Sono nato in riva al
mare. Ho cominciato a navigare in barca a vela da piccolo – avevo
solo 9 anni – e ho continuato a farlo per tanti anni. Poi un giorno
ho cominciato ad immergermi sott’acqua. Ormai lo faccio da parecchio
tempo, e mi sono immerso un po’ dappertutto. Mare, lago, fiume...
non ha importanza dove mi immergo, perché ovunque c’è acqua io mi
sento bene. Ho scritto anche un libro dal titolo “Ovunque c’è
acqua”, nel quale ho cercato di descrivere le emozioni che provo
quando mi immergo in qualsiasi specchio d’acqua.
L’acqua, specialmente quella del mare, è il mio
elemento naturale. In fondo anch’io, come ogni essere umano, sono
stato “immerso” nella pancia di mia madre per molti mesi… Inoltre,
discendendo da due generazioni di ammiragli della Marina Militare,
posso dire che il mare fa proprio parte del mio DNA. Era scritto che
io dovessi essere innamorato del mare.
Il mare è un mondo meraviglioso e affascinante. Lo
sanno bene i pescatori, i velisti, i subacquei, ma lo sanno anche
tutti quelli che, come me, da bambini hanno indossato una mascherina
e hanno messo la testa sotto il pelo dell’acqua per guardare le
meraviglie sommerse: i pesciolini, i granchi, le conchiglie.
Nella natura, si sa, ci
sono molte cose meravigliose, ma è
la capacità di meravigliarsi che manca agli occhi
di molti osservatori distratti. A me, invece, vedere il mare
da sempre un’emozione speciale e ancora
oggi, dopo tanti anni, immergermi
sott’acqua
m’incanta e mi meraviglia come quand’ero bambino.
Amo profondamente il mare e ho la fortuna di vivergli
vicino, di poterlo vedere ogni mattina all’orizzonte quando apro la
finestra, di sentirne il profumo portato dal vento, di potergli dare
il buongiorno.
Il mare, così sterminato e terrificante nella sua
furia, mi da pace interiore ed energia, e quando sono immerso nella
sua profondità m’invita alla riflessione.
A volte, verso il tramonto, scendo fino in spiaggia,
mi siedo in riva al mare e guardo lontano, senza posare lo
sguardo su nulla di preciso. Osservo semplicemente l’infinito e i
miei pensieri si perdono nella vastità del mare.
Quando c’è una mareggiata, spesso vado in riva al
mare per assistere da vicino alla sua furia impetuosa. Guardo la
massa d’acqua che si muove tutta assieme, le onde che si rincorrono
e s’infrangono sugli scogli, gli spruzzi bianchi che s’innalzano
fino al cielo, sento la rabbia del mare che urla insieme al vento,
il sale che mi si secca sulla pelle… mi sento felice. Non potrei
vivere lontano dal mare. Io ho bisogno dell’acqua!
Il lago, invece, mi da sensazioni molto diverse.
L’acqua del lago di solito è calma, ma è scura e impenetrabile.
L’acqua del lago sgomenta chi non è abituato ad immergercisi.
Sarà per il freddo, per l’acqua generalmente scura,
quasi nera, per quella sensazione di trovarmi sospeso su un abisso
senza fine, per quella forza invisibile che mi attrae verso il
fondo… ma l’immersione in un lago per me è davvero qualcosa di molto
particolare.
Non ricordo chi tanto tempo fa mi ha detto che
immerso nel mare ti diverti, mentre nel lago t’immergi e basta. In
fondo aveva ragione, perché quella nel lago è un’immersione fine a
se stessa, è l’immersione per l’immersione.
Il lago non è divertente. Il divertimento è tutta
un’altra cosa, perché di solito in un lago non c’è molto da vedere,
mancano i pesci e tutti quei colori meravigliosi che rendono
affascinante il mondo sottomarino. Anche la vegetazione è molto
scarsa, e perlopiù di un colore bruno uniforme.
Poi, man mano che si scende, tutto viene inghiottito
dall’oscurità. Nella profondità del lago il nero è il colore
dominante. La luce arriva a fatica, l’ambiente circostante non offre
molto da vedere, però c’è tanto da “ascoltare”, soprattutto se
stessi e il profondo silenzio.
Già, il silenzio… la cosa che mi ha colpito di più la
prima volta che mi sono immerso in un lago. Un silenzio assoluto,
quasi irreale, un silenzio che al mare non è possibile sentire.
E poi l’acqua… anche l’acqua nel lago è particolare.
Sempre fredda e di solito verdastra e lattiginosa nei primi metri,
specialmente in estate quando le alghe fioriscono e creano uno
strato superficiale di una sorta di miscela color “latte e menta”
assolutamente poco invitante. Ma scendendo in profondità l’acqua
spesso diventa cristallina, per poi tramutarsi in una coltre nera e
impenetrabile come la pece… un nero assoluto, profondo, cupo, un
nero che quasi sgomenta.
Quando mi immergo in un lago e sento il freddo che
aumenta man mano che scendo più in profondità, avverto una paura
sottile che s’insinua dentro di me.
Anche se oramai sono abituato a questo tipo
d’immersioni, provo ancora un leggero senso di disagio interiore, ma
ogni volta il desiderio di scendere per esplorare la mia anima mi fa
immergere lo stesso. Poi, una volta sceso in profondità, il mio
disagio sparisce per lasciare il posto a sensazioni diverse e
particolari che sono amplificate dal buio che mi circonda.
Il nero mi avvolge, scatena i miei
pensieri, mi lascia immaginare quello che non è.
Alla luce tutto è chiaro e
definito, ma nel buio del lago è molto diverso. Nel nero del lago si
è veramente “soli” con se stessi e con i propri pensieri. Quando
arrivo dove non filtra più la luce del sole dalla superficie, la mia
lampada proietta inutilmente il suo fascio in lontananza cercando di
penetrare le tenebre, ma oltre c’è solo il nero più profondo. Un
nero trasparente, che ricopre tutto, pareti, rocce e oggetti. Un
nero profondo e persino accecante che m’induce a prestare la massima
attenzione a quello che sento e a tutto ciò che mi circonda.
Il lago, ancora più del mare, pretende rispetto e
grande attenzione. Però anche nel lago, come in mare, mentre scendo
in profondità l’ansia e lo stress che normalmente provo qui sulla
terra si trasformano e si sciolgono a poco a poco in una sensazione
di dolcissima voluttà.
«Là,
tout n’est qu’ordre et beauté, luxe, calme et volupté»,
scriveva Baudelaire parlando del mare, e secondo me soltanto chi sa
assaporare il piacere intenso di un’immersione profonda riesce a
provare questo senso di quiete assoluta e di voluttuoso piacere.
Perciò, in fondo, anche il nero profondo del lago è bello.
Il buio, il vuoto, il silenzio, l’incognita
dell’ambiente circostante, all’inizio mi provocavano un leggero
senso di angoscia, ma un poco alla volta questo ambiente, che al
primo impatto si mostra infido e ostile a chiunque, mi è diventato
persino amico e il mio amore per l’acqua me l’ha fatto apprezzare
completamente. A volte, infatti, è solo grazie al buio che si
possono scorgere quei riflessi di vita che vale la pena di vivere ma
che alla luce del sole ci sembrano insignificanti. Il nero del lago
aiuta a scoprirli.
Adesso, dopo tanti anni, quando mi immergo in un lago
mi sento bene e questo ambiente, così diverso dal mare, amplifica
ogni sensazione e agevola la conoscenza dei miei sentimenti più
nascosti, riuscendo a regalarmi delle emozioni molto particolari.
Spesso io mi sono domandato perché mi immergo e che
cosa mi attrae dell’immersione in profondità. Ho cercato di capire
le mie motivazioni, e ho scoperto che sono diverse.
Innanzitutto c’è la ricerca di me stesso. Certe volte
sott’acqua mi sono sorpreso a pensare a che cosa può esserci più in
profondità, e questa incognita mi ha spinto a scendere ancora più
giù, per esplorare, per cercare… per scavare a fondo dentro di me.
Perché quando sono laggiù e mi sento completamente fuso in un
tutt’uno con l’acqua che mi circonda, per qualche brevissimo istante
io riesco a guardarmi dentro e a “sentire” qualcosa che in
superficie non riesco a cogliere.
E poi, quando mi immergo riesco ad avere la netta
percezione del mio corpo. Questa sensazione molto particolare mi ha
sempre affascinato. Fin dalle mie prime immersioni, la cosa che più
mi ha colpito e che continua ancora a stupirmi, è che sott’acqua mi
accorgo di respirare. Mentre fuori all’asciutto è naturale non
rendersene assolutamente conto, in profondità si percepisce ogni
singolo respiro.
Un’altra ragione che mi spinge ad immergermi ogni
volta che posso è che sott’acqua c’è la tranquillità assoluta. Il
senso di quiete e di serenità che provo laggiù – mentre sono da solo
con me stesso e sento il respiro e ogni battito del cuore – io non
lo provo da nessun altra parte. Questo riuscire ad ascoltarmi è
bellissimo e misterioso allo stesso tempo, e se mi immergo in
profondità oppure in un lago questa sensazione è ancora più forte.
Ogni volta che mi tuffo sott’acqua mi trovo immerso
in uno spazio sconfinato senza dimensione e provo una sensazione di
gioia, di quiete interiore e di totale benessere. Perciò, per me
immergermi ormai è diventata una necessità, perché soltanto
l’immersione profonda, il silenzio e la quiete mi danno la
possibilità di ritrovare me stesso e di ascoltarmi dentro. Laggiù io
riesco veramente a “sentire” la mia anima.
Amo qualunque tipo d’immersione, e pur prediligendo
il fascino misterioso dei relitti e delle grotte, l’ambiente in cui
mi immergo per me non fa grande differenza, però quando scendo in
profondità è tutto molto diverso: le sensazioni che provo sono più
intense e particolari, tutto si amplifica e persino il tempo assume
un’altra dimensione ed è come se si dilatasse.
Immerso in profondità riesco a percepire tutte le mie
ansie e le mie paure e ad avere una maggiore consapevolezza di me
stesso e dei miei limiti, ma provo anche un senso di appagamento
interiore e di serenità che mi fanno stare bene. Non so se questa
sensazione di benessere sia dovuta all’ebbrezza che normalmente si
prova in profondità a causa dell’azoto respirato ad alta pressione,
oppure alla mia incoscienza, o all’euforia per le meraviglie sempre
diverse che ogni volta scopro sott’acqua, ma io laggiù mi sento bene
come in nessun altro posto al mondo. Quando riemergo in superficie
sono felice e completamente appagato per quello che ho appena fatto,
e non desidero altro che ritornare presto laggiù.
Non è facile descrivere a parole le sensazioni che
provo quando mi immergo. Sono emozioni molto profonde. Bisogna
provarle... sentirle dentro di sè. In profondità, ad esempio, io
provo una strana sensazione di conflitto interiore: mi sento
combattuto tra la ricerca di un mio limite – che non so ancora quale
possa essere – e la paura di scoprirlo, per poi rendermi conto di
non poter andare più profondo.
E poi c’è l’acqua… il mio elemento naturale. In ogni
immersione mi compenetro completamente nell’elemento liquido che mi
circonda e nuoto senza peso come in un “viaggio” al di là del tempo
e dello spazio, cullando dentro di me la speranza di vedere qualcosa
che renderà quel tuffo un momento indimenticabile. Però, anche se
durante l’immersione non vedo nulla di particolare, le emozioni che
provo sono ugualmente forti. Di solito conservo queste emozioni nel
fondo della mia memoria come ricordi da rivivere, perché – come
ripeto sempre – per me il ricordo è il più bel gioco della
fantasia. A volte però, questi momenti magici riesco a
catturarli sotto forma di immagini e di racconti, per rimanere
fissati per sempre e condividerli con chi ha la mia stessa passione.
Forse, leggendo tra le righe del racconto di
un’immersione che ho fatto un po’ di tempo fa nel lago di Garda, si
riescono a comprendere molti più “perché” di quanti non riesca a
descrivere con le mie parole…
* * * * *
Un tuffo nel nero del lago
|
Sono le due del
pomeriggio di una caldissima giornata estiva. Mi trovo con
degli amici nei pressi di San Felice del Benaco, un grazioso
paesino che si affaccia sulla sponda bresciana del basso
lago di Garda.
Lascio la riva della Baia del Vento e,
assieme ad altri quattro subacquei, mi dirigo con la barca
verso l’Isola del Garda, un isolotto famoso per il bel parco
nel mezzo del quale c’è la grande villa appartenuta alla
famiglia Borghese.
La nostra navigazione è brevissima. L’isola
si trova proprio di fronte alla baia e dopo pochi minuti
gettiamo l’ancora davanti a Punta Torretta, a Nord-Est
dell’isola, su un fondale melmoso di una dozzina di metri.
E’ qui che c’immergeremo.
Ci prepariamo restando in silenzio. Gesti
metodici ripetuti centinaia di volte. Siamo un team di
subacquei esperti e ognuno di noi sa esattamente ciò che
deve fare.
In un attimo finiamo di vestirci e di
preparare l’attrezzatura e saltiamo giù in acqua. La
temperatura in superficie è di 21 gradi e non riesce subito
a mitigare il calore accumulato sotto il sole con addosso la
muta stagna.
Attorno a noi è un continuo sfrecciare di
motoscafi e di rumorose moto d’acqua che solcano il lago
lasciando scie spumeggianti sulla superficie. Siamo in piena
estate e il Garda è sempre molto affollato di natanti di
ogni tipo. Poco distante da noi c’è un vecchio vaporetto,
trasformato in “diving” galleggiante, che continua a
riversare in acqua gruppi chiassosi di subacquei. Li osservo
e mi chiedo quanti saranno. Noi cinque abbiamo un obiettivo
ben preciso e non c’importa molto di quello che faranno gli
altri sub, basta solo che non vengano ad intralciare la
nostra immersione. |
Il nostro silenzio contrasta con il rumoroso vocio
che proviene dall’altra barca. Ciascuno di noi ha una sua
motivazione precisa per trovarsi qui in questo momento e rimane
assorto nei propri pensieri. Non servono le parole.
Una volta in acqua restiamo per qualche istante in
silenzio galleggiando tranquillamente sulla superficie del lago e
cercando la concentrazione necessaria prima di fare un’immersione
profonda. Facciamo gli ultimi controlli di routine della nostra
attrezzatura. Il team leader ci fa segno di scendere lungo la cima
dell’ancora, poi sparisce rapidamente sotto la superficie
dell’acqua. Ci scambiamo un cenno circolare di “ok” e poi, in un
attimo, io e gli altri lo seguiamo.
Ha inizio il mio “viaggio” nel mondo che io amo di
più. Nei primi metri sott’acqua la visibilità è davvero pessima: si
vede al massimo ad un metro di distanza. L’acqua è lattiginosa e di
un colore verdastro, il peggio che ci potessimo aspettare, perciò
scendiamo cercando di non perdere di vista la cima, l’unico
riferimento che abbiamo nel nulla che ci circonda. In breve
arriviamo giù fino all’ancora, ma anche lì sul fondo la situazione
non migliora. Che rabbia!
Accendiamo tutti le torce per non perderci di vista e
al segnale “giù” partiamo per la nostra esplorazione seguendo la
guida, che qui è di casa e conosce perfettamente la direzione da
seguire.
Il nostro team leader nuota deciso per qualche metro
sino a raggiungere una specie di scalino che si trova a una dozzina
di metri di profondità, proprio sotto la parete strapiombante
dell’isola. Noi gli stiamo appiccicati appresso. Se adesso lo
perdessimo di vista dovremmo abortire l’immersione.
Dopo poche pinneggiate raggiungiamo una sorta di
balconata a circa 20 metri di profondità che si affaccia nel nulla.
La nostra guida si ferma un attimo per ricompattare il piccolo
gruppo. Arrivati vicino a lui ci scambiamo il segnale di “ok” e poi
ci buttiamo tutti giù a precipizio oltre lo scalino di roccia, in un
tuffo che sembra non avere mai fine… -30 metri... -40 metri… e giù,
giù ancora…
Man mano che scendiamo l’acqua diventa più limpida,
ma l’intensità della luce diminuisce e in breve siamo inghiottiti
dall’oscurità più totale che ci avvolge completamente. Un nero
profondissimo ci circonda, mentre una sorta di mano invisibile ci
attira verso il fondo di questo precipizio che sembra non avere mai
fine. Illumino il computer subacqueo che porto al polso e vedo che
le cifre del profondimetro sul display crescono rapidamente man mano
che perdiamo quota. Rallento un po’ la mia discesa gonfiando
leggermente il gav, il giubbetto ad assetto variabile che sostiene
la bombola e permette al subacqueo di variare il suo assetto
nell’acqua. Ora sono in assetto perfettamente neutro, e finalmente
mi sento come sospeso al di là del tempo e dello spazio. E’ una
sensazione bellissima, tra le più belle che la subacquea possa
regalare.
Il contrasto del silenzio che ci circonda con il
chiasso fastidioso che abbiamo lasciato in superficie è
impressionante. L’acqua diventa sempre più limpida man mano che
scendiamo in profondità, ma tutto intorno a me c’è il nero più
assoluto. La temperatura dell’acqua cala vertiginosamente e, in
breve, raggiunge gli 8 gradi. Per riscaldarmi immetto un po’ di aria
nella muta stagna che mi si è stretta addosso per la forte
pressione, e rimpiango di non aver portato con me anche una piccola
bombola di argon che mi avrebbe riscaldato meglio.
Procediamo la nostra esplorazione rimanendo molto
vicini, nuotando in fila indiana. Sotto Punta Torretta la parete
sommersa dell’isola scende a picco nello strapiombo e ogni tanto la
roccia forma come dei tetti spioventi. Sembra uno scenario di alta
montagna.
Mentre continuo a nuotare lentamente mille pensieri
si accavallano nella mia mente e si sovrappongono a ciò che vedo.
Sono tranquillo, mi sento molto bene… sono nell’elemento che amo di
più. Do un’occhiata ai miei strumenti per controllare che sia tutto
a posto. Gas, tempo, profondità… tutto è normale. Pur essendo vigile
e molto attento a ciò che faccio, mi sento completamente rilassato e
a mio agio.
E’ molto buio intorno a me. Mi sembra quasi di fare
un’immersione notturna, anzi, direi che il nero qui è ancora più
profondo. La coltre d’acqua torbida che c’è sopra le nostre teste
non fa penetrare la luce del sole, salvo qualche raro bagliore
verdastro. Me ne accorgo guardando in su verso le rocce che ci
sovrastano. Sotto di noi invece c’è il nero più cupo e le rocce
scendono verticalmente a precipizio sino ad oltre 70 metri di
profondità, una quota assolutamente impenetrabile per le nostre
torce.
Ci troviamo di fronte alla parete di una montagna
sommersa. Tutto sembra immenso qui sotto, infinito. La vastità del
lago non si vede, si sente soltanto, s’indovina e l’intima
impressione che se ne ricava è ancora più profonda. Questo scenario
toglie quasi il respiro e mi da un leggero senso di vertigine.
Istintivamente, mentre mi trovo a volteggiare senza peso sopra al
precipizio, do una leggera gonfiata al mio gav e così facendo
rallento un poco la mia discesa nel nulla.
Il silenzio quaggiù è quasi irreale. Quello del lago
è un silenzio particolare, molto diverso da quello del profondo del
mare. E’ un silenzio che permette di ascoltare la propria anima. Ora
sento benissimo il mio respiro lento e profondo. Il silenzio
impenetrabile del lago è rotto solo dal gorgoglio delle bolle che
escono dal mio erogatore e salgono verso la superficie. Trattengo
per un attimo il respiro per interromperne il flusso, ed ecco che
sento distintamente anche i battiti cadenzati del mio cuore. Che
grande emozione!
L’atmosfera ovattata e surreale del lago mi avvolge
completamente. Ancora silenzio, solo silenzio… un silenzio più
“forte” e, finalmente, riesco a sentire la mia anima… Era ciò che
volevo, quello che oggi mi ha spinto fin qui.
Spengo per un istante la lampada e mi lascio
avvolgere dall’assoluta oscurità che mi circonda.
Il buio mi aiuta a concentrarmi ancora di più su me
stesso. Adesso finalmente mi sento tutt’uno con l’elemento liquido
che mi avvolge completamente. Acqua, non importa se dolce o salata.
L’acqua mi circonda, mi abbraccia, mi protegge… L’acqua è il mio
elemento ed io sto veramente bene quaggiù. La pace che provo mentre
sono immerso in profondità mi fa distaccare dal mondo caotico
lasciato in superficie e mi aiuta a scavare dentro di me.
Attraversata l’invisibile linea di confine che mi separa dalla
superficie è come se m’immergessi nel profondo di me stesso. Mi
accade sempre così quando scendo in profondità, ma l’ambiente
particolare del lago amplifica questa sensazione interiore. Nel lago
c’è più buio e più silenzio… un nero abbagliante e un silenzio
assordante. Nel lago mi sento davvero solo con la mia anima.
Una quantità di pensieri confusi passa velocemente
nella mia mente e quasi mi stordisce, ma provo un assoluto senso di
benessere. Mi sento completamente abbracciato dall’acqua che mi
circonda, sono fuso con essa e mi lascio volteggiare dolcemente
senza peso, abbandonandomi a una sensazione di voluttà totale.
Nonostante il nero e il freddo del lago, l’immersione riesce sempre
a darmi un grande piacere.
Seguo i miei pensieri, ma intanto con lo sguardo
osservo la nostra guida che ci indica il percorso nell’oscurità più
totale. Le lame di luce delle nostre torce squarciano le tenebre
come delle sciabolate. In realtà sono solo piccoli puntini luminosi
nell’immensa oscurità del lago.
Il rumore delle nostre bolle che salgono impetuose
verso la superficie è l’unico rumore che rompe il silenzio irreale
del lago. Sento un brivido di freddo lungo la schiena. E’ solo un
attimo, ma per il resto provo una sensazione di benessere e di
grande pienezza interiore, quella bellissima sensazione che provo
ogni volta che mi sento abbracciato dall’acqua che mi circonda.
Nuotiamo sospesi a mezz’acqua per un po’, stando ad
un metro di distanza dalla parete e mantenendoci intorno ai 40 metri
di profondità. La parete sommersa dell’isola qui è molto
frastagliata, tutta piena di guglie, di tetti e di rientranze della
roccia. Lo scenario è molto simile a quello di un’arrampicata in
alta montagna.
Adesso ci troviamo proprio sotto un grandissimo tetto
di roccia che ci sovrasta e oscura completamente la poca luce del
sole che arriva a questa profondità. Al di là del contorno del
tetto, vedo un leggero chiarore verdognolo sopra di noi e sotto
soltanto il nero più cupo. Uno scenario mozzafiato. La roccia ha una
colorazione rossastra che i fasci di luce delle nostre lampade fanno
risaltare meglio. Il contrasto cromatico con il nero assoluto che ci
circonda è bellissimo.
Ogni sporgenza della parete è ricoperta da uno strato
di limo finissimo e noi cerchiamo di non sollevare sospensione
nuotando a rana stando un po’ distaccati dalla roccia.
Le nostre torce frugano negli anfratti della parete e
scorgono il poco pesce che si trova nel lago. Osserviamo una timida
bottatrice che si nasconde nell’oscurità, alcuni piccoli pesci
persici sole che nuotano lungo la parete e si lasciano quasi
accarezzare mentre vengono ipnotizzati dai fasci di luce e dei
piccoli gamberetti di lago che guizzano qui e là come impazziti. Il
lago non ha molto altro da offrire, ma è lo scenario di questa
“montagna sommersa” ciò che mi affascina.
Fa molto freddo, ma dentro di me sento il calore che
si prova quando si sta vivendo una bella emozione. Purtroppo però il
tempo quaggiù scorre molto velocemente e il mio “viaggio” sarà
breve. Continuiamo a seguire il nostro team leader sino ad un punto
preciso che ci ha indicato nel briefing fatto mentre eravamo in
barca e, finalmente, arriviamo sopra un’apertura scura che si trova
a circa 52 metri di profondità. Siamo giunti al famoso “Black Hole”,
un punto che i subacquei che frequentano la sponda bresciana del
basso Garda conoscono molto bene. Si tratta dell’apertura piuttosto
angusta di un tunnel che penetra dentro la montagna per qualche
metro, per poi sbucare alla profondità di 58 metri.
Entrare in fila indiana in quel budello nella roccia
da un’emozione davvero forte. Sento una scarica di adrenalina quando
m’infilo all’interno di quel misterioso buco nero e il cuore mi
batte ancora più forte per l’emozione… lo sento distintamente.
Quel tunnel nella roccia ha un fascino invitante e
attrae maledettamente chi, come me, è amante delle grotte. Ma
sott’acqua bisogna stare sempre con il cervello ben connesso. Ho
quasi sessanta metri di acqua sopra la testa e sono all’interno di
una montagna sommersa - penso - e la ragione mi consiglia di essere
prudente e di limitare la mia permanenza all’interno di questo
tunnel affascinante. Impieghiamo poco più di un minuto per
percorrere il tunnel, giusto il tempo di dare un’occhiata intorno e
siamo già fuori. Peccato!
Le cifre sul display del mio computer scorrono
inesorabilmente: il tempo quaggiù passa molto in fretta… troppo.
Uscito dal “Black Hole”, controllo la scorta d’aria nelle mie
bombole. Il manometro indica all’incirca 100 bar di pressione. A
queste profondità il gas che respiro si consuma molto rapidamente.
E’ giunto il momento di tornare indietro e di cominciare a risalire
a quote più tranquille.
Vorrei che il tempo si fermasse e che le emozioni
provate laggiù nel tunnel potessero dilatarsi nel tempo per rimanere
impressa dentro di me più a lungo, ma non è possibile. Questo è il
momento più delicato di ogni immersione e le emozioni devono
lasciare lo spazio alla tecnica e al controllo.
Il distacco dal fondo per me è sempre il momento più
doloroso. Mi succede sempre così quando sono preso dalla bellezza
dell’immersione. E’ come se fossi alla fine di un bel viaggio,
un’avventura che vorrei non finisse mai, ma l’immersione profonda ha
dei tempi ben precisi che non si possono sforare – mi dico – sarebbe
da perfetti incoscienti.
Ci diamo il segnale di risalita, ci voltiamo e
ripercorriamo a ritroso lo stesso percorso dell’andata, guadagnando
lentamente quota. Per stabilizzarmi sgonfio il gav e gonfio
leggermente la mia muta stagna. In breve ritrovo l’assetto neutro e
continuo a nuotare lentamente verso la superficie del lago,
lasciando i miei pensieri e le emozioni laggiù dietro di me.
Il freddo che sento alle mani ora è davvero
fastidioso e il piacere che provo attraversando la fascia del
termoclino durante la risalita compensa ampiamente il fatto che la
visibilità peggiori drasticamente man mano che riguadagno quota.
Adesso mi aspetta una decompressione piuttosto lunga, perciò dovrò
sopportare il freddo mio malgrado.
Arrivato ai 21 metri di profondità faccio il cambio
di gas e inizio a respirare la miscela di aria arricchita di
ossigeno che trasporto nella bombola decompressiva che porto
attaccata al mio fianco. Risalendo lentamente iniziamo a fare le
nostre tappe di decompressione, e poco dopo arriviamo di nuovo nello
strato di acqua torbida dove provo ancora la sensazione iniziale di
nuotare nel “latte e menta”. Poi, con qualche altra pinneggiata
arriviamo sul pianoro da cui è iniziata la nostra immersione, che si
trova intorno ai 12 metri di profondità.
Ormai sono trascorsi oltre una cinquantina di minuti
da quando ci siamo tuffati nel lago e abbiamo ancora qualche minuto
di decompressione da fare negli ultimi metri per smaltire l’azoto
accumulato nei tessuti del nostro corpo.
Seguiamo la nostra guida molto da vicino, in quella
che sembra una navigazione alla cieca, alla ricerca dell’ancora
della nostra barca. Sembra un’impresa impossibile… ma non è così. In
breve raggiungiamo proprio l’ancora e ci attacchiamo alla sua cima
per completare le nostre tappe di decompressione in maggiore
tranquillità e sicurezza. Poi, quando il computer mi da il segnale
che il tempo di decompressione è finito, riemergo facendo attenzione
a stare bene attaccato alla cima dell’ancora, per evitare di essere
falciato da uno dei mille natanti che sfrecciano sul lago.
Il rumore in superficie è quasi assordante e lo è
ancora di più se confrontato con la pace e il silenzio che abbiamo
lasciato laggiù sul fondo. Una luce violenta abbaglia i miei occhi
che si erano abituati alle profonde tenebre del lago.
Ad un tratto, quasi senza rendermene conto, mi trovo
di nuovo in questo mondo terrestre, così diverso ed estraneo al
mondo silenzioso che ho lasciato laggiù. Per me è come attraversare
una linea di confine con un altro mondo, ma io preferisco di gran
lunga quello sommerso.
Esco fuori dall’acqua molto contento. Nella mia mente
ci sono ancora i momenti emozionanti trascorsi in profondità e
all’interno del “Black Hole”, poi lentamente risalgo sulla barca.
Mentre mi tolgo l’attrezzatura di dosso penso che ho fatto davvero
una bella immersione e che il silenzio del lago mi ha stregato
ancora una volta. Adesso ho un’altra perla da aggiungere alla mia
lunga collana di ricordi. Si, i tuffi profondi nel nero di un lago
sono un’esperienza molto particolare, che non si può descrivere
facilmente. Bisogna provarla e poi conservare dentro di sè le
emozioni vissute. Emozioni fortissime, da rivivere nel tempo.
Ed ecco che mentre la barca ritorna verso la Baia del
Vento mi sorprendo a pensare già a quando sarà la prossima volta e a
sognare nuovi “viaggi”, nuovi traguardi e nuove emozioni profonde.
Devo ritornare presto laggiù – mi dico – e intanto
sorrido soddisfatto.
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