Immersione agli "Archi sommersi" di Punta Secca - Isole Tremiti

L'arcipelago delle Tremiti

Tremiti, 7 settembre 2002

 

Mi trovavo alle Isole Tremiti con un gruppo di amici da un paio di giorni, il tempo era brutto, ma avevo fatto lo stesso qualche immersione, non particolarmente entusiasmante. Poi, una sera, Rosella del “Tremiti Diving Center”, mi chiede se la mattina dopo voglio partecipare ad un’immersione… un po’ impegnativa, con suo marito "Tonino" e un gruppetto di istruttori. Appena sentito qual è il punto d’immersione previsto accetto immediatamente ma, durante la notte, mentre cerco inutilmente di prendere sonno nel mio bungalow nel villaggio di Punta del Diamante, mi assalgono mille dubbi. "Ne sarò capace?" "I miei compagni d'immersione mi accetteranno?" "Non sarà un po’ troppo per me?" In fondo, io vado in acqua solo da pochi anni e ho appena 150 immersioni sulle spalle… e poi la profondità e la corrente in quel punto sono forti. Chiudo gli occhi e cerco di non pensarci almeno fino a domani, ma il mio sonno è parecchio agitato.

Il fatto è che, Stefano Stolfa, Trainer Certifier dell’SSI, deve certificare due nuovi "Trainer" e, per fare la valutazione finale, ha scelto l’immersione più impegnativa dell’arcipelago delle Tremiti: gli Archi sommersi di Punta Secca. Sicuramente una delle più belle immersioni del Mediterraneo!!

L'indomani, alle ore 09:00 salpiamo da San Domino con la comoda barca del Tremiti D. C. condotta da Tonino, alla volta dell’isola di Caprara. A bordo, siamo in otto e, oltre ai due nuovi aspiranti Trainer con il loro Certifier, c’è il mio amico "Toni", un istruttore titolare dello “Scuba Libre D. C.” e altri due Dive Master. Io, con le mie 150 immersioni, sono proprio la matricola della compagnia…

L'isola di Caprara

Una volta arrivati all’estremità NE dell’isola di Caprara ci portiamo un po’ in fuori sopra alla Secca di Punta Secca e spegniamo il motore della barca.

La corrente in superficie è talmente forte che la barca lascia dietro di sé una scia… come se fosse in moto. Riaccendiamo il motore per poter rimanere fermi sopra il punto d’immersione e, intanto, Tonino fa il briefing, che viene ripetuto una volta ciascuno dai due istruttori che devono essere certificati "Trainer" da Stefano. Ad occhi chiusi mi sembra quasi di “vedere” l’immersione, tanto la loro descrizione è precisa!

Viene calata in acqua una bombola per la decompressione con attaccato un octopus con 4 erogatori (e subito io penso: "Ma noi siamo in sette …?!"). Nel frattempo abbiamo gettato un’ancora che, dopo un po’ di capricci, finalmente trova un appiglio consistente sul cappello della secca, a 10 metri e, così, ci fermiamo più o meno sul punto stabilito.

Le istruzioni  di Tonino (che farà la guida) sono chiare: scendere fino al cappello della secca, darsi un rapido OK e poi giù in picchiata fino ai -30 metri, lasciando la parete sulla destra, in modo da essere

riparati dalla corrente e, soprattutto,  guardare bene il manometro: solamente se lo strumento indicherà almeno 150 bar potremo scivolare rapidamente verso il fondo, altrimenti non avremo abbastanza aria per il ritorno. Che simpatica prospettiva!!

Dopo le ultime raccomandazioni, ci tuffiamo in acqua e ci aggrappiamo alla poppa della barca per non essere trascinati via dalla fortissima corrente. Al segnale di OK, ci immergiamo rapidamente per andare a ridosso del costone di roccia, proprio sotto al cappello della secca e cercare di ripararci dalla corrente fortissima. Penso tra me e me che l’immersione in un torrente debba essere una cosa analoga… Nei primi metri d’acqua dobbiamo letteralmente tirarci a braccia verso il fondo, aggrappati al cavo dell’ancora, perché la corrente impetuosa ci fa stare a bandiera. Dopo 5 minuti di lotta, arriviamo al costone di roccia e, finalmente, siamo un po’ più riparati. Non voglio nemmeno vedere quanta aria ho bruciato in questi pochi minuti!!

Dopo un rapido segnale, ci tuffiamo giù fino alla quota convenuta di -30 metri, dove arriviamo dopo 7 minuti dall’inizio dell’immersione, tutti con oltre 150 bar di aria. Un rapidissimo OK e poi giù in picchiata fino a -46 metri, in appena 1 minuto.

E qui… comincia l’immersione vera. La parete è un’esplosione di vita e di colori. C’è tutto quello che di più bello si può trovare nel Mare Mediterraneo: una flora coloratissima, sempre più fitta mano a mano che si scende, che, sotto il fascio di luce della mia lampada da 50 watt, “esplode” di rosso, di giallo e di arancio. Una tavolozza di colori sgargianti. E poi una moltitudine di pesci di ogni specie, ma, soprattutto, migliaia di salpe e di castagnole che mi danzano intorno e mi picchiano addosso, assieme ad altri piccoli pesci di branco.

Finalmente riesco a vedere la volta del primo dei due archi sommersi, quello più grande, che sorge maestoso dal fondo all’estremità della secca. Passo attraverso questo primo arco girando sulla mia destra e illumino la volta, tutta ricoperta di alcionari, di gorgonie rosse e di altre gorgonie, che sono rosse con la punta gialla. Sono letteralmente senza fiato e non penso più di essere a 50 metri di profondità. Sto meravigliosamente bene in quel Paradiso di colori.

L’insidiosa sensazione di benessere dovuta all’azoto comincia a prendermi… Nuoto ancora un poco e giro verso sinistra, infilandomi sotto il secondo arco naturale, quello più piccolo. La volta dell’arco è ancora più ricca di vita e di colori di quello precedente: gigli di mare, ostriche alate, margherite di mare, gorgonie di ogni tipo... non c’è un centimetro della superficie della volta che non sia stato colonizzato da organismi dai colori meravigliosi. Che spettacolo incredibile!!

Alzo lo sguardo verso l’alto, appena superato l’arco di roccia e solo allora mi rendo conto di quanto sono profondo…

Sopra la mia testa ci sono 54 metri d’acqua colore blu cobalto!! Mi sento davvero piccolo piccolo e il cuore mi batte all’impazzata.

Guardo i miei strumenti: profondità -54,60 m., temperatura 14 °C, aria 100 bar ed ho già preso 4 minuti di deco. Do l’OK al mio compagno, ma è assolutamente ora di ritornare!

Dopo soli 13 minuti dall’inizio dell’immersione purtroppo è già il momento di risalire, cominciando a smaltire l’azoto accumulato nei tessuti. Vorrei restare ancora un paio di minuti quaggiù nel silenzio, dove sono solo con la mia anima, circondato da colori vivissimi e dal silenzio nel quale riesco a sentire il mio respiro, ma so che non mi è permesso.

Rami di gorgonie

Mi attardo solo un ultimo istante per ammirare uno scorfano rosso di una quarantina di centimetri che fa la guardia all’uscita dell’arco più profondo, poi incomincio una lenta risalita, tenendo la parete alla mia sinistra e mi porto senza grandi difficoltà fino ai 23 metri di profondità, godendomi lo spettacolo del pesce stanziale e del pesce pelagico che qui è abbondantissimo: salpe, saraghi, ricciole, orate, dentici, tanute e migliaia di castagnole che mi danzano intorno… A un certo punto le castagnole si sparpagliano in tutte le direzioni, alcune mi picchiano addosso e sembrano impazzite... Io resto immobile assieme al mio compagno e vedo all’improvviso sbucare dal blu e nuotare velocissimi verso di me alcuni palamiti (che, in pratica, sono dei tonnetti), che stanno cacciando. Li vedo afferrare con la bocca le castagnole e divorarle all’istante. Lo spettacolo cruento della natura, in cui l’animale più forte della catena alimentare divora il più debole è lì davanti ai miei occhi ed è meraviglioso, pur nella sua crudeltà. Ma non c’è più molto tempo per fantasticare. Sono già 22 minuti che siamo sott’acqua e c'è ancora molta strada da fare in salita fino alla barca. Superato il costone di roccia che ci riparava, ricomincia la lotta furiosa contro la corrente, questa volta per guadagnare la superficie. Vengo investito da un flusso d’acqua che sembra quella di un fiume in piena e la fatica, complice la profondità raggiunta, comincia davvero a farsi sentire. Mi aggrappo con le mani alla roccia e mi isso verso la sommità della secca a forza di braccia, facendo uno sforzo enorme. Ci arrivo finalmente, dopo quasi 10 minuti di battaglia e mi attacco esausto alla cima dell’ancora per cominciare la mia decompressione. Guardo le facce dei compagni d’immersione attorno a me e capisco che non sono l’unico ad aver avuto dei problemi. Siamo tutti molto provati, ma ne valeva assolutamente la pena!

Rimango appeso a bandiera all’ancora per 8 minuti e, intanto, chiudendo gli occhi, rivivo ancora una volta l’immersione che si è appena conclusa. Quando esco dall’acqua ho appena 20 bar di aria, ma sono soddisfatto, perché sono riuscito a gestire tutta l’immersione con il mio piccolo 15 litri. Sono esausto, ma felice. Stefano, il “maestro”, mi dà una pacca sulla spalla e mi dice "Bravo ragazzo!"… che, per un giovanotto come me che compirà cinquant'anni tra venti giorni, vale più di una medaglia!! Ho rivissuto questa immersione per tutto l’inverno successivo e poi ancora e ancora…. Ormai penso che questo tuffo agli Archi di Punta Secca resterà scolpito per sempre nella mia mente, come uno dei ricordi più belli della mia vita (…non solo subacquea) e potrò continuare a raccontare di “quella volta che…”. Perché il ricordo… è il più bel gioco della fantasia!

 

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