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di Tecnica & Medicina

174. Decompressione e Sosta di sicurezza

(testo tratto da un articolo di DAN-Europe)

 

Sappiamo tutti che una tappa di decompressione (detta anche tappa di desaturazione) è il periodo di tempo che un subacqueo deve trascorrere ad una profondità costante alla fine di un’immersione subacquea per eliminare con sicurezza i gas inerti dal corpo per evitare problemi di PDD (Patologia Da Decompressione).

La pratica delle tappe di decompressione viene chiamata decompressione a stadi ovvero a tappe.

Le leggi della fisica che regolamentano questa pratica sono la Legge di Henry, relativa alla solubilità dei gas nei liquidi sotto pressione, e la Legge di Dalton, che enuncia il meccanismo delle pressioni parziali dei gas. In base a queste due leggi fisiche, ben note a tutti i subacquei fin dal corso di primo livello, si può comprendere il meccanismo dell’assorbimento di gas nell’organismo del subacqueo e relativo rilascio, in immersione e in riemersione.

Il meccanismo è molto semplice. Durante le soste le microbolle dei gas inerti presenti nella miscela respiratoria (azoto o elio) accumulati durante l’immersione e quindi presenti nel corpo del sub vengono espulse in sicurezza attraverso i polmoni con la normale respirazione. Se però queste soste non durano il tempo necessario, risalendo le bolle di gas che si trovano ancora disciolte nei tessuti del corpo crescono di dimensione (per via della minore pressione ambientale) e possono causare una Patologia Da Decompressione anche grave.

L’uso delle tabelle di decompressione o di computer subacquei permette al subacqueo di conoscere il proprio profilo d’immersione, e di sapere se siano necessarie o meno delle soste di decompressione, quanto debbono durare e a quale profondità devono essere fatte.

Un’immersione "No stop" o "No deco" è quella che non richiede tappe decompressive durante la risalita. In realtà, però, come chiarito dai fisiologi successivi a Scott Haldane, non esistono immersioni "No stop", ossia che non richiedono soste decompressive non essendo necessaria una decompressione: ogni immersione è già di per sé interessata dai complessi meccanismi di assorbimento e di rilascio graduale dei gas inerti presenti nella miscela respiratoria (azoto o elio) ed è quindi già, in fase di risalita, una effettiva "decompressione".

Le immersioni corte o poco profonde possono richiedere una singola, breve tappa di decompressione a profondità modesta, di solito chiamata "sosta di sicurezza". Invece le immersioni profonde e molto lunghe richiedono numerose tappe di decompressione, ognuna più lunga e meno profonda della precedente.
Come precauzione nel caso di malfunzionamento del computer o errori di calcolo fatti con le tabelle, molti subacquei fanno una sosta di sicurezza aggiuntiva alle vere e proprie soste decompressive previste, di solito della durata di 3-5 minuti a 3-6 metri di profondità. Questa sosta viene effettuata anche in caso di risalita senza decompressione.

Naturalmente, oltre a fare le tappe decompressive previste, il subacqueo non deve superare la velocità di risalita di sicurezza di 9 metri al minuto fino ai 6 metri di profondità e possibilmente di 1 metro al minuto dai 6 metri fino alla superficie (cosa piuttosto difficile da fare se il mare non è calmo e se il subacqueo non ha un assetto perfetto).

In sostanza la sosta di sicurezza è una procedura introdotta empiricamente nella moderna pratica dell’immersione ricreativa, a seguito degli studi per la rilevazione Doppler delle bolle gassose nel circolo venoso dopo ogni immersione. La procedura viene raccomandata indipendentemente dal profilo tempo-profondità: ciò significa che la procedura è consigliata sempre, sia dopo immersioni "No deco", che dopo immersioni che prevedono soste di decompressione.

Lo scopo della sosta di sicurezza è quello di ridurre ulteriormente la quantità di bolle circolanti dopo l’immersione, imponendo un più lungo periodo di desaturazione, in una situazione di gradiente Inerte Disciolto/Pressione Idrostatica Ambiente meno elevato.

Viene, cioè, imposto un valore "Delta M" (la differenza fra la pressione parziale di inerte disciolto nei diversi tessuti e la pressione ambiente) inferiore ai tessuti nella fasi finali della decompressione e della desaturazione. 


La riduzione del "Delta M"  da una parte rallenta (anche se non molto significativamente, alle profondità di 3-6 metri raccomandate per la sosta di sicurezza) il "washout" (eliminazione o lavaggio) dell’inerte, ma, dall’altra riduce lo stress decompressivo tissutale e le variazioni dei volumi gassosi nell’ultima e più volumetricamente significativa fase della risalita . In pratica rende più difficile il cambio di fase dell’inerte da disciolto a gassoso e, quindi, riduce la possibilità e l’entità della formazione di bolle gassose.

La preoccupazione che tale prolungamento di permanenza in pressione possa indurre a maggior saturazione di alcuni tessuti non è fondata, in quanto si tratta, come detto, di un lieve rallentamento della desaturazione dei tessuti sovrasaturi.

Per quei tessuti estremamente lenti che non avessero ancora raggiunto il livello di saturazione equivalente alla pressione ambiente, il problema non si pone ugualmente. Il motivo è che anche una completa saturazione di inerte alla pressione idrostatica equivalente ai 3-6 metri sarebbe sempre compatibile con la risalita diretta in superficie.

Il residuo di sovrasaturazione lievemente aumentato resta, in linea generale, entro i limiti calcolati con le tabelle e viene, ovviamente, considerato da ogni moderno computer subacqueo.

Nella peggiore ipotesi e per assoluta sicurezza, immergendosi con le tabelle si potrà sempre sopravalutare il tempo della prima immersione dei minuti aggiuntivi.

In ultimo, vale la pena di ricordare che, anche se non esistono prove scientificamente significative che la procedura della sosta di sicurezza diminuisca l’incidenza della PDD  (ma questo può dipendere dai valori già molto bassi del rischio e, quindi, da variabili statistico-matematiche e dalla esiguità del campione) è accettato che la sosta di sicurezza riduce significativamente il numero di bolle gassose circolanti dopo l’emersione.

Altro importante effetto collaterale è la riduzione della velocità di risalita fino alla superficie. Studi Doppler effettuati dal DAN Europe e recenti ricerche epidemiologiche hanno infatti dimostrato che la riduzione della velocità media di risalita a meno di 9 metri al minuto riduce di metà il rischio di PDD.

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