"Piacere, sono Enzo"
Immaginate
di passare quattro ore seduti accanto a Maiorca. E di cosa parli
con Maiorca, in un pullman che corre sotto la luna nel deserto
egiziano? Di mare, naturalmente.
Ma del Mare con la M maiuscola, quello che
racchiude tutto: civiltà, cultura, passione e sentimento. Di
pescatori e tradizioni, di salvaguardia, di stelle, navigazione,
mito e realtà. Della sua Sicilia; dell'esperienza di senatore. E
certo, anche di profondismo, ma è solo un argomento sfiorato,
perché è solo uno dei tanti modi di vivere, di avvicinarsi al
Mare.
"Piacere, sono Enzo". Ma come, "Enzo"?! Come se
tutto il mondo non conoscesse il suo volto, e quegli occhi
puliti che ti frugano dentro l'anima e che, manco a dirlo, sono
azzurri come il Mare. E non c'è traccia di presunzione o, peggio
ancora, di falsa semplicità nelle sue parole. Al contrario,
all'innata gentilezza del gentiluomo siciliano si uniscono
schiettezza e franchezza sincere, genuine.
All'inizio è quasi difficile parlare. Ma
nell'oscurità lentamente anche i silenzi diventano
comunicazione.
Il tono è pacato, un lieve accento colora le sue
parole. "E il siciliano è l'unica lingua che parlo quando sono a
mare: l'unica con cui riesco a comunicare", confessa. "Sarà
perché ho imparato a conoscere il mare dai pescatori, nelle
cantine dove si riunivano nelle giornate di burrasca".
Pescatori di cui il mondo ha dimenticato i
cognomi veri, sostituiti da soprannomi che in una parola
folgorano una persona. "Come il mio amico marinaio Pippo
Ventidue, senza il quale non andrei a mare. Ventidue come il
numero della cabala che indica il rischio, l'azzardo, la
temerarietà della sua famiglia che usciva a pescare quando gli
altri rinforzavano gli ormeggi per il mare mosso.
Oggi però i pescatori veri non esistono più. I
giovani non hanno mai pescato seriamente, i loro genitori
pescano senza criterio. Cosa rimarrà ai vostri figli? Chiesi ad
uno di loro che usciva a pesca di cuccioli di pescespada. Loro
devono fare i dottori, non i pescatori, mi rispose. E così si
perdono le tradizioni... come la shaloma, canto tradizionale
delle tonnare, di cui si conoscono solo 4 o 5 strofe ma non il
testo completo perché chi lo cantava è morto da tempo."
Sembra scoraggiato, e amareggiato, Maiorca. Il
suo mare, "il mare di Siracusa, che non aveva nulla da invidiare
al più bel mare tropicale, è oggi aggredito dall'inquinamento e
dall'inciviltà della gente. E non solo il mare, ma anche la
terra: non c'è metro di costa della nostra Sicilia che non sia
offeso da seconde o terze case abusive o violato dai nastri di
catrame delle strade."
La sua Sicilia e il suo mare, che non è riuscito
ad aiutare nemmeno da senatore. Una "non esperienza", come la
definisce lui; e non lo dirà mai, ma la sua amarezza è evidente.
Facile immaginare il rigore con cui abbia vissuto
il suo incarico; fino ad andare in Bosnia e in Somalia "perché
se ci vanno i militari, è giusto che ci vadano anche i senatori"
(e intanto lì erano in due, sui venti e passa della Commissione
Difesa cui apparteneva). E non è difficile immaginare cosa possa
aver provato un uomo serio al limite dell'ingenuità, invischiato
nella torbidità di un sistema immutabile.
Guarda fuori dal finestrino, e mi presenta le
stelle. C'è Cassiopea, che saluta ogni sera dal suo soggiorno di
casa; poi Arturo, la stella polare e le Pleiadi, la
costellazione preferita. E la luna, la compagna di tante
notturne. Perché tutte le notti di luna piena Maiorca scende a
mare, a torcia spenta, guidato solo dalla luce della luna. "Ho
sempre pensato che noi subacquei siamo fortunati: abbiamo due
soli, quello esterno e quello che vediamo attraverso l'acqua.
Così per la luna, di cui solo noi riusciamo a vedere i raggi ben
definiti, scomposti uno ad uno dalla superficie del mare. Come
il temporale sott'acqua. E' mai stata sott'acqua durante un
temporale? E' un'esperienza esaltante". Veramente no, ma
rilancio. E lei ha mai visto il sorgere dell'alba sul fondo del
mare?
Mi guarda sorpreso: "Questa mi manca. Ma la
proverò" Ho dato un'idea a Maiorca...!
E non potevamo non parlare dell'apnea e del
profondismo, all'indomani del record no-limits di Pellizzari. Ma
quello dei record è un capitolo chiuso: "Quando una cosa è
finita, è finita.
Limiti? I limiti sono individuali. Per me sono
101 metri, per Pellizzari 131. Ma sono solo numeri. L'importante
non è uno, due o dieci metri in più, è entrare in contatto con
te stesso." Quando legge i giornalisti esaltare il nuovo eroe
come il "re degli abissi" si rende conto di non appartenere più
a quel mondo. E' un'epoca diversa, è un modo di avvicinarsi al
mare profondamente diverso dal suo. E la domanda è inevitabile:
cosa lo spingeva allora - meno di dieci anni fa, e sembra un
secolo - fino a 101 metri in apnea e cosa lo porta oggi al mare?
"La massima 'conosci te stesso'. Per me tutto diventa più
chiaro, più vero sott'acqua: e attenzione, questo vale anche con
le bombole; solo, in apnea è più immediato. Non vado a mare solo
"perché è bello", sarebbe riduttivo: solo in mare mi sento
veramente e completamente in contatto con me stesso e con Dio.
Ma è difficile riuscire a spiegarlo. La gente ti guarda strano e
cerca comunque altre spiegazioni, magari un fantomatico senso di
rivalsa o il superamento di un'insicurezza di fondo. E' troppo
difficile riuscire a far capire qual è la verità, così finisco
per dir loro quanto si aspettano di sentire." Anche per questo
ha smesso di scrivere sui giornali: perché le persone gli
chiedevano sempre "come". "Come fare a compensare, come
allenarsi, come... Tecnica, e soltanto tecnica. Ma il Mare non è
tecnica, e non si può imparare l'apnea prescindendo dal Mare. O
per lo meno non è così che l'intendo io. Anche se non bisogna
vivere il mare sempre con ascetismo, pena cadere vittima
dell'ansia di ciò che si dovrà provare la prossima volta."
Osserva i riflessi della luna sulle montagne nude
del deserto roccioso. "Se potessi rinascere, so bene cosa farei:
l'archeologo. Sono affascinato dalle civiltà antiche e
soprattutto dai Fenici. E sa qual è il mio sogno nel cassetto?
Ricostruire la nave di Ulisse con i mezzi e le tecniche di
allora e, navigando con le stelle, ripercorrere la rotta
tracciata nell'Odissea. Perché ho una mia teoria: che essa non
sia altro che una grande epopea costruita sulla traccia del
diario di bordo di un marinaio vero. E me ne convinco sempre più
man mano che, vocabolario alla mano, vado avanti nella lettura e
nella traduzione del poema dal greco. Per ragioni di rima,
infatti, si è in molti caso perso il significato originale, ben
più tecnico, del testo."
Il viaggio è lungo, gli argomenti sono tanti.
Storie di persone passate, di navi affondate, di delfini salvati
e di esperienze vissute. Storie di Mare: un misto di tradizione,
di enorme rispetto, di sensazioni profonde cui è difficile dare
un contorno. Un'emozione che continua immutata ancora oggi, e
che passa immediata in chi ha la fortuna di osservarlo mentre,
in navigazione o su un pontile di legno, sotto le stelle,
assorbe l'atmosfera del mare.
"Piacere, sono Enzo". E la verità è che lui è
davvero "Enzo": semplicemente, una persona che ama e che vive il
Mare con sincerità, immediatezza e modestia. Mai sfiorato dal
suo mito, è davvero uno degli ultimi romantici del mare.
Maiorca si alza. Mi stringe la mano, mi ringrazia
(ringrazia me??!!!) per la chiacchierata. "La luna tramonta, s'è
rotto l'incanto". Si accendono le luci e il viaggio è finito. |