MORTADELLA'S DIVE... ovvero immersione in stile romagnolo                                                                   

 

Venerdì 20 agosto 2010

Immersione sul relitto della piattaforma  metanifera "PAGURO" al largo di Ravenna

 

Il gommoncino "Chimaera 2" del Dive Planet...

 

Arrivo al diving “Dive Planet” di Rimini poco dopo le otto del mattino assieme ad Angela. La sede, che si trova a pochi metri dall’imbarco alla sinistra del porto canale, a fianco della nuova darsena "Marina di Rimini", è veramente molto bella: circa 400 mq. con un grande e fornito negozio di attrezzatura subacquea, un centro ricarica aria/nitrox con ben tre compressori da 16.000 lt./ora e un attrezzata officina per le riparazioni. C’è persino una piccola piscina nella quale si svolgono i corsi sub!

Il primo impatto è assolutamente positivo e, pur nella frenesia dovuta all’arrivo contemporaneo di una ventina di subacquei, mi rendo conto di essere in presenza di una macchina organizzativa collaudata e perfetta.

Lascio i miei dati all’efficientissima e simpatica Isa che mi accoglie con un sorriso al desk della reception e, una volta sbrigate le varie formalità burocratiche (scarico responsabilità, visione dei brevetti, ecc.), comincio a preparare la mia attrezzatura all’esterno del diving. Analizzo il contenuto della mia bombola di nitrox, compilo il registro di carico del nitrox e, dopo aver assemblato il mio gruppo, non debbo fare altro che ascoltare l’accurato briefing dell’immersione che andremo a fare, mentre lo staff del diving si occupa di trasportare tutta la mia attrezzatura fino al gommone e di caricarla a bordo.

Poco dopo, fatti solo pochi passi con la muta indossata a metà, arriviamo al gommone e ci imbarchiamo. Più che un gommone il “Chimaera 2” è una bestia: lungo 10 mt., largo 3,60 mt., con tubolari da 70 cm., spinto da due potentissimi motori Yamaha da 250 cv., 4 tempi, con il gambo extralungo ed eliche controrotanti ravvicinate, è in grado di raggiungere la pazzesca velocità di 50 nodi!

Staremo a vedere…

Saliamo a bordo in 19 subacquei con tutta la nostra attrezzatura e, oltre a noi, ci sono anche 4 guide e 1 pilota, ma lo spazio sul gommone è abbondantissimo e credo che potremmo tranquillamente imbarcare almeno un’altra dozzina di persone.

Poco dopo le nove usciamo dal porto canale di Rimini e ci dirigiamo al largo con rotta verso nord. Il mare è calmissimo, nel cielo c’è un bel sole e la temperatura dell’aria sale rapidamente fino a toccare i 28-29 gradi. L’atmosfera a bordo è molto allegra e la musica diffusa dal potente stereo di cui è dotato il gommone la rende ancora migliore. Ma è soprattutto lo spirito delle guide romagnole che scherzano allegramente tra loro a trasmettere energia e voglia di divertirsi. Anche se non conosco nessuno a parte mia moglie e il mio amico Stefano di Pesaro mi sento perfettamente a mio agio. Dopo meno di 40 minuti di navigazione a “velocità di crociera” (...intorno ai 35 nodi!!) arriviamo sul nostro punto d’immersione, sulla verticale della piattaforma metanifera “Paguro”, che si trova una quindicina di miglia al largo di Marina di Ravenna.

Ormeggiamo il gommone a una delle grosse boe assicurate al relitto e iniziamo tranquillamente a prepararci per la nostra immersione. Vengono formati quattro gruppi in base ai livelli di esperienza dei sub e verso le dieci saltiamo tutti in acqua. Angela ed io, assieme all’amico Stefano e ad altri due sub ci immergeremo con il “boss”, vale a dire con il simpaticissimo ed esperto Stefano (detto “Capt. Steve”), che è uno dei titolari del Dive Planet.

Ci siamo! Alle 10:08 scendiamo in fila lungo la grossa cima che conduce alla parte più alta delle sovrastrutture del relitto e finalmente ha inizio la nostra immersione.

Un traliccio contorto

Profondità max 21,3 metri

Temp. max 25 °C min 16 °C

Tempo d'immersione 61 minuti

Un gruppo di corvine

Non c’è un filo di corrente e la visibilità è buona, valuto all’incirca una decina di metri. Scendendo lentamente guidati dalla cima vediamo quasi subito il relitto poco sotto di noi. E' uno spettacolo imponente. Tutte le sovrastrutture di ferro del “Paguro” sono ricoperte di cozze e di ostriche e intorno nuotano immense nuvole di pesci. La temperatura dell’acqua, che in superficie era di 25 gradi, scende rapidamente fino a 20 gradi, ma con la mia muta umida da 5 mm. sto perfettamente.

Iniziamo il nostro giro di esplorazione scendendo sotto i tralicci che sorreggevano la grande piattaforma in legno che serviva per far appontare l’elicottero. Ovviamente il tavolato in legno è stato spazzato via dal mare dopo quarantacinque anni di permanenza in mare, ma l'intricata struttura in ferro offre scorci molto suggestivi. Scendiamo un poco fino a raggiungere il grande modulo che conteneva gli alloggi dell’equipaggio e le officine e ci affacciamo alle diverse aperture che ci permettono di dare un'occhiata all'interno. A mano a mano che scendiamo più in profondità la visibilità diminuisce, ma resta comunque discreta e ci permette di ammirare molti particolari che illuminiamo con le nostre torce. Volgendo lo sguardo verso l’alto le lame di luce che giungono dalla superficie e si riflettono sulla struttura del relitto creano degli scorci molto suggestivi. E' uno scenario davvero bello!

Gironzoliamo per un po’ attorno al blocco degli alloggi e poi scendiamo ancora un po’ e ci infiliamo nel groviglio dei tralicci che sorreggevano la piattaforma. Attorno a noi ci sono migliaia di pesci: saraghi, cefali, tantissimo pesce azzurro e branchi di corvine che nuotano tranquillamente. Alcuni esemplari sono molto grossi e si lasciano avvicinare senza particolari problemi, mentre le nostre torce illuminano la loro livrea argentea fasciata di giallo.

All’interno di una tubazione scorgo un bel grongo che ha fissato qui la sua dimora e lo mostro ai miei compagni, mentre poco dopo Steve trova due bei granchi facchino e si diverte per un po’ a farli camminare sul dorso della sua mano. Scendiamo ancora un po’, ma la temperatura di colpo si abbassa fino a 16 gradi e il brusco termoclino crea un effetto Morgana che ci annebbia la vista. Superata la fascia dell’aloclino la visibilità cala ulteriormente e la sospensione che si alza dal fondo sabbioso rende tutto opaco e giallastro. Ora ci troviamo a circa 21 metri di profondità e fa piuttosto freddo. E’ inutile scendere ancora più in basso, dato che sopra la visibilità è migliore e la temperatura è molto più gradevole. Perciò risaliamo di qualche metro e torniamo a nuotare in mezzo alla selva di tubi che formano il traliccio principale del “Paguro”. Ci infiliamo sotto una grossa lamiera e riemergiamo in una piccola cupola d’aria che si è formata all’interno di questa cavità a 17 metri di profondità. Lo spazio è piuttosto angusto, ma riusciamo ugualmente a starci tutti e sei e, una volta emersi, ci togliamo gli erogatori di bocca scambiando due parole. Le nostre voci sono distorte a causa della pressione dovuta alla profondità e l’effetto è divertente. Poi, ad uno ad uno ci lasciamo scivolare giù sotto la lamiera che fa da tetto a questa specie di camera sommersa e ritorniamo a nuotare in mezzo alla struttura del traliccio principale.

Il mitico Capt. Steve ci guida sicuro zigzagando lentamente tra i bracci del traliccio, seguendo un percorso che deve aver fatto centinaia di volte e noi lo seguiamo ordinati sebbene l’orientamento non sia facile. Mi sento benissimo. Respirare l’EAN32 che il Dive Planet offre free a chi lo desidera mi dà una grande lucidità e un notevole comfort. Posso davvero godermi tutti i particolari che man mano mi si parano davanti e mi lascio andare con il pensiero nel ricordo di altri relitti, ben più profondi, che sono rimasti impressi nella mia mente. Questa piattaforma metanifera è veramente grande: sono convinto che ci si potrebbe nuotare attorno per delle ore senza mai stancarsi. Dopo un po’ ritorniamo sul ponte che si trova sopra gli alloggi dell'equipaggio. Steve prende alcune grosse cozze, le apre con il suo coltello e le offre in pasto ai pesci che si avvicinano senza alcun timore e mangiano tranquillamente dalle sue mani. Sono talmente abituati a questo rituale, che mi è sufficiente prendere tra le dita un guscio vuoto perché diversi pesci mi si avvicinino e mi becchino le dita in cerca del cibo che si aspettavano che gli offrissi.

Abbiamo ancora parecchio gas nelle nostre bombole, perciò facciamo ancora un altro giro scendendo un po’ più sotto, tornado a nuotare in mezzo alle tubature che formano i tralicci. Poi Steve ci riaccompagna sul ponte a una dozzina di metri di profondità e ci lascia liberi di gironzolare da soli, mentre lui si dedica a qualche scatto fotografico. Io ne approfitto per scendere di nuovo fino al grosso osteriggio che si affaccia sul locale degli alloggi e per tentare una timida penetrazione. Sono da solo perché Angela è rimasta a nuotare più sopra, per cui mi limito ad entrare con tutto il corpo nell’apertura, guardarmi attorno, girarmi e uscire subito dopo. Dopo essermi affacciato a un grosso oblò ed essermi reso conto che con la bombola indosso non sarei riuscito a entrare, decido di risalire e raggiungo di nuovo Angela e il mio gruppetto, che ormai si è ricongiunto a tutto il resto dei sub che hanno quasi terminato la loro immersione.

Dopo qualche altro minuto risaliamo in prossimità della cima della boa alla quale è ormeggiato il “Chimaera 2” , dove facciamo la nostra sosta di sicurezza nuotando a mezz’acqua data la totale assenza di corrente. Alle 11:09 termina la mia immersione e poco dopo sono di nuovo a bordo del gommone. Un’ora sul relitto non mi è bastata e la voglia di ritornarci presto si fa subito sentire. Davvero un bel tuffo!

Una volta risaliti tutti a bordo e sistemata la nostra attrezzatura il gommone si avvia molto lentamente, per darci il tempo di consumare tranquillamente uno spuntino a base di ottima mortadella e focaccia schiacciata, accompagnate da qualche bottiglia di Coca Cola ghiacciata. Che meraviglia! La musica diffusa dal potente stereo di bordo rallegra l’atmosfera, ma è soprattutto lo spirito cordiale e gioioso dell’equipaggio romagnolo ad allietare il nostro viaggio di ritorno. Manca solo qualche bottiglia di Sangiovese... la prossima volta ci penso io!

Terminato lo spuntino, il pilota accelera decisamente e l’urlo dei due potenti Yamaha accompagna l’impennata del gommone che vola sull’acqua in direzione di Rimini. Dopo un tempo troppo breve per godersi la piacevole navigazione sferzati dagli spruzzi dell’acqua, arriviamo in porto che non è ancora mezzogiorno.

Dopo aver sbarcato l’attrezzatura, che lo staff efficientissimo ci riporta sino al diving, non ci resta che sciacquare tutta la nostra roba, fare una bella doccia calda, saldare l’onesto conto e salutarci, sicuri di ritornare presto a trovare questi nuovi amici romagnoli.

Non avrei mai pensato che l'Adriatico, sul quale io vivo e che conosco come torbido e sabbioso, potesse offrire un'immersione come questa, e invece... debbo proprio ricredermi!

Ma le piacevoli sorprese di questa bellissima giornata non sono ancora finite, infatti ad appena trenta metri di distanza dal diving, proprio di fronte all’imbarco del gommone, si trova il ristorante “4 Colonne, convenzionato con il Dive Planet, dove io, Angela e Stefano decidiamo di fermarci a pranzo. Il simpaticissimo titolare ci propone tagliolini allo scoglio, polpo alla griglia (davvero eccezionale!), sorbetto al limone con liquore alla liquirizia e una buona bottiglia di Trebbiano di Romagna... Che dire? Non può esserci migliore conclusione di una giornata fantastica, che ripeteremo presto!!

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