Il
19 novembre del 1860 a detta dei registri navali a ridosso
della diga di San Nicoletto, nel vano tentativo di accesso
al porto di Venezia, affondò il brigantino prussiano "Hellmuth"
con un carico di carbone coke, un combustibile a basso prezzo,
che non valse la pena recuperare in quegli anni da parte della
proprietà. Il fasciame della nave è ad appena 6-7 metri
sott’acqua e ogni tanto pezzi di questo legno spiaggiano a riva.
Nel
1980 alcuni subacquei davanti alla Bocca di Porto di
Malamocco trovarono i resti una nave risalente al XVI
secolo, il cosiddetto "Relitto del Vetro" che trasportava
un carico vario, probabilmente proveniente dal Medio Oriente,
tra cui un carico di vetro verde grezzo e 50 mastelli di
materiale ferroso. La ricostruzione storica rivelò che ad avere
la meglio sull’imbarcazione fu una tremenda tempesta di
scirocco.
A metà degli anni
’80 a circa 6 miglia dalla Bocca di porto del Lido, su un
fondale di 18 metri, è stato individuato il "Relitto dei
Mattoni", una specie di burcio che
prende il suo nome dal suo pesante ed enorme carico di laterizi
che trasportava.
Nel
1991 sul fondale della “Palada delle Ceppe” (una delle
tante fosse scavate dai gorghi nel fondo del mare) la Sezione
Archeologica dello storico Club Subacqueo San Marco scoprì il
cosiddetto “Relitto delle Ceppe”, una nave datata tra il
XVII e il XVIII secolo, il cui affondamento pare che avvenne a
causa di un violento incendio. Nel 1996 il Gruppo Subacqueo Argo
curò la prospezione del relitto per conto della Soprintendenza
Archeologica del Veneto.
Nel 1992 a circa 12
miglia di fronte a Caorle, su un fondale di circa 30
metri, è stata rinvenuta una nave oneraria datata tra la fine
del II e inizi del I secolo a.C. denominata "Relitto delle
Alghe".
Il suo carico di anfore fu intravisto dai subacquei attraverso
una fessura della nave ricoperta da alghe e “tegnùe”. Un termine
quest’ultimo che deriva dal dialettale di “trattenute”, riferito
alle reti dei pescatori che nello strascico si impigliano nei
sedimenti che si sviluppano nei fondi rocciosi e ricoprono i
relitti affondati.
Nel
1995, durante un rilievo
al largo del porto di Venezia
sul relitto
del cacciatorpediniere della Regia Marina "Quintino Sella"
affondato l’11 settembre 1943 da una
motosilurante tedesca a 11 miglia ,
i subacquei dello storico Club Subacqueo San
Marco trovarono un blocco di carta in parte bruciacchiato. Si
scoprì che si trattava di uno dei portolani di bordo della zona
di La Spezia, e fu consegnato al Museo Storico Navale di
Venezia.
Nel
1998 ai margini dell’isolotto di San Marco di
Boccalama, situato nella laguna centrale e scomparso nel
corso del XVI secolo a causa dell’erosione, furono ritrovati due
antichi scafi del XIV secolo. Seguì nel 2001 lo scavo vero e
proprio coordinato dal Consorzio Venezia Ricerche ed eseguito
dal Consorzio Venezia Nuova, durante il quale si misero in luce
gli scafi e se ne fece il rilievo fotogrammetrico. Secondo la
ricostruzione storica nel 1328 il priore del monastero
agostiniano che sorgeva sull’isola fece zavorrare le due
imbarcazioni e le fece affondare e ancorare con grossi pali
perché servissero da casseri per il rialzo delle rive
dell’isola, minacciata dagli allagamenti. Un espediente che
servì per breve tempo: nel Cinquecento l’isola e il monastero
che vi sorgeva dovettero essere abbandonati.
Per il recupero delle due
imbarcazioni si provvide ad arginarli con una parancolatura di
ferro per asciugarne l’acqua all’interno. Dopo le misurazioni e
il prelievo dei reperti più importanti le due imbarcazioni sono
state ricoperte e il sito riallagato, in attesa di un ulteriore
finanziamento che permetta di completare il lavoro
recuperandole, restaurandole e ricoverandole degnamente
all’Arsenale di Venezia. Il loro recupero e restauro sarebbe
stato infatti complicato, lungo e oneroso, mentre in attesa di
dare loro una collocazione adeguata il fango del fondale li
avrebbe conservati perfettamente.
Gli studi
effettuati sui due scafi hanno permesso di appurare che uno
era un burchio, un’imbarcazione da trasporto a fondo piatto
utilizzata sui fiumi, mentre l’altro era una galea della
Serenissima lunga 38 metri, identificabile per la caratteristica
forma allungata dello scafo e la presenza della tipica scassa
nella zona prodiera arretrata. Si è trattato di una scoperta di
grandissima importanza e unica nel suo genere. Per la prima
volta in assoluto è stato individuato un relitto di galea,
grazie al quale poter conoscere le tecniche costruttive ancora
segrete dei Priori dell’Arsenale di Venezia.
Poco
distante dal Golfo di Venezia, a circa 8 miglia da Punta
Tagliamento, nel 2001 è stato scoperto per caso da un
peschereccio sul fondale sabbioso a 16 metri di profondità, il
relitto del brigantino italo-francese "Mercure" che
faceva parte della flotta del Regno d’Italia, affondato nella
notte del 21 febbraio 1812 durante la battaglia di Grado. Questa
nave ha un’importanza fondamentale dal punto di vista
archeologico, non solo per l’enorme quantità di oggetti
recuperati, in eccellenti condizioni di conservazione, ma
soprattutto perché siamo di fronte all’unico relitto noto di una
nave del Regno d’Italia napoleonico.
Dal relitto sono stati recuperati
sette scheletri umani e circa 900 oggetti, molti riferibili
alla cucina e alla cambusa, come botti, posate, bottiglie,
calderoni e un contenitore in latta, il primo ritrovato finora,
usato per la conservazione di cibi. |