192. Mitchell: la decompressione ottimale. Modelli a confronto
La lezione del Dr.
Simon Mitchell (*) dell’Università di Auckland NZ,
sulla decompressione ottimale in un video molto
interessante, sia per la chiarezza espositiva che per il
livello di approfondimento:
https://youtu.be/nIO9qI5XODw
|
|
Il metodo della
lezione è quello scientifico, perciò si citano paper
validati secondo peer review e si analizzano dati ed
evidenze statisticamente significative.
Alla base di tutta la
lezione del Dr. Mitchell c’è la domanda su quale sia
il profilo migliore (in termini relativi) fissato
il tempo della decompressione.
In sostanza si cerca
di dare una risposta alla domanda se siano preferibili
le tappe fonde a discapito di quelle più superficiali o
viceversa. Ovvero, per chi è più pratico di modelli
decompressivi, se sia meglio il modello VPM-B (con soste
fonde) o il Buhlmann ZHL16C.
Come sappiamo vi sono
due grandi categorie di modelli decompressivi:
gli "Haldaniani" (il Buhlmann su tutti, nella variante
ZHL16C) e quelli cd."a bolle" (Varying
Permeability Model, cioèVPM-B).
Il VPM è più
recente e si concentra sul raggio limite delle bolle
di gas inerte nei tessuti. I profili decompressivi che
ne derivano prediligono le soste più fonde.
Il Buhlmann
invece lavora sulla massima sovrasaturazione
ammissibile per ciascuna tipologia di tessuto (lo
ZHL16C ne contempla 16).
Il VPM è sempre più
utilizzato, anche nelle immersioni tecniche (infatti uno
dei software più diffusi per pianificare è appunto il
V-planner), mentre in ambito ricreativo molti adottano
il RGBM (algoritmo tipico dei computer Mares e Suunto),
che è parente stretto del VPM.
Dal confronto di
questi due modelli emergono considerazioni interessanti
del Dr. Mitchell.
L'inglese del video è
semplice, e non è utilizzata la matematica, però ci sono
tanti grafici abbastanza intuitivi. |
Riassumiamo la lezione.
Il Dr.
Mitchell inizialmente descrive il concetto di
sovrasaturazione (supersaturation), ovvero la
maggiore tensione di inerte a livello tissutale rispetto
l'ambiente esterno: tanto più la saturazione eccede
quella ambientale, quanto più si rischia di incorrere in
MDD.
Colpisce molto l'area di sovrasaturazione, definita dal
delta tra la pressione tissutale e quella ambientale per
il tempo necessario a degassificare, ma nella lezione
non viene mostrata la funzione da integrare per
ottenerla.
Lo screenshot del 27esimo minuto (fig.1) mostra il
grafico della sovrasaturazione sui 16 tessuti di uno
ZHL16C (Zurigo - 16 tessuti).
Dal
29esimo al 59esimo minuto c’è il grafico con la
pressione tissutale e ambientale (fig.2), e su di
esso vengono plottati entrambi i profili decompressivi (Buhlmann
e VPM).
Dalla loro sovrapposizione si capisce che il VPM
predilige soste più numerose, brevi e più in profondità,
generando una linea spezzata che non si avvicina mai
troppo al limite di sovrasaturazione.
Effetto similare si ottiene "forzando" il Buhlmann
con un LGF (Low Gradient Factor) impostato su valori
molto bassi cioè 10 o 20, come nell'esempio 20/90
(fig.3).
Il Dr. Mitchell racconta che ricreare deep stops
tipo VPM su un Buhlmann è una pratica abbastanza
diffusa tra i subacquei tecnici, come si vede nello
screenshot del 50esimo minuto sul GF 20/90 (fig.4).
|
Fig. 1 grafico della
sovrasaturazione sui 16 tessuti di uno ZHL16C |
Fig. 2 grafico della pressione tissutale e ambientale |
Fig. 3 Buhlmann con LGF
20/90 |
Fig. 4 Creazione di deep stops tipo VPM su un Buhlmann
con GF 20/90
|
Ma la scelta di fare
soste fonde è supportata da solide basi scientifiche?
Almeno tre studi scientifici ci dicono di no (vedi
elenco riportato in calce).
In particolare il NEDU
Study dell’U.S. Navy Experimental Diving Unit (NEDU),
che è uno degli studi più approfonditi di sempre sulla
decompressione, pubblicato nel 2011 ha messo
fortemente in discussione i modelli a bolle.
Lo studio ha esaminato
198 immersioni effettuate in aria a 52 metri per 30
minuti con il VPM e ha rilevato che 10, cioè il 5%,
hanno presentato segni più o meno importanti di MDD.
Mentre con il Buhlmann si è scesi a 3 casi, ovvero
circa 1,5%.
Sulla significatività
statistica c’è qualche dubbio, confermato da un
articolo proprio sulla validità del test (vedi nei link
alla fine). Va comunque detto che le differenze ci
sono, anche se la pericolosità delle prove ha
sconsigliato frequenze più significative.
Ma che cosa è andato
storto nel modello a tappe fonde VPM? Le evidenze
rilevate dagli ecodoppler ci mostrano una maggiore
sovrasaturazione dei tessuti lenti per il modello a
tappe profonde. L'iniziale vantaggio per i tessuti
veloci è più che compensato dal peggioramento di quelli
lenti.Il dato più impressionante è che all'aumentare
del grado di conservativismo la saturazione di azoto
rimane alta. Il VPM-B +7, infatti, non migliora di
molto le cose.
Il Dr. Mitchell passa
quindi ad un confronto tra sovrasaturazioni,
ovvero tra le aree definite dalla sovrappressione
tissutale ed il tempo. Quindi delta (pTessuti-pAmbiente)
x durata = mB/min (millibar per minuto). Questo valore è
considerato uno stimatore corretto del rischio di
formazione di bolle, pertanto di MDD.
Il modello VPM con le
deep stop, coerentemente con i risultati precedenti,
mostra un'area costantemente maggiore del modello
ZHL16C.
|
Ora qualcuno potrebbe
obiettare che non si parla di miscele per immersioni
tecniche, quindi di Trimix. La combinazione di elio
e ossigeno è considerata addirittura terapeutica per
alcuni cicli in camera iperbarica, per cui nelle
immersioni tecniche le deep stop dovrebbero risultare
più efficaci.
Invece non è così.
Infatti il Dr. Mitchell tratta anche il caso di
immersioni più estreme di quelle considerate nello
studio del NEDU e fa l'esempio di un'immersione con CCR
ad 83 metri per 20 minuti con SetPoint 1,2 e con bottom
gas 10/50.
Viene paragonato un VPM-B +4 con uno ZHL16C con GF 40/74
e anche in questo caso l'ecodoppler traccia una maggiore
sovrasaturazione per il VPM-B.
L'analisi dell'area mB/min è ancora più chiara: decresce
da VPM-B +4 a ZHL16C GF 10/82 a GF 40/74 fino a GF 66/66
(per chi non avesse capito questi numeri ricordiamo che
tanto più il primo numero di GF è basso, quanto più si
prediligono le soste fonde).
Quindi sembrerebbe che la
sovrasaturazione diminuisca non solo passando da VPM-B a
ZHL16C, ma anche da LGF bassi a LGF elevati (quindi
facendo tappe più superficiali). |
L'ultimo studio
citato in calce vede la partecipazione del Dr. Pasquale
Longobardi, uno dei medici iperbarici più stimati in
Italia. Il titolo è: "A comparative evaluation of two
decompression procedures for technical diving using
inflammatory responses: compartmental versus ratio deco".
In questo studio si
confronta la cd. "Ratio deco" (deep stops) con il
Buhmann GF 35/80 (l'impostazione che preferisco sul
mio computer Shearwater).
Lo studio di Spisni/Longobardi
prevede un singolo tuffo a 50 metri per 25 minuti in
Trimix con due decompressive (EAN50+Oxy). Il test è
stato fatto su 23 subacquei con ZHL16C GF 35/80 e 28 in
Ratio deco. Le microembolie gassose venose sono state
misurate 30 minuti dopo l'immersione utilizzando
l'ecocardiografia 2D, inoltre il sangue periferico per
il rilevamento dei marker infiammatori è stato raccolto
prima e 90 minuti dopo l'immersione. |
|
Le conclusioni dello
studio sono state: "La strategia Ratio deco non ha
conferito alcun beneficio in termini di bolle, ma ha
mostrato lo svantaggio dell'aumentata secrezione
associata alla decompressione di chemochine
infiammatorie coinvolte nello sviluppo del danno
vascolare."
Anche in questo caso
i risultati sono stati sfavorevoli alle tappe più
fonde (quelle che la Ratio deco predilige), anche
quando sono state confrontate ad un GF 35/80, ovvero ad
un ZHL16C "forzato" al 35% della massima
sovrasaturazione in profondità.
Coerentemente con il
paper, la SIMSI (Società Italiana Medicina Subacquea ed
Iperbarica), al 2019 raccomanda un GF di 50/80, che non
è proprio un invito alle tappe fonde. |
Il Dr.
Mitchell passa quindi alle conclusioni (figura a lato)
riassumibili in:
- gli studi dimostrano che i modelli a bolle
sovrastimano l'importanza delle soste profonde.
- al momento non è possibile valutare l'entità di questa
sovrastima.
Questa
lezione è senza dubbio illuminante per chi predilige
fare le tappe profonde, infatti dopo simili evidenze
scientifiche sarà meglio adeguarsi alle
raccomandazioni del SIMSI modificando il GF del
computer Shearwater Perdix da 30/85 a 50/80 (di default
il computer è settato su 30/70). Ovviamente, a seconda
dell’immersione i due valori andranno adattati in
maniera ragionevole.
Personalmente nelle mie immersioni con CCR entro i 60
metri sul mio Shearwater Perdix imposto un GF 45/80. |
Link:
https://www.researchgate.net/.../7847959_Bubble_incidence...
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20813975/
The NEDU study
https://gue.com/blog/nedu-deep-stop-summary/
Statistics of the NEDU study
http://www.josephcaruana.co.uk/.../discussion-of-the.../
A comparative evaluation of two
decompression procedures for technical diving using
inflammatory responses: compartmental versus ratio deco.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28357819/
Decompressione all’italiana by SIMSI.
https://simsi.it/il.../decompressione-allitaliana-by-sims
|
Video:
https://youtu.be/nIO9qI5XODw
Studi scientifici:
1) Bubble
incidence after staged decompression from 50 or 60 msw:
effect of adding deep stops.
Jean-Eric Blatteau et al. Aviat Space
Environ Med. 2005 May.
2) High incidence of venous and
arterial gas emboli at rest after trimix diving without
protocol violations. Marko Ljubkovic et al. J Appl
Physiol (1985). 2010 Dec.
3) The NEDU Study: Redistribution of
decompression stop time from swallow to deep stops
increases incidence of decompression sickness in air
decompression dives. Navy Experimental Diving Unit
(2005).
|
(*)
Simon Mitchell è un medico della Nuova Zelanda
specializzato in medicina del lavoro, medicina
iperbarica e anestesiologia. Formatosi in medicina,
Mitchell ha conseguito un dottorato di ricerca per il
suo lavoro sulla neuroprotezione da lesioni cerebrali
emboliche. |
Torna su all'inizio della pagina
|