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L’idoneità medica
nella pratica dell’attività subacquea sportiva
di Laura Vernotico - Medico subacqueo e iperbarico
(per
informazioni: web:
www.lauravernotico.com
- email:
info@lauravernotico.com
)
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Sappiamo
tutti quanto sia importante essere in buona forma fisica quando
si è subacquei. Approfondiamo adesso questo argomento
addentrandoci nel complesso mondo dell’idoneità medica in chi
pratica l’attività subacquea.
L’attività subacquea viene svolta in Italia sia come attività
ludico ricreativa, sia come attività professionale (in ambito
portuale, in ambiente pressurizzato ad aria, all’interno di
Corpi Specializzati come ad esempio i Sommozzatori dei Vigili
del Fuoco – VV.F., carabinieri, esercito.
Il rischio in immersione è simile indipendentemente
dall’attività svolta in acqua, eccetto forse il maggior
controllo e tutela per i subacquei industriali, ciò nonostante
esistono protocolli diversi per il rilascio dell’idoneità
all’attività subacquea.
Partiamo
da un po’ di storia….. In Europa la subacquea moderna (intesa
come lo è oggi) nasce tra la fine degli anni ’30 e l’inizio
degli anni ’50, sulla scia dei pescatori dei mari del sud del
mondo e dei brevetti industriali. |
In seguito ai perfezionamenti
apportati alle apparecchiature tecniche e all’utilizzo in ambito
militare di apparecchi a circuito chiuso, l’industria immette
sul mercato apparecchi per la respirazione autonoma a circuito
aperto che usano aria compressa e che prevedono quindi una più
semplice utilizzazione. Comincia così la storia dello sport
subacqueo.
Soffermiamoci
adesso sulla subacquea intesa come sport e attività ludico
ricreativa.
Tra il 1948 e il 1949 iniziano le
prime manifestazioni agonistiche e i primi corsi per
l’insegnamento dell’immersione ricreativa, a questi si
aggiungono ricerche mediche volte allo studio della psicologia e
della fisiologia dell’attività subacquea che viene svolta in un
habitat non naturale per l’uomo e che quindi sottopone
l’organismo a particolari stress psico-fisici. Al fine di
preservare l’incolumità dello sportivo, garantendone la
sicurezza, diventa quindi necessaria l’idoneità medica. (1)
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La
Medicina dello Sport nasce qualche decennio prima, esattamente
nel 1912, in seguito a ricerche scientifiche orientate a
valutare le influenze dello sport sul corpo umano. Questa branca
della medicina comprende le nozioni mediche, teoriche e
pratiche, che esaminano l’influenza dello sport,
dell’allenamento e della mancanza di esercizio su persone sane o
malate di qualsiasi età. La principale funzione Medico Sportiva
risulta essere quella legale: la legge prevede infatti il
superamento di una prova di valutazione funzionale e strutturale
per poter praticare sport agonistico a qualsiasi livello.
In base alla legislazione italiana lo sport dilettantistico,
cioè non praticato per professione, può essere svolto a livello
agonistico o non agonistico.
Viene definita “agonistica” (circolare del Ministero della
Sanità n.7 del 31 gennaio 1983) quella forma di attività
sportiva praticata sistematicamente e/o continuativamente
soprattutto in forma organizzata dalle Federazioni Sportive
Nazionali, dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal
CONI e dal Ministero della Pubblica Istruzione relativamente ai
Giochi della Gioventù a livello nazionale, per il conseguimento
di prestazioni sportive di un certo livello. Questa è tuttora
l’unica definizione di attività sportiva contenuta nelle norme
di tutela sanitaria; di conseguenza si potrebbe dedurre che per
il legislatore la distinzione tra agonismo e non sia tutta
compresa nella finalità, per il primo caso, di conseguire
“prestazioni sportive di un certo livello”.
La
legislazione italiana prevede che chiunque si dedichi ad
attività sportive agonistiche debba sottoporsi, con periodicità
annuale o biennale, (a seconda del tipo di sport) ad una visita
di idoneità effettuata da un medico specialista.
La pratica di uno sport comporta un rischio calcolato che la
rende accettabile nell’ambito delle attività umane. I rischi più
frequenti sono rappresentati dalle lesioni traumatiche e dagli
incidenti cardiovascolari. La prevenzione di questi eventi è
prevalentemente legata al controllo del fattore umano e del
fattore tecnico, impliciti nello sport praticato. Il controllo
del fattore umano si attua con la selezione accurata dei
soggetti da avviare a specifiche forme di attività sportiva e
con il controllo periodico del loro stato di salute, nonché del
grado e delle modalità di allenamento. (2) Nel nostro paese è
possibile praticare alcuni sport anche a livello professionale,
nell’ambito di società sportive o come singoli professionisti
tesserati dalle federazioni di competenza. Per quanto riguarda
l’attività subacquea, la federazione di riferimento del CONI è
la FIPSAS (Federazione Italiana per la Pesca Sportiva e
l’Attività Subacquea). |
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Quando
uno sport viene svolto a livello agonistico è necessario il
certificato di idoneità alla pratica sportiva agonistica,
rilasciato dallo specialista in Medicina dello Sport, cioè da un
professionista qualificato nelle attività sanitarie di natura
preventiva, curativa, riabilitativa che ha per oggetto la tutela
della salute della popolazione sportiva.
Ricordiamo che in Italia
l’attività subacquea è considerata uno sport agonistico (per un
decreto legge basato su un parere della Federazione Italiana
Pesca Sportiva ed Attività Subacquee, affiliata al CONI -
comitato olimpico italiano - ed alla CMAS), ciò nonostante non
sempre è richiesto il certificato da parte di altre agenzie
didattiche. (3)
Secondo la classificazione degli
sport in base all’impegno cardiovascolare (da: Protocolli
cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico
1995 - Comitato Organizzativo Cardiologico per l'Idoneità allo
Sport) la subacquea rientra tra le attività sportive con impegno
cardiovascolare di tipo neurogeno, caratterizzata cioè da
modesto impegno cardiaco da un punto di vista emodinamico
(portata cardiaca) ma elevato sul piano della sollecitazione
neuro-ormonale, soprattutto adrenergica (incrementi medio
elevati della frequenza cardiaca), tipico delle competizioni ad
importante impatto emotivo. Anche se quest’ultima da sola non è
probabilmente sufficiente a realizzare un rischio cardiaco reale
se non in casi eccezionali, bisogna tenere presente che
l’attività subacquea è gravata dal cosiddetto rischio
intrinseco, in relazione all’ambiente sfavorevole nel quale si
svolge. |
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In base al decreto
ministeriale 23 febbraio 1983, gli accertamenti sanitari da
svolgersi per ottenere l’idoneità alla pratica della subacquea a
livello ludico ricreativo sono i seguenti:
-
visita medica, il cui
modello è riportato su apposita scheda valutativa, che
comprende anamnesi (familiare, fisiologica, patologica,
interventi chirurgici, infortuni), rilievo di peso e statura
e trofismo, esame obiettivo rivolto in particolare agli
organi e apparati impegnati nello sport praticato (apparato
locomotore, apparato cardio-respiratorio, addome, orecchie,
occlusione dentale, articolazione temporomandibolare),
valutazione dell’acutezza visiva (naturale e/o corretta) e
del senso cromatico, udito (voce sussurrata a 4 metri).
-
esame completo delle urine
-
spirometria con
rilievo di capacità vitale (CV), capacità vitale forzata (CVF),
volume espiratorio massimo al secondo (VEMS o FEV1), indice
di Tiffeneau (VEMS/CV) e massima ventilazione volontaria (MVV)
-
ECG a riposo
(frequenza cardiaca - FC, intervallo PQ, intervallo QT)
-
ECG dopo sforzo
(indice rapido di idoneità - IRI)
-
visita otorinolaringoiatra
(ORL) con audiometria.
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In conclusione: la subacquea è uno sport
che viene praticato in un ambiente straordinario e può essere
gravato da imprevisti che ne aumentano l’impegno psico-fisico
(trasporto dell’attrezzatura per tragitti più lunghi del
previsto, corrente, mare mosso con conseguente difficoltà salire
sull’imbarcazione, compagno in difficoltà che deve essere
aiutato).
Da questo si evince quanto sia importante verificare
annualmente l’integrità del sistema cardiorespiratorio e
motorio.
E’ altresì importante un controllo annuale di bocca, naso,
orecchie per escludere sia la presenza di patologie specifiche
sia possibili danni che la pratica intensiva di tale sport può
potenzialmente causare. |
Bibliografia
-
http://www.fotosubclub.com/storia_fipsas.htm
(14 aprile 2006)
-
D’Andrea L. (ANCE), Proto C.
(ANMCO), Bettini R., Villella A. (FMSI), Caselli G., Giada
F., Pelliccia A. (SIC), Penco M., Thiene G. (SIC-SPORT),
Guiducci U., Delise P., Paolo Zeppilli. Protocolli
cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport
agonistico 2003. Terza edizione, Casa Editrice Scientifica
Internazionale (C.E.S.I.), Roma, 2003
-
http://www.smartsport.it/articoli/Approfondimento42.asp?IDV=02
(14 aprile 2006).
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