59. IMMERSIONE OLTRE I 40 METRI IN SICUREZZA Dalla subacquea ricreativa a quella cd. "avanzata" a 50 metri
Articolo di Luigi Fabbri, tratto dalla rivista “Mondo Sommerso”
Una proposta di legge del senatore Caponi presentata nel luglio 1997 ha rischiato di proibire ai subacquei sportivi il mare profondo, negando loro la libertà di rimanere sott'acqua quanto gli pare. La proposta di legge Caponi, in pratica vietava ai sub sportivi le immersioni oltre i 40 metri e fuori dalla curva di sicurezza. Per fortuna non fu approvata e le successive iniziative tendenti a regolamentare le attività subacquee hanno superato l'idea di certe assurde restrizioni. Orientandosi, piuttosto, verso la più logica considerazione che ciascuno deve operare entro i limiti concessi dal suo brevetto. Cosa strana, quella proposta veniva presentata proprio quando la subacquea tecnica raccoglieva il massimo dell'attenzione e riempiva le pagine delle riviste con le sue attrezzature spettacolari e con le cronache di chi andava svelando fondali sconosciuti. I racconti e le immagini di quanto il mare aveva finora nascosto, di ambienti e relitti inesplorati, stavano restituendo il fascino della scoperta, dell'avventura, a un'attività sportiva ormai impigrita sui suoi livelli iniziali e apparentemente senza sbocchi. Non a caso, proprio in quel periodo un sempre maggior numero di sub mostrava evidente il desiderio di uscire dai confini della subacquea turistica o ricreativa, giustamente racchiusa entro soglie inderogabili. Chiedevano, quei sub, di potere infrangere i due tabù del fuori curva e dei 40 metri, profondità teoricamente ammessa da vari brevetti, ma raramente concessa dagli istruttori e dalle guide. Chiedevano di essere preparati per qualcosa di più impegnativo ma non estremo, di non essere abbandonati a se stessi in quel loro desiderio di andare oltre.
La subacquea avanzata Stava nascendo la subacquea avanzata, praticata da sempre da una piccola minoranza, tuttavia messa al bando per molti anni da quasi tutte le organizzazioni didattiche e dai diving, quindi priva di supporti. Definita "avanzata" proprio perché si pone oltre la ricreativa ma non è ancora "tecnica", ha il suo range d'azione classico a cavallo dei 50 metri, ciò che la rende gestibile con attrezzature non troppo gravose e, volendo, con l'utilizzo di sola aria. Abbandonando l'octopus e il piccolo gav tanto comodo, però restando lontani dai complessi equipaggiamenti e dalle lunghissime decompressioni dei "tekkies". Un'evoluzione logica che ha portato alla nascita di corsi specifici, nei quali si insegna a raggiungere i nuovi traguardi senza intaccare i parametri di sicurezza abituali, come inevitabilmente avverrebbe fiondandosi giù con lo spirito del fai da te e cieca fiducia nel proprio angelo custode. Corsi, tra l'altro, che si stanno dimostrando indispensabili per rendere bene accessibile, a chi lo desidera, il successivo passo verso i brevetti di massimo grado. Evitando quell'impatto altrimenti violento con realtà tecnico-didattiche insospettate, che non di rado rende improbo il compito dell'istruttore e insormontabili le difficoltà con le quali deve confrontarsi l'allievo. Una situazione di disagio divenuta evidente negli ultimi anni, con l'avvicinarsi al settore tecnico di una consistente percentuale di subacquei di esperienza limitata. Sulla carta hanno i prerequisiti richiesti, ma i loro brevetti di base si dimostrano spesso insufficienti, soprattutto quando sono frutto di succinti corsi tropicali e le immersioni attestate dal log book risultano fatte sempre in ambienti ideali, col conforto del gruppo e l'assistenza della guida. Da qui quel loro senso di meraviglia, quell'accenno di istintiva insofferenza che si nota quando si prospettano concetti, metodi, compiti e scenari completamente nuovi, inattesi, a volte opposti alle abitudini acquisite. Un valido training intermedio evita tutto questo colmando le eventuali lacune, dando solide basi operative, facendo acquisire una nuova mentalità. L'immersione avanzata, se apparentemente non sembra tanto diversa dalla ricreativa, in effetti comporta importanti cambiamenti. Ora, ad esempio, ci si deve dimenticare della superficie come via di fuga da un qualsiasi problema, dato che ci sono di mezzo le soste di decompressione obbligatorie e il saltarle potrebbe portare a conseguenze gravi o gravissime. Poi, i tempi di fondo e la scorta d'aria devono essere valutati nell'irrinunciabile programmazione, non essendo più possibile decidere la risalita semplicemente nel momento in cui il manometro segna i canonici 50 bar. Ecco perché i corsi che la insegnano devono dare molto e richiedere molto ai loro allievi. Oltre al perfezionamento delle proprie attitudini di sub, vale a dire corretta respirazione, pinneggiamento efficiente, capacità di mantenere un assetto ottimale, diventa essenziale estendere le conoscenze della teoria. Stress, narcosi, teoria dei gas, modelli e metodi decompressivi sono nuovi argomenti fondamentali, di cui occorre imparare almeno i principi di base. Notevole approfondimento richiede invece la sicurezza, o meglio tutto quanto riguarda i tre cardini che le fanno da supporto: preparazione, prevenzione, assistenza.
La sicurezza Preparazione significa piena coscienza e conoscenza di quanto avviene o potrebbe avvenire, affinché qualunque imprevisto trovi preparati a un razionale intervento. Per superare senza conseguenze una difficoltà bisogna che non si tratti di qualcosa a cui non si è mai pensato, altrimenti il sistema per venirne fuori si dovrebbe scoprirlo sul momento e potrebbe essere difficile. Ecco la grande validità di porsi una serie di domande preventive, facendo a gara con gli amici nel gioco del "Cosa fare se....". Ognuno immagina un caso e insieme si cerca la risposta giusta. Ipotizzando anche cose improbabili ma teoricamente possibili, dai guasti tecnici alla rottura della maschera, da un crampo alla perdita della stazione decompressiva. Ogni cosa va poi verificata in acqua, allenandosi a venire a capo con rapidità ed efficacia di quanto un domani potrebbe davvero verificarsi. La prevenzione consiste ovviamente nel non immergersi se non ci si riconosce in ottime condizioni psicofisiche, se non si è lontani dall'assunzione di farmaci o alcolici; oppure quando ci si sente semplicemente stanchi. Stesso divieto se la situazione ambientale si dimostra eccessivamente sfavorevole, se all'ultimo viene a mancare l'assistenza su cui si contava. La prevenzione riguarda in buona misura l'equipaggiamento, di cui parliamo a parte. Va subito sottolineata la cura che si deve mettere nel renderlo adeguato alle nuove esigenze e razionale nella sua disposizione, in modo che non crei mai problemi e si presti a immediati interventi di emergenza da parte propria o del compagno. Emergenze anche piccolissime, quale potrebbe essere lo sgancio di un cinghiaggio, che in certe situazioni o nella contemporaneità di un altro inconveniente potrebbero mettere in pesante imbarazzo. Per assistenza, infine, si intende sia quella operativa - la barca appoggio, ad esempio - sia quella di pronto soccorso generale e specifico: cassetta con i soliti cerottini, bende, disinfettanti, e quant'altro; ossigeno terapeutico; protocollo per attivare le strutture preposte nell'eventualità di sintomi da PDD. La sicurezza, innanzitutto, consiste nel rendersi conto che il pericolo del profondo è reale, sarebbe ipocrita dire il contrario. L'ambiente diverso e la notevole lontananza dalla superficie creano stress, la narcosi si fa sentire, di conseguenza una qualche difficoltà che avrebbe poco significato a 20 metri tende a diventare rilevante a 50. Il pareggio dei rischi tra immersione avanzata e ricreativa si può ottenere, purché si sia disposti a pagare il prezzo dell'impegno richiesto da un corso intenso, poi della "noia" di preparare, programmare, pianificare ogni cosa prima di entrare finalmente in acqua. Di pagare, infine, lo scotto della rinuncia se per quell'immersione tanto desiderata non si è trovato il compagno giusto o non si riesce a disporre dell'organizzazione giusta.
Cosa respirare Per quanto siano arbitrarie le definizioni di immersione ricreativa, avanzata e tecnica, ormai sono entrate nell'uso comune e riescono a identificarne a grandi linee i singoli ambiti d'azione. Se allora diciamo avanzata l'immersione che porta a superare i due limiti dei 40 metri e della curva di sicurezza, sembra appropriato chiamare tecnica quella che, indipendentemente dalla profondità operativa, prevede l'utilizzo di miscele sintetiche, le quali richiedono a chi vi si dedica ulteriore preparazione e dedizione. Seguendo questo ragionamento, l'aria e il Nitrox risultano i gas logici per il livello intermedio. L'aria ci è abituale, le sue caratteristiche nell'uso subacqueo si imparano fin dai primi corsi, poi ha il vantaggio di essere reperibile ovunque, di costare poco e di avere una notevole elasticità di utilizzo. Sono le ragioni pratiche che la fanno ancora preferire alla grande maggioranza dei sub. Di fatto, con le tecniche e precauzioni opportune può essere adottata convenientemente fino a quote operative intorno ai 50 metri, purché le condizioni non siano gravose (penetrazioni, buio, freddo, sforzi fisici pesanti). Con essa non esistono situazioni di ipossia, mentre l'iperossia si profila soltanto superando i 66 metri, dove l'ossigeno raggiunge la pressione parziale di 1,6 bar. Resta la questione serissima della narcosi, sicuramente presente in forma più o meno percepibile già a 40 metri e a rischio assoluto oltre i 60. Meglio dell'aria si comporta il Nitrox, ideale per profondità relative e utilizzabile con qualche vantaggio anche a 50 metri. A questa quota potrà essere un EAN27, dove l'ossigeno avrà una pressione parziale di 1,6 bar e una EAD (Equivalent Air Depth) di 45,4 metri. Ossia, il respirare a 50 metri Nitrox contenente il 27% di O2 corrisponde a respirare aria a 45,4 metri, con una conseguente riduzione dei fenomeni narcotici e un minore carico di azoto. Aumentando la profondità, per evitare d'incorrere nell'iperossia si dovrebbe diminuire l' O2 ad esempio al 24%, rendendo però irrisoria la differenza con l'aria, dato che l'azoto salirebbe al 76%. Se il Nitrox smette di essere utile a determinate quote, le sue prerogative lo rendono sempre validissimo in decompressione, dove si può sfruttarlo per abbreviare le soste o, meglio, per garantirsi una migliore desaturazione mantenendo i tempi richiesti per l'aria. I punti di vista su quale EANx utilizzare e se abbinarlo o meno all'ossigeno puro sono infiniti. Alcuni preferiscono un EAN40 per il vantaggio di poterlo respirare in risalita a partire dai 30 metri, altri scelgono l’EAN50 per la sua maggiore efficacia. Ancora, per abbreviare tempi di sosta molto lunghi i risultati migliori si ottengono passando a 6 metri dal Nitrox all'ossigeno puro, ma c'è chi gli preferisce un EAN80 per la sua minore tossicità. Valutazioni non semplici, che richiedono una conoscenza approfondita dei gas e dei fenomeni connessi alla risalita. Nitrox e ossigeno, comunque, restano i migliori alleati del sub in decompressione e per questo sarebbe opportuno acquisire i brevetti che ne approfondiscono la conoscenza prima di dedicarsi alle immersioni profonde fuori curva. Ad aria e poi, se si è disposti a un impegno superiore, facendo il passo ormai breve verso le prime miscele sintetiche. Un Trimix "leggero", contenente un 30 o 40% di elio farà scoprire il piacere di visitare fondali tra i 50 e i 60 metri con la lucidità concessa dall'aria a quote ricreative.
Le attrezzature In immersione il consumo è in rapporto diretto alla profondità, pertanto risulta evidente che a 50 metri (6 bar di pressione ambiente) aumenta del 50% rispetto a 30 metri (4 bar), naturalmente a parità di condizioni e tempo di permanenza sul fondo. Di conseguenza, volendo effettuare a 50 metri un'immersione simile a quella che ci è abituale su un fondale di 30 e da cui sappiamo di riemergere con 50 bar di scorta, la classica bombola da 15 litri a 200 bar risulta insufficiente. A conti fatti, considerando il fabbisogno extra per la decompressione e per le più lunghe percorrenze in discesa e risalita, occorreranno probabilmente 1.000 normal-litri in più. Allora le alternative sono due: passare al bibombola 10 + 10 o aggiungere al consueto monobombola un bombolino da 5 litri, da agganciare al gruppo principale oppure appendere di fianco o, meglio, in posizione ventrale. Ambedue le soluzioni fanno ottenere i 4.000 litri desiderati e ambedue hanno i loro vantaggi e svantaggi. Con la prima si ha un gruppo unico sul quale è possibile applicare un rubinetto separatore centrale (manifold), che permette di salvare l'aria di una bombola in caso di perdite o autoerogazioni. Per contro, il bibombola costa caro, pesa nel trasporto, penalizza nelle immersioni di poco rilievo. La seconda soluzione offre una sicurezza ancora maggiore, dato che si viene a disporre di due gruppi autonomi; poi consente grande versatilità di utilizzo e, avendo già il 15 litri, richiede una spesa alquanto inferiore. Qualsiasi sia la scelta, sul gruppo principale vanno montati due erogatori indipendenti con i sicuri e compatti attacchi DIN, oltre al manometro. Il bombolino richiede un terzo erogatore col suo manometro. L'altro componente principale dell'attrezzatura da adeguare alle nuove esigenze è il gav. Deve garantire una buona spinta di riserva alla massima quota prevista tenendo conto del peso delle attrezzature e degli accessori, pertanto dovrà essere un modello con almeno 15 Kg di spinta positiva. La normativa CE prescrive ai fabbricanti di specificare questo e altri dati su un'etichetta, di solito applicata dietro a una tasca e sulla quale la spinta è spesso indicata in newton, l'unità di misura che sostituisce il chilogrammo. Per fortuna le differenze sono minime, infatti 1 N corrisponde a 0,981 Kg. Passando agli accessori principali, quasi tutti i corsi di immersione avanzata prescrivono il pallone da lancio, quel salsicciotto a cui diamo nomi pittoreschi che serve per segnalare la propria posizione al momento della risalita e come eventuale punto di appoggio in decompressione. Tenuto normalmente arrotolato in una tasca o fissato a un anello, va collegato a un rocchetto contenente almeno il 20% di sagola in più rispetto alla massima profondità prevista. La propria dotazione deve essere infine completata con un doppio sistema di misurazione del tempo e della profondità. E' un obbligo inderogabile, quindi computer, orologio e profondimetro, oppure due computer, oltre alle tabelle derivate dall'eventuale programmazione dell'immersione con un software per PC.
Trent’anni di "curva" e "fuori curva" I corpi professionali e militari impongono da sempre i 50 metri quale profondità massima operativa per le immersioni ad aria, in curva o fuori curva, mentre i 60 sono considerati universalmente il limite fisiologico. Le performance di alcuni, i record a quote due volte e mezzo superiori, non mettono in discussione tali parametri, anzi li confermano con i pesanti contributi pagati al loro superamento. Ecco una succinta cronistoria di cosa è cambiato negli ultimi trent'anni riguardo alla profondità nelle immersioni ad aria. 1971 - Il regolamento FIPS prevede un brevetto di 3° grado che abilita espressamente alle immersioni ad aria in coppia fino a 50 metri, sott'intendendo il fuori curva e le soste di decompressione. 1978 - Il Centro Tecnico Nazionale FIAS emana un regolamento in cui il nuovo brevetto ARA Avanzato abilita alle immersioni fuori curva. 1979 - Si tengono in Italia i primi corsi PADI. I suoi brevetti escludono tassativamente il fuori curva, al pari di tutte le didattiche americane che arrivano di seguito. 1984 - Le nostre didattiche federali e assimilabili iniziano ad adeguarsi al limite dei 40 metri e della curva di sicurezza. 1990 - Non esiste più una didattica che abiliti al superamento dei 40 metri e al fuori curva. 1994 - Si affacciano alla ribalta le didattiche tecniche, finalizzate alle immersioni profondissime a miscele. Per loro il fuori curva è la norma e insegnano anche l'aria profonda 1997 - Una proposta di legge prevede di mettere al bando le immersioni oltre i 40 metri e di proibire a tutti il fuori curva. 2000 - Il mercato mostra sempre più interesse per le immersioni oltre i limiti ricreativi e la PADI prospetta il corso Tec Rec. 2001 - Una nuova proposta di legge ammette immersioni ad aria fino a 50 metri e fino a 60 per chi abbia conseguito un brevetto tecnico; non si parla più di proibire il fuori curva. 2002 - Si diffonde il concetto di "immersione avanzata", ossia l'anello mancante tra la ricreativa e la tecnica. Diverse didattiche ricreative istituiscono corsi specifici per le immersioni ad aria fuori curva, col limite operativo portato intorno ai 50 metri. Contemporaneamente, le didattiche tecniche vedono accrescersi la richiesta per corsi che insegnino a utilizzare le miscele, anziché l'aria, in immersioni di medio livello.
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