52. La
cosiddetta "Extra Deep Stop"
(testo
tratto da un articolo di Carlo Amoretti e di Andrea Neri)
Tutti
i subacquei sanno perfettamente che una
risalita lenta e controllata al termine di un’immersione è sicuramente
uno dei punti fondamentali per la sicurezza del sub. Fare
una risalita lenta permette di non correre rischi di
nessun genere e di non aumentarli se si è già in condizioni difficili.
Nei corsi sub insegnano che la velocità di risalita, dopo
un’immersione con l’autorespiratore ad aria, deve essere mantenuta tra i
7 e i 18 metri al minuto. Questa velocità di risalita permette di
evitare l’insorgere della malattia da decompressione causata dall’azoto che, respirato a pressione
maggiore di quella atmosferica e assorbito dai tessuti, si libera
durante la risalita per effetto della diminuzione della pressione
stessa.
Tutte le didattiche
subacquee insegnano anche ad effettuare una "sosta di sicurezza" di 3
minuti a 3 o 5 metri di profondità al termine di qualunque immersione.
Questa sosta è stata introdotta per motivi legati alla
respirazione dell’azoto a pressione maggiore di quella atmosferica,
e serve proprio a scongiurare l’insorgenza di MDD. Inoltre, siccome i subacquei
inesperti nella fascia più
critica (dai 10 metri alla superficie) hanno sempre una velocità di
risalita molto più alta di
quella consigliata, l’obbligo di fare una sosta di sicurezza di 3 minuti fa sì che il
subacqueo si fermi e poi riprenda la successiva risalita con la
corretta velocità.
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Pur
facendo un’immersione all’interno dei limiti di non decompressione (NDL), ovvero
all’interno della curva di sicurezza, questa sosta (che in realtà è una
vera e propria sosta decompressiva) si è dimostrata molto utile ed efficace per
aumentare la sicurezza dell’immersione. Infatti, oltre al fatto la sosta
viene fatta in una fascia di profondità particolarmente adatta
alla desaturazione dall’azoto disciolto nei tessuti, i
suoi effetti benefici sono dovuti proprio al fatto che - come già detto
- il doversi
fermare a pochi metri di profondità costringe il sub a fare una
risalita più controllata, specialmente nel tratto più vicino alla
superficie che è il più pericoloso per il nostro organismo.
La famosa legge di Boyle e Mariotte, infatti, dimostra che proprio alle
basse profondità la diminuzione della pressione della colonna d’acqua
sovrastante è
più forte anche per delle piccole variazioni di quota; perciò, una volta
arrivati vicino alla superficie è molto importante risalire
ancora più lentamente dei classici 10 metri al minuto (infatti, alcuni
moderni computer subacquei riducono la velocità di risalita a soli 7 metri al
minuto in questa zona critica).
Le prove dell’efficacia
della sosta di sicurezza non derivano soltanto dall’esperienza pratica
dei subacquei, ma sono anche confortate da dati scientifici, ottenuti attraverso
i rilevamenti doppler delle microbolle gassose circolanti nel sistema
venoso al termine di un’immersione.
Parlare di
"sosta
decompressiva" in un’immersione ricreativa può sembrare quasi un
controsenso, perché una delle caratteristiche che distinguono le
immersioni ricreative da quelle tecniche sta proprio
nell’assenza di soste di decompressione programmate. Un'immersione "ricreativa"
dovrebbe sempre svolgersi rigorosamente all’interno della curva di sicurezza,
rispettando i NDL, ma, se pensiamo alla
realtà delle cose, ci rendiamo conto che non è sempre così.
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In
realtà
non esiste un’immersione senza la decompressione... e cerchiamo di
spiegarne il perché.
Ogni volta che ci
immergiamo siamo soggetti alla pressione esercitata sul nostro organismo
dalla colonna d’acqua che ci sovrasta: questo, per la legge di Henry,
provoca il passaggio in soluzione del gas inerte contenuto nella nostra
miscela respiratoria (cioè l’azoto), questo inerte va a saturare i nostri tessuti.
Man mano che risaliamo verso la superficie la colonna d’acqua che ci
sovrasta si fa meno alta e la pressione idrostatica diminuisce di
conseguenza. Sempre in base alla legge di Henry il gas inerte che si era
disciolto nei nostri tessuti inizia a fuoriuscire e viene espulso
dall’organismo tramite i polmoni (l'inerte viene portato ai polmoni dal sangue
sotto forma di "microbolle circolanti").
Fino a
quando la desaturazione dei tessuti
avviene gradualmente (cioè finché il subacqueo mantiene una velocità di
risalita corretta) l’azoto raggiunge i polmoni e se ne va attraverso la
respirazione, così com’era entrato nell'organismo. Ma se la risalita è troppo veloce si
ha una formazione di bolle più abbondante (quello che efficacemente
nei corsi sub viene definito "effetto Coca Cola",
che è visibile stappando una bottiglia sotto pressione) che i polmoni non
riescono a smaltire con la conseguenza di una MDD.
Quindi, possiamo
senz’altro affermare che in pratica non esistono immersioni "senza
decompressione" e che le cd. "immersioni no deco" sono semplicemente
quelle nelle quali si stabilisce di non superare mai i tempi impostici
dal computer o dalle tabelle di non decompressione, cioè quelle
immersioni nelle quali è possibile
risalire direttamente alla superficie senza dover fare delle soste
obbligatorie. In questo tipo di immersioni basta semplicemente osservare la sosta di
sicurezza di 3 minuti, che è consigliabile fare sempre, a meno che un'emergenza
non ce lo impedisca.
Purtroppo
si è soliti considerare noiosa la sosta di sicurezza, ma non sempre e
necessario rimanere appesi alla cima dell'ancora aspettando che il tempo
passi lentamente. Spesso (a meno che non ci si sia immersi su un
relitto) è possibile fare un’immersione multilivello, e questa permette di
guardare la parete a varie profondità e
terminare l’immersione senza annoiarsi nel blu e continuando a nuotare alla quota di
sicurezza in vista della parete. In questo modo la
desaturazione dei tessuti sarà graduale e si avranno indubbi effetti
benefici.
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Tutti i subacquei
ormai fanno una "safety stop" a 3 o 5 metri di profondità per 3 minuti e
alcuni, per maggior conservativismo, la estendono persino a 5 minuti,
dato che a queste basse quote l’assorbimento di ulteriore azoto è
irrilevante, mentre la desaturazione è notevole; inoltre da
qualche anno molti subacquei hanno cominciato a fare anche i cosiddetti
"deep stop", cioè delle soste profonde che aiutano a desaturare meglio i tessuti.
Non tutti
i sub però, sono a conoscenza della pratica della sosta a profondità extra (la cd.
"extra deep stop"), che consiste nel fermasi per 2 minuti a una quota di
3 metri inferiore alla prima tappa di decompressione prevista. In
pratica, nel caso delle immersioni ricreative si tratterà di fermarsi
per un paio di minuti ad una quota tra i 6 e gli 8 metri di profondità.
La letteratura scientifica in materia dimostra che fare un "extra
deep stop" abbatte enormemente il numero di bolle di inerte
che circolano dopo l’immersione. Dall'analisi dei grafici dell’esame doppler
effettuato a vari intervalli di tempo su diverse immersioni campione,
è risultato chiaramente che il numero di bolle diminuisce notevolmente
effettuando una sosta aggiuntiva a 6 metri rispetto a quella classica di
3 minuti a 3 metri, ed è del tutto evidente che la presenza nella
circolazione venosa di un minor numero di microbolle silenti può
tradursi soltanto in una maggiore sicurezza per il subacqueo e in una
ulteriore riduzione del rischio di incorrere in un episodio di MDD.
La validità della pratica
di soste di decompressione più profonde rispetto a quelle classiche è
stata acquisita all’inizio del nuovo millennio anche nel settore della
subacquea tecnica e lavorativa che fa uso di miscele respiratorie
sintetiche come l’Heliox e il Trimix. Il ricercatore americano Richard Pyle da parecchi anni
ha incorporato nei suoi profili soste di decompressione
"extra deep" ottenendo dei risultati confortanti. Anche il modello
decompressivo a permeabilità variabile VPM (varying permeability
model) prevede soste decompressive molto più profonde rispetto ai
modelli tradizionali basati sui compartimenti tissutali.
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La principale obiezione mossa alla
pratica delle tappe fonde è che, fermandosi
in modo non previsto dalle tabelle decompressive, i tessuti possono
caricarsi di inerte in modo tale che il profilo non sia più sicuro.
In teoria questo è vero, ma ogni teoria deve essere verificata nella
pratica e questa ha dimostrato che con velocità di risalita elevate i
tessuti (anche quelli "veloci"), non hanno tempo di scaricare l’inerte
e quindi si arriva in superficie con valori di tensione crescenti
con il crescere della velocità di risalita. Sintetizzando, da
calcoli basati sullo schema di Haldane (opportunamente generalizzato),
che è quello normalmente adottato da tabelle e computer, è risultato che
in
campo ricreativo, facendo le soste profonde, i tessuti veloci
beneficiano di un considerevole "scarico", mentre l’aumento di carico di
azoto per quelli lenti è di appena il 3-4%, in pratica ininfluente.
Perciò è vero
che durante le soste profonde i tessuti lenti si caricano di inerte, ma
ciò avviene di molto poco, a fronte di un considerevole scarico di
quelli più direttamente coinvolti in forme gravi di Patologie da
decompressione. Il discorso si sposta quindi su un piano strettamente normativo e legale,
perché nel caso delle didattiche e dei corsi nel caso di un incidente
subacqueo bisogna sempre poter
dimostrare di aver insegnato e fatto il meglio possibile per garantire
la sicurezza del subacqueo. E' per questo motivo che le varie
procedure di impiego delle tabelle sottraggono il tempo delle tappe
aggiuntive dal tempo di fondo, e questo sia formalmente sia sostanzialmente va
nella direzione della maggiore sicurezza.
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