Arenzano (Genova), ottobre 2017
E’
la fine di ottobre, siamo in autunno, ma sembra la fine di un’estate
che non vuole mai terminare. Sono di nuovo ad Arenzano assieme a mia moglie Angela
per un lungo weekend di immersioni. Ci aspettano tre giorni di immersioni sul
relitto della petroliera “Haven”, la Grande Signora addormentata sul
fondo, il relitto che io amo di più. Dopo il 2011, quando conseguii il brevetto necessario per l’uso delle miscele Trimix, mi si è aperto un nuovo mondo e sono cambiate molte cose nelle mie immersioni. E’ cambiato il mio modo di andare in acqua, sono cambiate le attrezzature, la tecnica, la decompressione, la configurazione, ma soprattutto è cambiato il mio approccio mentale all’immersione.
La concentrazione necessaria al
controllo dell’immersione profonda comporta necessariamente
un’altrettanto profonda introspezione. Un’immersione tecnica è più
che altro un’immersione nella profondità di se stessi. Con
l’aumentare della profondità cambiano le sensazioni, cambiano le
emozioni. E poi c’è l’emozione dell’immersione su un relitto, quella
che preferisco e che mi da maggiore soddisfazione. |
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Pronti per l'imbarco... |
Il
relitto della “Grande Signora” per me ha un significato particolare.
È stato a lungo il mio obiettivo quando iniziai il mio percorso tecnico.
Ricordo ancora benissimo l’emozione immensa che provai quando nel
2007 scesi per la prima volta sulla coperta della “Haven” a 55
metri. Ricordo anche la grande paura che provai l’anno successivo,
quando una forte narcosi da profondità indotta da alcuni farmaci che
stavo assumendo mi fece passare dei momenti drammatici, che
m’impedirono di ritornare su quel relitto per tanti anni. |
Di nuovo sul relitto che amo di più...
Oggi
io e Angela ci siamo immersi da soli, con maggiore consapevolezza,
rispettando tabelle e tempi frutto di una pianificazione precisa,
senza paure, liberi di scoprire nuovi angoli nascosti dell’enorme
relitto, finalmente capaci di ascoltarne di nuovo la voce, di
provare emozioni ancora più forti di quella prima volta dieci anni
fa. E pensare che c’è chi chiama i relitti “pezzi di ferro
arrugginito”…! La sensazione che mi da planare in assenza di peso sulla coperta di un relitto è affascinante. Ogni volta che durante la discesa vedo sotto di me la sagoma scura del relitto venirmi incontro e diventare sempre più grande man mano che mi avvicino non posso fare a meno di provare una forte emozione. D’un tratto il mio respiro e il battito cardiaco diventano più forti, per poi stabilizzarsi una volta raggiunto l’obiettivo. Poi incomincia l’esplorazione e i miei pensieri di tutti i giorni svaniscono. Ci sono solo io con le mie sensazioni, le mie emozioni ogni volta diverse. |
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Sopra: Lasciamo alle spalle Arenzano diretti al punto d'immersione Sotto: murene dentici e cernie accompagnano la nostra immersione
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Arenzano,
30 ottobre 2017
- Oggi è la terza immersione che faccio sul relitto. La
visibilità è buona e la “Haven”, come nei giorni precedenti, mi
accoglie con un banco di grossi dentici che volteggiano sul tetto
della controplancia. Scendo un po’ più sotto ed entro nella plancia
di comando. Alcune cernie brune nuotano all’interno e le loro sagome
che si stagliano contro l’azzurro del mare che si vede attraverso i
grandi finestroni mi fanno pensare a dei pesci nella vasca di un
acquario. |
Uscito dalla sala delle pompe svolto verso destra e continuo a nuotare sopra la coperta rimanendo alla base del castello. Passo sotto l’ala di plancia di dritta, anch’essa piegata dal calore dell’incendio e noto che rispetto a come lo ricordavo il passaggio adesso è molto più stretto. E’ il segno evidente che la struttura della nave sta a poco a poco collassando. Nuotando verso poppa arrivo dietro la base dell’immenso fumaiolo e do un’occhiata a una delle enormi bitte di ormeggio, passo sopra la coperta di poppa che pian piano sta sprofondando e poi ritorno verso il castello di poppa. Attraverso lo stretto corridoio che si trova tra il cofano del motore e il castello. Qui c’è l’officina delle riparazioni, con le bombole di ossigeno per le saldature ancora ben allineate lungo la parete e una grande morsa fissata sul bancone da lavoro. Non posso fare a meno di far fare un giro di buon auspicio alla leva della morsa… Fatto! Mentre nuoto nel corridoio mi fermo a guardare quello che si vede dalle porte dei locali che vi si affacciano: la cambusa, la cucina, l’infermeria. Qui è la si vedono molte strutture accatastate cadute sul pavimento. Sono sicuramente scaffali, banconi della cucina e letti dell’infermeria. Sarebbe bello poter esplorare questi locali, ma si tratta di una specie di labirinto e lo strato di limo che si è depositato sul fondo è davvero impressionante: basterebbe un colpo di pinne male assestato per rendere nulla la visibilità all’interno di questi angusti locali. Il tempo di fondo pianificato con la mia compagna sta per scadere. E’ il momento di cominciare la nostra lenta risalita. Esco dal corridoio dell’officina e mi trovo sul lato sinistro della nave vicino ad uno degli enormi bighi di carico. Guardo verso l’alto per godere della suggestione di questo grande pinnacolo contornato di pesci che si staglia contro l’azzurro intenso della superficie. La vista è davvero impressionante, ma è tempo di andare. Stacco dal fondo e comincio a risalire lentamente nuotando lungo le scale esterne dei vari ponti.Sotto e a fianco: i profili delle nostre immersioni
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Il ponte di comando e la scala che porta a un ponte inferiore
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A destra: un momento di dolcezza dopo l'immersione |
Approfitto delle terrazze dei ponti per fare le mie soste profonde di un minuto ciascuna, poi arrivo al ponte del comandante che si trova sotto alla plancia di comando e risalgo lungo la scala che porta al ponte superiore. Faccio un ultimo passaggio dentro alla plancia dove c’è la statua di Gesù Bambino simbolo di Arenzano e poi mi porto in prossimità della cima di risalita assicurata ad uno degli angoli della tuga per cominciare la lunga decompressione. Mentre risalgo verso la superficie sono circondato da banchi di pesce azzurro che illuminati dalla luce del sole che arriva fin quaggiù lanciano dei lampi argentei. E’ uno spettacolo bellissimo ed emozionante. Risalgo lentamente facendo le mie tappe stando staccato dalla cima, disteso senza peso nel blu che mi circonda. Ogni tanto chiudo gli occhi e ripenso a quello che ho visto laggiù. E come rivedere in un film al rallentatore le immagini di ciò che ho visto nella mezz’ora trascorsa sul fondo e all’interno del relitto. Cerco di mettere a fuoco i particolari della Grande Signora addormentata. Istantanee che resteranno impresse per un pezzo nella mia memoria. Mentre sono immerso nei miei pensieri il tempo passa e arrivato ai 21 metri è il momento di cambiare gas respiratorio per accorciare il tempo della mia decompressione. Passo gli ultimi 8 minuti a 6 metri di profondità e poi risalendo alla velocità di un metro al minuto, posso finalmente uscire fuori dall’acqua. |
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Fuori è il momento di scambiare le prime impressioni con Angela che mi è stata accanto durante tutta l’immersione e che sicuramente ha colto altri particolari che a me sono sfuggiti. La piccola aragosta nascosta tra le lamiere, l’oblò con ancora il vetro nella sua sede, la targa sulle tubature distese sulla coperta, la cernia che è riuscita a sfiorare… ognuno di noi ha tanti piccoli tasselli di un mosaico che potrà ricostruire con calma quando sarà ritornato a casa e metterà ordine nei propri ricordi. E’ questo il bello del condividere un’immersione con un’altra persona. E Angela è la mia compagna d’immersione da sempre, compagna di tante avventure con la quale mi legano tanti ricordi di bei momenti vissuti assieme. Arrivederci mia Grande Signora. Aspettami. Tornerò presto a trovarti, sicuro di vivere altre bellissime emozioni. |
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