131. Subacquea
“Ricreativa” e “Tecnica”. Quale é la differenza?
di Stefano Ruia
L’autore aiuta ad
evitare confusione tracciando una netta divisione fra immersioni
tradizionali e immersioni tecniche, sulla base dei limiti di sicurezza.
Viene chiarito che un’immersione o è tradizionale o è tecnica, e che non
esistono commistioni.
Qual
è la linea
di confine fra immersioni “ricreative” e immersioni “tecniche”? Essa
è molto più definita di quanto si possa pensare; l’apparente
sovrapposizione dei due campi deriva unicamente da una confusione di
idee. Ogni tecnica subacquea, compreso l’utilizzo di miscele diverse
dall’aria, può essere usata in varie situazioni, che possono spaziare
dall’immersione a pochi metri di profondità fino alle lunghe
penetrazioni di speleologia subacquea. Non è quindi la tecnica usata, ma
il tipo di immersione a determinare la differenza. Le immersioni
ricreative e quelle professionali.
Subacqueo ricreativo e tecnico... notare le
differenze di attrezzatura e di assetto
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Cosa
si dovrebbe intendere realmente per “immersione ricreativa”?
Letteralmente il significato è quello di “immersione svolta per
piacere personale”. Non c’è dubbio quindi che ogni immersione
svolta da un subacqueo appassionato sia un’immersione
“ricreativa”. Anche se l’appassionato in questione è uno
speleosub o un frequentatore di relitti profondi. All’opposto,
un’immersione professionale può essere considerata quella
di chi la svolge per fini di lucro, cioè guadagnando in questa
attività. Oltre ai sommozzatori professionisti, nella tipologia
professionale ricadono le immersioni degli istruttori con gli
allievi dei corsi, quelle delle guide, quelle dei fotografi
subacquei al lavoro e quelle dei membri delle spedizioni di
esplorazione o ricerca. Insomma chi svolge un compito preciso ha
in genere una finalità professionale (anche se l’immersione
costituisce per lui un piacere), mentre chi si immerge per
“vedere cosa c’è” ha una finalità ricreativa, che sarebbe meglio
definire “turistica”. La differenza è netta, perché nel primo
caso ha molta più importanza il raggiungimento dello scopo
che l’immersione in sé.
Recentemente
alcuni Istruttori hanno partecipato a una spedizione per
l’esplorazione di un relitto, segnalato da alcune persone
locali. Giunti sul posto con tutte le attrezzature pronte per
l’immersione profonda (circa 120 metri) ci si è resi conto che
il punto segnalato non corrispondeva affatto con il relitto
cercato. Sebbene tutti i componenti della spedizione ambissero
solo ad immergersi, i pochi giorni utili sono stati spesi alla
ricerca del punto preciso, senza poter entrare in acqua. Nessuno
dei partecipanti (si noti che la spedizione era autofinanziata)
si è lamentato per quanto successo. Non credo che un gruppo di
subacquei “turisti” che parta per una settimana di immersioni e
non le possa svolgere farebbe altrettanto!
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I
tre livelli delle immersioni ricreative.
Abbiamo ora
compreso come la maggioranza dei subacquei svolga comunque
immersioni ricreative. Resta da definire il livello di
difficoltà delle stesse. Semplificando l’argomento, possiamo
considerare tre grandi livelli di difficoltà. Il livello più
semplice è quello del subacqueo non autonomo, l’intermedio è
quello del subacqueo autonomo che si immerge nei limiti
tradizionali di sicurezza mentre il più complesso è quello del
subacqueo autonomo che si immerge oltre uno o più di questi
limiti. Può sembrare banale, eppure questa divisione è
estremamente importante. Alla sua cattiva comprensione o alla
sua mancata conoscenza si possono attribuire molti dei “mali”
della subacquea odierna. |
Vediamo
alcuni esempi pratici.
Confusione
fra livelli.
Un esempio evidente di confusione fra il primo e il secondo
livello, sono i corsi svolti in pochi giorni nei villaggi
vacanze. Sebbene il pubblico realmente voglia solo imparare ad
immergersi nel più breve tempo possibile, sempre e comunque
sotto la guida di un professionista, i centri gli vendono un
corso per subacqueo “autonomo”.
Analogamente si fa
spesso confusione fra secondo e terzo livello. Molte volte,
durante la preparazione delle attrezzature, i subacquei
“tecnici” si sentono dire: “Non so proprio come facciate a
scendere con tutte quelle bombole, io non ci riuscirei proprio.
Ed è pure molto pericoloso! Ma chi ve lo fa fare?”. Magari
queste affermazioni provengono da subacquei che, con
l’equipaggiamento tradizionale, svolgono immersioni fuori curva
di sicurezza, con decompressioni anche di quindici minuti! Nel
tempo della decompressione chi rischia di più: un subacqueo che
può respirare solo della propria bombola o uno che ha più
riserve disponibili e che, grazie all’utilizzo di una miscela
diversa, può ridurre quei quindici minuti a dieci o persino a
cinque? Varcare uno dei limiti tradizionali porta
automaticamente (per definizione) l’immersione dal secondo al
terzo livello di difficoltà. In questo caso fattori importanti
ma spesso trascurati nel secondo livello, come l’accurata
programmazione dell’immersione, diventano essenziali per la
sicurezza del subacqueo. |
Attrezzatura tecnica |
Bibombola, bombole stage, bombole decompressive...
sicuramente questo non è un subacqueo ricreativo che sta facendo
un'immersione in curva!
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Approfondiamo
quindi quali siano i limiti tradizionali.
Immersioni
in curva di sicurezza.
Certamente il limite più importante (ma anche quello, purtroppo,
più facilmente superato) è la curva di sicurezza. Alla base
delle tecniche di emergenza insegnate nei corsi di primo livello
vi è l’ipotesi che il subacqueo possa risalire in ogni istante
direttamente in superficie. Certo l’insegnamento della risalita
di emergenza controllata nuotando perde di valore se il
subacqueo deve ancora effettuare venti minuti di decompressione!
Quindi se s’intende superare anche di un solo minuto la curva di
sicurezza, si ricade nell’immersione tecnica, che obbliga a
pianificare il profilo della stessa, il programma di
decompressione (con gli eventuali programmi di emergenza) e
persino la configurazione di attrezzature necessaria per
risolvere eventuali problemi. Immaginate un esaurimento d’aria o
un’improvvisa interruzione della sua erogazione a causa, per
esempio, dell’ostruzione del tubo di pescaggio. Cosa potreste
fare se non avete una riserva di aria separata e dovete ancora
fare decompressione? Nessuna configurazione tradizionale
adottata dai subacquei permette individualmente di risolvere
questo problema, se non affidandosi completamente al compagno. E
cosa si può fare se è necessario effettuare la decompressione,
c’è corrente non si trova più la cima di risalita? Dovrete
disporre di mulinello e pallone. Ecco quindi che superare il
limite della curva di sicurezza impone di avere a disposizione
riserve di gas, attrezzature speciali e di pianificare
accuratamente il consumo. |
Accesso
diretto alla superficie.
Un corollario alle immersioni in curva di sicurezza è quello
dell’accesso diretto alla superficie. Lo scopo di rimanere nei
limiti della curva di sicurezza è quello di garantire
un’immediata risalita diretta alla superficie. Ovvio quindi che
se siamo penetrati nei meandri di un relitto o di una grotta e
non vediamo più l’uscita, non siamo in grado di raggiungere la
superficie direttamente, anche se la profondità alla quale ci
troviamo è di pochi metri! Per questo si distingue fra
immersioni in grotta (“cavern diving”), cioè negli antri
illuminati dalla luce solare, e immersioni speleosub
(“cave diving”), cioè in anfratti o in zone buie. Oltre
all’ampiezza dei passaggi, l’elemento chiave è che il subacqueo
in difficoltà possa raggiungere la superficie seguendo solo la
direzione della luce.
Il
sistema di coppia.
Un altro fondamento delle tecniche didattiche di tutti i corsi
iniziali è l’utilizzo del sistema di coppia. In genere durante i
corsi è data molta enfasi all’attuazione di questo sistema
durante la vestizione o il controllo delle attrezzature. È
altrettanto (abbiamo qualche timore nello scrivere un più
realistico “molto più”) importante dare enfasi all’applicazione
delle regole del sistema di coppia in acqua! Quante volte si
vedono due compagni d’immersione nuotare a discreta distanza fra
loro? E pensare che bisognerebbe sempre restare a portata di
braccio! L’immersione solitaria (“solo-diving”) è
un’attività non molto più rischiosa di quella in coppia, se
praticata con le dovute tecniche. Si tratta tuttavia di tecniche
non insegnate nei corsi tradizionali, quale l’uso della maschera
granfacciale per evitare di annegare in caso di crisi
iperossica. Una sola miscela con percentuale di ossigeno fra il
21% ed il 40% e PO2 massima di 1,4 bar. |
Un
altro limite tradizionale è quello dell’utilizzo di una sola
miscela respiratoria, con percentuale di ossigeno fra il 21%
e il 40% e PO2 massima di 1,4 bar, per tutta l’immersione. Una
sola miscela respiratoria impedisce di commettere errori e
quindi di trovarsi in situazioni pericolose, per esempio
respirare la miscela errata per la profondità alla quale ci si
trova. La percentuale di ossigeno superiore al 21% garantisce
contro la possibilità di ipossia, una situazione pericolosissima
per via della rapidità di azione. La percentuale fino al 40%
consente di non applicare particolari precauzioni nella gestione
dell’ossigeno e delle attrezzature. Inoltre, insieme al limite
di 1,4 bar per la PO2, ci permette di evitare approfonditi
calcoli di esposizione ai diversi gas. Per considerare
l’esposizione ai gas inerti si utilizzano, infatti, tabelle
precalcolate o computer d’immersione. Mantenendo l’ossigeno
sotto il 40% sono possibili tre immersioni di un’ora ogni
giorno, quindi i calcoli dell’esposizione a questo gas (calcolo
del CNS) non sono più necessari. Nelle immersioni tecniche, si
utilizzano invece percentuali e pressioni parziali di ossigeno
superiori, obbligando a un dettagliato calcolo dell’esposizione
a questo gas. |
Sosta di decompressione con EAN 50 |
Preparazione a un'immersione ricreativa |
La
profondità.
Un altro limite tradizionale è la massima profondità di 40
metri. In questo caso tuttavia la motivazione del limite non è
ben definita. Se, infatti, si considerano i 40 metri come
distanza da percorrere per tornare in superficie, sarebbe più
raccomandabile un limite inferiore, intorno ai 30 metri. Se
invece si ritiene che il limite sia dovuto alla possibilità di
un alto grado di narcosi da gas inerte, sarebbe opportuno
definirlo con la pressione parziale di azoto o, meglio, con la
pressione equivalente ad aria. Infatti, se usassimo una miscela
di ossigeno, azoto ed elio, potremmo tranquillamente svolgere
immersioni a 40-45 metri, con un grado di narcosi paragonabile a
quello dei 30 metri ad aria. Ovvio comunque che una immersione a
80 metri, anche se svolta con una miscela tanto ricca di elio da
essere paragonata ai 30 metri ad aria, resta comunque una
immersione difficile e ben oltre la portata dei subacquei
tradizionali! In questo caso tuttavia ci viene in aiuto il
limite della curva di sicurezza, che scatterebbe ben prima di
aver raggiunto gli 80 metri. |
Sistema
aperto.
Un altro limite è quello posto dall’utilizzo di un sistema a
circuito aperto. Immergersi con un rebreather richiede un
particolare addestramento, per via dei potenziali alti rischi di
ipossia (soprattutto) od iperossia. Ciò vale sia per i
fantastici apparecchi chiusi, sia per i meno vantaggiosi
semi-chiusi che oggi si stanno diffondendo.
Condizioni
ambientali accessibili.
L’ultimo limite è posto dalle condizioni ambientali. Immergersi
con una fortissima corrente, in un fiume, con visibilità nulla,
sotto i ghiacci, con forti onde richiede tecniche specifiche,
che non sono insegnate o sufficientemente approfondite nei corsi
tradizionali. Rec-Tek?
Abbiamo
stabilito quindi una netta divisione fra immersioni tradizionali
e immersioni tecniche, sulla base dei limiti di sicurezza. Ecco
perché un’immersione o è tradizionale o è tecnica, non esistono
commistioni! |
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