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L’IMMERSIONE
TECNICA, L'IMMERSIONE PROFONDA, LA TOSSICITA' DELL'OSSIGENO...
ALCUNE RIFLESSIONI |
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di M. Polacchini
La cosiddetta «immersione
tecnica» è un tipo d’immersione subacquea che ha preso parecchio piede
in questi ultimi anni e che va oltre gli scopi di una normale immersione
sportiva (la cd. immersione ricreativa) perché richiede un addestramento
avanzato, un’attrezzatura specifica e molta esperienza.
Di solito si considerano
"tecniche" le immersioni fatte respirando gas diversi dalla semplice
aria (in effetti, anche un’immersione entro i canonici 40 metri,
nella quale s’impiegano miscele decompressive diverse dal gas di fondo è
considerata "tecnica"). Inoltre, sono considerate tecniche le
immersioni caratterizzate dall’impossibilità di una risalita diretta in
superficie per la presenza di ostruzioni fisiche, come ad esempio le
immersioni in grotta, quelle sotto il ghiaccio o all’interno di relitti
(ambienti difficili da raggiungere, che presentano maggiori rischi per
il subacqueo), e anche le immersioni che presentano ostacoli tecnici,
come ad esempio quelle a grandi profondità, che richiedono tappe di
decompressione obbligatorie.
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La definizione
d’immersione tecnica deriva da alcuni limiti imposti dalla
fisiologia umana e dalla fisica, in particolare deriva dal
comportamento dei gas disciolti nella miscela respiratoria con
l’aumento della pressione ambiente dovuto alla profondità.
Di norma si assume
una respirabilità dell’aria all’incirca fino a 40 metri di
profondità (limite ricreativo), ma il limite è dovuto alla
pressione parziale dell’ossigeno presente nell’aria (PpO2)
e non alla profondità in sé.
In passato si
riteneva accettabile respirare miscele di gas con una
concentrazione di ossigeno pari a quella dell’aria (circa il
21%) fino a profondità di 66 metri (con una PpO2 di
1,6 bar), ma poi i si è resi conto che questa pressione parziale
dell’ossigeno può essere tossica per il sistema nervoso centrale
e provocare gravi sintomi come pericolose convulsioni,
allucinazioni visive e uditive, perdita del controllo muscolare
e sincope. |
Perciò,
recentemente le didattiche tecniche hanno stabilito un limite
di PpO2 di 1,4 bar (estendibile solo in alcuni
casi a 1,6 bar), equivalente a una profondità massima di 56
metri respirando aria. Oltre questa quota è risaputo che il
sensibile aumento della tossicità dell’ossigeno presente
nell’aria può portare a gravi incidenti in immersione. Inoltre,
l’aumento della profondità provoca la narcosi da azoto. Questa
può essere prevenuta riducendo la percentuale di azoto presente
nella miscela respiratoria, cioè sostituendolo con dei gas più
volatili come l’elio, che favoriscono la desaturazione (trimix),
oppure eliminando completamente l’azoto dalla miscela,
utilizzando gas come l’idrogeno o ancora l’elio (hydrox,
hydreliox, heliox). Ma queste miscele, pur limitando gli
effetti negativi di un’iperossia o della narcosi da azoto,
aumentano altri rischi per il subacqueo e quindi richiedono un
addestramento specifico maggiore rispetto a quello necessario
per fare un’immersione ricreativa. |
Un’immersione
può essere definita "tecnica" anche in base alla sua durata.
Le immersioni in profondità, infatti, richiedendo tappe
decompressive obbligate per il rilascio da parte dell’organismo
dei gas inerti respirati ad alta pressione (azoto o elio), hanno
una maggiore durata e spesso nella fase decompressiva
necessitano di gas particolari come il nitrox o l’ossigeno puro.
Queste lunghe immersioni (nelle quali non è possibile un’ascesa
diretta in superficie nel caso di problemi sott’acqua)
richiedono una notevole preparazione del sub e necessitano di
miscele decompressive specifiche che permettano più facilmente e
più velocemente il rilascio graduale dei gas inerti assorbiti
dai tessuti dell’organismo.
L’immersione
tecnica richiede un’attrezzatura specifica per essere
praticata, perché spesso, a causa della sua durata e della
necessità di lunghe soste di decompressione, si deve aumentare
il numero di bombole da portare sott’acqua (bibombola per il
back gas e bombole stage per la decompressione).
Per questo tipo
d’immersione, che supera i normali limiti di un’immersione
sportiva, è inoltre necessario un addestramento specifico e
approfondito. Molte didattiche oggi si dedicano
espressamente alla subacquea tecnica (ad esempio la GUE, l’UTD,
l’UTR Tek, la TDI/SDI, la TSA, l’ANDI, la PTA, la IANTD, la NAUI
Tec e la DSAT Tec-Rec) con standard d'insegnamento abbastanza
simili tra loro; inoltre, alcune di queste didattiche propongono
nei loro programmi anche corsi ricreativi. |
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Immersione profonda e
miscele – Riflessioni
di
Giovanni Testa - BLUWEB.IT
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E’ ormai sotto gli
occhi di tutti noi come l’immersione profonda con decompressione
stia avendo una diffusione sempre maggiore. Ma, mentre
nel settore ricreativo si è raggiunta una certa codificazione
delle tecniche e delle procedure, nell’immersione tecnica
assistiamo a una certa eterogeneità. Ciò risulta evidente
se sfogliamo un manuale di una qualsiasi didattica ricreativa:
sistemi ed esercizi non si differenziano tra di loro, se non in
pochi, rari casi. Persino i profili decompressivi, pur se
generati da algoritmi diversi, finiscono per risultare
perfettamente convergenti.
Nel settore
tecnico, invece, assistiamo a una diversa codificazione delle
attrezzature da impiegare, delle procedure, degli esercizi, dei
profili decompressivi e, soprattutto, delle miscele da impiegare
nelle varie situazioni. Ciò può ingenerare perplessità, se non a
volte diffidenza, da parte di chi si accosta la prima volta a
questo tipo di immersione. |
Il porre limiti
all’immersione, in un cero senso, ha creato situazioni e
percorsi da autodidatti, con tutte le conseguenze negative
facilmente immaginabili. E' molto difficile che un subacqueo
appassionato si limiti per tutta la vita a immersioni poco
profonde. Le stesse agenzie didattiche ricreative hanno
apertamente avversato per anni l’immersione profonda o con
decompressione in genere, salvo poi fare marcia indietro sotto
la spinta delle nuove conoscenze, delle nuove attrezzature e,
non da ultimo, del desiderio sempre più forte degli utenti di
andare oltre i limiti imposti arbitrariamente.
A questo punto
però occorre obbligatoriamente fare una cosa che farà storcere
il naso un po’ a tutti: per approcciarsi all’immersione tecnica
bisogna cambiare qualche vecchia abitudine. E’ vero che molti
subacquei si sono immersi a profondità rilevanti senza
utilizzare il GAV o il computer e senza avere problemi, ma ciò
non significa che tale sistema non possa essere migliorato. Per
essere un ottimo subacqueo, però, non è sufficiente disporre di
una eccellente attrezzatura, di un’ottima acquaticità,
d’esperienza ed aver frequentato svariati corsi. Per essere
un buon subacqueo è richiesta un ulteriore caratteristica:
respirare le best-mix. |
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Ma che cosa
significa best-mix? Per best-mix deve intendersi una data
miscela respiratoria i cui gas componenti non superano precisi
limiti di pressioni parziali alla massima profondità
programmata.
In altre parole,
la best-mix è una miscela respiratoria le cui percentuali dei
gas che la compongono, sono stabilite dal subacqueo in fase di
pianificazione. Le percentuali stabilite rispetteranno precisi
valori di pressione parziale dell’ossigeno e dell’azoto sul
fondo e dell’elio se è il caso. Tutto ciò significa gestire le
miscele e non essere soggetti a loro. Il concetto base si
racchiude in una semplice domanda che deve porsi l’aspirante
tek-diver: «Qual è la migliore miscela da respirare per
l’immersione che mi appresto a fare?».
Se il subacqueo si
pone questa domanda, si renderà presto conto che l’aria diventa
il peggiore gas da respirare in assoluto, che il nitrox ha forti
limiti di profondità operativa, che per fare immersioni
profonde occorre il trimix, ma c’è un piccolo problema: per
rispondere con esattezza a questa domanda occorre un bagaglio di
conoscenze rilevante.
A questo punto il
lettore potrebbe chiedersi come ottenere le conoscenze «giuste»
in modo da poter disporre di un bagaglio tecnico adeguato. |
Per giungere alle
conoscenze giuste occorre studiare anche ciò che si ritiene
errato, chiedersi quali siano i motivi per i quali si sostengono
teorie contrarie alle proprie convinzioni, occorre liberarsi dai
preconcetti ma, soprattutto, occorre mettere in discussione ciò
che si ritiene corretto al momento presente perché potrebbe non
esserlo più il giorno dopo. Nel caso delle immersioni subacquee
lo sforzo di giungere a conclusioni certe è reso maggiormente
complicato dalle innumerevoli variabili fisiologiche
individuali, che mal si adattano ai calcoli generati dagli
algoritmi decompressivi.
Nonostante il
contrasto tra fisiologia e matematica, molti aspetti
dell’immersione subacquea sono ben conosciuti. Tra questi vi
sono le proprietà tossiche dell’ossigeno e dell’azoto
respirati ad alte pressioni. L’immersione subacquea presenta
alcuni rischi, ma l’immersione subacquea profonda ne presenta
molti di più.
I rischi maggiori
non sono determinati dalle capacità del subacqueo (per imparare
a immergersi esistono i corsi e gli esercizi), ma sono quelli
che non si osservano materialmente con gli occhi perché agiscono
all’interno del nostro organismo, e cioè i gas con i loro
effetti chimico-fisici direttamente proporzionali alla pressione
ambiente e al tempo di permanenza. Tuttavia, come detto sopra,
le proprietà tossiche dei principali gas respirati nelle
immersioni (ossigeno e azoto), sono ben conosciute e questo è
molto importante per l’aspirante subacqueo tecnico.
Per stabilire la
migliore miscela per la propria immersione occorre avere bene
in mente i significati di pressione parziale e di Narcosi
Equivalente ad Aria (END = equivalent narcosis depth).
Prima di parlare
di tutto ciò occorre fare alcune considerazioni.
L’ossigeno è un
gas vitale. Senza ossigeno l’uomo non potrebbe vivere, tuttavia
l’ossigeno se respirato a pressioni elevate diventa tossico e
può condurre all’iperossia, potenzialmente mortale, per cui
diventa importante stabilire precisi limiti della pressione
massima dell’ossigeno da poter respirare.
Il nitrox usato
nelle immersioni ricreative e tecniche è una miscela nella quale
la percentuale dell’ossigeno è ben superiore al 21% presente
nell’aria. Aumentando la percentuale dell’ossigeno diminuisce
proporzionalmente quella dell’azoto e, considerando che è
l’azoto il gas che determina i limiti di non decompressione di
ogni tabella d’immersione e computer subacqueo, diventa facile
capire il grande vantaggio del nitrox.
Ma facciamo un
passo indietro e torniamo alla tossicità dell’ossigeno.
Via via che
aumenta la percentuale dell’ossigeno nella miscela nitrox,
parallelamente aumenta la pressione parziale del gas e il
subacqueo deve calcolarne i limiti in atmosfere assolute che
respirerà alla massima profondità. Per saperlo basta
moltiplicare la percentuale del gas per la pressione assoluta.
Ad esempio, la pressione parziale dell’ossigeno presente a 30
metri respirando nitrox con il 32% di ossigeno sarà 1,28 ATA (FO2
x Pa = PpO2 cioè0.32 x 4 = 1,28).
A questo punto
diventa importante stabilire quale sia il limite massimo di
pressione parziale dell’ossigeno, in modo da evitare gli
effetti tossici ad esso collegati. |
Andrew Georgitis UTD |
Ma quali sono e
cosa fanno gli effetti tossici dell’ossigeno?
Le respirazione di
miscele con alte frazioni di ossigeno può portare a due
differenti forme di intossicazione: l’intossicazione al sistema
nervoso centrale e l’intossicazione polmonare, note come
sindrome di Paul Bert e sindrome di Lorraine-Smith.
Per molti anni le
immersioni in nitrox hanno avuto nella NOAA il punto di
riferimento principale. I limiti NOAA prevedono immersioni
nitrox fino a una pressione parziale dell’ossigeno di 1,6 bar,
ma nel tempo molte didattiche ricreative e tecniche hanno
abbassato tale valore a 1,4 bar.
La riduzione
della massima pressione parziale dell’ossigeno da 1,6 bar a 1,4
bar è dovuta essenzialmente dall’obiettivo di limitare il
grado di tossicità al sistema nervoso centrale.
La tossicità
dell’ossigeno al sistema nervoso centrale (Central Nervous
Syndrome o CNS%O2) o sindrome di Paul Bert descrive i
segni/sintomi di questa particolare forma di tossicità che trova
nelle convulsioni il suo massimo stadio di gravità.
La sindrome di
Paul Bert è determinata dal tempo al quale permane il
subacqueo a un’elevata pressione parziale dell’ossigeno.
Proprio per questo motivo, nonostante i limiti NOAA siano
affidabili, le didattiche ufficiali hanno ulteriormente ridotto
la soglia, portando la sicurezza delle immersioni in nitrox ad
alti livelli di affidabilità.
In ogni caso è
opportuno precisare che il valore di 1,6 bar della PO2
(pressione parziale ossigeno) è rimasto immutato nelle miscele
usate per eseguire decompressioni e non immersioni tradizionali. |
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