LE PIU' BELLE Immersioni
DI Capo Palinuro per gentile concessione dell'Autore.
1. Il Cratere Difficoltà: Media Profondità max: -37 Luogo: Punta della Quaglia Il Cratere unisce diverse tipologie di immersione: parete, caverna e secca. Si scende lungo un muro verticale ricco di anfratti, per arrivare ad un arco di roccia a 37 metri. Ricci saetta (Stylocidaris affinis) dagli spessi aculei, granchi facchino (Dromia personata), briozoi ventaglio (Hornera frondiculata) sono alcuni degli organismi presenti. Percorso l'arco, ci si trova all'interno del cratere e guardando verso l'alto si capisce il perché del nome dato a questo sito d'immersione: aI centro si notano grossi massi che un tempo erano il soffitto della grotta, ora collassata. Una rientranza sulla destra del cratere da la possibilità, girandosi dopo pochi metri, di ammirare un singolare scorcio sul blu. Piccolissimi rami di corallo spiccano sulla parete assieme a diverse specie di briozoi. Proseguendo il giro antiorario, si arriva ad un secondo arco simile e opposto al primo, attraversando il quale si esce dal "cratere". Tenendo la sinistra si raggiunge una zona ricca di uova di gattuccio e di grosse spugne incrostanti della specie Anchinoe tenacior che formano sulla parete come delle macchie di pittura. Risalendo fino a 20 metri ci si affaccia ad un pianoro ricoperto da una prateria di Posidonia oceanica, all'interno della quale gli amanti della fauna ittica possono scoprire grosse sorprese. Normalmente appaiono delle sagome in lontananza che nuotano lente: si tratta di cernie alessandrine (Epinephelus alexandrinus). Un altro incontro possibile in questa zona è con un grosso dentice che vive stanziale in questa zona. Sorvolando il cratere per raggiungere il lato sud di Punta Quaglia si arriva alla profondità di 10 metri e curiosando qua e là si trovano anemoni e attinie dei generi Cereus e Aiptasia, mentre grossi banchi di salpe luccicanti con i loro coreografici volteggi, creano un'immagine quasi tropicale. Qui nei pressi vive un bell'esemplare di anemone dorato (Condylactis aurantiaca) e dalla roccia calcarea spuntano le spugne perforanti del genere Cliona, di colore giallo o rosso.
2. Grotta Azzurra Difficoltà: Media Profondità max: -33 Luogo: Punta della Quaglia.
Ci sono immersioni che ormai
sono entrate nella leggenda,
tra queste vi è certamente quella nella Grotta Azzurra di Capo Palinuro,
una cavità in parte sommersa che presenta motivi di
interesse tali da poter essere definita unica. Molte sono le cose che
rendono unica questa immersione: la vastità del salone
centrale, la conformazione a tunnel, le pareti sovrabbondanti di fauna
bentonica, la presenza di sorgenti idrotermali e di speleotemi sommersi e un
affascinante percorso subaereo tra colonne stalatto-stalagmitiche e
colate di alabastro. Lato destro e sinistro della grotta, hanno
caratteristiche differenti e richiedono due visite distinte per non
trasformare il giro in una inutile e affannosa corsa. A seconda di quale percorso si sceglie, l'immersione
è adatta a tutti i livelli di preparazione, ma in ogni caso,
indipendentemente dalla difficoltà dell'itinerario, è bene
farsi guidare da conoscitori esperti dei luoghi, in grado di illustrare al meglio ed
in sicurezza la magia della grotta. Pinneggiando per 25 metri lasciando l'atrio per il ritorno, ci si trova sulla cosiddetta "soglia", dove il grande salone centrale si apre e il fondo degrada verso la massima profondità. Di fronte si vede l'intensa luce azzurra, che proviene dall'ingresso secondario e sopra lo specchio acqueo interno, che lascia trasparire le pareti subaeree. Dirigendosi a sinistra si incontrano le "colonne", che con i loro 3 metri di altezza testimoniano come un tempo molto lontano a questo livello non ci fosse acqua, altrimenti non avrebbero potuto formarsi. Superato il "fitone", un masso dalla forma particolare, si arriva alla famosa Sala della Neve. Dal fango sgorgano le sorgenti di acque sulfuree a 24 °C, che permettono il proliferare dei batteri dello zolfo che formano un soffice tappeto bianco che riveste le pareti. L'acqua è tiepida, opalescente o bianco latte per lo zolfo colloidale in sospensione, e il paesaggio è irreale: sembra di stare tra le nuvole. La visita di questa sala laterale è riservata ai sub esperti, in quanto il fondo è fangoso, il buio è totale e le bolle dell'autorespiratore che salgono sulla volta della grotta fanno cadere i flocculi di solfobatteri, simili a fiocchi di neve. Il fenomeno della "nevicata" è osservabile anche se non si entra nella sala, perchè le acque calde, più leggere, riempiono la cupola e tracimano verso l'alto formando un inconfondibile ruscello bianco in cui il subacqueo può "toccare con mano" la differenza di temperatura. Scostandosi di poco dalla parete, restando ben equilibrati a mezz'acqua, si trova il punto chiave dell'immersione, dove un emozionante colpo d'occhio generale, tra riflessi e controluce, fa capire bene la vastità dell'ambiente. Si arriva così alla grande uscita secondaria con la "finestra" da cui si può ammirare una numerosa famiglia di saraghi pizzuti. A questo punto inizia il percorso di ritorno verso l'ingresso principale e, ritornati alla "soglia" si incontrano gli esili e piumosi gigli di mare, dalla forma pentaraggiata e di colore rosso, giallo o variegato. Se la scorta di gas lo consente si può visitare l'atrio della grotta che era stato lasciato per ultimo. Quest'area merita da sola un'immersione: nelle spaccature si nascondono cernie e corvine, nelle nicchie laterali ci sono miriadi di rossi re di triglie. Ovunque si trovano colorati nudibranchi, tra cui la lumaca pellegrina, la flabellina viola, la vacchetta di mare e la planaria rosa, (un verme piatto simile ad una sottile lamina vivente). La volta appare di un colore arancio intenso per la massiccia colonizzazione degli astroidi, madreporari sciafili che prediligono l'oscurità e vivono solo al di sotto di una certa latitudine. Man mano che ci si avvicina all'uscita e la luce aumenta gli astroidi lasciano il posto alle gialle margherite di mare. Le dimensioni di questi organismi sono più grandi della norma (fenomeno del cd. "gigantismo"), grazie alla conformazione a tunnel della grotta che facilita il ricambio d'acqua e un proporzionale apporto di nutrimento. Usciti dalla grotta, se tempi e consumi lo consentono, si possono raggiungere tre sorgenti sulfuree poco distanti. Prima di emergere, durante la sosta di sicurezza lungo la parete a destra dell'ingresso della grotta, si possono osservare dei grandi buchi circolari nella roccia: sono le "marmitte dei giganti", scavate nel tempo, da ciottoli più o meno grandi spostati dal moto ondoso.
3. Grotta "Cattedrale 1" Difficoltà: Media Profondità max: -25 Di solito l'immersione inizia con una discesa davanti all'ingresso della Grotta delle Catene (a 25 metri), per dare solo uno sguardo al cartello di pericolo fissato alla roccia, in quanto nel corso degli anni c'è stato un depositarsi di limo che la rende estremamente pericolosa. Sulle pareti ci sono ancora i piccoli spezzoni delle catene messe ai tempi del Club Mediterranée come avvertimento. Da qui pinneggiando a mezz'acqua si va verso l'ingresso della Grotta Cattedrale. Inizialmente il fondo è in risalita e percorsi una quindicina di metri vale la pena di girarsi per gustare l'immagine della cornice rocciosa che si staglia nel blu. L'immersione prosegue poi verso l'interno a profondità minime. C'è la possibilità di emergere in quattro laghi interni, due piccoli e due grandi. Attraverso una bifora si entra nella "bolla d'aria", una stanza nella quale si può emergere fino alla vita. A piccoli gruppi i subacquei possono ammirare una piccola cupola dalla parete frastagliata molto scenografica. Sul fondo si possono incontrare bellissime cipree, vermi piatti e nudibranchi poco comuni. C'è da vedere una splendida finestrella con una colonnina centrale che si staglia sul blu dell'ingresso principale. Usciti dalla bifora si volta a destra per raggiungere in fila indiana il punto più interno dove, in piccole nicchie, c'è un brulicare di "moscerini" che in realtà sono piccolissimi gamberetti misidacei adulti. Si fa una nuova emersione per vedere degli speleotemi molto particolari: piccoli drappi, colonnine e le eccentriche (elittiti), formazioni rocciose simili a rametti che crescono sfidando la gravità. La purezza del carbonato di calcio determina la colorazione chiara o scura delle concrezioni. A questo punto ci si reimmerge fino a 2 metri e si va verso l'uscita, ma prima di uscire dalla grotta si emerge nel lago più grande, per gustare il magico azzurro dell'acqua illuminata dalla luce naturale. Le pareti sono tutte ricoperte di astroidi arancioni, di taglia molto inferiore rispetto a quelli che si trovano nella Grotta Azzurra.
4. Grotta degli Occhi e Grotta del Sangue Difficoltà: Bassa Profondità max: -15 E’ difficile dimenticare questa immersione perché la sagoma dei due ingressi superiori paralleli, che danno il nome alla Grotta degli Occhi, rimane impressa anche al subacqueo più distratto. L'ingresso è a 15 metri di profondità massima e permette di accedere all'atrio parzialmente illuminato da due aperture superiori. Belli da vedere sono gli eleganti briozoi ventaglio Hornera frondiculata e i riflessi di luce. Di fronte all'atrio c'è un ramo infangato che termina dopo pochi metri svoltando a sinistra in un ramo cieco. Questo ramo è piuttosto pericoloso ed è stato teatro di un tragico incidente e quindi è meglio evitarlo. Sul soffitto un foro permette il comodo passaggio di un subacqueo per volta dando accesso al piano superiore (a 7 metri di profondità). Da questo punto si ha la migliore immagine degli "occhi" da cui la grotta prende luce. Si prosegue verso I'interno emergendo in due sacche subaeree che presentano un evidente collegamento con l'esterno e dove è quindi possibile scambiare due parole e vedere le singolari concrezioni coralloidi a forma di funghetto e cavolfiore. Sotto c'è una grossa stalagmite e una nicchia laterale con stalattiti ed una mensola che rappresenta un antico livello marino. Si esce dall'occhio destro e, pinneggiando lungo la parete, si raggiunge l'ingresso della Grotta del Sangue (a 7 metri), così chiamata per alcune concrezioni rosse incrostanti della parte emersa visitabile con una barca. Si tratta di una grotta marina dal tipico andamento rettilineo, con il fondo in risalita ed evidentissimi "ripple marks", che sono il lento risultato dell'azione dinamica del moto ondoso che riesce a spingere più lontano solo le particelle più piccole. A conferma di ciò c'è un accumulo di sabbia alla fine del percorso a 3 metri di profondità. Ben visibile è la sorgente di acqua sulfurea calda (24° C) con i bianchi filamenti dei solfobatteri. Soprattutto in alta stagione si deve stare attenti a non emergere perché le barche visitano continuamente la Grotta del Sangue. Da un lato della grotta parte la "variante", un tortuoso cunicolo riservato agli esperti, che porta ad un laghetto interno dove possiamo ammirare la stratificazione di antichi livelli di spiaggia. Prima di emergere, durante la sosta di sicurezza, i buoni osservatori possono osservare la microscopica lumaca fogliolina (Elysia timida).
6. Grotta dei Monaci e Tunnel dei Misidacei Difficoltà: Bassa Profondità max: -14
Questa immersione, che tocca la profondità massima
di 14 metri, include un passaggio nell'atrio della Grotta Sulfurea per
vedere l'imponente fiume di acqua bianca che scorre verso la superficie.
È un'immagine unica e sorprendente essendo la più importante
manifestazione di questo genere nella zona di Palinuro. L'immersione si
limita all'atrio della grotta, perchè il resto
del percorso è pericoloso se fatto da subacquei senza preparazione speleosubacquea
e con attrezzatura inadeguata. La Grotta dei Monaci deve il suo nome alle
stalagmiti presenti al fondo della zona subaerea. Sempre nella parte
emersa sono visibili i fori dei litodomi. È una tipica grotta di genesi
marina e il grosso masso all'ingresso a 7 metri di profondità si ritiene essere un
pezzo della volta crollata. Al termine di un basso ramo laterale sgorga
una sorgente di acqua dolce.
7. Grotta del Presepe Difficoltà: Bassa Profondità max: -5 Preceduto da un evidentissimo "solco di battente" di notevoli dimensioni, si apre l'ingresso ogivale di quel piccolo gioiello che è la Grotta del Presepe. Percorso il primo tratto ecco una meraviglia architettonica naturale: le colonne ricurve. Esse testimoniano con la loro inclinazione antichi movimenti della crosta terrestre. Si può emergere lentamente, alzando il braccio, nella prima sacca subaerea, proprio in prossimità delle colonne. Cannule, stalattiti, drappi ed eccentriche dalle varie sfumature di colore pendono fino a pochi centimetri dalla testa. Reimmergendosi e passando attraverso uno stretto passaggio popolato da gamberi dei generi Palaemon e Stenopus, si raggiunge la sala principale, dove si emerge nuovamente. Qui è possibile togliere l'erogatore perché c'è un collegamento con l'esterno. La prima volta che Fabio Barbieri si è affacciato in questa sala avevo con sé una torcia dal fascio concentrato; le numerose stalagmiti di diverse dimensioni, illuminate parzialmente, gli hanno ricordato la scena della Natività, da qui il nome della grotta. Piccole piscine, nicchie variegate e la formazione chiamata "alveare", lasciano davvero stupefatti. Curiosando qua e là ognuno scopre geometrie nuove e difficilmente potrà dimenticare la Grotta del Presepe.
8. Grotta delle Corvine Difficoltà: Media Profondità max: -45 E' una grotta dallo sviluppo verticale, caratterizzata dalla presenza delle eleganti corvine (Sciaena umbra) e da grosse formazioni stalagmitiche sommerse, i cd. "monaci sommersi". L'ingresso profondo è a 20 metri, quello superiore a 7 metri. Percorso l'atrio, l'immersione avviene in risalita evitando di infilarsi in un buco del fondo molto fangoso e pericoloso. Si può andare a destra o a sinistra per raggiungere un primo livello normalmente popolato dalle corvine e dal gambero meccanico (Stenopus spinosus). Qualche metro più su imponenti stalagmiti che ricordano quelle emerse della Grotta dei Monaci, dominano la scena. Sulla parete c'è una bella nicchia con colonnine. Si emerge poi in una sacca subaerea dalla alta volta in cui si possono ammirare formazioni eccentriche e colate alabastrine. Per uscire, invece di tornare sul fondo, si può pinneggiare lungo un tunnel rettilineo ed obliquo lungo una decina di metri, prima di sbucare in parete a 7 metri di profodità. Il tratto di costa nei pressi dell'ingresso si presta all'osservazione nel blu di banchi di saraghi testanera (Diplodus vulgaris) e di dentici (Dentex dentex) che si aggirano curiosi. Esattamente di fronte all'ingresso si apre un canalone che scende fino a 45 metri e può rappresentare un'alternativa per i profondisti che vogliono vedere qualche ramo di corallo rosso (Corallium rubrum).
9. Grotta Trombetta e Grotta Scaletta Difficoltà: Media Profondità max: -35 Luogo: Cala del Salvatore Si ancora la barca nella Cala del Salvatore, detta anche Cala del Ribatto perché la parete scende verticale e il moto ondoso si fa sentire più che altrove. La grotta Trombetta deve il suo nome alla volta e al pavimento dell'ingresso che sono sagomati come un enorme strumento musicale. Il fondo fangoso, in risalita, parte dai 35 metri per arrivare nella zona più interna a 12 metri. Si deve stare sollevati dal fondo per evitare di sollevare sospensione. Si può entrare rasentando la volta che si innalza all'interno e arriva a 20 metri di profondità e poi proseguire lungo la parete destra o sinistra. AI termine del percorso principale, una nicchia sulla destra ospita di solito il gambero meccanico (Stenopus spinosus). Qui siamo alla base di uno stretto camino verticale con diversi e splendidi speleotemi, che permette il passaggio in fila indiana a non più di tre persone, per sbucare in una piccola sacca subaerea. Questo tratto della grotta è riservato agli esperti muniti di attrezzatura idonea perché potrebbero facilmente sorgere problemi di compensazione e claustrofobia oltre a quelli derivati dagli urti contro la roccia. Rasente al fondo si apre un passaggio estremamente stretto e fangoso che Fabio Barbieri ha esplorato con Marco Oliverio molti anni fa e che hanno chiamato "la Cripta". È molto pericoloso perché il ritorno avviene sempre con visibilità zero. Il tratto che separa questa grotta dalla Grotta Scaletta è di una cinquantina di metri da percorrere in parete sui 20-25 metri di profondità. Il percorso è chiamato" la via dei polpi" (Octopus vulgaris) perché questi cefalopodi una volta popolavano i numerosi anfratti. A 12 metri di profondità si apre l'atrio dal fondo piatto della Grotta Scaletta, una grotta che fa parte del Complesso di Punta Iacco, un percorso riservato agli speleosubacquei più esperti. Percorsi i primi dieci metri della Scaletta, guardando verso l'alto si ha una bella immagine della superficie che appare tra due pareti rocciose. Di fronte si apre un basso cunicolo che porta ad uno stretto camino che sbuca in superficie. Sotto, parte un pozzo profondo (assolutamente da evitare) riservato agli specialisti, che fu teatro di un tragico incidente.
10. Grotta Viola Difficoltà: Bassa Profondità max: -14 Tre ingressi ed una finestra più piccola permettono l'illuminazione naturale dell'atrio della Grotta Viola, caratterizzata dalla presenza di patine di manganese nelle quattro zone subaeree della cavità. Altra caratteristica è la presenza preponderante delle acque sulfuree. E' bene quindi (come sempre del resto) non togliere maschera ed erogatore una volta emersi perché il pungente odore di acido solfidrico (simile alle uova marcie), potrebbe causare nausea e mal di testa. Si entra a 14 metri di profondità e dopo aver percorso l'atrio dal fondo ciottoloso si ha la visione generale degli ingressi. Si prosegue verso l'interno tenendosi staccati dal fondo che diventa fangoso, fino a raggiungere la parete. Qui ci si trova in uno strato di acqua calda (24 °C) e lattiginosa per la presenza di zolfo colloidale in sospensione. L'atmosfera è irreale e sembra di essere sospesi tra le nuvole. Lungo la parete si nota la bianca peluria delle colonie di solfobatteri e i fori dei litodomi (Lithophaga lithophaga), molluschi bivalvi ormai morti a causa della composizione chimica dell'acqua. Una volta emersi ci si trova nel grande lago principale e subito si nota il viola intenso del manganese sulle pareti. Colonnine, stalattiti, stalagmiti, cannule e formazioni eccentriche impreziosiscono la scena. Qualche metro sopra la testa, il solco di corrosione generato dalla miscelazione di acque di natura diversa, è indice di un antico livello marino. I fori visti sott'acqua, continuano anche sopra a testimoniare le variazioni della linea di riva. Riscendendo in parete a 7 metri si nota la netta linea di separazione tra la zona sulfurea completamente priva di incrostazioni e quella sottostante dove riprende la vita. Anche la differenza di temperatura sottolinea questa divisione. Rimangono da visitare le cupole più piccole dove il viola scuro del manganese appare evidentissimo e le pareti interne dell'atrio ricche di vita. Sulla volta dell'ingresso principale si nota lo scolmatoio delle acque calde che defluiscono con una certa intensità, trasportando flocculi e facendo ondeggiare i filamenti dei solfobatteri.
11. Il Pan di Zucchero e la GROTTA DI ZI' ANNA Difficoltà: Media Profondità max: -43 Il Pan di Zucchero è una secca distante una trentina di metri dalla parete. Il grande roccione tocca i 43 metri di profondità nel lato più profondo e ha la sommità a 24 metri La sua caratteristica è di essere attraversato da un tunnel parallelo alla linea di costa, con il soffitto ad angolo acuto. Suggestiva è la sua vista in controluce. Al centro, uno strettissimo passaggio impercorribile sbuca alla sommità. Un tempo era il regno dei ricci melone Echinus melo ma da qualche anno il loro incontro è meno frequente. Si può attraversare il tunnel lentamente curiosando qua e là. All'uscita si può circumnavigare la base nuotando verso il largo, oppure ritornare verso la parete, in prossimità di alcune profonde sorgenti idrotermali. Dopo qualche metro si apre un grottone dal fondo fangoso con le pareti ricche di vita. Qui si trova quello che Fabio Barbieri ha chiamato "cimitero delle pinne", in quanto le grosse valve di questi molluschi Pinna nobilis, perpendicolari al fondo, ricordano i vecchi cimiteri di campagna abbandonati. Bisogna stare molto attenti all'assetto e senza muovere le pinne, ci si può affacciare all'ingresso del grottone. La visita del grottone è possibile solo se l'autonomia e i tempi lo consentono, oppure variando il programma iniziale. Lungo la parete esterna, in direzione nord si trova una zona con numerose marmitte dei giganti come quelle che ci sono all'esterno della Grotta Azzurra. Si può terminare l'immersione arrivando alla Grotta di Zi Anna: una serie di coreografici passaggi comunicanti permette di sbucare nell'atrio della cavità dove con mare calmo è possibile effettuare la sosta di decompressione. Emergendo nella parte più interna di questa grotta si possono ammirare alcuni speleotemi caratteristici per poi pinneggiare in superficie verso l'uscita.
12. Punta Quaglia Difficoltà: Media Profondità max: -40 Luogo: Punta della Quaglia Gorgonie rosse (Paramuricea clavata), uova di gattuccio (Scyliorhinus canicula) e sciami di castagnole rosse (Anthias anthias), caratterizzano l'immersione di Punta Quaglia. Il nome deriva dal fatto che un tempo i cacciatori si appostavano qui per aspettare il passaggio dei volatili. Si può incontrare corrente, la zona è distante dalla linea di costa e l'orientamento non è semplice soprattutto con poca visibilità. In piena stagione il passaggio di barche è notevole perciò, come sempre del resto, è bene farsi guidare. L'immersione può iniziare a ridosso della punta per raggiungere la sella situata a 30 metri, che unisce la parete al primo di due enormi roccioni ( i cosiddetti "mammelloni"). Nelle nicchie il riccio diadema (Centrostephanus longispinus) e qualche aragosta (Palinurus elephas). Si pinneggia circondati dalle eleganti castagnole rosse che si ammassano nelle rientranze e danno vita ad un brulicante tappeto vivente. Altrettanto numerose le bianche uova di gattuccio che alcuni, ahimè, scambiano per galleggianti da pesca. Circumnavigando il primo roccione sui 35/45 metri, si giunge in prossimità del secondo che è il gemello (-40 metri). Notevole il colpo d'occhio verso l'alto con le gorgonie che si stagliano nel blu. É il momento di riattraversare la sella prendendo la giusta direzione verso la parete. Possibile incontro con il pesce di passo in una zona che si presta a diversi percorsi e profili di immersione.
13. Punta Spartivento Difficoltà: Medio Alta Profondità max: -39 Il corallo rosso (Corallium rubrum) è sicuramente il re della fauna sessile mediterranea. È presente in molte zone d'Italia, ma sono pochi i luoghi dove prolifera rigogliosamente, a quote accessibili al sommozzatore sportivo, senza subire la razzia dei soliti idioti. Uno di questi luoghi è Capo Palinuro, dove l'immersione a Punta Spartivento lascia un piacevole ed emozionante ricordo. Vista dall'imbarcazione la Punta si presenta come uno sperone a due punte che racchiude una microscopica caletta. Dal nome è facile intuire che la maestosa parete verticale che raggiunge i 200 metri di altezza, funziona da divisorio per i venti che soffiano dal secondo e dal quarto quadrante. Quindi bisogna fare attenzione alla corrente e lasciare in superficie un'imbarcazione idonea con un marinaio in grado di governare il mezzo. Qualche metro sopra il livello del mare, la disposizione di alcune aperture nella roccia fa sì che alcuni chiamino questo punto "la strega".
Sono necessarie almeno due immersioni per visitare bene questo luogo. Punta Sud. Si scende in verticale fino a 21 metri di profondità dove la prosecuzione subacquea della Punta forma un pianoro. Poco più giù iniziano le rientranze della roccia dove dai 30 metri appaiono i primi rami di corallo. Questo non è niente in confronto a ciò che si incontra tra i 36 e i 40 metri, dove il fascio della torcia ci mostra le rosse sagome ramificate e coperte dalle piccole piumosità dei polipi bianchi. L'immagine di questi tetti di corallo dalle notevoli dimensioni è emozionante anche per i veterani. Se si doppia la Punta tenendo la parete a destra la scena non cambia: sembra che la prateria verticale di oro rosso non debba mai finire. Si raggiunge il monolito che torreggia dai 24 ai 40 metri di profondità proprio al centro della caletta e dopo uno sguardo d'assieme, si inizia la risalita per non prendere troppa deco. Punta Nord. L'immersione ha una variante morfologica che consiste nel passaggio sotto uno scenografico tunnel di una decina di metri di lunghezza a 39 metri di profondità e dopo averlo superato, puntando verso il largo con la parete a destra, si ha una visione inconsueta: i rami di corallo, sempre di notevoli dimensioni, per un fortunato orientamento della parete, si stagliano in controluce sul blu dello sfondo. L'immagine è così suggestiva che non viene voglia di accendere la torcia per cogliere al meglio la magia del momento. In emersione è possibile visitare un cavernone dal fondo roccioso in forte risalita, popolato dai tipici organismi di questi ambienti. Nei dintorni vive una grossa cernia bruna (Epinephelus marginatus). L'efficace opera di controllo svolta dalla Capitaneria di Porto con l'apporto degli operatori subacquei seri che impediscono la raccolta di "souvenir" e fanno presente eventuali saccheggi, ha fatto sì che la situazione continui ad essere quella descritta. L'auspicabile coscienza ecologica in crescita, dovrebbe fare il resto affinché il "rosso mediterraneo" di Punta Spartivento rimanga tale nel tempo.
14. Tunnel del Camino Difficoltà: Media Profondità max: -39 Un'immersione insolita che permette di visitare una grotta e volendo la sua parete esterna. Dopo una decina di metri dall'ingresso nord del Tunnel del Camino, che si sviluppa parallelo alla costa, fuoriesce una sorgente sulfurea tra le più fonde attualmente rilevate nella zona. Il fondo raggiunge la quota massima di 39 metri nella parte centrale, che è coperta da uno strato di foglie morte di Posidonia oceanica portate dalle correnti. Percorsi una quarantina di metri si arriva all'atrio dell'ingresso meridionale caratterizzato dalla presenza di grossi massi. Il fondo limoso in forte risalita (si deve fare attenzione al pinneggiamento) conduce a delle splendide colonne e stalattiti tra le quali dimorano i giallo-arancio gamberi meccanici (Stenopus spinosus), dalle lunghe antenne bianche. Ridiscesi nell'atrio, sopra la testa si apre il singolare camino verticale che da il nome all'immersione. a questo punto ci sono tre possibilità: ripercorrere il tunnel, oppure dirigersi in parete passando per il camino o per l'ingresso sud. L'ambiente merita uno sguardo d'assieme per l'azzurra luminosità naturale. E' bene controllare tempo, profondità e consumi per decidere se risalire in verticale o continuare l'immersione.
15. Tunnel del Coniglio Difficoltà: Bassa Profondità max: -16 Il grosso scoglio che spicca di fronte alla spiaggia del Buondormire ha una forma particolare. Con la testa verso terra ed il corpo verso il mare aperto, ricorda un coniglio, anche se alcuni lo paragonano ad una balenottera. L'interesse dal punto di vista subacqueo è dato da un tunnel lungo 31 metri che attraversa lo scoglio all'altezza del "collo" del coniglio. Gli ingressi di questo lungo tunnel sono a 7 e a 16 metri di profondità, e le pareti sono ricche di vita bentonica e ricordano, in piccolo, quelle della Grotta Azzurra. La zona si trova alla foce dei fiumi Lambro e Mingardo perciò la visibilità non è sempre buona e il fango circonda lo scoglio. Torna su all'inizio della pagina
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