( I testi sono stati riveduti, aggiornati e corretti da Marcello Polacchini )
Parte prima - LE MUTE IN NEOPRENE
Articolo di Riky Zorzi della “TEKNOSEA BOLZANO” - www.teknosea.it - tratto da “DIVEITALY” - Il sito dei subacquei per i subacquei -
La dispersione termica in acqua è sempre stata un fattore critico e fondamentale dell'immersione subacquea: sottovalutarlo significa purtroppo incorrere in eventi di difficile gestione, come l'ipotermia, lo stress, l'irrigidimento muscolare, i crampi, eccetera. Le valutazioni medico-scientifiche riguardo alla dispersione termica, quali il personale adattamento al freddo, la costituzione diversa di ogni individuo (masse grasse - masse magre), l'alimentazione pre-immersione e tutti quei diversi fattori che incidono nella personale resistenza al freddo, non sono trattate in questo articolo, che vuole semplicemente introdurci nella sempre più complessa scelta della muta subacquea che utilizziamo nelle nostre immersioni. I vecchi “sommozzatori” ricorderanno ancora le prime mute realizzate con gomma Pirelli. Da allora è passato molto tempo e il materiale che ha sostituito più egregiamente quella indimenticabile muta è il neoprene, tecnicamente chiamato policloroprene. Questo materiale fu scoperto in Francia nei laboratori Du Pont nel 1931 da Arnold Collins, chimico e ricercatore meno conosciuto del suo collega Fallace Carrothers che nello stesso anno inventò il nylon. Il neoprene (questo è il suo nome commerciale) è stato il primo elastomero di sintesi (una gomma) ad avere successo commerciale e oggi viene utilizzato nelle più diverse applicazioni: automobilistiche, mediche, industriali e sportive nel nostro caso. Esso si presenta come una gomma porosa, costituita da cellule gassose distribuite uniformemente in tutta la sua massa.
Le peculiarità del neoprene che interessano nella sua applicazione all’immersione subacquea sono la sua elasticità, la sua resistenza allo schiacciamento e la sua capacità "di scaldarci". La densità del materiale è direttamente proporzionata ai vari tipi di "schiume" di cui esso è composto: nelle schiume altamente "dense" (cioè dure) troviamo applicazioni prettamente industriali, in quelle mediamente dense (medio-dure) cominciamo a vederlo impiegato nella subacquea (stagne in precompresso), in quelle morbide troviamo l'applicazione più comune nella subacquea, cioè le mute umide, mentre in quelle morbidissime troviamo le applicazioni mediche (ad es. i tutori). La coibenza termica del materiale è direttamente proporzionata al suo spessore: maggiore è lo spessore maggiore sarà la sua capacità di non farci perdere calore. Inoltre, maggiore è la densità (o durezza) minore sarà la sua elasticità. In fase di lavorazione il neoprene si presenta come una massa da ridurre in fogli di spessore diverso. Nella fase di "taglio" le cellule vengono conseguentemente "aperte", il neoprene allora viene identificato come "neoprene a cellula aperta o spaccato", diversamente viene scottato in superficie, diventando così "neoprene a cellula chiusa o liscio".
In una seconda fase di lavorazione il neoprene viene rivestito di una fodera su una o entrambe le sue superfici, diventando così monofoderato o bifoderato, anche in questo caso potrà essere a cellula chiusa o a cellula aperta. La sostanziale differenza tra un neoprene a cellula aperta e uno a cellula chiusa sta nella straordinaria elasticità del primo (pari al doppio o al triplo rispetto a quello a cellula chiusa); tuttavia, la fragilità del neoprene a cellula aperta fa sì che esso trovi solo una piccola applicazione nel monofoderato, quello che viene comunemente usato per la tenuta dei polsi, delle caviglie e del collo della muta subacquea. Ragione vorrebbe, che per elasticità e aderenza, il neoprene a cellula aperta fosse il più indicato per questo utilizzo, ma la delicatezza e la forte aderenza di questo tipo di neoprene lo farebbe diventare difficile da indossare. Non a caso è frequente notare gli apneisti, fare largo uso di talco o di acqua saponata per indossare le loro mute che altrimenti diventerebbero davvero scomodissime da indossare perché non "scivolose", essendo quasi sempre realizzate in neoprene a cellula aperta interna. Parlando dei "neoprene foderati", andiamo a trattare una parte del neoprene subacqueo davvero poco conosciuta e troppo spesso confusa a causa dei numerosissimi termini commerciali che le aziende usano per identificare i loro prodotti. Cominciamo intanto a dire che l'80% del neoprene comunemente usato nella subacquea è foderato in nylon, mentre una parte minore è foderata con materiali più particolari. Il neoprene "morbido" allo stato puro (cioè senza fodere) è una gomma particolarmente fragile: basta una leggera trazione per romperlo, strapparlo e danneggiarlo seriamente e la sua forza e la sua resistenza sono date proprio dalle fodere. Il neoprene più comunemente usato è il "bifoderato nylon/pusch", con nylon all'esterno e all'interno il push che è un tessuto sintetico molto simile ad una spugna, che rende più scivolosa e comoda da indossare la muta; inoltre questo materiale trattiene il velo d'acqua intero alla muta, il quale scaldandosi contribuisce a rendere l’ immersione più confortevole. Questa combinazione, impiegando una gomma neoprenica d'alta qualità, prevalentemente orientale, ci fornisce in base agli spessori impiegati un'ottima elasticità e morbidezza. Quando impieghiamo delle fodere più particolari, quali gli ultrastrech, l’elasticità aumenta proporzionalmente alla bontà delle fodere impiegate. Il motivo del largo uso del nylon come fodera sta nei costi contenuti di quest'ultimo, mentre per gli ultrastrech o la lykra i costi sono molto più elevati e perciò meno concorrenziali. Va poi tenuto presente che a parità di gomma le fodere usate possono, in base al colore, ispessire o irrigidire il neoprene. Una fodera nera per esempio è solitamente molto sottile, proprio in considerazione di un'eventuale trasparenza causata dal contatto con l'acqua, mentre al suo opposto una fodera bianca, per non far trasparire il nero della gomma sarà molto più spessa, a scapito dell'elasticità del neoprene sul quale verrà posizionata, ed ecco perché a volte uno stesso modello provato con colori diversi ci dà la sensazione di essere più o meno morbido dell’altro.
MUTE UMIDE E SEMISTAGNE
Parlando delle mute più comunemente usate nella subacquea và sottolineata l'importanza della compressione del neoprene dovuta alla pressione cui è sottoposto durante l’immersione.Così come il nostro corpo anche il neoprene subisce uno schiacciamento proporzionale alla profondità che andiamo a raggiungere. Ecco spiegato in questo schema, peraltro in modo molto semplice, il perché dei molti spessori del neoprene delle mute.
Mute umide Sono realizzate in due pezzi o monopezzo e di solito costituiscono il primo acquisto della nostra attrezzatura scuba Vengono utilizzate in tutti gli spessori e hanno il vantaggio di essere economicamente non molto impegnative. Sono definite "umide" perché provviste quasi sempre di cerniere in plastica che permettono modesti ingressi d'acqua, o perché se sprovviste di cerniere “stagne” andranno opportunamente allagate. L’acqua entrata nella muta forma una sottile intercapedine tra la nostra pelle e l'indumento: questo velo umido si scalderà grazie alla nostra temperatura corporea e rallenterà la dispersione termica alla quale siamo sottoposti sott'acqua. La vestibilità delle mute umide è notevolmente aderente, per far sì che l'intercapedine d’acqua che si forma al suo interno sia il più sottile possibile.
Mute semistagne Sono realizzate in monopezzo, generalmente negli spessori da 6.5 o 7 mm e sono prevalentemente dedicate all'immersione in acque fredde. A differenza delle mute umide, sono dotate di una cerniera "stagna" (cerniera con catena metallica in bronzo oppure T-zip in plastica) che non permette l'ingresso dell’acqua. Questa cerniera è nella stragrande maggioranza dei casi applicata sulle spalle, con apertura "gomito-gomito". La vestibilità della semistagna è leggermente più abbondante rispetto alle mute umide, questo perché l'ingresso dell'acqua è assai più contenuto, o tutto sommato minimo. La muta semistagna è di fatto la regina delle mute in neoprene, per comodità, utilizzo e robustezza, presenta solo l'inconveniente di essere poco pratica per scomodità della cerniera, che essendo generalmente applicata sulle spalle deve sempre essere aperta e chiusa dal compagno d’immersione. D’altra parte il posizionamento della cerniera stagna in quel modo significa garantirgli una vita più lunga, proprio perché per conformazione si adatta meglio sulle spalle. Ad ogni modo sempre più spesso si trovano in commercio mute semistagne con la cerniera applicata in diagonale sul davanti, che consente di vestirsi e spogliarsi in autonomia.
Parte seconda - LE MUTE STAGNE
Articolo redatto a cura dello staff di “AQUATICA” tratto da “DIVEITALY” - Il sito dei subacquei per i subacquei -
MODALITA’ COSTRUTTIVE DELLE MUTE STAGNE
Come prima cosa è opportuno chiarire la diversità tra muta stagna a volume costante e muta stagna a volume variabile Comunemente viene definita muta stagna a volume costante quella muta che, pur non permettendo entrata di acqua dall’ambiente esterno, non consente di immettere e scaricare aria all’interno di essa per equilibrare la variazione di volume dovuta all’aumentare o al diminuire della pressione idrostatica esterna. Viene invece definita muta stagna a volume variabile quella muta che, oltre a non permettere entrata d’acqua, consente anche, attraverso un sistema di valvole, l’immissione e lo scarico di volumi d’aria a discrezione del subacqueo che la indossa. Benché comunemente usate, tali definizioni sono, a tutti gli effetti e secondo le leggi della fisica, quanto meno inesatte per il seguente motivo: in realtà una muta stagna senza possibilità di carico e scarico d’aria è un sistema che varierà il suo volume interno dipendentemente ed in modo inversamente proporzionale alla pressione idrostatica esterna. Quindi questa è decisamente una muta a volume variabile. Lo scopo, invece, delle mute stagne con possibilità di carico e scarico d’aria è quello di ripristinare una situazione che si è modificata a causa della variazione della pressione idrostatica esterna e quindi di ripristinare un volume interno alterato durante le fasi successive di immersione. E’ questa quindi, a tutti gli effetti, una muta che tende a mantenere un volume interno costante. Tuttavia è opportuno mantenere le definizioni così come sono, poiché ormai sono entrate nel vocabolario di tutti i giorni.
Dal punto di vista del materiale utilizzato le mute stagne possono dividersi in due categorie: le mute stagne in neoprene e le mute stagne in tessuto (siano esse in gomma, poliuretano o trilaminato). La differenza fondamentale tra questi due materiali è che il primo è soggetto a variazioni di spinta idrostatica dipendenti dal materiale stesso, mentre il secondo resterà inalterato nonostante le variazioni della pressione esterna/interna. Altra differenza tra le due categorie di mute stagne, è che il sistema costituito da muta stagna in neoprene e da un sottomuta leggero garantisce, oltre che la impermeabilità, anche una coibenza termica autonoma dipendente dallo spessore del neoprene espanso; ma ciò è rilevante solamente fino a profondità relativamente basse (diciamo fino a -20 m) . Per contro la muta in tessuto gommato e/o trilaminato non garantisce, da sola, alcuna coibenza termica, ma solamente la separazione del corpo umano dall’ambiente esterno. La protezione termica è interamente demandata alla qualità ed alla quantità di sottomuta usato. Tutte le qualità di questo sistema (separazione dall’acqua e coibenza termica) restano però invariate nel corso di tutta l’immersione, indipendentemente dalla profondità di esercizio. Inoltre la tecnica d’uso di una muta stagna in neoprene risulta decisamente più complessa di quella della sua diretta concorrente e ciò perché è necessario controllare, oltre alla variazione di volume interno, anche la variazione di volume del neoprene medesimo. Terza differenza tra i due sistemi è quella inerente la facilità di riparazioni e manutenzioni che sono entrambe più semplici nelle mute stagne in tessuto.
Esaminiamo ora le caratteristiche costruttive dei vari tipi di muta stagna: in neoprene, in tessuto trilaminato, in tessuto gommato vulcanizzato e in poliuretano.
Mute in neoprene Per la costruzione di una muta stagna in neoprene viene solitamente utilizzato del neoprene con spessore da 3,5 fino a 9 mm, preferibilmente espanso e ad alta densità in modo da offrire buone caratteristiche di coibenza termica, al quale viene applicata, internamente ed esternamente, una fodera in nylon particolarmente robusta per controbilanciare le scarse proprietà di resistenza meccanica del neoprene stesso. A differenza di quel che si potrebbe credere, la realizzazione di una muta stagna in neoprene richiede l’impiego di accurate tecniche costruttive. Una volta tagliate, le varie parti vengono incollate con apposito mastice e poi cucite internamente ed esternamente con punti non passanti (oppure cucite esternamente con punti non passanti e nastrate e sigillate internamente). Alla muta così realizzata vengono applicati polsini e collarino, solitamente in neoprene anch’essi, ma a volte anche in lattice.
Mute stagne in trilaminato Il trilaminato è un materiale multistrato costituito da fogli di tessuto di nylon alternati a uno strato di gomma butilica. Tale materiale fu originariamente studiato e sviluppato in Gran Bretagna, per conto della NATO, al fine di produrre indumenti militari protettivi contro gli agenti chimici. Esistono vari tipi di trilaminato che si distinguono per la loro pesantezza, che viene definita in grammi per metro quadro. Quelli più utilizzati per il confezionamento di mute stagne sono i tessuti da 230 gr/m² e 350 gr/m², denominati rispettivamente TLS1 e TLS4 (TLS è l’abbreviazione di tri-laminate suit). Questo tessuto consente di realizzare delle mute stagne che hanno un peso contenuto e sono particolarmente comode da indossare, benché risultino un po’ rigide a causa della scarsa elasticità del tessuto stesso (anche se ultimamente iniziano ed essere disponibili anche dei trilaminati elastici). Questo tipo di mute sono idonee a soddisfare le esigenze legate ad un’attività sportiva e ricreativa, mentre risultano non sufficientemente robuste per un’attività professionale, che oltretutto viene spesso svolta in acque con rilevante presenza di sostanze inquinanti ed oleose che la porosità del tessuto tenderebbe ad assorbire. La lavorazione del trilaminato è relativamente semplice e non richiede tecnologie particolari: si tratta di ritagliare dai fogli di tessuto le parti di muta che vanno poi cucite tra di loro, dopodiché si passa all’impermeabilizzazione che avviene attraverso nastratura o mediante l’uso di appositi sigillanti. Alla muta così realizzata viene applicata la cerniera, gli stivaletti, i polsini ed il collarino. Anche la riparazione di questo tipo di muta è relativamente semplice. In caso di foratura si può rimediare applicando internamente un po’ di Aquasure.
Mute in tessuto gommato vulcanizzato Il tessuto per la fabbricazione di tali mute è costituito da una trama di poliestere spalmato con gomma naturale con aggiunta di oz-res, un componente sintetico che, alle ottime qualità di resistenza meccanica proprie della gomma, unisce una resistenza agli agenti chimico-fisici esterni (ozono, raggi ultravioletti, olii minerali e naturali ). A tale tessuto, assemblato con la gomma di spalmatura allo stato ‘’crudo", viene unita una fodera interna e cucito senza sovrapposizioni; la giunzione viene poi protetta da un nastro di gomma e oz-res anch’esso allo stato "crudo". Dopodicè, vengono inseriti tutti i rinforzi necessari nonché la cerniera e le sedi per le valvole. Il vestito così assemblato è inserito in manichini metallici e introdotto in grosse autoclavi dove, alla temperatura di circa 120 gradi ed alla pressione di circa 4 bar, viene vulcanizzato e quindi ne esce come un "pezzo unico" che non può essere considerato cucito e nastrato come comunemente si intende. A questo punto vengono unicamente aggiunte le parti di tenuta (polsini, guarnizione collo e/o cappuccio) in puro lattice di gomma ottenuto per processo catalitico Le mute di questo tipo hanno un’ottima resistenza meccanica, pur rimanendo sufficientemente morbide ed elastiche e sono facilmente riparabili. Per contro, il loro peso risulta essere superiore ad altri tipi di mute.
Mute in poliuretano Per la realizzazione di questo tipo di mute si utilizza un tessuto base di poliestere riportato a spessore con poliuretano termoplastico, fino al raggiungimento di uno spessore medio equivalente a 590 gr/m², ottenendo un materiale caratterizzato da un’ottima resistenza meccanica e chimica e da una buona elasticità. La peculiarità delle mute realizzate con questo materiale è che sono costituite praticamente da un corpo unico, infatti, durante l’assemblaggio, le varie parti vengono sovrapposte per circa un centimetro e quindi saldate in radiofrequenza, non ci sono quindi né cuciture né incollaggi. Con l’applicazione di nuove tecnologie si è giunti anche ad avere la possibilità di saldare la lampo al vestito. Legati ai sistemi tradizionali rimangono solo l’incollaggio dei polsini e del collarino. La muta stagna in poliuretano si pone a metà strada tra la muta in gomma, di cui ha le caratteristiche di resistenza ed elasticità, pur risultando meno pesante, e quella in trilaminato, di cui ha le caratteristiche di morbidezza e comodità.
Mute in neoprene precompresso Il crushed neopren, o neoprene precompresso, è un materiale molto resistente ed allo stesso tempo molto flessibile. Viene realizzato utilizzando uno spesso strato di neoprene macrocellulare espanso rubatex, al quale vengono connesse delle fodere in robusto nylon; il materiale così ottenuto viene poi sottoposto a particolari tecniche di lavorazione che consistono nel comprimerlo e decomprimerlo varie volte sino ad ottenere la rottura di tutte le cellule del neoprene. Ne risulta un materiale molto simile ad un tessuto, ma dotato di notevole elasticità e grande resistenza meccanica. Per l’assemblaggio delle varie parti della muta si utilizzano tecniche di lavorazione simili a quelle utilizzate per il neoprene espanso, ma più complesse a causa del minimo spessore del materiale: le parti vengono incollate e poi cucite con punti non passanti, si provvede quindi all’impermeabilizzazione attraverso una nastratura elastica e all’applicazione di collarino e polsini. Le mute stagne realizzate in neoprene precompresso si collocano come via di mezzo tra quelle in neoprene espanso, di cui ereditano gli aspetti positivi di robustezza ed elasticità ma anche i negativi di peso e difficoltà di riparazione, e quelle più propriamente in tessuto alle quali assomigliano nelle tecniche di utilizzo e per le caratteristiche di comodità e vestibilità (questa anzi risulta migliore nelle mute in precompresso, grazie all’elasticità di questo tessuto che permette tagli particolarmente formati).
GLI ACCESSORI DELLA MUTA STAGNA
Parliamo adesso degli “accessori” della muta stagna: sottomuta, cerniere stagne, valvole e guarnizioni di tenuta.
Il sottomuta Esistono cinque tipi base di sottomuta: · il sottomuta costituito dal "mi metto tutto quello che ho" (mutandoni del nonno, maglioni, calzamaglia della zia e, perché no, il piumino da sci). Ottima soluzione, sicuramente poco costosa, ma con alcune controindicazioni come, ad esempio, un enorme volume interno ed un notevole impedimento nei movimenti a fronte di una protezione termica che, a parità di spessore con sottomuta specifici, risulta ridicola. · il sottomuta sintetico in pile ad alto spessore, con raddoppio dello spessore nelle zone che necessitano di maggiore protezione termica (reni , spina dorsale , ecc.). Tale sottomuta garantisce senz'altro una notevole protezione termica, ma, per contro, trattiene all'interno le goccioline di condensa dovute alla traspirazione corporea e ciò dopo qualche ora di immersione, comporta il sopravvenire di una sensazione diffusa di freddo. Inoltre questo tipo di sottomuta non è impermeabile, quindi bisogna prestare molta attenzione in barca, al momento della vestizione, per evitare di bagnarsi a causa di schizzi d’acqua. · il sottomuta termico in schiuma di pvc a cellule aperte bifoderato. Questo sottomuta in materiale sintetico garantisce, grazie all'incomprimibilità del suo spessore (di 9 mm. circa), una coibenza termica inalterata alle varie profondità ed anche il trasferimento della traspirazione corporea, attraverso le cellule aperte che lo costituiscono, verso la parete interna della muta che, essendo piu' fredda del corpo umano, ne provoca la condensa mantenendo perciò il corpo sempre perfettamente asciutto. Per contro, l’uso di questo sottomuta richiede una maggiore zavorra e, all’esterno, non offre alcun tipo di protezione dall’acqua e dal vento; inoltre è esteticamente carente. · il sottomuta termico in thinsulate. E’ probabilmente il migliore tipo di sottomuta attualmente disponibile per le sue doti di coibenza termica, idrorepellenza ed ottima estetica. Ne esistono praticamente tre tipi : B100 (100 gr/m²) : adatto all’uso sportivo tradizionale B200 (200 gr/m²) : per usi sportivi particolari B400 (400 gr/m²) : per uso prettamente professionale Il thinsulate è solitamente rivestito da un materiale impermeabile all’esterno (nylon) e da un tessuto morbido e caldo all’interno. · il sottomuta per mute in neoprene espanso. Benché in questo tipo di mute è il materiale stesso ad esercitare una protezione termica, esistono dei sottomuta specifici in pile leggero o polartec da utilizzarsi in situazioni estreme.
Le cerniere stagne Le cerniere stagne sono, in linea di massima, quasi tutte di buona qualità ed affidabilità. In queste cerniere i denti, che sono fatti in bronzo, chiudono ermeticamente attraverso una compressione su gomma. La posizione migliore della cerniera è quella che dà la migliore garanzia di vestibilità e di protezione da possibili danni. Le posizioni più diffuse sono tre: da spalla a spalla, anteriore trasversale, a marsupio Per eventuali immersioni prolungate e per l'espletamento delle funzioni fisiologiche esistono cerniere stagne di 23 cm. di lunghezza da applicare nella posizione più adatta.
Le valvole Le valvole sono un elemento fondamentale delle mute stagne e devono avere ottime caratteristiche tecniche che solo pochi produttori riescono a garantire. Importante è la posizione delle valvole che non è casuale, ma dettata da specifiche esigenze d'uso e di praticità , nonché di sicurezza. Soprattutto la valvola di scarico deve essere posizionata in modo tale da consentire lo scarico completo di tutta l'aria contenuta nella muta senza la necessità di assurdi contorsionismi. Secondariamente, ma forse al primo posto per motivi di sicurezza, la valvola di scarico deve consentire, qualora (ipotesi molto rara) la valvola di carico dovesse bloccarsi in erogazione continua, l'estinzione di tutta la sovrappressione immessa nella muta, quindi è importante che ci sia compatibilità di rapporto carico/scarico tra le rispettive valvole.
Esistono due tipi di valvole di scarico: quelle automatiche e quelle manuali. Le prime consentono di esser tarate per scaricare automaticamente quando la pressione interna dell’aria aumenta a causa di una diminuzione di profondità o di un eccessivo gonfiaggio. Le altre richiedono invece sempre l’intervento manuale del subacqueo. Questo secondo tipo di valvole viene comunemente impiegato nelle mute di neoprene espanso dove, a causa dell’elasticità stessa del neoprene, la valvola automatica non sarebbe in grado di rilevare la sovrappressione. In ogni caso una cosa è certa: pochissime sono le valvole presenti sul mercato, soprattutto quelle di scarico, di sicura funzionalità ed affidabilità.
Le guarnizioni di tenuta Le guarnizioni di tenuta (polsini, collarini e cappucci ) sono generalmente in neoprene monofoderato per le mute stagne e in neoprene ed in lattice di gomma negli altri tipi di mute. Entrambi i materiali, se di forma e di qualità adeguate, sono da considerarsi affidabili; probabilmente certe guarnizioni in neoprene sono piu' delicate delle equivalenti guarnizioni fatte in buon latex naturale.
DIFFERENZE NELL'USO E NELLE APPLICAZIONI DEI VARI TIPI DI MUTE STAGNE
Nelle considerazioni che seguono vengono prese a paragone mute stagne dei vari tipi che rispondono per intero alle caratteristiche di qualità e sicurezza che il mercato professionale e il mercato costituito da sportivi seri e competenti richiede. Considereremo in successione i punti favorevoli e sfavorevoli di ogni muta, sia per quanto riguarda l'uso che per la diversità di applicazioni.
Coibenza termica Una muta stagna in neoprene, a parità di sottomuta usato, garantisce senz'altro una più favorevole protezione termica almeno fino ad una profondità di immersione di circa 20 metri. Dopo tale profondità la protezione termica tenderà a diventare pari o sfavorevole rispetto ad una muta in tessuto gommato e/o trilaminato con lo stesso sottomuta; questo perché è stato accertato che un eccesso di aria nell'intercapedine tra muta e corpo umano diminuisce la protezione termica passiva in quanto necessita di un maggior numero di calorie per il riscaldamento e il mantenimento della temperatura del volume d'aria interno, ciò a scapito del corpo umano. D'altronde, usando una muta stagna in neoprene, sarà necessario incrementare il volume interno di aria , proporzionalmente al diminuire del volume del neoprene, al fine di mantenere il giusto equilibrio idrostatico. Per contro una muta stagna in tessuto, pur non garantendo di per sé alcuna protezione termica, tuttavia se usata con un sottomuta qualitativamente e quantitativamente corretto, creerà un sistema stagno-coibente assolutamente invariabile e indipendente dalla profondità di immersione raggiunta.
Sicurezza Bisogna innanzitutto puntualizzare che la sicurezza dipende per il 70% dalla perizia del subacqueo e per il rimanente 30% dalla scelta della muta stagna usata. Tuttavia esistono degli indiscutibili "fattori di rischio'' che è indispensabile conoscere e prendere in considerazione per poterli fronteggiare adeguatamente.
Analizziamoli qui di seguito uno per uno distinguendoli a secondo del tipo di materiale della muta stagna: neoprene o trilaminato.
Pallonate E' questo il rischio più "pubblicizzato" delle mute stagne qualora vengano usate con imperizia o perché corredate da valvole di qualità scadente.Tale rischio viene evitato a priori scegliendo una muta qualitativamente adeguata, quindi con l'uso corretto della zavorra e di conseguenza delle quantità d'aria immesse, che dovranno servire unicamente a creare un’intercapedine minima tra muta e corpo. Ciònonostante questo tipo di rischio è percentualmente maggiore nelle mute stagne in neoprene in quanto, come già detto, l'immissione di una quantità d'aria superiore al voluto diventa una necessità a causa della perdita di spessore del neoprene.
Capovolgimenti non voluti La risalita a gambe in alto è un rischio proprio dei principianti. Tale probabilità è praticamente inesistente con mute stagne in tessuto in quanto, se il subacqueo ha avuto cura di riempire adeguatamente le gambe di sottomuta non esiste nel tessuto medesimo l'elasticità necessaria per lasciar posto a quantità d'aria indesiderate. Il neoprene, invece, possedendo un modulo elastico decisamente alto, necessita di una maggiore attenzione nel momento in cui la posizione del sub dovesse essere quella a "testa in giù". In ogni caso è sufficiente raccogliere le ginocchia al petto per riacquistare la posizione verticale e scaricare l’aria in eccesso.
Allagamento La differenza tra una muta stagna allagata in neoprene e una muta stagna allagata in tessuto è assolutamente insignificante per quanto riguarda la sicurezza, mentre è favorevole al neoprene per quanto riguarda la coibenza termica.In caso di allagamento, la possibilità da preferire, valida per entrambi i tipi di muta, è quella di risalire con l’ausilio del jacket. L'unica differenza sostanziale sta nella possibilità di sgancio della zavorra: mentre con una muta in tessuto, nell'eventualità di allagamento totale, ciò è possibile ed anzi auspicabile, con una muta di neoprene è invece assolutamente da evitare poiché, considerato il recupero di spinta di galleggiamento del neoprene durante la risalita, si incorrerebbe in una sicura pallonata durante gli ultimi 15-20 metri.
Zavorramento Il zavorrarsi correttamente è fondamentale per un buon utilizzo della muta stagna. In generale bisognerà aggiungere dai 3 ai 6 kg in più rispetto a quanti indossati con la muta umida. Tale quantità varierà a seconda dell’assetto individuale, del tipo di muta stagna usata, della giusta misura della muta stessa, del tipo di bombola, ma soprattutto del tipo di sottomuta.
Manutenzione e riparazioni La manutenzione di una muta stagna non richiede particolari attenzioni, ma delle semplici operazioni, attenendoci alle quali eviteremo deterioramenti precoci. · Dopo ogni immersione la muta va controllata e sciacquata con particolare attenzione per le valvole e la cerniera. · Periodicamente occorre lavare con acqua e sapone le guarnizioni di tenuta. · E’ bene pulire la cerniera e lubrificarla ogni volta con appositi prodotti (paraffina o grasso siliconico apposito). · E’ meglio usare del talco minerale per le guarnizioni di tenuta (polsini e collo in lattice). · Bisogna fare asciugare bene la muta, esternamente e internamente, tenendola lontano dal sole e da fonti dirette di calore, possibilmente in ambiente ventilato. · Almeno una volta l’anno, è necessario lavare la muta anche internamente. · Bisogna riporre la muta piegata in modo tale che la cerniera non faccia pieghe brusche. Le riparazioni sono più semplici nelle mute stagne in tessuto, infatti il neoprene bifoderato non consente una rapida riparazione in quanto bisogna attendere che la muta sia perfettamente asciutta e ciò significa ore di attesa. Nel tessuto invece l'individuazione visiva del danno è praticamente immediata e la conseguente riparazione è fattibile anche a muta indossata, dopo pochi minuti e con estrema semplicità. Anche la sostituzione della cerniera e delle guarnizioni di tenuta risulta estremamente più pratica e veloce nelle mute in tessuto con un evidente risparmio nei costi di manutenzione.
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