Nero profondo
Un tuffo nell’oscurità del lago

 

di Marcello Polacchini ©

(Questo racconto ha partecipato al concorso letterario “MyBook: Tellyour story”,

indetto dalla NAVA Milano Spa nel 2013 su un tema a scelta tra il bianco, il rosso o il nero)

“O mare nero, o mare nero, o mare ne...
tu eri chiaro e trasparente come me.”

(Lucio Battisti)

 

Sono nato in riva al mare. Ho cominciato a navigare in barca a vela da piccolo – avevo solo 9 anni –  e ho continuato a farlo per tanti anni. Poi un giorno ho cominciato ad immergermi sott’acqua. Ormai lo faccio da parecchio tempo, e mi sono immerso un po’ dappertutto. Mare, lago, fiume... non ha importanza dove mi immergo, perché ovunque c’è acqua io mi sento bene. Ho scritto anche un libro dal titolo “Ovunque c’è acqua”, nel quale ho cercato di descrivere le emozioni che provo quando mi immergo in qualsiasi specchio d’acqua.

L’acqua, specialmente quella del mare, è il mio elemento naturale. In fondo anch’io, come ogni essere umano, sono stato “immerso” nella pancia di mia madre per molti mesi… Inoltre, discendendo da due generazioni di ammiragli della Marina Militare, posso dire che il mare fa proprio parte del mio DNA. Era scritto che io dovessi essere innamorato del mare.

 

Il mare è un mondo meraviglioso e affascinante. Lo sanno bene i pescatori, i velisti, i subacquei, ma lo sanno anche tutti quelli che, come me, da bambini hanno indossato una mascherina e hanno messo la testa sotto il pelo dell’acqua per guardare le meraviglie sommerse: i pesciolini, i granchi, le conchiglie.

Nella natura, si sa, ci sono molte cose meravigliose, ma è la capacità di meravigliarsi che manca agli occhi di molti osservatori distratti. A me, invece, vedere il mare da sempre un’emozione speciale e ancora oggi, dopo tanti anni, immergermi sott’acqua m’incanta e mi meraviglia come quand’ero bambino.

Amo profondamente il mare e ho la fortuna di vivergli vicino, di poterlo vedere ogni mattina all’orizzonte quando apro la finestra, di sentirne il profumo portato dal vento, di potergli dare il buongiorno.

Il mare, così sterminato e terrificante nella sua furia, mi da pace interiore ed energia, e quando sono immerso nella sua profondità m’invita alla riflessione.

A volte, verso il tramonto, scendo fino in spiaggia, mi siedo in riva al mare e guardo lontano, senza posare lo sguardo su nulla di preciso. Osservo semplicemente l’infinito e i miei pensieri si perdono nella vastità del mare.

Quando c’è una mareggiata, spesso vado in riva al mare per assistere da vicino alla sua furia impetuosa. Guardo la massa d’acqua che si muove tutta assieme, le onde che si rincorrono e s’infrangono sugli scogli, gli spruzzi bianchi che s’innalzano fino al cielo, sento la rabbia del mare che urla insieme al vento, il sale che mi si secca sulla pelle… mi sento felice. Non potrei vivere lontano dal mare. Io ho bisogno dell’acqua!

 

Il lago, invece, mi da sensazioni  molto diverse. L’acqua del lago di solito è calma, ma è scura e impenetrabile. L’acqua del lago sgomenta chi non è abituato ad immergercisi.

Sarà per il freddo, per l’acqua generalmente scura, quasi nera, per quella sensazione di trovarmi sospeso su un abisso senza fine, per quella forza invisibile che mi attrae verso il fondo… ma l’immersione in un lago per me è davvero qualcosa di molto particolare.

Non ricordo chi tanto tempo fa mi ha detto che immerso nel mare ti diverti, mentre nel lago t’immergi e basta. In fondo aveva ragione, perché quella nel lago è un’immersione fine a se stessa, è l’immersione per l’immersione.

Il lago non è divertente. Il divertimento è tutta un’altra cosa, perché di solito in un lago non c’è molto da vedere, mancano i pesci e tutti quei colori meravigliosi che rendono affascinante il mondo sottomarino. Anche la vegetazione è molto scarsa, e perlopiù di un colore bruno uniforme.

Poi, man mano che si scende, tutto viene inghiottito dall’oscurità. Nella profondità del lago il nero è il colore dominante. La luce arriva a fatica, l’ambiente circostante non offre molto da vedere, però c’è tanto da “ascoltare”, soprattutto se stessi e il profondo silenzio.

Già, il silenzio… la cosa che mi ha colpito di più la prima volta che mi sono immerso in un lago. Un silenzio assoluto, quasi irreale, un silenzio che al mare non è possibile sentire.

E poi l’acqua… anche l’acqua nel lago è particolare. Sempre fredda e di solito verdastra e lattiginosa nei primi metri, specialmente in estate quando le alghe fioriscono e creano uno strato superficiale di una sorta di miscela color “latte e menta” assolutamente poco invitante. Ma scendendo in profondità l’acqua spesso diventa cristallina, per poi tramutarsi in una coltre nera e impenetrabile come la pece… un nero assoluto, profondo, cupo, un nero che quasi sgomenta.

 

Quando mi immergo in un lago e sento il freddo che aumenta man mano che scendo più in profondità, avverto una paura sottile che s’insinua dentro di me.

Anche se oramai sono abituato a questo tipo d’immersioni, provo ancora un leggero senso di disagio interiore, ma ogni volta il desiderio di scendere per esplorare la mia anima mi fa immergere lo stesso. Poi, una volta sceso in profondità, il mio disagio sparisce per lasciare il posto a sensazioni diverse e particolari che sono amplificate dal buio che mi circonda. Il nero mi avvolge, scatena i miei pensieri, mi lascia immaginare quello che non è.

Alla luce tutto è chiaro e definito, ma nel buio del lago è molto diverso. Nel nero del lago si è veramente “soli” con se stessi e con i propri pensieri. Quando arrivo dove non filtra più la luce del sole dalla superficie, la mia lampada proietta inutilmente il suo fascio in lontananza cercando di penetrare le tenebre, ma oltre c’è solo il nero più profondo. Un nero trasparente, che ricopre tutto, pareti, rocce e oggetti. Un nero profondo e persino accecante che m’induce a prestare la massima attenzione a quello che sento e a tutto ciò che mi circonda.

Il lago, ancora più del mare, pretende rispetto e grande attenzione. Però anche nel lago, come in mare, mentre scendo in profondità l’ansia e lo stress che normalmente provo qui sulla terra si trasformano e si sciolgono a poco a poco in una sensazione di dolcissima voluttà.

«Là, tout n’est qu’ordre et beauté, luxe, calme et volupté», scriveva Baudelaire parlando del mare, e secondo me soltanto chi sa assaporare il piacere intenso di un’immersione profonda riesce a provare questo senso di quiete assoluta e di voluttuoso piacere. Perciò, in fondo, anche il nero profondo del lago è bello.

Il buio, il vuoto, il silenzio, l’incognita dell’ambiente circostante, all’inizio mi provocavano un leggero senso di angoscia, ma un poco alla volta questo ambiente, che al primo impatto si mostra infido e ostile a chiunque, mi è diventato persino amico e il mio amore per l’acqua me l’ha fatto apprezzare completamente. A volte, infatti, è solo grazie al buio che si possono scorgere quei riflessi di vita che vale la pena di vivere ma che alla luce del sole ci sembrano insignificanti. Il nero del lago aiuta a scoprirli.

Adesso, dopo tanti anni, quando mi immergo in un lago mi sento bene e questo ambiente, così diverso dal mare, amplifica ogni sensazione e agevola la conoscenza dei miei sentimenti più nascosti, riuscendo a regalarmi delle emozioni molto particolari.

 

Spesso io mi sono domandato perché mi immergo e che cosa mi attrae dell’immersione in profondità. Ho cercato di capire le mie motivazioni, e ho scoperto che sono diverse.

Innanzitutto c’è la ricerca di me stesso. Certe volte sott’acqua mi sono sorpreso a pensare a che cosa può esserci più in profondità, e questa incognita mi ha spinto a scendere ancora più giù, per esplorare, per cercare… per scavare a fondo dentro di me. Perché quando sono laggiù e mi sento completamente fuso in un tutt’uno con l’acqua che mi circonda, per qualche brevissimo istante io riesco a guardarmi dentro e a “sentire” qualcosa che in superficie non riesco a cogliere.

E poi, quando mi immergo riesco ad avere la netta percezione del mio corpo. Questa sensazione molto particolare mi ha sempre affascinato. Fin dalle mie prime immersioni, la cosa che più mi ha colpito e che continua ancora a stupirmi, è che sott’acqua mi accorgo di respirare. Mentre fuori all’asciutto è naturale non rendersene assolutamente conto, in profondità si percepisce ogni singolo respiro.

Un’altra ragione che mi spinge ad immergermi ogni volta che posso è che sott’acqua c’è la tranquillità assoluta. Il senso di quiete e di serenità che provo laggiù – mentre sono da solo con me stesso e sento il respiro e ogni battito del cuore – io non lo provo da nessun altra parte. Questo riuscire ad ascoltarmi è bellissimo e misterioso allo stesso tempo, e se mi immergo in profondità oppure in un lago questa sensazione è ancora più forte.

Ogni volta che mi tuffo sott’acqua mi trovo immerso in uno spazio sconfinato senza dimensione e provo una sensazione di gioia, di quiete interiore e di totale benessere. Perciò, per me immergermi ormai è diventata una necessità, perché soltanto l’immersione profonda, il silenzio e la quiete mi danno la possibilità di ritrovare me stesso e di ascoltarmi dentro. Laggiù io riesco veramente a “sentire” la mia anima.

 

Amo qualunque tipo d’immersione, e pur prediligendo il fascino misterioso dei relitti e delle grotte, l’ambiente in cui mi immergo per me non fa grande differenza, però quando scendo in profondità è tutto molto diverso: le sensazioni che provo sono più intense e particolari, tutto si amplifica e persino il tempo assume un’altra dimensione ed è come se si dilatasse.

Immerso in profondità riesco a percepire tutte le mie ansie e le mie paure e ad avere una maggiore consapevolezza di me stesso e dei miei limiti, ma provo anche un senso di appagamento interiore e di serenità che mi fanno stare bene. Non so se questa sensazione di benessere sia dovuta all’ebbrezza che normalmente si prova in profondità a causa dell’azoto respirato ad alta pressione, oppure alla mia incoscienza, o all’euforia per le meraviglie sempre diverse che ogni volta scopro sott’acqua, ma io laggiù mi sento bene come in nessun altro posto al mondo. Quando riemergo in superficie sono felice e completamente appagato per quello che ho appena fatto, e non desidero altro che ritornare presto laggiù.

 

Non è facile descrivere a parole le sensazioni che provo quando mi immergo. Sono emozioni molto profonde. Bisogna provarle... sentirle dentro di sè. In profondità, ad esempio, io provo una strana sensazione di conflitto interiore: mi sento combattuto tra la ricerca di un mio limite – che non so ancora quale possa essere – e la paura di scoprirlo, per poi rendermi conto di non poter andare più profondo.

E poi c’è l’acqua… il mio elemento naturale. In ogni immersione mi compenetro completamente nell’elemento liquido che mi circonda e nuoto senza peso come in un “viaggio” al di là del tempo e dello spazio, cullando dentro di me la speranza di vedere qualcosa che renderà quel tuffo un momento indimenticabile. Però, anche se durante l’immersione non vedo nulla di particolare, le emozioni che provo sono ugualmente forti. Di solito conservo queste emozioni nel fondo della mia memoria come ricordi da rivivere, perché – come ripeto sempre – per me il ricordo è il più bel gioco della fantasia. A volte però, questi momenti magici riesco a catturarli sotto forma di immagini e di racconti, per rimanere fissati per sempre e condividerli con chi ha la mia stessa passione.

Forse, leggendo tra le righe del racconto di un’immersione che ho fatto un po’ di tempo fa nel lago di Garda, si riescono a comprendere molti più “perché” di quanti non riesca a descrivere con le mie parole…

 

* * * * *

  

Un tuffo nel nero del lago

Sono le due del pomeriggio di una caldissima giornata estiva. Mi trovo con degli amici nei pressi di San Felice del Benaco, un grazioso paesino che si affaccia sulla sponda bresciana del basso lago di Garda.

Lascio la riva della Baia del Vento e, assieme ad altri quattro subacquei, mi dirigo con la barca verso l’Isola del Garda, un isolotto famoso per il bel parco nel mezzo del quale c’è la grande villa appartenuta alla famiglia Borghese.

La nostra navigazione è brevissima. L’isola si trova proprio di fronte alla baia e dopo pochi minuti gettiamo l’ancora davanti a Punta Torretta, a Nord-Est dell’isola, su un fondale melmoso di una dozzina di metri. E’ qui che c’immergeremo.

Ci prepariamo restando in silenzio. Gesti metodici ripetuti centinaia di volte. Siamo un team di subacquei esperti e ognuno di noi sa esattamente ciò che deve fare.

In un attimo finiamo di vestirci e di preparare l’attrezzatura e saltiamo giù in acqua. La temperatura in superficie è di 21 gradi e non riesce subito a mitigare il calore accumulato sotto il sole con addosso la muta stagna.

Attorno a noi è un continuo sfrecciare di motoscafi e di rumorose moto d’acqua che solcano il lago lasciando scie spumeggianti sulla superficie. Siamo in piena estate e il Garda è sempre molto affollato di natanti di ogni tipo. Poco distante da noi c’è un vecchio vaporetto, trasformato in “diving” galleggiante, che continua a riversare in acqua gruppi chiassosi di subacquei. Li osservo e mi chiedo quanti saranno. Noi cinque abbiamo un obiettivo ben preciso e non c’importa molto di quello che faranno gli altri sub, basta solo che non vengano ad intralciare la nostra immersione.

Il nostro silenzio contrasta con il rumoroso vocio che proviene dall’altra barca. Ciascuno di noi ha una sua motivazione precisa per trovarsi qui in questo momento e rimane assorto nei propri pensieri. Non servono le parole.

Una volta in acqua restiamo per qualche istante in silenzio galleggiando tranquillamente sulla superficie del lago e cercando la concentrazione necessaria prima di fare un’immersione profonda. Facciamo gli ultimi controlli di routine della nostra attrezzatura. Il team leader ci fa segno di scendere lungo la cima dell’ancora, poi sparisce rapidamente sotto la superficie dell’acqua. Ci scambiamo un cenno circolare di “ok” e poi, in un attimo, io e gli altri lo seguiamo.

 

Ha inizio il mio “viaggio” nel mondo che io amo di più. Nei primi metri sott’acqua la visibilità è davvero pessima: si vede al massimo ad un metro di distanza. L’acqua è lattiginosa e di un colore verdastro, il peggio che ci potessimo aspettare, perciò scendiamo cercando di non perdere di vista la cima, l’unico riferimento che abbiamo nel nulla che ci circonda. In breve arriviamo giù fino all’ancora, ma anche lì sul fondo la situazione non migliora. Che rabbia!

Accendiamo tutti le torce per non perderci di vista e al segnale “giù” partiamo per la nostra esplorazione seguendo la guida, che qui è di casa e conosce perfettamente la direzione da seguire.

Il nostro team leader nuota deciso per qualche metro sino a raggiungere una specie di scalino che si trova a una dozzina di metri di profondità, proprio sotto la parete strapiombante dell’isola. Noi gli stiamo appiccicati appresso. Se adesso lo perdessimo di vista dovremmo abortire l’immersione.

Dopo poche pinneggiate raggiungiamo una sorta di balconata a circa 20 metri di profondità che si affaccia nel nulla. La nostra guida si ferma un attimo per ricompattare il piccolo gruppo. Arrivati vicino a lui ci scambiamo il segnale di “ok” e poi ci buttiamo tutti giù a precipizio oltre lo scalino di roccia, in un tuffo che sembra non avere mai fine… -30 metri... -40 metri… e giù, giù ancora…

 

Man mano che scendiamo l’acqua diventa più limpida, ma l’intensità della luce diminuisce e in breve siamo inghiottiti dall’oscurità più totale che ci avvolge completamente. Un nero profondissimo ci circonda, mentre una sorta di mano invisibile ci attira verso il fondo di questo precipizio che sembra non avere mai fine. Illumino il computer subacqueo che porto al polso e vedo che le cifre del profondimetro sul display crescono rapidamente man mano che perdiamo quota. Rallento un po’ la mia discesa gonfiando leggermente il gav, il giubbetto ad assetto variabile che sostiene la bombola e permette al subacqueo di variare il suo assetto nell’acqua. Ora sono in assetto perfettamente neutro, e finalmente mi sento come sospeso al di là del tempo e dello spazio. E’ una sensazione bellissima, tra le più belle che la subacquea possa regalare.

Il contrasto del silenzio che ci circonda con il chiasso fastidioso che abbiamo lasciato in superficie è impressionante. L’acqua diventa sempre più limpida man mano che scendiamo in profondità, ma tutto intorno a me c’è il nero più assoluto. La temperatura dell’acqua cala vertiginosamente e, in breve, raggiunge gli 8 gradi. Per riscaldarmi immetto un po’ di aria nella muta stagna che mi si è stretta addosso per la forte pressione, e rimpiango di non aver portato con me anche una piccola bombola di argon che mi avrebbe riscaldato meglio.

 

Procediamo la nostra esplorazione rimanendo molto vicini, nuotando in fila indiana. Sotto Punta Torretta la parete sommersa dell’isola scende a picco nello strapiombo e ogni tanto la roccia forma come dei tetti spioventi. Sembra uno scenario di alta montagna.

Mentre continuo a nuotare lentamente mille pensieri si accavallano nella mia mente e si sovrappongono a ciò che vedo. Sono tranquillo, mi sento molto bene… sono nell’elemento che amo di più. Do un’occhiata ai miei strumenti per controllare che sia tutto a posto. Gas, tempo, profondità… tutto è normale. Pur essendo vigile e molto attento a ciò che faccio, mi sento completamente rilassato e a mio agio.

E’ molto buio intorno a me. Mi sembra quasi di fare un’immersione notturna, anzi, direi che il nero qui è ancora più profondo. La coltre d’acqua torbida che c’è sopra le nostre teste non fa penetrare la luce del sole, salvo qualche raro bagliore verdastro. Me ne accorgo guardando in su verso le rocce che ci sovrastano. Sotto di noi invece c’è il nero più cupo e le rocce scendono verticalmente a precipizio sino ad oltre 70 metri di profondità, una quota assolutamente impenetrabile per le nostre torce.

 

Ci troviamo di fronte alla parete di una montagna sommersa. Tutto sembra immenso qui sotto, infinito. La vastità del lago non si vede, si sente soltanto, s’indovina e l’intima impressione che se ne ricava è ancora più profonda. Questo scenario toglie quasi il respiro e mi da un leggero senso di vertigine. Istintivamente, mentre mi trovo a volteggiare senza peso sopra al precipizio, do una leggera gonfiata al mio gav e così facendo rallento un poco la mia discesa nel nulla.

Il silenzio quaggiù è quasi irreale. Quello del lago è un silenzio particolare, molto diverso da quello del profondo del mare. E’ un silenzio che permette di ascoltare la propria anima. Ora sento benissimo il mio respiro lento e profondo. Il silenzio impenetrabile del lago è rotto solo dal gorgoglio delle bolle che escono dal mio erogatore e salgono verso la superficie. Trattengo per un attimo il respiro per interromperne il flusso, ed ecco che sento distintamente anche i battiti cadenzati del mio cuore. Che grande emozione!

 

L’atmosfera ovattata e surreale del lago mi avvolge completamente. Ancora silenzio, solo silenzio… un silenzio più “forte” e, finalmente, riesco a sentire la mia anima… Era ciò che volevo, quello che oggi mi ha spinto fin qui.

Spengo per un istante la lampada e mi lascio avvolgere dall’assoluta oscurità che mi circonda.

Il buio mi aiuta a concentrarmi ancora di più su me stesso. Adesso finalmente mi sento tutt’uno con l’elemento liquido che mi avvolge completamente. Acqua, non importa se dolce o salata. L’acqua mi circonda, mi abbraccia, mi protegge… L’acqua è il mio elemento ed io sto veramente bene quaggiù. La pace che provo mentre sono immerso in profondità mi fa distaccare dal mondo caotico lasciato in superficie e mi aiuta a scavare dentro di me. Attraversata l’invisibile linea di confine che mi separa dalla superficie è come se m’immergessi nel profondo di me stesso. Mi accade sempre così quando scendo in profondità, ma l’ambiente particolare del lago amplifica questa sensazione interiore. Nel lago c’è più buio e più silenzio… un nero abbagliante e un silenzio assordante. Nel lago mi sento davvero solo con la mia anima.

 

Una quantità di pensieri confusi passa velocemente nella mia mente e quasi mi stordisce, ma provo un assoluto senso di benessere. Mi sento completamente abbracciato dall’acqua che mi circonda, sono fuso con essa e mi lascio volteggiare dolcemente senza peso, abbandonandomi a una sensazione di voluttà totale. Nonostante il nero e il freddo del lago, l’immersione riesce sempre a darmi un grande piacere.

Seguo i miei pensieri, ma intanto con lo sguardo osservo la nostra guida che ci indica il percorso nell’oscurità più totale. Le lame di luce delle nostre torce squarciano le tenebre come delle sciabolate. In realtà sono solo piccoli puntini luminosi nell’immensa oscurità del lago.

Il rumore delle nostre bolle che salgono impetuose verso la superficie è l’unico rumore che rompe il silenzio irreale del lago. Sento un brivido di freddo lungo la schiena. E’ solo un attimo, ma per il resto provo una sensazione di benessere e di grande pienezza interiore, quella bellissima sensazione che provo ogni volta che mi sento abbracciato dall’acqua che mi circonda.

 

Nuotiamo sospesi a mezz’acqua per un po’, stando ad un metro di distanza dalla parete e mantenendoci intorno ai 40 metri di profondità. La parete sommersa dell’isola qui è molto frastagliata, tutta piena di guglie, di tetti e di rientranze della roccia. Lo scenario è molto simile a quello di un’arrampicata in alta montagna.

Adesso ci troviamo proprio sotto un grandissimo tetto di roccia che ci sovrasta e oscura completamente la poca luce del sole che arriva a questa profondità. Al di là del contorno del tetto, vedo un leggero chiarore verdognolo sopra di noi e sotto soltanto il nero più cupo. Uno scenario mozzafiato. La roccia ha una colorazione rossastra che i fasci di luce delle nostre lampade fanno risaltare meglio. Il contrasto cromatico con il nero assoluto che ci circonda è bellissimo.

Ogni sporgenza della parete è ricoperta da uno strato di limo finissimo e noi cerchiamo di non sollevare sospensione nuotando a rana stando un po’ distaccati dalla roccia.

Le nostre torce frugano negli anfratti della parete e scorgono il poco pesce che si trova nel lago. Osserviamo una timida bottatrice che si nasconde nell’oscurità, alcuni piccoli pesci persici sole che nuotano lungo la parete e si lasciano quasi accarezzare mentre vengono ipnotizzati dai fasci di luce e dei piccoli gamberetti di lago che guizzano qui e là come impazziti. Il lago non ha molto altro da offrire, ma è lo scenario di questa “montagna sommersa” ciò che mi affascina.

 

Fa molto freddo, ma dentro di me sento il calore che si prova quando si sta vivendo una bella emozione. Purtroppo però il tempo quaggiù scorre molto velocemente e il mio “viaggio” sarà breve. Continuiamo a seguire il nostro team leader sino ad un punto preciso che ci ha indicato nel briefing fatto mentre eravamo in barca e, finalmente, arriviamo sopra un’apertura scura che si trova a circa 52 metri di profondità. Siamo giunti al famoso “Black Hole”, un punto che i subacquei che frequentano la sponda bresciana del basso Garda conoscono molto bene. Si tratta dell’apertura piuttosto angusta di un tunnel che penetra dentro la montagna per qualche metro, per poi sbucare alla profondità di 58 metri.

Entrare in fila indiana in quel budello nella roccia da un’emozione davvero forte. Sento una scarica di adrenalina quando m’infilo all’interno di quel misterioso buco nero e il cuore mi batte ancora più forte per l’emozione… lo sento distintamente.

Quel tunnel nella roccia ha un fascino invitante e attrae maledettamente chi, come me, è amante delle grotte. Ma sott’acqua bisogna stare sempre con il cervello ben connesso. Ho quasi sessanta metri di acqua sopra la testa e sono all’interno di una montagna sommersa - penso - e la ragione mi consiglia di essere prudente e di limitare la mia permanenza all’interno di questo tunnel affascinante. Impieghiamo poco più di un minuto per percorrere il tunnel, giusto il tempo di dare un’occhiata intorno e siamo già fuori. Peccato!

 

Le cifre sul display del mio computer scorrono inesorabilmente: il tempo quaggiù passa molto in fretta… troppo. Uscito dal “Black Hole”, controllo la scorta d’aria nelle mie bombole. Il manometro indica all’incirca 100 bar di pressione. A queste profondità il gas che respiro si consuma molto rapidamente. E’ giunto il momento di tornare indietro e di cominciare a risalire a quote più tranquille.

Vorrei che il tempo si fermasse e che le emozioni provate laggiù nel tunnel potessero dilatarsi nel tempo per rimanere impressa dentro di me più a lungo, ma non è possibile. Questo è il momento più delicato di ogni immersione e le emozioni devono lasciare lo spazio alla tecnica e al controllo.

Il distacco dal fondo per me è sempre il momento più doloroso. Mi succede sempre così quando sono preso dalla bellezza dell’immersione. E’ come se fossi alla fine di un bel viaggio, un’avventura che vorrei non finisse mai, ma l’immersione profonda ha dei tempi ben precisi che non si possono sforare – mi dico – sarebbe da perfetti incoscienti.

Ci diamo il segnale di risalita, ci voltiamo e ripercorriamo a ritroso lo stesso percorso dell’andata, guadagnando lentamente quota. Per stabilizzarmi sgonfio il gav e gonfio leggermente la mia muta stagna. In breve ritrovo l’assetto neutro e continuo a nuotare lentamente verso la superficie del lago, lasciando i miei pensieri e le emozioni laggiù dietro di me.

Il freddo che sento alle mani ora è davvero fastidioso e il piacere che provo attraversando la fascia del termoclino durante la risalita compensa ampiamente il fatto che la visibilità peggiori drasticamente man mano che riguadagno quota. Adesso mi aspetta una decompressione piuttosto lunga, perciò dovrò sopportare il freddo mio malgrado.

 

Arrivato ai 21 metri di profondità faccio il cambio di gas e inizio a respirare la miscela di aria arricchita di ossigeno che trasporto nella bombola decompressiva che porto attaccata al mio fianco. Risalendo lentamente iniziamo a fare le nostre tappe di decompressione, e poco dopo arriviamo di nuovo nello strato di acqua torbida dove provo ancora la sensazione iniziale di nuotare nel “latte e menta”. Poi, con qualche altra pinneggiata arriviamo sul pianoro da cui è iniziata la nostra immersione, che si trova intorno ai 12 metri di profondità.

Ormai sono trascorsi oltre una cinquantina di minuti da quando ci siamo tuffati nel lago e abbiamo ancora qualche minuto di decompressione da fare negli ultimi metri per smaltire l’azoto accumulato nei tessuti del nostro corpo.

Seguiamo la nostra guida molto da vicino, in quella che sembra una navigazione alla cieca, alla ricerca dell’ancora della nostra barca. Sembra un’impresa impossibile… ma non è così. In breve raggiungiamo proprio l’ancora e ci attacchiamo alla sua cima per completare le nostre tappe di decompressione in maggiore tranquillità e sicurezza. Poi, quando il computer mi da il segnale che il tempo di decompressione è finito, riemergo facendo attenzione a stare bene attaccato alla cima dell’ancora, per evitare di essere falciato da uno dei mille natanti che sfrecciano sul lago.

 

Il rumore in superficie è quasi assordante e lo è ancora di più se confrontato con la pace e il silenzio che abbiamo lasciato laggiù sul fondo. Una luce violenta abbaglia i miei occhi che si erano abituati alle profonde tenebre del lago.

Ad un tratto, quasi senza rendermene conto, mi trovo di nuovo in questo mondo terrestre, così diverso ed estraneo al mondo silenzioso che ho lasciato laggiù. Per me è come attraversare una linea di confine con un altro mondo, ma io preferisco di gran lunga quello sommerso.

Esco fuori dall’acqua molto contento. Nella mia mente ci sono ancora i momenti emozionanti trascorsi in profondità e all’interno del “Black Hole”, poi lentamente risalgo sulla barca. Mentre mi tolgo l’attrezzatura di dosso penso che ho fatto davvero una bella immersione e che il silenzio del lago mi ha stregato ancora una volta. Adesso ho un’altra perla da aggiungere alla mia lunga collana di ricordi. Si, i tuffi profondi nel nero di un lago sono un’esperienza molto particolare, che non si può descrivere facilmente. Bisogna provarla e poi conservare dentro di sè le emozioni vissute. Emozioni fortissime, da rivivere nel tempo.

Ed ecco che mentre la barca ritorna verso la Baia del Vento mi sorprendo a pensare già a quando sarà la prossima volta e a sognare nuovi “viaggi”, nuovi traguardi e nuove emozioni profonde.

Devo ritornare presto laggiù – mi dico – e intanto sorrido soddisfatto.