterizzato da bande longitudinali rosse su fondo arancio.

Descrizione dell’immersione

L’immersione per raggiungere la Grotta dei gamberi, indicata sulla cartografia ufficiale dell'AMP come Punta Chiappa lato est, ha inizio a circa 18 metri sulla base della boa di ormeggio.
Dirigendoci verso sud e lievemente a ovest, il fondale roccioso misto a poseidonia degrada lentamente sino a circa 22 metri, dove inizia una bella parete verticale che sprofonda rapidamente nel blu.
Tenendo la parete a destra si nuota verso ovest dove il corallo rosso (Corallum Rubrium) ricopre gli anfratti, in cui aragoste, mustelle e talvolta qualche gattuccio trovano riparo.
A circa 37 metri di profondità, si apre una fenditura che penetra nella parete per una decina di metri e fa una curva verso destra, nota col nome di Grotta dei gamberi perchè ospita una folta colonia di Parapandalo (Plesionika Narval), un piccolo crostaceo decapode (con 5 paia di arti toracici di cui il primo può essere trasformato in chele) che può arrivare alla lunghezza di 15 centimetri, color rosso pallido- arancio con striature longitudinali più chiare e lunghe antenne.
Il fondale della grotta è costituito da fango finissimo che rende difficile la visibilità se lo si sfiora con le pinne, perciò è importante mantenere un corretto assetto. La grotta è a fondo cieco e occorre ruotare su se stessi in uno spazio abbastanza angusto per guadagnare l’uscita.
Proseguendo l’immersione, si risale lungo la parete e tornati sul pianoro si termina l’immersione esplorando i grandi  massi accatastati sul fondo, tra i quali trovano riparo grosse cernie.
La risalita si può fare lungo la catena della boa d’ormeggio oppure a ridosso della parete sul lato est di Punta Chiappa.

 

Punta della Torretta - 44°18′07.54″N 9°10′00.56″E

5.5.2015 prof. max 34.5 m. tempo 50 min. temp. 16 °C

6.5.2015 prof. max 51 m. tempo 60 min. temp. 16 °C

La Punta della torretta (che prende il nome dalla vecchia torre che svetta sulla roccia di fronte al mare) si presenta come una parete, verticale prima e in seguito terrazzata, prima di riprendere la discesa fino ai 39 metri di profondità.

E’ ricca di gorgonie rosse ed è punto di passaggio per i dentici e, talvolta, per i barracuda nei periodi caldi. Al di sotto del terrazzamento, tra le spaccature, sono abbondanti le colonie di corallo rosso (Corallum Rubrium) .

 

Descrizione dell’immersione

Situata al limite nord dell’insenatura di San Fruttuoso questa Punta segna l’inizio della zona A di riserva integrale. La boa di ormeggio si trova a pochi metri dalla parete ma si scende immediatamente fino a circa 20 metri di profondità dove, seguendo la catena, si raggiunge un pianoro. Qui s’incontrano le prime posidonie. Tenendo la parete sulla destra, seguendone il profilo, si inizia a scendere fino a poco più di 40 metri.

La parete, alla cui base vi sono dei grossi massi, è piena di anfratti e piccole grotte che ospitano grosse cernie, murene e polpi. Continuando a scendere si incontrano due massi quasi completamente ricoperti di posidonie. Qui non è raro incontrare dentici e ricciole e se si è fortunati anche qualche piccolo tonno e barracuda. Spostandosi appena verso nord e tenendo la parete sulla sinistra si ricomincia la salita.

Risalendo, se si sta vicini al fondale, si possono scorgere diversi nudibranchi, come vacchette di mare (Discodoris Atromaculata) e flabelline (Flabellina Affinis). Seguendo il profilo del fondale si risale piano fino alla quota per la tappa di sicurezza che può essere fatta anche esplorando la parte interna della baia di San Fruttuoso.

Torna su all'inizio della pagina