61. LA MALATTIA DA DECOMPRESSIONE (MDD)
MDD – AZOTO CHE VIENE… AZOTO CHE VA di Alvise Bertuzzi ( Articolo tratto da “Gli approfondimenti di www.tuttomaldive.it “ )
Il lavoro svolto e qui sotto proposto è stato reso possibile grazie al prezioso aiuto ricevuto dalla consultazione della “The Encyclopedia of Recreational Diving” della PADI, delle numerose note pubblicate dal DAN e di altri interessanti articoli di settore “scovati” qua e là. Mi rendo conto che alcuni concetti sono stati ripetuti più volte e talvolta utilizzando perfino le stesse parole, ma ciò è dovuto al fermo impegno preso con me stesso di evitare tassativamente l’uso di qualsiasi formula e di qualsiasi simbolo matematico per potermi rivolgere, così, a tutti i subacquei e non relegarne la lettura solo a coloro che avessero già buona dimestichezza con le discipline scientifiche.
I MAGNIFICI CINQUE Boyle, Charles (anche se fu Gay Lussac a prenderne il merito e la fama), Dalton, Henry e Laplace sono cinque scienziati che, insieme, ci danno una chiave di lettura chiara ad interpretare in modo esauriente il comportamento fisico dei gas e la sua correlazione alla attività subacquea.
In buona sostanza cosa affermavano questi signori?
Boyle ha dimostrato che, a temperatura costante (badate bene: a temperatura costante) il volume di una data massa di gas è inversamente proporzionale alla pressione assoluta. In pratica: se a temperatura costante la pressione assoluta di una determinata massa di gas diminuisce, il suo volume aumenta proporzionalmente e viceversa. Vedere per credere: si osservino le bollicine che dal fondo di un bicchiere di spumante (od anche, più prosaicamente, di una comune bevanda gasata) e si noterà come, man mano che si portano alla superficie (e quindi man mano che si riduce la loro pressione interna), il loro volume (il loro diametro) aumenta! Questo non riguarda effettivamente da vicino il nostro problema (al più ci aiuta a comprendere i consumi d’aria durante le nostre immersioni alle differenti profondità), ma è stato propedeutico al suo collega Charles che studiò l’influenza della temperatura sul comportamento dei gas tracciato da Boyle.
Charles scoprì (e ne trasse una formula matematica ) che se la pressione di un gas veniva mantenuta costante all’interno di un contenitore, il volume del gas aumentava all’aumentare della temperatura e ,viceversa (sempre a pressione costante), il volume diminuiva quando la temperatura diminuiva. La stessa legge può essere letta anche così: a volume costante una diminuzione della temperatura porta una diminuzione della pressione (Charles scoprì che una diminuzione di un grado Celsius comportava una riduzione di 0,7 bar). Sempre vedere per credere: prima di un’immersione si lasci scaldare al sole la propria bombola e successivamente si vedrà come la pressione dell’aria diminuirà man mano che la bombola (e quindi l’aria contenuta) si raffredda a contatto con l’acqua (e non solo perché ne respiriamo!) durante la nostra discesa. Queste leggi descrivevano, però, il comportamento dei gas senza considerare che un gas può essere a sua volta costituito da una miscela di più gas.
Dalton studiò questo aspetto e verificò che i gas che costituiscono una miscela (come, ad esempio, l’aria), anche se sono perfettamente mescolati nel volume in cui sono contenuti, mostrano il loro proprio comportamento individuale per la pressione che singolarmente esercitano. John Dalton sentenziò che la pressione esercitata da una miscela di gas è uguale alla somma delle pressioni di ciascun componente che agisce come se fosse solo ad occuparne il volume totale. In buona sostanza ogni gas all’interno di una miscela agisce indipendentemente dagli altri: le pressioni di ciascun gas che insieme e sommate determinano la pressione della miscela sono chiamate “pressioni parziali”. Nel caso specifico l’aria, che è una miscela composta da azoto (78%), ossigeno (21%), argon ed anidride carbonica (1%), alla superficie del mare esercita una pressione di 1 bar assoluto costituita dalla somma delle pressioni parziali dei gas che la compongono: 0,78 bar di azoto, 0,21 bar di ossigeno e 0,1 bar complessivamente di argon ed anidride carbonica. Va da sé che ad una profondità di 10 metri, dove la pressione alla quale respira il subacqueo è di 2 bar assoluti, le pressioni parziali dell’azoto, dell’ossigeno e dell’argon con l’anidride carbonica saranno il doppio e cioè rispettivamente 1,56 bar, 0,42 bar e 0,2 bar assoluti.
Henry, grazie alle leggi dei suoi colleghi, va avanti nel discorso e si occupa del fenomeno della dissoluzione dei gas nei liquidi. E’ certamente noto il fenomeno dello scioglimento di una materia solida in un liquido: è il caso, ad esempio, dello zucchero in una tazza di caffè dove la sostanza solida “zucchero” viene incorporata tra le molecole della sostanza liquida “caffè”. E’ invece meno evidente che anche un gas possa sciogliersi in un liquido, ma d’altra parte questo fenomeno risulta chiaro se si pensa a cosa accade quando si stappa una bottiglia di buon spumante o si apre una lattina di una bibita gasata (soprattutto se … il contenitore è stato prima agitato!). Pur “intrappolate” dalle molecole del liquido, le molecole del gas continuano ad esercitare una pressione all’interno del liquido: questa pressione viene chiamata “tensione” di quel gas e se il gas è una miscela di componenti come l’aria la sua “tensione” sarà la somma delle “tensioni” parziali dei singoli gas componenti (legge di Dalton ). Henry determinò che la quantità di gas disciolta in un liquido ad una determinata temperatura è quasi direttamente proporzionale alla pressione che il gas esercita a contatto con quel liquido. La differenza fra la pressione esterna del gas a contatto con il liquido e la tensione dello stesso gas disciolto nel liquido si chiama “gradiente di pressione” e quanto più è alto il gradiente di pressione tanto più veloce sarà lo scioglimento del gas nel liquido. Durante il fenomeno di diffusione (scioglimento) del gas, la sua tensione nel liquido andrà via via ad aumentare con conseguente diminuzione del gradiente e, quindi, anche della velocità. Risulta quindi evidente come la diffusione di un gas in un liquido avverrà fino a che sussisterà un gradiente fra pressione esterna del gas esercitata sul liquido e la sua tensione all’interno dello stesso liquido: quando i due valori si equivalgono il liquido si considererà “saturo” di quel gas.
Ora due considerazioni riassuntive. Prima considerazione: la velocità di diffusione di un gas in un liquido sarà elevata all’inizio per ridursi mano a mano che il liquido si “satura”, Seconda considerazione: una variazione del gradiente determina una conseguente variazione dello stato del liquido. Su quest’ultima considerazione è bene soffermarsi perché riguarda da molto vicino il tema della MDD che stiamo affrontando.
Poniamo in esame un gas disciolto “in equilibrio” con il gas esterno al liquido (gradiente uguale a zero, quindi saturo) ad una determinata pressione. Se si varia la pressione del gas a contatto varierà conseguentemente anche il gradiente che dal valore zero potrà diventare positivo (nel caso di aumento di pressione) o negativo (nel caso di diminuzione della pressione): nel primo caso il gas riprenderà a disciogliersi nel liquido fino al raggiungimento del nuovo stato di saturazione (in cui nuovamente il gradiente sarà uguale a zero), mentre nel secondo caso il liquido sarà sovrasaturo contenendo, disciolto, più gas di quanto ne possa contenere a quella pressione (ed a quella temperatura) ed il gas disciolto in eccesso, essendo la sua tensione maggiore della pressione esterna, abbandonerà il liquido fino al ristabilirsi di un nuovo equilibrio (tensione del gas nel liquido eguale alla pressione esterna del gas). Quest’ultimo fenomeno tenderebbe a svilupparsi con la formazione di bolle (così intendendo le bolle con dimensioni maggiori delle microbolle e delle bolle silenti). Ho scritto “tenderebbe” perché, fortunatamente ci viene incontro Laplace (…il quinto "magnifico") che in pratica afferma che una bolla è una superficie sferica di liquido. La “tensione superficiale” del liquido ( che è, per intenderci, quella forza intermolecolare che non consente, ad esempio, ad una goccia d’olio, caduta su un piano, di spandersi ) è una forza che tende a ridurre questa superficie, ma ciò viene contrastato dalla pressione interna del gas che pertanto non sarà semplicemente uguale, ma bensì maggiore della pressione esterna (dovendo in pratica contrastare sia la pressione esterna che la “tensione superficiale” del liquido). In buona sostanza la bolla inizierà a formarsi all’interno di un liquido quando forza determinata dalla tensione del gas sarà eguale alla somma della forza determinata dalla pressione esterna e di quella determinata dalla tensione molecolare di superficie di quel liquido. Essendo questo il fenomeno descritto da Laplace, al passaggio da saturazione a sovrasaturazione, più sopra ipotizzato, non corrisponde, contestuale, una diffusione del gas all’esterno del liquido in forma di bolle in quanto, perché ciò avvenga, è necessario che il “gradiente negativo” abbia sufficiente “energia” da vincere anche la tensione molecolare di superficie di quel liquido. Sarà proprio questo a determinare il concetto di “valore M” affrontato più avanti.
IL VIAGGIO DELL'AZOTO NEL CORPO UMANO Già nei tempi lontani era stato determinato che la causa della malattia da decompressione (MDD) era da attribuirsi all’eccesso di azoto (sovrasaturazione) nel nostro corpo. Il corpo umano è costituito da un grande varietà di tessuti come, ad esempio, il sangue, il midollo, la massa cerebrale, le ossa, il grasso e le cartilagini: ciascuno con caratteristiche proprie per quanto riguarda il comportamento nei confronti dell’assorbimento e del rilascio dell’azoto. Assimilando il comportamento dei tessuti a quelli di un liquido può essere loro applicata la legge di Henry che correla l’assorbimento e la cessione dell’azoto in quantità e con velocità tanto maggiori quanto più elevati saranno la sua pressione esterna ed il gradiente (differenza fra pressione esterna e tensione del gas nel tessuto). Il trasferimento dei gas verso i tessuti del corpo umano avviene in modo indiretto e cioè grazie all’azione veicolante del sistema circolatorio (qui si tratterrà solo di azoto ed ossigeno in quanto gli altri gas componenti dell’aria non sono significativi per quantità). Durante la discesa del subacqueo l’aria inspirata nei polmoni si distribuisce negli alveoli e da qui, in relazione ai gradienti di pressione (l’alveolo presenta l’azoto e l’ossigeno con una pressione parziale superiore alla tensione degli stessi gas nel plasma) l’azoto e l’ossigeno si diffondono nel sangue. Quanto più grande sarà la differenza fra la “pressione” dell’azoto negli alveoli e la sua “tensione” nel sangue tanto più veloce sarà la diffusione del gas nel plasma. Nel sangue, che ora circola verso i tessuti, la tensione dell’azoto e dell’ossigeno sarà maggiore della tensione degli stessi gas nei tessuti interessati e quindi si svilupperà un naturale processo di diffusione verso di essi, ma mentre l’ossigeno viene immediatamente metabolizzato, l’azoto vi si discioglie.
Durante la risalita verso la superficie avviene il processo contrario: dai tessuti, sempre grazie al gradiente di pressione che si inverte, l’azoto si diffonde nel sangue e dal sangue agli alveoli polmonari che lo elimineranno mediante il sistema respiratorio.
Anche qui la
velocità con cui il gas viene eliminato dai tessuti dipende dal
gradiente di pressione del gas fra i tessuti ed il plasma, ma, in questo
caso, dipende anche dalla capacità del sangue a “ricevere” tutto l’azoto
che i tessuti tendono a “cedere” e dalla capacità del sangue a “cedere”
questo gas all’area alveolare. Se, pure, si verificano le condizioni per le quali la quantità di azoto nella circolazione venosa è così elevata da non poter essere totalmente eliminata dagli alveoli attraverso l’espirazione, si formerà nei vasi sanguigni dei polmoni una concentrazione di bolle che tenderanno a rallentare la circolazione del sangue in quest’ultimi o a “trasferirsi” nella circolazione arteriosa ostruendo il flusso del sangue verso gli organi cerebrali con conseguente, possibile, grave MDD neurologica (detta MDD di 2° grado).
E’ dallo sviluppo di questa considerazione che nel 1965 la Marina Americana (U.S. Navy) ha formulato il concetto del "valore M" (o gradiente critico) come modo più semplice a definire il valore massimo della tensione parziale d’azoto all’interno di ciascun tessuto che determini quella sovrasaturazone necessaria alla formazione di bolle critiche per una MDD. Lo studio condotto dal DAN, monitorando la formazione di bolle con il rivelatore Doppler su un elevato numero di immersioni, ha successivamente consentito di rimodulare i precedenti "valori M" con maggiore rigore scientifico.
Sappiamo che il sangue è il tessuto veloce (emitempo di 5 minuti) veicolo dell’azoto dagli alveoli polmonari verso gli altri tessuti (fase di discesa durante un’immersione) e dagli altri tessuti verso gli alveoli polmonari (fase di risalita verso la superficie). Considerando ora il solo processo di desaturazione (quello, cioè, correlato ad una possibile MDD): se il sangue non si desatura non è in grado di “ricevere” azoto dagli altri tessuti e desaturarli a sua volta, ma la desaturazione del sangue (“passaggio” dell’azoto dal plasma agli alveoli polmonari e conseguente sua eliminazione con l’espirazione) avviene agevolmente e rapidamente se il gradiente di pressione (differenza fra la tensione d’azoto nel sangue e la pressione parziale dell’azoto nell’aria presente nei polmoni) è sufficientemente alto, ma non troppo da formare una crescita di microbolle in tal numero o bolle di tal dimensione da non poter essere “smaltite” dai polmoni durante l’espirazione (con conseguente passaggio alla circolazione arteriosa). Una sosta alla quota corrispondente la metà della massima profondità raggiunta (deep stop) rappresenta, secondo i più recenti studi del DAN e soprattutto per le immersioni definite “in curva”, il “salto” di quota più opportuno per concretizzare il gradiente di pressione più adeguato ad una efficace desaturazione del sangue ed una conseguente desaturazione degli altri tessuti che via via gli cederanno azoto in relazione alle loro velocità (tempi di emisaturazione) in quanto troveranno, come afferma il DAN, nel sangue desaturato un veicolo rapido e sicuro per il trasporto dell’azoto verso i polmoni. Il ritorno diretto alla superficie, pur con velocità di risalita conservative, configurerebbe, durante la risalita, un gradiente di pressione “istantaneo” (metro dopo metro) non ottimale per una efficace e contestuale desaturazione del sangue (basso gradiente di pressione) e ciò rappresenterebbe pertanto un concreto ostacolo anche alla desaturazione dei tessuti più lenti i quali, nelle immersioni lunghe o ripetitive, potrebbero trovarsi ad un livello di sovrasaturazione maggiore di quello critico superando, così, il "valore M" con le conseguenze che ormai ora conosciamo.
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