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IL
MARE VERTICALE DI ENZO MAIORCA
Intervista al grande subacqueo tratta da:
http://www.freetimemagazine.it/sport/enzo-maiorca/
Ottobre 2014 - Non è stato facile trovare casa sua. Immersa nell’Oasi
del Plemmirio, natura incontaminata a perdita d’occhio, circondata dal
mare, silenziosa a tal punto da ricordare le profondità degli abissi.
Non è un caso che il più grande apneista della storia, l’abbia scelta
come sue residenza. Perché sarebbe da pazzi pensare che Maiorca possa
stare lontana dal suo migliore amico e dal suo amante, il mare. Oggi,
“Mister 101 metri” Enzo Maiorca ha 83 anni, un fisico ancora asciutto e
la sua indole battagliera, mai sopita, negli ultimi anni lo ha portato a
sposare la causa ambientalista.
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La leggenda narra che piccolissimo, all’età di 4
anni, comincia a conoscere il mare e soprattutto quello che c’è
dentro. Scoppia un amore improvviso per le immersioni. Cosa
ricorda di quelle prime volte?
È vero, la passione per il mare è nata
da piccolissimo. Abitavo a Grottasanta che era una contrada
bellissima, piena di rocce e di vegetazione mediterranea. In
gennaio, febbraio e marzo i mandorli fiorivano e mi facevano
credere che fossero la neve di Sicilia visto che le foglie
ricoprivano tutta la zona, il vento di Ponente ci portava il
profumo di zagara. Io passavo gran parte delle mie giornate a
passeggiare in veranda. Sentivo parlare mio padre e mio nonno
delle miglia di mare che ci separavano dalla Grecia. Grottasanta
veniva scossa dalla forza del mare, tremava la terra quando
arrivavano le levantinate. Mi accorsi che il mare la faceva da
padrone sulla terra, tant’è che nella minuscola stanzetta in cui
io dormivo, il mare entrava di prepotenza con il suo profumo
salmastro perché il vento di grecale lo portava dentro la mia
camera. In quei momenti riflettevo: se il mare mi affascina così
vedendone soltanto una parte, quella di superficie, chissà cosa
ci sarà sotto. Ad un tratto mi sono reso conto che
conoscevo il mare orizzontale ma non quello verticale, mi sono
sentito spinto a conoscere cosa ci fosse sotto di esso e non
solo al di là. Solo che non ci potevo andare perché ero piccolo
e perché allora non c’erano i mezzi per poter andare sotto. Un
giorno però dell’agosto del 1943, all’indomani del grande sbarco
americano, trovai nei campi intorno casa mia una maschera
antigas. Pensai subito di poterla utilizzare per andare giù. Ci
provai ma entrava acqua da tutti i punti. Cercai allora di
adattarla con l’aiuto di uno che aveva un negozio di biciclette
alla Marina. Con mastice, fil di ferro e tanta buona volontà
potei dare la mia prima sbirciata al mare verticale. Si trattò
di un amore fisico perché mi innamorai della sua bellezza. Da
allora l’ho frequentato ogni giorno della mia vita.
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Cosa l’ha spinto ad inseguire il sogno di diventare l’uomo che nel mondo
è andato più a fondo negli abissi?
Ritorna ancora sulla scena la mia amata Grottasanta, dove
non c’erano neanche luci. Allora con gli altri ragazzi eravamo soliti
riunirci in piazza Matila dove c’era l’unica luce che ci permetteva di
vederci. Passavamo le serata raccontandoci avventure marinare o i nostri
sogni di ragazzini sempre legati ad un futuro da vivere in fondo al
mare. Nel 1948 salì da Siracusa in vespa un nostro amico medico, anche
lui subacqueo. Sventolando un giornale ci disse che il giorno prima era
stato battuto un record prestigioso, Ennio Falco ed Enzo Novelli avevano
stabilito un record di apnea raggiungendo i 41 metri di profondità,
stracciando il precedente primato di Raimondo Bucher. Cifra che mi fece
pensare alla pochezza dei nostri traguardi fin lì raggiunti. Noi infatti
al massimo arrivavamo ai 3-4 metri visto che non conoscevamo la manovra
Valsalva e dopo pochi metri eravamo costretti a risalire a causa dei
forti dolori al timpano. Decisivo per il mio futuro fu l’incontro che
avvenne qualche anno dopo. Arrivò a Siracusa Gegè Iannuzzi, professore
calabrese di ginnastica che vedemmo immergersi fuori il Castello Maniace
a quote per noi impensabili. Era impossibile non chiedergli di
insegnarci la compensazione. Fu così che conoscemmo la manovra di
Valsalva. Abbiamo visto subito i primi risultati. Siamo arrivati ai 10,
ai 15 finché a 20 metri i timpani hanno ricominciato a fare le bizze
perché non eravamo allenati alla compensazione ripetuta.
C’è
una cosa però di cui Enzo Maiorca non va fiero di quegli anni e che non
ricorda volentieri, la pesca subacquea.
Cominciammo purtroppo a pescare le cernie con i nostri
fucili non rendendoci conto del danno che facevamo a quello che amavamo
di più, il mare. I pesci, per loro sfortuna, non possono gridare, ma se
gridassero sentiremmo urla a ripetizione e tutto ciò diventerebbe
tragico.
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Lei è vegetariano ed ogni volta non manca di
ripetere i benefici di questa scelta. Quando e perché ha deciso
di adottare questo stile di vita?
Per quanto riguarda la carne ho assistito a 10
anni all’uccisione di un maiale, una scena che mi ha colpito
profondamente. Ho visto un energumeno con un bastone della zappa
dargli un colpo in testa, piantargli un coltello nella carotide,
sbagliando persino il punto. Io ci giocavo con questo maialino
che mi riconobbe e venne da me mentre stava morendo. Da allora
non ho più mangiato carne né di maiale né di altro. Per quanto
riguarda il mare l’episodio più significativo avvenne nel
settembre del 1968. Ero appena di ritorno da Cuba da un record
mondiale, ed andai a pescare. Arpionai una cernia che come primo
atto si arroccò alzando gli aculei nella sua tana. Ci lavorai un
bel po’ per farla uscire, la toccai con il palmo della mia mano
e sentì il suo cuore battere fortissimo perché spaventata. Mi
resi conto che stavo per uccidere un altro essere vivente e da
quel giorno ho messo da parte il fucile e non ho più pescato.
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Come si vede il mondo a 100 metri di profondità?
Si vede sempre più turchino, non è vero che c’è il buio.
L’inchiostro turchino pelican nei calamai di cristallo era l’unico
colore che si avvicinava a quello del mare a quella profondità. Acqua
nìura la chiamavano i marinai. Prima si incontra l’acqua verdina,
poi si passa al bluette, poi il blu, poi il turchino sempre più intenso.
Non esiste il buio totale, è un turchino luminescente.
Quando si è reso conto di essere diventato un simbolo per lo sport
italiano?
In effetti non l’ho mai capito. Mi rendo conto che tutto
quello che ho fatto l’ho fatto per me stesso, per tutto ciò che il mare
ha avuto la possibilità di regalarmi. Non mi ha fatto arricchire
materialmente, infatti per vivere sono stato informatore scientifico per
la De Angeli e per andare ad immergermi mi alzavo alle 5 di mattina
perché alle 8:30 dovevamo essere con i miei amici a lavoro, giacca e
cravatta con le borse piene di contratti.
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Il 22 settembre di 40 anni fa sulla costiera
Sorrentina la RAI decise, per la prima volta nella storia, di
seguire il suo tentativo di andare in apnea a quota 90 in
diretta. Qualcosa però andò storto, dovette rinunciare al record
ed in più fu travolto dalle polemiche. Ci racconta
quell’episodio?
Era un record organizzato nella massima
precisione, ma come tutti gli orologi svizzeri è bastato il
classico granellino di sale che fa inceppare il meccanismo.
C’era di mezzo la RAI che riprendeva in diretta, a livello
mondiale, per la prima volta un’immersione. Avevo aderito con
piacere all’invito. C’era una nave appoggio per calare la cima,
non so quanti sommozzatori di soccorso. C’erano anche
sommozzatori della Rai. Poi quelli dei carabinieri, insomma
c’era una confusione totale. Arrivati a un certo punto si resero
conto che il mio cavo si era attorcigliato a quello della
televisione quindi non avrei potuto immergermi né avrebbero
potuto proiettare le immagini. Si perse molto tempo tra
un’operazione e l’altra e così dalle 10 del mattino, orario
previsto per l’immersione, ci riducemmo alle 17. Era quasi buio
a quelle quote. Renzo Bottesini, famoso anche per aver
partecipato ai quiz di Mike Bongiorno, non capì il segnale che
gli arrivò da sopra e si spostò alla zona cavo non vedendo che
io dovevo ancora arrivare. In pratica si convinse che io fossi
già passato e che lui non se ne fosse accorto. Purtroppo io
dovevo ancora arrivare. Diedi una frontata terribile all’incavo
delle sue bombole. Risalì con la testa insanguinata e
naturalmente il record venne annullato. Enzo Bottesini venne a
scusarsi un’infinità di volte ma in realtà non ne avrebbe avuto
neanche la necessità visto che eravamo amici. |
Avrà però modo di rifarsi. Una settimana dopo aver stabilito l’ennesimo
primato a -87 m, Maiorca riemerge in preda ad una sincope: l’incidente
quasi mortale lo convince al ritiro. Troppo forte però il richiamo del
mare e, a 57 anni, siamo nel 1988, spronato dalle due figlie Patrizia e
Rossana, anch’esse fuoriclasse dell’immersione, decide di regalare al
pubblico l’ultimo spettacolo. E siccome vuole rendere omaggio al mare
che l’ha visto crescere, sceglie casa sua. Il record è datato 30 luglio
1988, nelle acque di Fontane bianche a Siracusa: Maiorca raggiunge in
2’35” quota -101 m e si riprende il primato. È il commiato definitivo,
cala così il sipario sulla carriera di uno straordinario uomo di sport.
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La politica è stata un’altra sua grande passione.
È arrivato a ricoprire il ruolo di senatore per AN. Poi ha
deciso di lasciare la scena politica. Perché?
In realtà, ci tengo a precisare, io non ho mai
avuto niente da fare con AN, ma con il Movimento Sociale
Italiano. In due anni da parlamentare sono rimasto sdegnato
dalla politica e mi sono ritirato. Troppo trasformismo in
determinati personaggi politici, come Fini. Capii in poco tempo
che Almirante aveva stilato un giudizio su Fini che non era
aderente alla realtà, lo aveva ampiamente sopravvalutato.
Un siracusano, grande sportivo e parlamentare a
Roma. Impossibile non accostare la sua figura a quella di un
altro grande come Concetto Lo Bello.
Con Lo Bello ci scornavamo sempre perché la
pensavamo in maniera contrapposta nel modo di affrontare la vita
quotidiana. Era un grande uomo ma anche lui aveva i suoi
difetti. Capitava però che ogni tanto ci trovassimo a scherzare,
magari sull’aereo che lui prendeva per andare in parlamento ed
io per qualche immersione. Onorevole – gli dissi una volta a
Fontanarossa – mi sembra tardi per cominciare a lavorare e lui
mi disse, scherzosamente, che un giorno o l’altro mi avrebbe
dovuto tagliare la lingua.
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Lei
ha più volte affermato che il mare è scomparso. Perchè?
È presto detto. Dove c’è l’ISAB(*), nella zona di Capo
Santa Panagia, ho visto cernie con ragnatele di catrame, aragoste nere
per il catrame, saraghi e ombrine cechi per gli acidi dell’industria.
C’era una grotta a 10 metri di profondità, era bello immergerci per
andare a vedere il sole dentro la grotta stessa. Da piccoli ci
ritenevamo ricchi di due soli, quello normale e quello da subacquei che
solo noi potevamo vedere. Nel 1965 siamo arrivati in questa grotta e
l’abbiamo trovata crollata perché corrosa da tutti i sudiciumi che
l’industria aveva scaricato in mare. Nessuno è mai intervenuto con
decisione, solo il pretore Condorelli aveva avuto il coraggio ma venne
subito trasferito.
(*)
L'impianto di raffinazione di ISAB S.r.l. è inserito nel polo
petrolchimico di Priolo Gargallo (SR); rappresenta uno dei più grandi
siti industriali europei sia in termini di dimensioni sia in termini di
complessità ed è costituito da due siti produttivi denominati “Impianti
SUD” e “Impianti NORD”, tra di loro interconnessi mediante un sistema di
oleodotti.
E della Piattaforma Vega-A, a largo delle coste
Pozzallesi, che idea si è fatto?
Bisogna stare attenti alla Piattaforma Vega-A
(*). È da cancellare non da raddoppiare. Bisogna ricordare
quello che è avvenuto 5 anni fa nel Golfo del Messico che è un
mare immenso. Se una cosa del genere capitasse a Pozzallo tutto
il Mar Mediterraneo verrebbe distrutto. Sono stato ambasciatore
del mare per il WWF per 4-5 anni. Adesso ho trovato i Pastori
del mare, un’organizzazione che si batte per tutti quegli
animali che non hanno dei paladini. È gente che rischia la
propria vita combattendo i giapponesi che cacciano le balene.
(*) Posta a 12 miglia dalla costa
di Pozzallo (RG), la
Vega-A della Edison è stata
progettata utilizzando tecnologie all’avanguardia,
per preservare la sicurezza delle persone che vi lavorano e
dell’ambiente circostante.
L’impianto è stato studiato
per resistere a sollecitazioni estreme,
come venti fino a 180 km/h, onde marine di 18 metri, terremoti
fino al 9° grado della scala Mercalli. La piattaforma
è stata appoggiata nel 1987,
su un fondale di circa 122 metri di profondità.
La sua presenza, in quasi 30 anni, ha creato un peculiare
ambiente marino, una vera e propria biodiversità caratterizzata
da molteplici specie ittiche e molluschi.
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Ma
ha mai avuto paura del suo amore, del mare?
La mia paura in mare è costante. Io mi immergevo fino a
2-3 anni fa sempre con una grande paura e con grande rispetto. Il mare
non era il mio ambiente, al massimo mi consentiva di muovermi
all’interno di esso. In carriera sono venuto fuori in sincope 3 volte.
Poi tre anni fa ho avuto un episodio di fibrillazione atrio ventricolare
e il cardiologo mi ha consigliato di finirla con le immersioni. Potete
immaginare la mia reazione ad una notizia del genere. Vedendo la mia
faccia sconcertata e impaurita mi disse che non avevo nulla di che
lamentarmi visto tutto quello che il mare mi aveva regalato. Aveva
ragione.
Le
foto di Enzo Maiorca sono di
Simone Aprile
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