Immersione
SU RELITTO DELL'U-J
2216 (IL "KT"
DI SESTRI LEVANTE)
Sestri Levante (GE) 7 maggio 2015
Finalmente
di nuovo su un relitto! La mia voglia di esplorare il "ferro"non
è mai sazia ed ecco che finalmente mi si presenta l’occasione di
visitare un relitto del quale avevo spesso sentito parlare e sul
quale non avevo mai avuto l’occasione di immergermi: il KT di
Sestri Levante.
Con un gruppetto di amici toscani e la mia buddy abituale (mia
moglie Angela) mi trovo per fare alcuni giorni di immersioni
nell’Area Marina Protetta del Promontorio di Portofino. Ci
appoggiamo al bellissimo diving "ABYSS" di Rapallo, gestito dal
bravissimo e simpatico Giorgio Canepa.
Dopo tre giorni di immersioni sulle secche e lungo le belle
pareti strapiombanti del Promontorio di Portofino finalmente
arriva il giorno tanto atteso: l’immersione sul relitto del
"KT",
l’ultima del nostro soggiorno a Rapallo.
Sotto un'immagine dello yacht "Eros" in alto a destra
trasformato in U Boot Jäger . |
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La
storia di questa nave è davvero molto particolare e
affascinante. Nel paese di Sestri Levante questa storia non era
conosciuta, si credeva che la nave fosse stata affondata da un
sottomarino, ed arbitrariamente le era stato dato il nome molto
generico di "KT"
(Krieg Transporte), cioè mezzo di trasporto da guerra, nome che
in realtà si riferiva a delle particolari navi da carico usate
dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il vero nome
della nave in origine era "Eros",
ma durante la sua vita cambiò spesso.
Quella che segue è la storia di
questa nave, ricostruita dopo aver fatto molte ricerche in
Internet. Si tratta del riassunto di alcuni articoli pubblicati
su varie riviste di subacquea, riveduti e corretti da me per
renderli omogenei e più scorrevoli.
Gli articoli dai quali è tratta questa storia sono: "I
FANTASMI DEL TIGULLIO" di Claudio Corti, pubblicato sulla rivista
"SUB" n. 69, luglio 1990; "L'EROS, UN YACHT DANS LA GUERRE" di
Marco Saibene, pubblicato sulla rivista "MARINES" n. 33,
settembre/ottobre 1994 e "UNA NAVE SOTTO DUE BANDIERE" di Marco Saibene, pubblicato sulla rivista "IL SUBACQUEO" n. 311, aprile
1999.
Tutte le foto della nave e del relitto sono tratte da
Internet.
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La vera storia
della nave chiamata "KT" |
In
origine il cosiddetto
"KT"
si chiamava "Eros"
ed era il lussuosissimo yacht del barone e banchiere francese
Henri James Nathaniel Charles de Rothschild.
Questa nave, molto
elegante nelle sue linee slanciate e lussuosamente arredata, fu
varata il 2 marzo 1926 dai cantieri Ramage & Ferguson di Leith
in Scozia (UK), costruzione n. 263 e la sua costruzione fu
seguita attentamente dal capitano Julien H. Evrard che poi ne
assunse il comando.
L’Eros
stazzava solo
26 tonnellate (che a quei tempi era un record di leggerezza) ed
era spinto da due motori diesel da 900 cv ciascuno che
imprimevano alla nave una velocità massima di 14 nodi.
Si trattava di uno
yacht era estremamente lussuoso e rifinito con ogni cura, del
resto apparteneva a un nobile e ricchissimo banchiere che
desiderava ogni confort a bordo, infatti lo yacht aveva un
equipaggio di ben 39 persone.
Le sue misure erano queste: lunghezza totale 65,13 m; larghezza
9,75 m; altezza 5,50 m dislocamento 914 tonnellate lorde.
Inizialmente
l’Eros fu registrato nel 1930 nel Lloyd's register of Yachts per
la Steam Yacht Ltd. di Londra a nome di H. E. Julyan, Leith (UK);
poi nel 1938 fu registrato a nome del barone Henri de
Rothschild, a Le Havre in Francia.
Il 17 aprile 1939,
in occasione della crisi cecoslovacca, l’Eros fu requisito dalla
Marina Nazionale Francese e fu inviato in servizio ad Ajaccio
con la sigla A.D.227. Il 4 maggio fu restituito ai suoi
proprietari civili, ma appena tre mesi più tardi con la Seconda
Guerra Mondiale ormai in corso fu nuovamente requisito e reiscritto nel ruolo militare con la sigla A.D.196.
Rimesso in
servizio a Tolone il 2 settembre 1939, lo yacht fu affidato a
"Marine Marne" e partì per Tangeri in Marocco il 10 novembre
1939, dove ebbe un ruolo rappresentativo anche per le autorità
francesi a Gibilterra, infatti le prime missioni della nave
furono principalmente di carattere diplomatico.
In seguito la nave
fu riclassificata come "scorta convogli" con la sigla P.140, e
su di essa furono installati un cannone da 100 mm e alcune altre
dotazioni militari indispensabili per i nuovi compiti
affidatigli.
Delle sue missioni
militari si ricordano la scorta al sottomarino "Ariane" nel
dicembre 1939, la scorta a due convogli per il trasporto truppe
nel marzo 1940, la scorta al sottomarino "Espadon" nell'aprile
1940 e il riconoscimento dello stato sanitario del rimorchiatore
danese "Geir" il 12 aprile 1940.
La P.140 lasciò il
porto di Tangeri dopo l'armistizio per raggiungere Casablanca il
26 giugno 1940 con il personale della Missione Navale Francese
di Gibilterra. Restò ancora due anni in Marocco, poi la nave fu
richiamata a Tolone dove giunse il 16 giugno 1942. Incorporata
nella "Divisione Metropolitana", la nave fu ribattezzata col
nome di "Incomprise" e venne incaricata della sorveglianza dei
litorali francesi.
Il
27 novembre 1942 i tedeschi occupano Tolone e la maggior parte
delle navi presenti nel porto fu danneggiata e affondata, ma
alcune piccole unità, tra cui l'lncomprise, furono catturate
integre.
Ufficialmente ceduta alla Kriegsmarine dal governo di Vichy, la
nave subì notevoli modifiche nell'arsenale di Tolone per
trasformarla in U Boot Jäger (cacciatore di sommergibili). |
Il lussuoso yacht "EROS"
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Rispetto all'armamento sommario di cui era stata dotata dalla
Marina Francese, le installazioni militari fatte dai tedeschi
furono molto più importanti e trasformarono la piccola unità in
una vera "macchina da guerra" a scapito degli eleganti saloni e
delle strutture lussuose che la impreziosivano. Il ponte
posteriore fu interamente scoperto sino all'altezza della sala
macchine, scomparvero i lussuosi saloni superiori e a poppa sul
ponte principale, così ripulito, furono installati un pezzo da
88 mm, tre piattaforme di artiglieria antiaerea e otto lancia
granate anti-sottomarino.
Sul ponte
prodiero fu installata una piattaforma per una mitragliera
binata da 37 mm, mentre due pezzi antiaerei da 20 mm vennero
disposti su ogni bordo davanti e dietro il ponte di comando.
Inoltre, all’interno dello scafo furono installati degli
apparecchi speciali per l'ascolto dei sottomarini. Queste
importanti trasformazioni richiesero più di nove mesi di lavori
e la prima uscita di prova dell'unità, ribattezzata "U-J 2216",
venne effettuata solo il 2 settembre 1943.
La carriera militare dell’U-J 2216 nella Kriegsmarine fu però
molto breve. Entrato in servizio nella Kriegsmarine il 27 settembre 1943 e assegnato
alla "22 U-J Flottiglia", di stanza a Genova, l' U-J 2216 rimase
bloccato per parecchie settimane a Marsiglia e non riuscì a
raggiungere la base di Genova che agli inizi del 1944. |
La grossa mitragliera
binata da 37 mm installata sulla prua. |
L’affondamento della nave nel 1944
Il 13
settembre 1944, verso sera, l'U-J 2216 si trovava in missione di
scorta di due posamine (Marinefährprahm) l'MFP "2865" e il
"2922", nei pressi di La Spezia. Soffiava un leggero vento da
terra, il tempo era bello e c’era la luna alta nel cielo. Scopo
della missione era la posa di un nuovo sbarramento di mine nei
pressi del porto di La Spezia. Verso le 23,30 le mine furono
tutte sganciate. Compiuta la missione, il piccolo convoglio si
avviò verso Genova con l'U-J in testa seguito dalle due MFP.
Dopo alcuni minuti le navi furono sorprese dal primo passaggio
di un aereo da ricognizione (i vecchi pescatori locali ricordano
benissimo questi voli di ricognizione degli alleati e chiamavano
questo aereo "Pippo"). Dopo aver lanciato alcuni razzi
illuminanti, l'aereo lanciò sei bombe senza successo. Ma ormai
le navi erano state scoperte, infatti una mezz'ora più tardi
l'operatore radio dell’U-J intercettò delle comunicazioni in
inglese che davano ordine a delle vedette veloci di dirigersi
sul piccolo convoglio.
Alle 03,00 i dispositivi d'ascolto di sinistra individuarono
rumori di eliche a circa 25 miglia di distanza, fu dato subito
l'allarme e gli uomini raggiunsero i posti di combattimento, ma
si dovette attendere ancora mezz'ora prima di avvistare il
nemico.
Alle 03,30 alcuni marinai imbarcati su una delle MFP credettero
di riconoscere due sagome all’orizzonte, perciò al fine di
facilitare i rilevamenti l'U-J manovrò di 30 gradi prima su un
bordo poi sull'altro, ma brusii di fondo perturbarono l'ascolto
e il numero degli attaccanti fu sovrastimato in 7 vedette.
L'operatore radio, invece, sentì
le vedette chiamarsi tra di loro coi nomi in codice, "Tiger", "Mystral",
"Tering" e "Daniel": erano dunque 4 e avrebbero attaccato senza
dubbio a due a due.
Alle 03,35 il comandante dell'U-J diede l'ordine di aprire il
fuoco coi pezzi da 37 e da 20 mm di prua senza apparenti
effetti; poco dopo il sistema d'ascolto percepì il tipico brusio
dei siluri filanti sotto la superficie del mare: furono
percepiti nettamente cinque sibili e poco dopo due scie
passarono a sinistra e tre a dritta, la distanza minima dalla
nave fu di 3 metri, la massima di 20.
Sul ponte di comando si tirò un sospiro di sollievo, ma solo per
un breve attimo, perché alle 03,40 esatte una detonazione
sorprese l'equipaggio e fu immediatamente seguita
dall'esplosione delle munizioni e delle granate anti sottomarino
sistemate a poppa della nave. |
La poppa dell'U-J fu interamente distrutta e i serventi ai pezzi
di poppa furono uccisi o gravemente feriti. L'ordine di
abbandono della nave non fu ancora dato e il binato da 37 mm di
prua e il 20 mm di dritta continuarono a sparare aiutati
dall'artiglieria delle MFP.
Il combattimento durò dieci minuti in tutto, perchè l'U-J 2216
imbarcò rapidamente acqua e colò a picco da poppa sollevando la
prua alta sul mare. Tutti gli uomini validi e i feriti si
gettarono in mare, poi in brevissimo tempo la nave scomparve
sotto la superficie del mare;
Sulle MFP tedesche trovarono posto 57 naufraghi, tra cui 13
feriti, mentre una piccola vedetta uscita da Sestri Levante ne
recuperò 9 e altri 6 raggiunsero la costa a nuoto. L'indomani
alcuni pescatori ritrovarono alcuni corpi senza vita. In totale
si contarono 6 morti e 17 dispersi. |
Guglielmo detto"Gugu", il simpatico ed espertissimo barcaiolo
dell'Abyss Diving di Rapallo.
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Il percorso della nostra immersione, il profilo
scaricato dal mio computer e la tabella decompressiva utilizzata.
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Descrizione
dell’immersione
7 maggio 2015
- Dopo una breve navigazione con la veloce barca dell’Abyss
Diving verso le 11 del mattino raggiungiamo il relitto del
famoso "KT"
che si trova a sole 0,9 mg al largo dell’imboccatura del porto
di Sestri Levante.
Dopo due giorni di rinvio finalmente il meteo ci è favorevole e
ci permette di immergerci. La giornata parzialmente nuvolosa è
in miglioramento e il mare è calmo. Guglielmo ormeggia la barca
alla boa sommersa segnalata da un piccolo galleggiante in
superficie. Il relitto del KT è pedagnato e questo ci permetterà
di evitare una discesa in libera fino a una quarantina di metri
di profondità.
Abbiamo pianificato l’immersione e ci immergeremo senza
utilizzare i computer, ma seguendo una tabella decompressiva
calcolata con V-planner: 20 minuti di fondo e 40 minuti di
decompressione, con un run time di 63 minuti complessivi. Anche
se per la profondità pianificata l’ideale sarebbe utilizzare un
Trimix normossico, come gas respiratorio impiegheremo dell’aria e
useremo il Nitrox 50 per la lunga decompressione.
Siamo solamente in sei subacquei. Giorgio Canepa ci fa da guida, io e
Angela lo seguiamo, poi dietro di noi ci sono Sandro, Claudio e
Giorgio, i nostri amici toscani del circolo
"Maremma
Sub"
di Grosseto, tutti subacquei esperti.
Scendiamo abbastanza velocemente lungo la grossa cima che arriva
il relitto, ma la visibilità non è eccezionale e solo poco prima
dell’impatto sul tetto della controplancia riusciamo ad
intravvedere la sagoma scura della nave. Nonostante la
visibilità non sia ottimale si distingue benissimo la sagoma
affusolata della nave, che giace ancora in assetto di navigazione. Dal
ponte si alzano delle strutture metalliche che salgono per
diversi metri e si scorgono le mitragliatrici, ancora in
posizione di tiro. Sul ponte principale c’è il basamento di
un’altra mitragliatrice antiaerea. Del castello di comando è
integro solamente il ponte superiore, mentre del lungo fumaiolo
rimane soltanto la base dietro al castello di comando.
Dietro la plancia di
comando c'è un traliccio di ferro di forma piramidale che sale verso la superficie: questo è il punto più
alto del relitto che arriva a circa 37 metri.
Al terzo minuto di discesa arriviamo sopra la controplancia del
relitto, poi scendiamo fino al ponte inferiore sul piano di coperta
e iniziamo la nostra esplorazione percorrendo la passeggiata di
dritta in direzione della prua. Alla nostra sinistra vediamo gli
oblò che si affacciavano sul grande salone centrale della nave. Arrivati
sulla prua, diamo soltanto una rapida occhiata alla grande
mitragliera binata da 37 mm che si trova su una torretta. La
guarderemo meglio al ritorno.
Proseguiamo nuotando fino
all’estremità dell’affilatissima prua (tipica di uno yacht) orientata verso il mare
aperto, e scendiamo un po’ sotto di essa
per ammirare l’imponente tagliamare da sotto. La vista qui è
davvero impressionante. Dagli occhi di cubia pendono due grossa ancore, tutte concrezionate di ostriche.
Ora siamo
arrivati a 54 metri di profondità e il tempo scorre molto velocemente
purtroppo. Risaliamo sopra la prua e ci soffermiamo a guardare
meglio da vicino la grossa mitragliera binata che avevamo
sorvolato all'andata. E' perfettamente
conservata nonostante siano passati settant’anni dall’affondamento della nave,
ed io scherzosamente mi metto dietro di essa e
"sparo"
ai miei compagni d'immersione.
Sul piano di coperta notiamo un grosso argano con le catene
delle ancore che si infilano negli occhi di cubia e una bitta
d’ormeggio. Dalla coperta, tutta concrezionata, spuntano degli anemoni
gialli, rosa e verdi che formano colonie multicolori e creano
un bel contrasto cromatico con il colore scuro delle lamiere
arrugginite del relitto. Intorno a noi grandi nuvole di delicati anthias rosa ci circondano volteggiando
leggeri nell’acqua. Lo spettacolo è davvero bello.
Proseguendo verso poppa
scorgiamo
un piccolo tambuccio attraverso il quale si può scendere sotto coperta.
Ai lati ci sono
i resti dei sostegni di due mitragliere minori, con i loro
depositi di munizioni. Ci dirigiamo verso poppa nuotando in fila
indiana e passiamo attraverso la passeggiata di sinistra facendo
attenzione a non sollevare sospensione. Mentre nuoto riesco a
vedere qualche piccolo nudibranco e dei begli spirografi che
chiudono il loro ciuffo al nostro passaggio.
Arrivati circa a mezza nave
ci infiliamo in un portellone che si apre su un corridoio lungo
una decina di metri che attraversa tutta la nave e porta sul
lato di dritta. Usciamo dall’altra parte e giriamo a destra
dirigendoci verso ciò che resta della poppa squarciata
dall’esplosione dei siluri. Arriviamo sopra un grande boccaporto
che si affaccia sulla sala macchine. La tentazione di infilarsi
in quella grande e invitante bocca scura per dare un’occhiata ai due
possenti motori diesel è grande. Ho letto che lì dentro, oltre ai motori, ci
sono varie attrezzature, condotte, valvole e poi scalette,
passerelle con corrimano che girano attorno ai due gruppi
propulsori… sarebbe davvero interessante poterle osservare da
vicino, ma il tempo
di fondo pianificato sta per scadere e dovremo rimandare questa
esplorazione ad una prossima immersione mirata, magari
utilizzando una miscela Trimix. Risaliamo verso la coperta
superiore dando uno sguardo alla poppa distrutta dalle
esplosioni, della quale ormai rimangono solo spezzoni di lamiere
contorte avvolte da grandi reti da pesca che vi si sono
impigliate.
Raggiungiamo in breve la cima di risalita e diamo ancora uno sguardo al
relitto ricoperto di bellissime incrostazioni che lo rendono
simile a un giardino tropicale.
Lo scafo è completamente avvolto
da banchi di anthias, boghe, menole e da grandi saraghi… un vero
spettacolo! Fissiamo nella mente un’ultima immagine da
conservare nei nostri ricordi e al 21° minuto
incominciamo la nostra lenta risalita verso la superficie,
seguendo le tappe decompressive che abbiamo pianificato a terra.
La decompressione è molto lunga, del resto siamo rimasti per 20
minuti ad oltre 50 metri di profondità e questo è il prezzo che
inevitabilmente si deve pagare.
Arrivati ai 21 metri cambiamo
miscela respiratoria e passiamo all’EAN50, ma nonostante il
Nitrox la decompressione sarà ancora molto lunga con ben 20
minuti di sosta a 6 metri di profondità. Pazienza. Chiudo gli
occhi e impiego il tempo
rivedendo mentalmente quello che ho potuto ammirare la sotto.
Al 65° minuto rimettiamo la testa fuori
dall’acqua, con 2 minuti di ritardo sul nostro piano
d'immersione, accumulati
nel tratto dal distacco dal fondo alla prima tappa a 27 metri di
profondità. Non è grave...
Ad accoglierci in superficie c’è un bel sole e
il simpatico Gugu (Guglielmo) che ha
seguito con attenzione le nostre bolle per tutto il tempo, con
un occhio alla tabella dei tempi che avevamo lasciato in barca.
Siamo felicissimi. L’immersione, abbastanza impegnativa, è
andata benissimo e la voglia di ritornare qui per esplorare
l’altra parte del relitto e vedere la poppa insabbiata con
l’elica tripale e il timone si fa subito sentire. Adesso la
strada fino a qui la conosciamo… non ci resta che decidere
quando! |
Si sistema l'attrezzatura sulla barca.
In navigazione a 30 nodi verso Sestri Levante.
Giorgio mentre riporta il piano decompressivo sul suo
wet notes.
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Il nostro team con Giorgio Canepa.
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Ultimi preparativi a bordo prima della partenza.
Sotto la mitragliera binata da 37 mm e la prua della nave
con le due ancore. |
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