160. Hans Haas pioniere della fotografia
subacquea
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La
sua storia
Nato a Vienna il 23
gennaio 1919, Hans Hass fu primo ad usare un
autorespiratore subacqueo per catturare su pellicola
immagini subacquee da proporre ad un pubblico
completamente ignaro della natura sottomarina.
Con le sue immagini
fotografiche, i documentari e i libri da lui realizzati,
Hass fu il primo che con le sue "gesta" spinse molti
giovani a conoscere e a praticare subito dopo il
dopoguerra l'attività subacquea, fino ad allora
sconosciuta. Fu il primo ad avventurarsi con la
fotocamera nelle acque dei Caraibi nel 1939, in Mar
Rosso dieci anni dopo, lungo la Grande Barriera
australiana nel 1953 e alle Galapagos nel 1957. Nel 1937
appena diciottenne mentre si trovava in vacanza a Cap
Antibes sulla Costa Azzurra francese, incontrò
casualmente Guy Gilpatric uno scrittore americano che
trascorreva il suo tempo libero praticando la pesca
subacquea con occhialini e asta il quale introdusse il
giovane ed entusiasta Hans alla pesca subacquea ed alla
visione dei fondali marini. Di quei giorni Hans Hass
ricorda solo che non ebbe assolutamente dubbi, "c'è
un momento nella propria vita in cui si incontra la
fortuna e che questa deve essere e trattenuta il più a
lungo possibile." Iniziò così con un paio di
occhialini ed un'asta di tre metri la passione che non
lo abbandonò più per tutta la vita. |
Assieme a tre amici
iniziò a viaggiare verso luoghi marini difficili da
raggiungere a quel tempo, vivendo alla meglio sulle
spiagge e cibandosi delle catture che facevano in mare.
Con una piccola macchina fotografica scafandrata
autocostruita, scattava fotografie per usarle come
materiale istruzionale durante corsi e letture che
teneva in tutta Europa, presso istituti scientifici o
università e che gli servivano per ottenere
finanziamenti per la realizzazione di altri viaggi.
Durante le sue
avventure marine fece numerose scoperte scientifiche e
contribuì moltissimo ad accrescere le conoscenze marine
che consegnava alla comunità scientifica di allora. Fu
in quel periodo che incontrò per la prima volta lo
squalo nelle acque di Curacao, incontro che all'epoca
ebbe grande risonanza. Fu in quell’occasione che Hass
scoprì che gli squali non erano così feroci. Si imbatté
in uno animale di circa tre metri con la sola macchina
fotografica fra le mani, il pesce lo puntò e si avvicinò
rapido per girarsi velocemente ed andarsene quando
avrebbe potuto benissimo aggredirlo. "Non è una
bestia abominevole e senza dubbio è il più bello tra gli
animali - scriveva in quei giorni nel suo diario -
Il re dei mari è scappato di fronte ad un piccolo
essere umano. La spiegazione è ovvia. Egli è abituato a
trovare sempre animali che fuggono, questa volta ha
incontrato uno strano animale che non lo ha fatto, che
non ha dimostrato paura. Il suo cervello primitivo deve
averlo avvisato che si trovava di fronte a qualcuno più
forte di lui". Fu così che perfezionò quella tecnica
che gli permise di avvicinare gli squali e realizzare
incredibili immagini ravvicinate che scossero allora
l'opinione pubblica mondiale. Agli occhialini aveva
aggiunto una sorta di tubo in grado di farlo respirare
mentre osservava il fondo e per non disturbare i pesci e
farli fuggire non compiva la classica capriola ma si
lasciava scivolare piedi in avanti per i primi metri per
poi girarsi e calarsi in profondità. |
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Già nel 1938 fotografava
in questo modo ottenendo pregevoli risultati. Per
pescare usava invece un'asta di tre metri munita di
arpione che gettava in avanti con violenza quando la
preda si trovava nella giusta posizione. Erano lunghi
appostamenti, spiega, perché non sempre il pesce si
trovava di fianco, unica posizione possibile per
colpirlo. Erano tempi in cui la pesca subacquea era uno
sport alla pari e il pesce poteva sempre avere
possibilità di sfuggire. Hans Hass non s’immerse più per
dieci anni. |
Quando decise di
riprendere la cinepresa tra le mani per realizzare un
nuovo film, andò prima sulla Grande Barriera e poi a
Tahiti ma laggiù non trovò più i grandi pesci pelagici e
tutti pescavano pesce di piccola taglia usando ormai le
bombole. Fu allora che decise di fondare
un'organizzazione per combattere la pesca sportiva con
bombole e fucili meccanici. L’iniziativa ebbe successo
perché molti personaggi di questo sport aderirono e si
fecero portavoce presso i loro rispettivi governi. Le
uniche difficoltà le riscontrò con spagnoli, francesi e
italiani. Questo movimento iniziò al Festival di Berlino
dove una cinquantina di subacquei posarono il proprio
fucile sul ghiaccio dell'Ice Stadium. Venne inviato
anche un telegramma a Cousteau, allora presidente della
US Divers, ma non arrivò mai alcuna risposta. "Ho
incontrato solo saltuariamente il ricercatore francese
ma non abbiamo mai avuto tempo di scambiare le nostre
opinioni. I nostri interessi erano troppo diversi; io mi
ero dedicato alle ricerche scientifiche, lui stava
creando un nuovo modo di ricercare sott'acqua." |
La
fotografia
L'austriaco Hans Hass è
senza dubbio colui che merita il posto d'onore. Prima
della guerra scafandrò con le sue mani un apparecchio
Robot dotato di un curioso trascinamento motorizzato a
molla. Le sue immagini, scattate in Mediterraneo e
Caraibi prima della seconda guerra mondiale, fecero il
giro del mondo ed entusiasmarono i primi appassionati.
Con una Leica scafandrata se ne andò poi, sempre per
primo e tutto solo, nel Mar Rosso sudanese, portando a
casa immagini in bianco e nero di grossi squali e del
mitico relitto dell'Umbria e infine progettò la custodia
Rolleimarin per Rolleiflex biottica 6x6, che divenne la
custodia universalmente adottata per decenni dai
fotografi subacquei professionisti di tutto il mondo e
dai dilettanti impegnati. L'apparecchio inserito aveva
tuttavia il grande limite di non poter intercambiare
l'ottica, per cui il taglio delle fotografie scattate
sott'acqua era quello offerto da un'ottica standard,
ridotta per giunta dal trovarsi dietro a un oblò piano:
particolari, foto biologiche, macro più o meno spinte e
poche foto ambientali limitate a campi lunghi in acqua
molto limpida. |
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Hass e gli
autorespiratori
In molte delle sue
avventure Hass usò anche gli autorespiratori a circuito
chiuso Draegerwerk oltre che i primi autorespiratori ad
aria che spesso alternava con i piccoli autorespiratori
a circuito chiuso che si usavano sugli U-boat. Preferiva
il sistema ad ossigeno in ogni caso perché, asseriva,
tutto ciò che interessava stava comunque entro la quota
permessa dall'autorespiratore. Lo aveva anche modificato
perché potesse essere più confacente alla sua attività.
Il sacco polmone era posto sulle spalle e non davanti;
l'apparecchio era così più leggero e più comodo e poteva
essere più facilmente bilanciato ad ogni quota.
Se fosse stato un
subacqueo contemporaneo, ha confermato, non avrebbe
certamente usato l'ossigeno che è troppo pericoloso ma a
quei tempi, appena finita la guerra, non c'era molto
altro disponibile e l'ossigeno si poteva trovare
praticamente ovunque. I suoi documentari Hans e Lotte
Hass hanno occupato un posto d'onore nella storia della
subacquea internazionale ma specialmente in quella
britannica, benché fossero austriaci.
"Il nostro successo fu
sempre molto più ampio in Inghilterra che in Germania; i
miei libri hanno venduto sempre molto di più e i nostri
programmi alla BBC hanno avuto grande audience. Anche il
mio stile di filmare e di presentare era molto più
inglese che non tedesco ed alla fine venni accettato
come un inglese."
Un grande successo lo ebbe con il lungometraggio Under
the Caribbean, primo film tedesco ad essere girato in
technicolor e con le modalità di un normale film. La
prima del documentario avvenne all'Empire Theather a
Londra e riscosse un incredibile successo malgrado
l'autore avesse avuto non pochi problemi fin
dall'inizio. Aveva la necessità di acquistare la Xarifa,
l'imbarcazione che avrebbe portato la spedizione in giro
per il mondo e servivano quattrocentomila marchi. Il
distributore, sicuro del successo glieli anticipò ma
volle che il film non avesse commento ma dialogo. Questo
implicava dover girare un film con attori che lui non
aveva dato che la sua era una semplice spedizione
scientifica. Così scienziati, ricercatori e biologi
dovettero muoversi sul set improvvisato interpretando la
loro vera parte senza però che Hans avesse una scaletta
vera di quello avrebbe realizzato.Fu un'impresa
difficile ma riuscì e "quando rivedo quella pellicola
- dice Hans - sono soddisfatto di quello che sono
riuscito ad ottenere".
Di Hans Hass non si seppe
più nulla per lungo tempo, schivo com'era della
pubblicità, mentre lui continuava le sue ricerche
scientifiche sull'evoluzione, sulla fisica molecolare.
Hans Hass continua tuttora ad andare sott'acqua ed ama
immergersi non nelle acque tiepide dei mari temperati ma
in quelle dense e fredde dei porti perché asserisce che
su questi fondali si trova una combinazione del bello e
dell'infinitamente brutto. Hans Hass nel corso della sua
carriera di documentarista, ha realizzato 105
lungometraggi tutti andati in onda con la BBC. Ma la
domanda che ci si pone molto spesso è perché Lui che è
stato il vero pioniere della subacquea, si sia fatto
superare da Cousteau? La risposta ce la fornisce il
diretto interessato: - "avrei potuto rinunciare alla
mia spedizione con la Xarifa, ma non ho voluto. Non
c'erano molti fondi e lo sapevo. Ma sapevo anche che noi
appartenevamo a due nazioni, una che aveva vinto la
guerra e l'altra che l'aveva persa. Cousteau era in
grande vantaggio. Ciò che invece spesso mi chiedo è come
abbia fatto per dieci anni a viaggiare sulla mia
splendida Xarifa e a girare i miei documentari solo
tenendo conferenze, vendendo fotografie e divulgando i
miei filmati. Ho avuto senza dubbia degli aiuti; ne
avrei avuti molti di più se avessi promosso il mio
nome."
Nel 1960 vendette la
Xarifa e per dieci anni non mise più la testa
sott’acqua. Malgrado le pressioni avute anche dalla
moglie Lotte, ha preferito fare ciò per cui la sua mente
era preparata a fare, lo scienziato, rinunciando a ben
altro. L'unica consolazione gli è stata data dal tempo;
tutte le sue teorie evolutive sono state lentamente non
solo accettate, ma adottate. Ma il suo cuore rimane con
il mare e con l'attività subacquea e con quel
meraviglioso ambiente che proprio lui ha aiutato a far
conoscere al mondo. |
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Hass in Mar Rosso
Hans Hass, reduce dalla
seconda guerra mondiale durante la quale aveva avuto
modo di sperimentare quel poco che offriva la tecnologia
subacquea di quel tempo, può sicuramente essere definito
un pioniere della subacquea. Una parte di queste
sperimentazioni le utilizzò durante le sue spedizioni
mentre per il resto si trattava di attrezzatura
autocostruita. Il giovane Hans coltivava fin da
giovanissimo un sogno: poter mettere la testa sott’acqua
nel Mar Rosso in compagnia soltanto della sua telecamera
e macchina fotografica rigorosamente autocostruite per
filmare gli squali. Per ottenere il massimo della
qualità dalle proprie immagini fotografiche, progettò la
storica custodia denominata Rolleimarine all’interno
della quale scafandrò la “mitica” Rolleiflex biottica.
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Il suo arrivo a Port
Sudan venne accolto con un misto di incredulità e
incoraggiamento da parte della British Colonial Service
presso il Red Sea Club situato all’interno del
bellissimo edificio coloniale del Red Sea hotel. Ad
accoglierlo il British Commissioner Bill Clark che,
messo a conoscenza di quelle che erano le intenzioni del
giovane austriaco, lo accolse con cordiale ospitalità
offrendogli la possibilità di soggiornare a casa propria
mettendogli a disposizione una stanza dove poter
sviluppare le immagini da lui prodotte. I risultati
ottenuti furono stupefacenti e durante questo periodo di
permanenza Hass scrisse il libro "Under the Red Sea"
nel quale descrisse il suo primo “drammatico” incontro
con le mante. Al ritorno dall’ennesima uscita a bordo
della feluca nei pressi del reef di Umm Gurush (la madre
degli squali) situato a 28 chilometri dal villaggio di
pescatori di Mohammed Qol, dove aveva impiantato la
propria base operativa, Hass avvistò un branco di enormi
“razze” con la parte dorsale scura e la zona ventrale
molto chiara, fu questo il primo contatto con il
“diavolo del mare” così denominato per la sua enorme
stazza. Il secondo viaggio in Mar Rosso venne effettuato
con quella che sarebbe poi diventata sua moglie, Lotte
Baierl che aggiunse un tocco di fascino alla spedizione.
Anche se gran parte del lavoro venne casualmente
distrutto da un laboratorio fotografico svizzero
(comprese le foto delle loro nozze), quel poco che si
riuscì a salvare, sarebbe stato sufficiente per
realizzare una straordinaria pellicola intitolata
"Avventure in Mar Rosso", con la quale vinse il
premio per il miglior documentario al festival
internazionale di Venezia nel 1950.
Hass ritornò in Sudan nel
1957 per concludere il le riprese subacquee
precedentemente iniziate soggiornando un anno a bordo
dell’imbarcazione Xarifa.
Ha detto...
Così racconta il suo
primo approccio con l’ambiente sottomarino:
"Finalmente riuscii a distinguere le prime forme sul
fondo del mare. Quello che vidi rivelarsi da una
profondità senza limite mi mozzò il fiato. Il fondale
che emergeva da un blu evanescente era molto diverso dai
fondali corallini dei mari caraibici. In forma di larghi
tavoli c'erano formazioni calcaree intorno alle quali si
muovevano alcuni pesci che davano l'impressione di
pranzare davanti a una tavola imbandita... La quantità
delle diverse forme colorate era così grande che mi
occorse un po' di tempo per distinguere ogni
particolare... Mi riposai un attimo ai piedi di una
parete rocciosa scavata in ogni direzione guardai verso
l'alto. Centinaia di pesciolini rossi che somigliavano a
rubini nuotavano al ritmo delle onde vicino allo
scoglio. I raggi del sole passavano come frecce tra di
loro. Pesci pappagallo giocavano in mezzo ai coralli, e
più lontano, nell'acqua profonda, passava un folto
gruppo di pesci verdi con un vistoso corno sulla
fronte... Mi tuffavo su e giù: Avevo scordato
completamente il mondo sopra di me. Qualche pesce
corallino sembrava essere stato adoperato da Dio come
tavolozza. Specialmente nell'acqua bassa c'era una
scelta di colori e di forme che avrebbero fatto la gioia
di un commerciante di preziosi". "Mi devo fermare, solo
per un attimo, per rendermi ben conto se tutto questo è
davvero reale, solo per un attimo esito ancora, poi
respiro profondamente e scivolo giù negli abissi dello
sconosciuto paese delle meraviglie. Adesso mi trovo ad
un tratto in un mondo totalmente diverso, molto lontano
da tutti i paesaggi conosciuti di questa terra, in una
regione che solo a pochi privilegiati è consentito di
ammirare. Ora nuoto attraverso un bosco di coralli. I
coralli si presentano sul fondo del mare come degli alti
tronchi d'albero bruno-rossicci, come vecchissimi alberi
dai grossi tronchi nodosi. Nel bosco che formano tutto
sembra irreale, come in un regno di fate e di gnomi. I
rami di questi alberi corallini non sono slanciati,
bensì grossi e ombrosi; si elevano nell'acqua come fitti
rami d'abete. Questa foresta di madrepore a corna di
alce cresce bizzarramente, vasta, massiccia, dando
l'illusione di una selva incantata. Ma il bosco non è
inanimato; da per tutto balenano vivi colori, qui rosso
e verde, là giallo e azzurro, ed anche negli oscuri
angoli pieni d'ombra vi sono degli occhi che mi fissano
scintillando fantasticamente. Nuoto ora sotto i rami
sfiorando quasi la base degli alberi, lungo il margine
della foresta, scrutando attentamente questo misterioso
paese fiabesco. Per un momento l'atmosfera di questo
regno subacqueo minaccia di sopraffarmi: e quando
all'improvviso appaiono fra gli alberi delle strane
forme; grandi ventagli che sventolano ritmicamente di
qua e di là, come tante pinne di pesci incredibilmente
grandi che stessero qui in agguato sul fondo. Non sono
invece che delle flessibili gorgonie, chiamate anche
ventagli di Venere, che oscillano dolcemente nelle onde
lunghe e lente del mareggio. Nuoto fra i ventagli di
Venere, alzo lo sguardo in alto e mi rallegro alla
vista: sulle cime della foresta incantata vivono
innumerevoli delicate silfidi, dei piccoli pesci
variopinti dai minuscoli vivacissimi occhi. Sono tutti
in movimento, ballano tra i rami e si lanciano, come in
un ballo armonioso, nei meandri del bosco fatato. Questa
visione mi dà la gradevole impressione di non essere più
in un mondo sconosciuto e cattivo, bensì tra esseri
lieti e felici che non mi vogliono male." |
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