197. Approfondiamo le tre abilità subacquee fondamentali
Premessa
Nella
mia attività di Istruttore ho riscontrato che la maggior
parte delle difficoltà dei subacquei durante
l’immersione dipendono dalla mancanza delle abilità di
base. Ciò è dovuto al fatto che spesso non si presta
abbastanza attenzione a queste abilità durante
l’addestramento ricreativo iniziale (il corso di primo
livello "Open Water Diver" e similari). Avere buone
abilità subacquee di base è essenziale, per almeno tre
ragioni: per trovarsi a proprio agio e divertirsi in
acqua, per aumentare la propria sicurezza e quella dei
compagni d’immersione, e non ultimo per preservare
l’ambiente marino circostante evitando di "arare il
fondo".
Padroneggiare l’immersione significa saper gestire e
controllare ognuna delle abilità fondamentali. Per farlo
occorre un forte impegno, sia da parte dell’istruttore
che dell’allievo, dedicando durante l’addestramento il
tempo necessario per costruire la corretta pratica e
consapevolezza.
E’
risaputo che le abilità di base del subacqueo sono tre:
in primo luogo la respirazione e il controllo del
galleggiamento, in secondo luogo il controllo
dell’assetto e infine le tecniche di propulsione
efficaci. Una corretta respirazione, insieme al
controllo della galleggiabilità e al corretto assetto
sono prerequisiti per l’utilizzo di tecniche di
propulsione efficienti.
Padroneggiare,
ma soprattutto sincronizzare queste tre abilità, è
indispensabile per un’immersione sicura, ma non c'è
niente di più difficile che liberarsi delle cattive
abitudini radicate, soprattutto in chi pratica la
subacquea da parecchio tempo. Spesso, infatti, i
subacquei già brevettati sono costretti a frequentare
vari "corsi di specialità" (come ad esempio il corso sul
controllo dell’assetto "Perfect Buoyancy" o simili) per
sopperire alle carenze del loro addestramento ricreativo
iniziale. |
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Oggi
tutte le agenzie didattiche nei loro corsi cercano di
trasmettere al meglio agli allievi le abilità subacquee
di base, in vari modi e gradi, e recentemente è stata
data maggiore enfasi al controllo dell’assetto, ma
secondo me vale la pena di approfondire le tre abilità
fondamentali. Lo faccio traendo spunto e rielaborando
principalmente una serie di articoli pubblicati sulla
rivista del DAN "Alert Diver", nei quali Audrey Cudel,
Cristina Zenato e Thorsten Wälde "Toddy", noti
istruttori ed esploratori subacquei internazionali,
approfondiscono le tre abilità di base, spiegando che
cosa sono, come interagiscono tra loro e come
contribuiscono a rendere migliore l’immersione.
Marcello Polacchini
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Parte
Prima : Respirazione e controllo del galleggiamento.
Chi
pratica la subacquea sa che una delle abilità più
difficili è il sapersi mantenere in una determinata
quota senza sbracciarsi, senza respirare come un ossesso
e soprattutto in una posizione del corpo consona e
confortevole. Si parla di galleggiamento e di assetto,
due termini che non sono sinonimi.
Per
"galleggiamento" s’intende il risultato che ha la
spinta di Archimede sul nostro corpo immerso nell’acqua.
Il subacqueo può essere con galleggiabilità positiva (in
superficie, come una boa), neutra (in profondità, come
un pesce) o negativa (giù come un sasso). Il termine
"assetto" invece indica la posizione che il nostro
corpo assume in acqua rispetto ai tre assi dello spazio,
in poche parole verticale, orizzontale, obliquo destro o
sinistro.
Avere un
ottimo galleggiamento ma un assetto pessimo è possibile.
Spesso mi è capitato parlare con subacquei che mal
interpretando gli esercizi dei corsi base credono che
"fare il Buddha" sia sinonimo di avere un buon assetto e
un buon galleggiamento. Non è così: nessuno si immerge o
fa immersioni in quella assurda posizione! Quello del
Buddha è soltanto un ottimo esercizio per acquisire la
consapevolezza della propria respirazione.
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Ma
andiamo con ordine e partiamo dal
galleggiamento.
Il
galleggiamento è un’abilità primaria del subacqueo, sia
che si tratti di un ricreativo principiante sia di un
subacqueo tecnico esperto. È la base su cui vengono
sviluppate tutte le altre abilità. Con una buona
galleggiabilità un eventuale problema non diventa
un'emergenza, ma rimane un imprevisto da risolvere con
calma e controllo secondo il principio base della
subacquea: "Fermati, respira, pensa, poi agisci".
Il segreto
per padroneggiare la galleggiabilità è il controllo
della respirazione.
Il respiro
sposta una quantità significativa di volume di gas da o
verso il subacqueo, e se la respirazione non è corretta,
questo può avere un grande impatto sulla
galleggiabilità. Inoltre controllare e calmare la
respirazione può ridurre lo stress fisico o psicologico,
dare un senso di benessere e di controllo. Una volta che
la respirazione è calma, anche la frequenza cardiaca si
calma e qualsiasi situazione può essere pensata,
elaborata e risolta.
I
subacquei più anziani come me ricorderanno che alla fine
del secolo scorso le prime lezioni di immersione
venivano effettuate utilizzando solo il controllo dei
polmoni, prima di integrare in una fase successiva
un dispositivo di controllo della galleggiabilità (il
giubbotto ad assetto variabile, GAV).
Oggi
l’importanza di respirare correttamente durante
l’immersione è spesso citata nei primi corsi sub come
strumento di prevenzione, per evitare infortuni da
sovradistensione polmonare durante una risalita
incontrollata, per cui la regola fondamentale è "mai
trattenere il respiro!". Oltre alle preoccupazioni
per uno scarso controllo della galleggiabilità,
trattenere il respiro o saltare fasi della respirazione
può anche portare a un accumulo di anidride carbonica e
a problemi di ipercapnia. D’altra parte, respirare
continuamente e affannosamente potrebbe portare a
problemi di iperventilazione. Quindi, una corretta
ventilazione è importante dal punto di vista fisiologico
per assicurare un efficiente scambio di gas in tutti i
tessuti utilizzando il volume dei polmoni durante
l'immersione. Più grande o più incontrollato è il volume
durante il ciclo respiratorio, meno spazio si avrà in
inspirazione ed espirazione per controllare precisamente
il galleggiamento.
La
consapevolezza dell'impatto di queste regolazioni non
può essere pienamente capita e sperimentata mentre si
pinneggia in acqua, ma piuttosto in modalità statica. La
propulsione, infatti, può compensare la mancanza di
controllo del galleggiamento. Al contrario, una discesa
o una risalita controllata può essere avviata solo
utilizzando la riserva polmonare, in inspirazione ed
espirazione, piuttosto che sprecare gas armeggiando
costantemente con le valvole di carico/scarico del GAV,
o della muta stagna. |
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Ma
cosa significa dire che si deve "respirare
normalmente"? Che cos’è la respirazione normale?
Quando respiriamo normalmente se non facciamo attività
particolari riempiamo i polmoni circa al 50%. Quando
facciamo dei respiri profondi inaliamo
approssimativamente un 80% della nostra capacità
polmonare, mentre quando espiriamo a fondo senza
tecniche particolari possiamo considerare di avere
ancora un 20% d’aria nei polmoni.
Ora, quando
siamo in acqua la respirazione inizialmente è alterata
da fattori emotivi, uso di attrezzature, corrente,
eccetera. Dobbiamo quindi cercare di ritornare ad un
respiro normale, ovvero ad un numero normale di atti
respiratori. Una volta che abbiamo un ritmo respiratorio
normale, possiamo occuparci del galleggiamento.
Un classico
esercizio base si fa fissando un punto e vedendo se con
il 50% di aria in corpo riusciamo a rimanere a livello.
Inspirando profondamente (cioè con l’80%) dovremmo
iniziare a risalire lentamente mentre espirando
profondamente (cioè con il 20%) dovremmo scendere.
Una volta
raggiunta la dimestichezza con questo esercizio si può
provare a fare lo stesso esercizio ad occhi chiusi
basandoci sulle sensazioni e slegandoci dal puro
riferimento visuale.
La chiave
per raggiungere il controllo del galleggiamento è
costruire la consapevolezza dei propri cicli
respiratori, compiendo respiri normali a ritmo lento
e aggiungendo piccoli aggiustamenti quando è necessario.
Tuttavia, la capacità polmonare totale ha i suoi limiti
ed è influenzata da fattori esterni, come l'assetto e la
distribuzione dei pesi che costituiscono la zavorra. |
La
distribuzione della galleggiabilità varia in base alla
gestione dei volumi di gas, per aggiungere o
togliere aria dalle varie parti dell’attrezzatura
durante l’immersione, in particolare GAV, contropolmoni
del rebreather e/o mute stagne. Una soluzione unica non
va bene per tutte: oltre alla quantità di gas in
questione, il corretto dimensionamento di ogni
componente dell’attrezzatura in relazione alla
morfologia dell’individuo determina la capacità di
distribuire in modo efficace il volume di gas, dove e
quando serve. Lo stesso discorso vale per i polmoni.
Ridurre al
minimo il volume di gas necessario nell’attrezzatura
attraverso una corretta analisi facilita la gestione del
galleggiamento, assicurando che la giusta quantità di
gas fluisca dentro e fuori. I subacquei principianti
credono che essere sovraccarichi di zavorra impedisca di
salire rapidamente in superficie. In realtà, la quantità
di gas richiesta per compensare l’eccesso di zavorra può
diventare ingestibile, e molto probabilmente interferirà
con il normale ritmo di respirazione del subacqueo e con
il tempo necessario per liberare i gas, facendolo
emergere troppo velocemente. |
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Alcune
parti della zavorra, come lo schienalino, l'erogatore e
le valvole, sono parte integrante della configurazione e
non possono essere modificate durante l'immersione. Ci
sono però altri elementi su cui possiamo agire, infatti
ogni componente dell’attrezzatura gioca il suo ruolo.
Per decidere
qual è la pesata corretta dobbiamo farci delle domande.
Voglio
immergermi con bombole d'acciaio o d’alluminio? Le
bombole sono caricate ad alta o bassa pressione? Qual è
il peso delle bombole? Qual è la differenza di peso tra
una bombola di alluminio piena e una vuota? Mi immergo
in acqua dolce, salata o nel Mar Rosso? Indosso una muta
umida (di quale spessore) o una muta stagna? Quale altra
attrezzatura mi porto appresso (macchina fotografica,
torcia con canister, bombolino per la muta stagna,
ecc.)? Che tipo di schienalino ha il mio GAV e quanto
pesa? Dal punto di vista del peso, qual è l'impatto
della rimozione di alcuni strati di sottomuta dopo il
passaggio a un sistema riscaldante?
L’elenco
delle possibili combinazioni di domande è infinito,
quindi bisogna sapere come fare una valutazione adeguata
quando ci s’immerge in un nuovo ambiente o dopo aver
apportato dei cambiamenti alla propria configurazione.
Qualsiasi cambiamento richiede un controllo della pesata
quando si entra e quando ci si prepara ad uscire
dall’acqua. |
La
galleggiabilità si basa principalmente sulla capacità
polmonare di ciascuno e inizia con lo scaricare l’aria
da tutte le componenti dell’attrezzatura. La pratica
dimostra che inspirando e con i polmoni pieni a circa
l'80% del loro volume si dovrebbe essere in grado di
galleggiare bene con la testa sopra la superficie; con i
polmoni pieni al 50% si dovrebbe galleggiare con la
testa a mezz’acqua, e si dovrebbe iniziare ad affondare
dopo aver espirato fino al 20% di capacità polmonare. E’
bene ripetere questo controllo prima di uscire
dall’acqua, con le bombole quasi vuote (ancora di più
con le bombole in alluminio o in acciaio caricate a
bassa pressione) per assicurarsi di poter mantenere
comodamente la propria galleggiabilità in una sosta di
sicurezza o di decompressione, quando le bombole hanno
un contenuto minimo di gas respirabile.
Fare
esperienza per padroneggiare un galleggiamento
neutro/statico e una discesa/risalita controllata non
richiede molta profondità. Esercitarsi in bassi fondali
è potenzialmente più sicuro e anche più impegnativo,
poichè sappiamo bene che è nei primi metri che si
verificano i maggiori cambiamenti di pressione.
Il vantaggio
principale del saper controllare la galleggiabilità è
la sicurezza. Inoltre saper controllare bene la
galleggiabilità crea un circolo virtuoso: eccellere
nella galleggiabilità favorisce il controllo, il
controllo porta al comfort, il comfort alla calma, la
calma a controllo, concentrazione e risparmio di gas, e
questo permette di massimizzare il tempo trascorso
sott’acqua e ottenere il maggiore divertimento.
L’assenza di gravità sott’acqua
è un’abilità che il subacqueo deve imparare, è una
conquista da raggiungere; ma una volta che il subacqueo
padroneggia completamente la capacità di mantenere la
propria posizione nella colonna d’acqua, può spostarsi
comodamente e in sicurezza in uno spazio
multidimensionale, e posizionarsi dove vuole o dove
occorre che si trovi come parte di un team, e come parte
dell’ambiente. |
Parte
Seconda: Controllo dell’assetto.
Parliamo
adesso dell’assetto, e qui riprendo una parte del discorso
dell’istruttrice Cristina Zenato: «C'è una
regola di base che insegno sempre ai miei allievi
subacquei: dove la testa punta, là andrà anche il
didietro. Di solito la gag scatena una serie di
risatine, ma la verità è che se non siamo in assetto
nella colonna d'acqua, faremo fatica durante tutta
l'immersione. L'assetto è l'angolo del subacqueo
attraverso l'acqua in termini di allineamento con la
direzione del movimento. Per la maggior parte della
nostra immersione dovremmo essere in quello che viene
chiamato assetto neutro, una posizione orizzontale
parallela alla direzione di marcia. Quando controlliamo
il nostro assetto, riduciamo lo sforzo natatorio, perché
riduciamo la superficie del subacqueo rispetto
all'acqua. Di conseguenza, consumiamo meno gas, usiamo
in modo efficiente la nostra energia durante
l'immersione e ci stanchiamo meno».
Essere
in grado di mantenere l’assetto durante l’immersione
migliora sensibilmente il proprio controllo della
galleggiabilità e i ritmi respiratori. Per raggiungere
un buon assetto dobbiamo bilanciare l’attrezzatura che
indossiamo, considerando la nostra muta, la posizione
della/delle bombole e la distribuzione dei pesi della
zavorra. Questi elementi, adeguatamente adattati al
nostro corpo, dovrebbero facilitare la nostra
immersione, non creare sforzi aggiuntivi. Lavorare
sull’assetto è una parte fondamentale del diventare un
buon subacqueo che si trova a proprio agio in acqua. |
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Mentre
la padronanza della respirazione e della galleggiabilità
riguardano la capacità di un subacqueo di raggiungere e
mantenere una posizione specifica nella colonna d’acqua,
l’assetto definisce l’angolo del corpo nell’acqua,
sia in modalità statica che di propulsione. |
In
teoria, l’assetto del subacqueo potrebbe essere distinto
in neutro,
positivo
(inclinato verso l’alto) o
negativo
(inclinato verso il basso), ma in pratica, a parte i
vincoli imposti dagli ambienti chiusi, bisognerebbe
essere in grado di mantenere sempre un assetto il
più neutro possibile durante tutta l'immersione
evitando di inclinarsi verso l’alto o verso il basso. La
linea del corpo dovrebbe rimanere sempre orizzontale,
mentre le ginocchia e le caviglie dovrebbero essere
piegate a 90 gradi per mantenere le pinne sopra il
livello del corpo e parallele al fondo (come le pale di
un elicottero che girano parallele al suolo).
Stendendosi a faccia in giù come su una piattaforma
virtuale, le mani, le braccia, il petto, i fianchi e la
parte superiore delle gambe del subacqueo devono essere
tutte allo stesso livello e nessuna parte
dell’attrezzatura deve penzolare sotto la linea del
corpo.
Con questo
assetto il subacqueo, crea meno resistenza in acqua,
rimane allineato alla direzione del movimento, migliora
l'idrodinamica, riduce lo sforzo natatorio e il
conseguente consumo di gas ed evita di danneggiare
l’ambiente circostante. |
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Diversi
fattori possono sfalsare l’asse orizzontale del
subacqueo. Tuttavia, a parte la tensione corporea su
spalle, cosce e glutei, mantenere una postura
orizzontale non dovrebbe essere uno sforzo eccessivo, a
condizione che tutte le componenti della pesata e la
distribuzione dei gas non alterino il centro di gravità
del sub.
Archimede
osservò che "Pesi uguali a distanze uguali sono in
equilibrio e pesi uguali a distanze disuguali non sono
in equilibrio ma inclinano verso il peso che si trova
alla distanza maggiore". Perciò ottenere un assetto
corretto è in gran parte una questione di posizionamento
del peso.
Nel caso di un
subacqueo, le componenti del peso sono essenzialmente il
“gruppo ARA” (bombole con la loro rubinetteria,
erogatori, schienalino, fascioni del bibombola), i pesi
di zavorra e le pinne.
Per
quanto riguarda le bombole, sia che si tratti di
un mono o di un bibo, c'è un limite alle regolazioni che
possono essere fatte alla loro posizione rispetto al
corpo, siano esse montate posteriormente o lateralmente
(sidemount). Questo perchè, indipendentemente dal tipo
di bombola, per ragioni di sicurezza i subacquei devono
essere in grado di raggiungere i rubinetti nel caso in
cui sia necessario controllarle/chiuderle. |
Invece,
la distribuzione della zavorra è qualcosa su cui
si può agire ed è un fattore importante che contribuisce
all’assetto del subacqueo. Quando il subacqueo ha
determinato la quantità di zavorra necessaria, dovrà
solo preoccuparsi di fissarla e posizionarla nel posto
corretto, in modo che nessuno dei pesi cada
accidentalmente, o che si sposti in modo asimmetrico
facendo pendere il corpo da un lato.
Anche le
pinne possono anche avere un impatto sull’assetto
del subacqueo. Al di là dei requisiti ovvi come una
dimensione appropriata della scarpetta e una superficie
della pala che corrisponda alla potenza delle gambe del
subacqueo, il peso a secco e il peso di galleggiamento
in acqua salata possono variare enormemente da un
modello all’altro e da una taglia all’altra della pinna.
La scelta di pinne di dimensioni e peso appropriati
rende superfluo l’uso di pesi per le caviglie e
impedisce alle ginocchia di scendere sotto l’asse
orizzontale. |
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A
condizione che il peso sia distribuito correttamente,
permettendo al subacqueo di posizionarsi faccia in giù,
la distribuzione del gas è il secondo fattore principale
da considerare quando si regola l’assetto.
Per mantenere
assetto e comfort in acqua si possono compiere diverse
azioni: gonfiare o sgonfiare il GAV e/o la muta stagna,
o assicurarsi che la giusta quantità di gas scorra
attraverso i contropolmoni del rebreather durante
l’immersione. Come regola generale: "dove scorre
il gas, lì andrà il subacqueo".
A condizione che
forma e dimensionamento delle attrezzature siano
appropriati, trovare l’equilibrio tra il centro di
gravità e il centro di galleggiamento è un’abilità
di base da padroneggiare bene.
I
dispositivi di compensazione del galleggiamento
(GAV) sono disponibili con diverse forme e con diverse
caratteristiche di distribuzione del gas. Per esempio,
il gas si diffonde più facilmente in un sacco a forma di
anulare rispetto ad uno a ferro di cavallo.
Per essere in
equilibrio sott’acqua, il centro di galleggiamento
deve essere direttamente sopra il centro di gravità.
Qualsiasi variazione richiede uno sforzo da parte del
subacqueo per mantenere una posizione idrodinamica.
Questo può aumentare il consumo di gas nella fase
statica in acqua rispetto alla fase di propulsione, dove
la velocità compensa un assetto positivo o negativo. |
Le
mute stagne tendono ad essere trascurate da molti
subacquei che le trovano difficili da gestire, e le
valutano solo per fornire comfort termico. Eppure la
quantità di gas necessaria per fornire protezione
termica, evitando allo stesso tempo schiacciamenti o
vasocostrizione, gioca un ruolo attivo nell’assetto del
subacqueo e dovrebbe consentire leggere regolazioni
dell’assetto. Questo si ottiene attraverso l’efficiente
distribuzione del gas all’interno della muta, che può
essere ottenuta solo in posizione orizzontale o di
assetto neutro.
Una
volta ottenuto il controllo della galleggiabilità, il
controllo dell’assetto migliorerà l’esperienza
subacquea.
Bastano
pochi minuti di esercizio per mantenere la giusta
tensione corporea: si deve rimanere fermi in acque poco
profonde, sgonfiare la muta stagna, guardare in avanti,
trovare l’assetto neutro gonfiando il GAV e fare una
respirazione normale per accorgersi se ci si sposta in
avanti, indietro o di lato. Questo controllo è una
verifica della corretta distribuzione del peso insieme
all’allineamento dei centri di galleggiamento e gravità. |
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La
padronanza dell’assetto, insieme alla
respirazione e al controllo della galleggiabilità,
rappresentano due dei fondamenti dell’immersione sicura
e avanzata. Qualsiasi deviazione può creare numerosi
pericoli e mettere a repentaglio la sicurezza del
subacqueo, del team, e dell’ambiente: la perdita di
controllo della galleggiabilità e della respirazione,
insieme al profilo di profondità altalenante ("a dente
di sega") creato dall’essere fuori assetto, può avere un
impatto negativo sulla consapevolezza del team e sulla
capacità di comunicare efficacemente, avere un impatto
sull’ambiente, creare problemi di profondità e di
gestione dei gas, e persino provocare una decompressione
non ottimale. |
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Parte Terza
: Tecniche di propulsione efficaci.
A
proposito delle
tecniche di propulsione efficaci mi piace riportare le
parole molto chiare di Thorsten Wälde "Toddy":
«Quali che siano
le tue ambizioni come subacqueo, padroneggiare assetto,
galleggiabilità e tecniche di propulsione è fondamentale
per immersioni sicure e divertenti. Come sub puoi
scegliere tra una varietà di tecniche di nuoto o
propulsione in base alla situazione: si va da frog kick,
al frog kick modificato, al flutter kick modificato,
allo shuffle kick, all’elicottero, fino al back kick,
tecnica per nuotare all'indietro. Non tutte queste
tecniche sono utili in ogni situazione. A seconda del
tipo d'immersione e del tuo obiettivo specifico, scegli
la tecnica che si adatta meglio».
«Utilizzare in
modo efficace una tecnica di propulsione significa anche
che la posizione del corpo in acqua e l'assetto devono
essere ben equilibrati, in modo da massimizzare la
mobilità e la sensazione di agio e benessere
sott'acqua».
«Queste sono
dunque le basi: una configurazione ordinata e gestibile
della tua attrezzatura, una posizione orizzontale e
stazionaria nella colonna d'acqua, la padronanza delle
tecniche di propulsione e il mantenimento di un
galleggiamento neutro. Mettere in pratica queste
tecniche in immersione fa parte del processo per
diventare un buon subacqueo. Per padroneggiare queste
tecniche è necessario praticarle frequentemente. Farlo
significa avvicinarsi a sapere come si sente un pesce
sott'acqua». |
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Le pinne
Le
pinne sono i dispositivi di propulsione e di manovra del
subacqueo. Le pinne vanno scelte con attenzione: non
esiste un solo paio di pinne ideali per ogni occasione,
perché ognuna delle loro caratteristiche ha la sua
importanza, specialmente il peso e la rigidità.
La dimensione
delle scarpette a tallone aperto deve
corrispondere alla scelta del subacqueo di indossare
calzari o scarponcini (rockboots) per trasferire la
massima potenza. I cinghioli devono essere
abbastanza stretti da mantenere i piedi in posizione. Le
cinghie a molla in metallo non regolabili
(coperte da fettuccia tubolare), che sono avvitate
direttamente alle pinne, sono disponibili in tutte le
misure e sono più sicure e affidabili delle tradizionali
cinghie di gomma regolabili con attacchi in plastica,
perché non si romperanno mai né si allenteranno. Io le
uso su tutte le mie pinne da diversi anni!
Parlando
di materiali, gomma e plastica (tecnopolimeri)
sono quelli più comuni e attualmente disponibili sul
mercato. Molte pinne in materiale plastico sono più
lunghe e offrono una superficie più stretta, perciò
potrebbero non dare potenza di propulsione e
manovrabilità ottimali rispetto alle pinne di gomma,
quando si tratta di ottimizzare alcune tecniche di
pinneggiata. Inoltre, più lunghe sono le pinne, più
danni possono creare in ambienti ostruiti.
Le
pinne a pala bilobata, le cosiddette "split fins" che
ogni tanto si vedono in giro, possono essere molto
"fighe", ma a mio avviso si è trattato solo di un
esperimento commerciale rivelatosi poi un flop perché
non offrono al subacqueo il supporto adeguato né
l’efficacia nell’affrontare la vasta gamma di tecniche
di pinneggiata. Alcune pinne sono più flessibili di
altre lungo la pala, ma questa non mi pare l’opzione
migliore perchè generano un effetto "onda" che finisce
per annullare la spinta propulsiva desiderata. Da un
lato, più la pinna è rigida, più potenza viene generata
dalla pinneggiata. Dall’altro, le pinne più rigide sono
più faticose per muscoli e articolazioni. Di
conseguenza, ogni subacqueo ha bisogno di trovare il
giusto equilibrio tra flessibilità e rigidezza che
corrisponda alla propria forma fisica…. cioè alla
propria "gamba". |
Un
altro dei criteri principali per la scelta del giusto
paio di pinne è il loro peso. Le pinne troppo
pesanti o troppo leggere possono potenzialmente
influenzare l’assetto del subacqueo e alla fine
provocare affaticamento muscolare e mal di schiena. Ogni
subacqueo è diverso quando si tratta di peso e densità
ossea, di scelta di muta umida o stagna, e di calzari o
rockboots. Tutti questi elementi devono essere valutati
attentamente per scegliere il paio di pinne ottimali,
che forniranno la giusta efficienza e comodità per la
propulsione e saranno efficaci nelle manovre.
In pratica si tratta di scegliere l'attrezzo giusto
per il lavoro giusto, perchè ci sono diverse
funzioni in gioco: propulsione, manovra e
posizionamento. Tutte richiedono l’uso di una tecnica
specifica. |
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La pinneggiata
Iniziamo quindi
a definire cos'è la "tecnica corretta" e perché
la pinneggiata classica del nuotatore (flutter kick) non
è proprio l’ideale per l’attività subacquea. Una tecnica
è una serie di movimenti chiamate
pinneggiate,
che mirano a creare potenza ed efficienza adeguate,
minimizzando l’impatto sul consumo di gas del subacqueo,
ottimizzando il posizionamento del team e salvaguardando
l’ambiente.
Il
flutter kick,
che è un’eredità del nuoto e delle prime immersioni, è
una tecnica di pinneggiata che è stata tramandata nel
tempo e adottata dalla comunità subacquea ricreativa, in
gran parte per ignoranza. Questa pinneggiata porta
alternativamente entrambe le gambe sotto l’asse
orizzontale dell’assetto del subacqueo, causando
resistenza, inoltre richiede un continuo sforzo
muscolare che aumenta il consumo di gas e tende a
produrre grosse nuvole di sospensione quando viene usata
vicino al fondo, cosa che potenzialmente danneggia
l’ambiente e può anche compromettere la sicurezza di
altri subacquei che seguono.
Tra tutte le
tecniche di propulsione la
frog kick
(pinneggiata a rana) abitualmente utilizzata dal sistema
DIR (Doing It Right) offre la più efficiente
conversione del lavoro muscolare in spinta propulsiva.
Questa pinneggiata comporta un’estensione della parte
inferiore della gamba ed una rotazione speculare delle
caviglie, che mantengono le pinne sopra l’asse
orizzontale dell’assetto del subacqueo. Ogni pinneggiata
è seguita da una fase di "scivolamento" che sfrutta la
spinta prodotta dal colpo per guadagnare distanza e
riposare prima di iniziare il ciclo di pinneggiata
successivo. Il momento intermedio, nel quale la
propulsione rallenta, è un buon indicatore del proprio
controllo della galleggiabilità. Questa tecnica
combinata con il ciclo di respirazione dovrebbe
permettere di espirare durante il colpo di potenza e
inspirare durante la fase di scivolamento, riducendo il
consumo di gas respirabile ed evitando che si alzi
sospensione nell’ambiente circostante. |
In modo simile,
il back kick viene eseguito come una pinneggiata a rana
"rovesciata" con fase di scivolamento. È forse la
tecnica di propulsione più difficile da imparare, e può
evidenziare problemi di galleggiamento e/o di controllo
dell’assetto del subacqueo. Come tale, per sviluppare
una corretta memoria muscolare, è meglio scomporla nelle
sue componenti costitutive e praticarla ripetutamente
come parte delle esercitazioni a secco, sdraiati a terra
o su una panca, per visualizzare ogni fase del
movimento.
La pratica a
secco è importante perché aiuta i subacquei a
rimanere in assetto sott’acqua e a capire se stanno
usando correttamente le superfici superiori delle pinne
combinate con una corretta rotazione delle caviglie,
piuttosto che condurre le pinneggiate dai fianchi.
Nel back kick il
controllo della parte superiore del corpo, compresa
l’estensione delle braccia, e lo sguardo in avanti sono
essenziali per mantenere un assetto corretto durante
ogni ciclo di pinneggiata. Un back kick completo
che coinvolge l’estensione della gamba inferiore,
permette a un subacqueo di invertire la direzione e
muoversi all’indietro da un punto morto (ad esempio in
grotta all’interno di un cunicolo stretto). Un back
kick modificato, che implica solo la rotazione delle
caviglie, aiuta a combattere il cosiddetto "effetto
calamita" tra due subacquei posizionati l’uno di fronte
all’altro, permettendo loro di mantenere una distanza
adeguata. Come tale, migliora la stabilizzazione di un
team durante le soste di sicurezza e/o di
decompressione, e permette risalite e discese
controllate, piuttosto che mantenere la distanza
spingendo l’uno contro il pugno dell’altro (cosa che mi
capita di vedere di frequente), che destabilizza
l’assetto dei sub. |
Un’altra
tecnica di pinneggiata, chiamata
sculling,
permette di scendere e risalire senza usare il GAV o la
parte superiore del corpo. Questa tecnica consiste
nell’allungare le gambe e muovere le pinne "a cucchiaio"
sulla linea orizzontale, da un lato all’altro.
Idrodinamica e design delle pinne permetteranno di
scendere. Stringendo le gambe e piegando ginocchia e
piedi perpendicolarmente, e iniziando a muoverli da
sinistra a destra, si produce una pressione dell’acqua
sotto le pinne, che permette di salire. |
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Vi
sono poi alcune tecniche di propulsione raffinate
che sono impiegate quando l’ambiente circostante ha
uno spazio limitato e c'è la possibilità di sollevare
sospensione. Pur fornendo una spinta limitata,
queste tecniche vengono utilizzate solo per brevi tratti
d’immersione, sia per la sicurezza del team che per
proteggere l’ambiente.
Tra queste
tecniche rientrano:
La
rana modificata,
una pinneggiata a rana più raffinata che non prevede
l’estensione della parte inferiore della gamba, che è
condotta mantenendo le caviglie vicine l’una all’altra.
La rotazione delle caviglie spinge l’acqua con la
superficie posteriore delle pinne. Questo movimento
vincolato impedisce di toccare le pareti, rompere le
formazioni o spostare limo in ambienti ostruiti, quando
si è costretti a stare vicino al fondo.
Il
flutter modificato
è fatto alternando l’estensione della gamba inferiore,
aprendo il ginocchio insieme alla caviglia da un angolo
di 90 gradi a uno di 180 gradi, mentre si spinge l’acqua
con la superficie superiore delle pinne. Questa tecnica
è adatta a condizioni limacciose, in spazi verticali
ostruiti che offrono una maggiore distanza dal fondo.
Lo
shuffle kick
si usa in spazi limacciosi più estremi che offrono poco
spazio lateralmente e da terra. Consiste nel tenere
entrambe le gambe vicine l’una all’altra e piegate a 90
gradi al ginocchio e alla caviglia, mentre si usano le
dita dei piedi per muovere alternativamente solo le
punte delle pinne.
Altre tecniche
di pinneggiata particolari sono utilizzate per manovrare
o riposizionarsi nell’acqua. La pinneggiata dell’elicottero
comporta una rotazione assiale del subacqueo combinando
una rotazione simultanea in senso orario e antiorario
delle caviglie, con una leggera estensione della parte
inferiore della gamba. Questo permette al subacqueo di
girare su se stesso per riposizionarsi rispetto al team
o all’ambiente circostante. |
Ultimo
ma non meno importante aspetto in termini di efficienza
della propulsione sono le mani, che sono state a
lungo bandite quando si tratta di propulsione subacquea,
e così dovrebbe essere. Tuttavia, in termini di manovra
o riposizionamento, possono essere temporaneamente
utilizzate, per esempio quando una manovra ad elicottero
creerebbe danni ambientali, essendo troppo vicini a una
formazione fragile o a una parete ricoperta di limo. I
subacquei potrebbero anche sperimentare il
crab kick,
muovendo una mano insieme a una singola pinna per
spingere via l’acqua su un lato del corpo, muoversi
lateralmente, e non spingere contro la parete o un
compagno d’immersione.
In conclusione, la padronanza delle tecniche di
pinneggiata è fondamentale per gli sforzi come team
e per la consapevolezza situazionale di ciascun
subacqueo. |
Note
Audrey Cudel è
un’istruttrice subacquea tecnica, specializzata in corsi
sidemount e cave che vive e lavora a Gozo dove gestisce
la Audrey Cudel Technical. Opera principalmente a Malta,
in Francia e in Messico, ed è nota per la sua attività
di fotografa sub. I suoi lavori sono stati pubblicati su
numerose riviste di settore o media generalisti come
Wetnotes, Octopus, Plongeurs International, Perfect
Diver, Times of Malta, Alert Diver e SDI/TDI.
Cristina Zenato,
veronese, è cresciuta in Africa ma vive alle Bahamas dal
1994, dove è arrivata attraverso gli anni a costruire
una complessa vita professionale intorno agli squali, al
lavoro nelle grotte subacquee e al lavoro di
cooperazione con organizzazioni locali e
internazionali. Ha completato diversi progetti di
esplorazione delle grotte. E’ PADI Course Director,
Istruttrice di immersione in grotta di livello avanzato,
Istruttrice rebreather Sidewinder, membro del Women
Diver Hall of Fame, del prestigioso Explorers Club,
dell’Ocean Artists Society ed insignita del Platinum Pro
5000 Award.
Thorsten Wälde "Toddy"
è uno speleosub Instructor Trainer CCR Cave, inventore
del sistema Toddy-Style sidemount. Ha vissuto e lavorato
per diversi anni nella penisola dello Yucatan come guida
e istruttore subacqueo e ha partecipato a spedizioni,
film e progetti di ricerca nei vasti e complessi sistemi
di grotte della penisola messicana. E’ proprietario del
Protec Sardinia Cave Training Facility a Cala Gonone, un
centro immersioni e un centro di formazione specifico
per l'insegnamento delle immersioni in grotta. |
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