L’emozione di tornare in acqua... dopo quasi un anno
Al tramonto lungo la Riviera del Conero |
Domenica di giugno,
tardo pomeriggio, davanti al mio Circolo subacqueo.
«Ma quando… stasera?» Sono colto di sorpresa…. Non avevo la minima idea di fare un tuffo qui sotto casa mia. Ormai non vado in acqua da metà ottobre dello scorso anno… sono passati 247 giorni. In venticinque anni che faccio immersioni non mi era mai capitato di restare “a secco” per un periodo così lungo. Sono capitate tante cose quest’inverno e questa primavera, il Covid-19, le restrizioni, vari problemi in casa… non ho più avuto modo di andare sott’acqua. E’ troppo tempo.
Mia moglie insiste
«Vai, che ti farà bene.» Dove sarà la mia attrezzatura “ricreativa”?
Arrivo a casa, scendo in
garage e comincio a cercare. Dov’è un octopus? Nonostante il mio
ordine quasi maniacale non lo trovo. Chiedo aiuto a mia moglie che, ridendo, mi ricorda che l’anno scorso avevo cannibalizzato il mio octopus per attaccare gli erogatori alle S80 di bailout. Già… ma questa sera devo scendere in assetto “rec”e non trovo i pezzi necessari. Non ho tempo per rimontarli. Decido di usare gli erogatori del bibo (che non uso più da due anni ormai). Sono in configurazione “DIR”, con un routing adatto al bibombola, doppi primi stadi, la frusta lunga, la frusta della stagna, moschettoni, elastici, manometro… un accrocchio mostruoso dovendolo montare su una piccola bombola da 10 litri. Avrò bisogno di una bombola con il doppio attacco DIN e so che al Circolo ce ne sono poche. Pazienza. Non ho altro tempo, ormai sono quasi le otto. |
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Mentre navighiamo verso est con un po’ di onda di prua, osservo le ultime luci del tramonto dietro il profilo scuro del Monte Conero. Il sole si è tuffato nel mare e il cielo è tinto di arancio. E' uno spettacolo davvero mozzafiato. Arriviamo in dieci minuti alle boe fisse che segnalano il relitto e ormeggiamo il gommone.
In pochi minuti siamo
pronti per il nostro tuffo. Confesso che mi sento un po’ emozionato.
Anche se i gesti compiuti centinaia di volte li faccio
automaticamente, ho il timore di aver dimenticato qualcosa. Ormai ho
acquisito gli automatismi necessari per le immersioni con il
rebreather, e il ritorno alla configurazione ricreativa fa sì che
sia un po’ impacciato. E’ solo questione di un attimo però. In fondo
immergersi è come andare in bicicletta: una volta imparato non si
dimentica più.
Accendo la mia torcia
principale, sgonfio il gav e senza pensarci tropo scendo in vista
della catena della boa senza nemmeno il bisogno di attaccarmi,
perchè non c’è un filo di corrente. Poco sotto la superficie le onde non si
avvertono più. L'acqua è chiara. Appena sceso di un paio di metri vedo già la prua del
relitto e la bitta alla quale è assicurata la catena. Incredibile!
La temperatura è gradevole. Si sente il termoclino: dai 26
gradi della superficie si arriva a 20 gradi, ma mi sento bene. Mi godo il gorgoglio dell’aria che esce dal mio erogatore e riprovo una sensazione quasi dimenticata, dato che lo scorso anno mi ero immerso solo con il silenzio del mio rebreather. La visibilità è incredibilmente buona questa sera. Stimo che sia di almeno 7-8 metri, forse anche di più. Basta non pinneggiare verso il fondo per evitare di alzare nuvole di fango e si riesce a vedere un bel tratto del relitto. Una cosa piuttosto rara nelle basse acque dell’Adriatico. Con la torcia illumino alcuni grossi scorfani che stanno appoggiati immobili sulle lamiere arrugginite e hanno preso il loro stesso colore. Continuo a nuotare verso poppa lungo la murata di sinistra, ma a un tratto il relitto sparisce alla mia vista... La nave da diverso tempo si è spezzata in due tronconi e le mareggiate l’hanno fatta sprofondare quasi completamente nel fango. Ormai la murata in certi punti è poco più alta di un metro. Seguendo le luci dei miei compagni d’immersione, che conoscono questo "ferro" molto meglio di me, trovo il troncone di poppa del relitto, quello nel quale una volta c’erano il cassero con la timoneria e le cabine dell’equipaggio. Ormai le lamiere della nave sono completamente collassate e, nonostante la buona visibilità, è impensabile penetrare nel relitto come in passato ho fatto tante volte. Pezzi di lamiera pendono dal soffitto come lame affilate, e numerosi cavi di gomma che ondeggiano nella leggera corrente consigliano di stare ben alla larga da quei locali ormai pieni di uno spesso strato di limo. |
Dopo i tuffi tra i 60 e i 70 metri di ottobre in Sardegna il Dive Log del mio computer registra il tuffo a 14 metri su relitto della "Nicole"
Il mio computer riporta il classico profilo "a dente di sega"... ma immergendosi sulla m/n "Nicole" non si può fare diversamente. |
Un grappolo di minuscole flabelline. |
Continuo a scrutare gli angoli più nascosti del relitto puntando la mia torcia in cerca di vita. All’interno di un tubo scorgo la coda di un grosso grongo. Vado dall’altra parte del tubo per osservarne il muso. Chissà se è il solito grongo che vive qui da diversi anni e che ho visto altre volte? Davanti al muso del grosso pesce nuota una miriade di piccolo gamberetti rossi, e i loro occhietti illuminati dalla mia potente torcia brillano come piccoli tizzoni ardenti.
Il tempo scorre
lentamente. Sono in acqua da una ventina di minuti e do un’occhiata
al manometro. Ho sulle spalle solo una piccola bombola da 10 litri e
anche se sono a bassa profondità e non dovrò fare decompressione
devo preoccuparmi della mia scorta di gas. Devo cercare di
respirare in maniera lenta e regolare per risparmiare aria, e
confesso che abituato al rebreather con il quale il consumo del gas
è l’ultimo dei problemi, ci metto un po’ a riadattarmi alla
respirazione in circuito aperto. La corvina è uno dei pesci che preferisco. Bella, elegante, con il corpo allungato compresso ai fianchi, con la testa a punta e la fronte alta. Il suo colore è inconfondibile: il corpo è bruno dorato con riflessi argentei, le pinne inferiori sono nere con il bordo anteriore bianco, mentre la pinna caudale e la pinna dorsale doppia sono tendenti al giallo. |
Appoggiati sul camminatoio laterale della coperta vedo parecchi scorfani, perfettamente mimetizzati. Nell’acqua libera nuotano saraghi e occhiate e un’infinità di piccoli pesci che sono attirati dal fascio di luce della mia torcia. Vista la buona visibilità, che permette di vedere facilmente le luci di ciascuno di noi, nuotiamo ciascuno per conto proprio, tralasciando il “sistema di coppia” che in acque più profonde sarebbe sempre necessario. Qui la massima profondità non arriva a 15 metri e in caso di necessità una risalita in superficie può avvenire in ogni momento. Continuo la mia immersione godendomene ogni momento Finalmente dopo tanto tempo ho ritrovato la pace e la serenità che provo solamente stando sott’acqua. Vengo da un periodo piuttosto difficile che ormai dura da diversi mesi, e questo mi fa apprezzare ancora di più questa immersione notturna in solitario. Nuotando lentamente arrivo al punto dal quale siamo partiti, e mi “tuffo” oltre la prua per vedere il possente tagliamare da davanti. La prua è forse il punto più bello di ciò che rimane della "Nicole". Si vedono bene le ancore, la catena che esce dall’occhio di cubia, il grande argano salpa ancore e le grandi bitte alle quali sono assicurate con delle catene le boe che indicano il relitto in superficie. |
Ovviamente dopo l'immersione si cena con gli amici. Una piadina farcita e una birra sono meglio di niente. |
Resto ancora per qualche minuto ad indugiare sopra la prua, il tempo di ammirare un’alga alla quale sono aggrappate decine di minuscole flabelline, un nudibranco dallo sgargiante colore violetto lungo un paio di centimetri. Sono trascorsi una quarantina di minuti, un tempo ragionevole per la mia prima immersione dell’anno con una piccola bombola da 10 litri sulle spalle e senza nessun allenamento. Vedo che anche i miei compagni stanno risalendo. Risalgo lentamente dai 10 metri fino a 3 e mi sforzo di rimanere in assetto orizzontale come se dovessi fare la sosta di decompressione, ma ovviamente non ce né alcun bisogno. E’ la prima immersione in curva NDL che faccio dopo oltre un anno. Fare un po’ di esercizio è comunque sempre utile.
Riemergo dopo 43 minuti.
Ormai è buio, ma s’intravede ancora un certo chiarore rossastro
dietro al profilo scuro del Monte Conero. Paolo mi prende le pinne
che gli porgo con una mano ed io risalgo dalla scaletta. Ad uno ad
uno saliamo tutti in barca con le tipiche facce soddisfatte del dopo
immersione. Acqua piuttosto chiara, un sacco di pesce, consumi
regolari. E’ stato un bel tuffo e siamo tutti soddisfatti. Adesso si
andrà insieme a cenare da qualche parte. |