Immersione sulla "Haven" nove anni dopo…

 

Arenzano (Genova), luglio 2017

La petroliera "Haven" per me ha sempre significato molto. Questo enorme relitto è stato a lungo l’obiettivo ultimo del mio percorso subacqueo. Infatti, l’immersione sulla "Haven", forse per il clamore mediatico suscitato dal suo tragico affondamento avvenuto nell’aprile del ’91, o forse per l’eco dei numerosi incidenti subacquei, più o meno gravi, che l’hanno vista protagonista nel corso degli anni, rappresenta, a torto o a ragione, un po’ l’università per tutti i subacquei appassionati di relitti.

Sta di fatto che questo relitto mi ha sempre appassionato e ossessionato, fin da quando nel ‘97 ho iniziato le mie prime immersioni con le bombole sulle spalle.

E poi, un relitto ha un fascino particolare, perché anche se per l’uomo è la muta testimonianza di una tragica perdita, rappresenta una riconquista della natura, che si affretta a colonizzarlo con ogni forma di vita marina rendendolo di nuovo vivo.

Dopo aver acquisito nel corso degli anni l’esperienza e le certificazioni tecniche necessarie, finalmente nel dicembre del 2007 ho realizzato il mio sogno e ho raggiunto per la prima volta questo mio obiettivo. La gioia e l’emozione provate quella volta sono rimaste indimenticabili.

Sono ritornato sulla "Grande Signora" anche nell’ottobre del 2008, ma l’ultimo tuffo che ho fatto mi ha lasciato un brutto ricordo...  un ricordo di grande paura e insicurezza, una specie di fantasma che mi ha impedito di ritornare ad immergermi su questo relitto.

Quella volta sono sceso direttamente fino alla murata sinistra della nave per osservare l’enorme squarcio provocato dell’esplosione che ha devastato la "Haven" nella zona poppiera. Questo è il racconto della mia immersione del 2008...

…. Arrivato di fronte allo squarcio mi sento tremendamente attratto dall’immensa voragine alta quasi venti metri il cui interno è nero come la pece, ma a terra abbiamo pianificato un’immersione senza penetrazione nel relitto e abbiamo deciso di limitarci a fare un giro completo del castello rimanendo all’esterno e passando sopra all’immensa poppa della "Haven" che è larga una cinquantina di metri.

A 60 metri di profondità l’aria densa e pastosa che respiro si consuma in pochissimo tempo e in breve comincio ad accumulare alcuni minuti di decompressione. Affacciato all’immenso buco nero, frugo nelle viscere della nave con la luce della mia torcia cercando invano di cogliere qualche particolare interessante, ma l’oscurità all’interno della pancia della petroliera è quasi impenetrabile e non riesco a distinguere nulla. Rinuncio quasi subito e guardo la mia compagna Angela che è tre o quattro metri sopra di me e fa chiari segni di disapprovazione. La raggiungo, risaliamo di qualche metro e insieme superiamo la ringhiera corrimano che corre tutto attorno alla poppa del gigante. Una volta saliti sopra la coperta, giriamo verso sinistra nuotando intorno all’immenso fumaiolo, ma a un tratto io comincio ad avere qualche problema nel respirare. Non mi sento più perfettamente a mio agio. Il mio respiro è faticoso, le gambe sono pesanti, sento che il sangue fa fatica a fluire normalmente. Nuoto con fatica, ma le gambe non riescono a darmi la spinta necessaria. Comincio con difficoltà ad alzarmi un po’ sopra la coperta. Ora sono a 50 metri di profondità e una sensazione di paura comincia a impadronirsi di me. Non capisco che cosa mi succede. Faccio sempre più fatica a respirare e non sento quasi più le mie gambe. Sento che devo assolutamente risalire prima che la paura si trasformi in panico. Decido di interrompere immediatamente l’immersione e lo segnalo ad Angela affinchè risalga con me.

Arrivato alla base del fumaiolo sul lato di dritta, mi dirigo velocemente verso il fumaiolo stesso in modo da avere un riferimento fisso lungo il quale risalire più tranquillamente. Poi comincio a salire sempre più velocemente facendo segno ad Angela di seguirmi. Lei non capisce che cosa mi stia accadendo, e fa molta fatica a starmi dietro, mentre io sto letteralmente volando verso la superficie. Raggiunto il fumaiolo, lo tocco per sentire qualcosa di solido nel mare sterminato che mi circonda. Il contatto con il ferro della nave mi da un po’ di sicurezza, ma non sto ancora bene e devo assolutamente continuare a risalire. So bene che non posso risalire immediatamente in superficie e che devo per forza rallentare la mia ascesa facendo tutte le soste necessarie, ma l’istinto mi farebbe fuggire verso la superficie.

Finalmente arrivo alla sommità del fumaiolo a 34 metri di profondità dove c’è la cima che lo collega al castello di poppa. Mi fermo per un attimo, mentre sento che pian piano mi tornano le forze. Cerco di riprendere una respirazione lenta e regolare.

Angela nel frattempo mi raggiunge, mi si avvicina e mi chiede a gesti che cosa è successo. Io cerco di tranquillizzarla. Lei è stravolta dalla fatica, ma mi fa segno di guardare il computer e di rispettare i miei stop. Nel frattempo ho ripreso completamente il controllo della respirazione e mi sento di nuovo bene. Iniziamo assieme la lenta risalita lungo la cima, seguendo le nostre tabelle decompressive che portiamo attaccate al polso. Dopo un interminabile quarto d’ora, finalmente raggiungiamo la stazione decompressiva e lì completiamo tranquillamente la nostra decompressione respirando il nitrox delle nostre stage. Circa trenta metri più sotto di noi la "Grande Signora" sembra salutarci, dandoci un silenzioso appuntamento alla prossima volta, sicura che torneremo ancora a farle visita.

Esco dall’acqua un po’ provato e mi rinchiudo in un silenzio rabbioso, rannicchiato in un angolo del gommone cerco di capire che cosa può essermi successo là sotto. Sono arrabbiatissimo per aver dovuto interrompere un’immersione stupenda e non ne capisco proprio il motivo. Penso a una botta potente di narcosi, ma c’è qualcosa che non mi convince… Poi d’improvviso ho un flash che mi fa capire. Da qualche giorno sto prendendo ogni mattina una microscopica pastiglietta di un potente farmaco antidepressivo a base di paroxetina cloridrato, ma me ne ero completamente scordato… Ho rischiato di avere un attacco di convulsioni a 50 metri di profondità, con conseguenze che mi fanno venire i brividi!

Tornato a casa, ho approfondito la questione della compatibilità dei farmaci antidepressivi con le immersioni subacquee e ho scoperto che: “nel corso del trattamento antidepressivo è opportuno non effettuare immersioni oltre i 30 metri di profondità per la possibile interazione tra i farmaci e la narcosi d’azoto”. Inoltre, è anche precisato che: “i farmaci antidepressivi possono avere un’imprevedibile interazione con l’attività subacquea e l’aspetto più importante da tenere in considerazione è il rischio che possano ridurre la capacità critica e la consapevolezza di un errore di valutazione”. Insomma… diciamo che questa volta mi è andata proprio bene! ….

Il mio nuovo appuntamento con la "Grande Signora"

 

Da quando nel 2008 ho rischiato l’incidente e ho preso una grande paura non sono più tornato ad immergermi sulla "Haven". Strani fantasmi si agitavano nella mia mente e m’impedivano di tornare serenamente su quel relitto.

Nel frattempo ho accumulato parecchia esperienza, ho conseguito i brevetti tecnici necessari per potermi immergere con il trimix, sono persino diventato istruttore subacqueo, ma soprattutto ho fatto tante, tantissime immersioni, anche profonde. La "Haven" però rimaneva un tabù, e ogni volta che la mia compagna Angela mi chiedeva di ritornarci trovavo mille scuse per evitare di farlo.

Laggiù a 60 metri mi ero trovato da solo con me stesso, con la mia paura amplificata dal non capire che cosa mi stesse accadendo, e anche dopo averlo capito non me la sono più sentita di ritornare su quel relitto. Cercavo di nasconderlo anche a me stesso, ma avevo paura…

 

Sotto: la bellissima e funzionale stazione di ricarica per ogni tipo di miscela... la casa del Doc

Arenzano, 25-28 luglio 2017 - Ed eccomi di nuovo qui finalmente… nove anni dopo. Avevo promesso ad Angela che come regalo per il suo compleanno saremmo venuti tre giorni ad Arenzano a ritrovare la "Grande Signora". La strada da casa è lunga, e mentre guido verso la nostra destinazione mille pensieri mi passano per la mente… e non sono tutti positivi. Rivedo mentalmente l’immersione, i passaggi sui vari ponti della nave, le penetrazioni all’interno…

Il ricordo della mia ultima immersione sulla "Haven" è ancora ben stampato nella mia mente, assieme ai fantasmi delle mie paure. Devo scacciarli via. Domani saremo di nuovo in acqua!

Ritorniamo al "TECHDIVE" (lo storico diving, che un tempo fu di Gino Sardi  ed oggi è gestito da Andrea Bada con un ottimo Staff) e scarichiamo tutta la nostra attrezzatura, poi controlliamo i nostri gas per il giorno dopo e ci diamo appuntamento all’indomani mattina.

La sera ce ne andiamo a cena in un buon ristorante di pesce, dove una bottiglia di ottimo "Pigato" ghiacciato mi aiuta a scacciare i miei pensieri cupi. La notte in albergo cado in un sonno profondo, nel quale si agitano ancora i miei fantasmi.

La mattina seguente ci presentiamo al diving con largo anticipo, prepariamo l’attrezzatura e ascoltiamo il briefing della nostra guida. Non ce ne sarebbe bisogno: ho ripassato mentalmente quel percorso cento volte e lo conosco a memoria. Ma un po’ di ansia rimane...

Poi finalmente c’imbarchiamo sul gommone e in breve siamo sul nostro punto d’immersione, segnalato dalla boa di ormeggio.

Le condizioni meteo marine oggi sono perfette: mare calmo, assenza di corrente e – come scopriremo appena messa la testa sott’acqua – una visibilità infinita.

In questo primo giorno ho chiesto che ci accompagni una guida, almeno nella prima parte dell’immersione. Questo scaccerà via le mie restanti paure.

Mentre scendo in caduta libera nel blu seguendo la linea della cima che arriva sul tetto del cassero di poppa provo un meraviglioso senso di libertà e man mano che il relitto si avvicina mi sento sempre meglio. Per un attimo mi tornano in mente i fantasmi dell’ottobre 2008, ma poi mi passa tutto e mi concentro sull’immersione che ho già ben visualizzato a terra durante il briefing.

Giusto il tempo di dare un’occhiata alle decine di grossi dentici e saraghi fasciati che nuotano sopra la tuga e poi scendiamo rapidamente fino alla coperta della nave a 54 metri di profondità, seguendo la nostra guida.

Nuvole di anthias rosa ci circondano e si muovono all’unisono.

La visibilità è davvero perfetta e la luce bassa e radente rende ancora più misterioso e affascinante il grande relitto. Sorvoliamo il ponte di coperta e la sala macchine, poi facciamo un giro nel corridoio dell’officina sul retro del castello. Passando dall’officina do un giro alla grande morsa attaccata al bancone di lavoro. Lo fanno tutti i sub: è un gesto scaramantico che permette di ritornare ad immergersi qui e che io feci l’ultima volta nove anni fa…

Nuotiamo intorno al castello di poppa ed entriamo nella sala delle pompe che si trova sul davanti. Le grandi valvole sono ancora come me le ricordavo, un’immagine fissata in maniera indelebile nella mia mente.

Quando la nostra guida (che respira aria) ci lascia, proseguiamo noi due da soli risalendo sui vari ponti fino all’interno della plancia di comando. Sul tetto della controplancia nuota una moltitudine di grossi dentici e di saraghi, incuranti della nostra presenza. Non ne ho mai visti così tanti tutti insieme.

Al momento stabilito ci stacchiamo dal relitto ed iniziamo la risalita nel blu, rimanendo in vista della cima che arriva in superficie; poi facciamo la nostra lunga decompressione in libera seguendo la tabella che ci eravamo preparati. Tutto procede perfettamente. Mi sento bene. Ansie e paure sono rimaste laggiù… un lontano ricordo che andrà sbiadendo nel tempo.

Mentre facciamo la deco, chiudo gli occhi e rivedo quasi come in un film lo spettacolo meraviglioso che ho appena visto là sotto… è un film bellissimo che per fortuna sarà replicato nei giorni seguenti.

 

Sotto: il profilo e il percorso di una delle nostre tre immersioni

Frammenti del relitto: officina, bombole, oblò, morsa....

Plancia di comando

Nei due giorni successivi io e Angela abbiamo ripetuto più o meno lo stesso percorso, ma siamo scesi in acqua da soli, spingendoci anche fino ad affacciarci allo squarcio sulla fiancata sinistra della nave a 62 metri di profondità. Qui ho voluto sostare da solo per qualche istante per rendermi conto che i miei fantasmi erano definitivamente spariti. La prossima volta che torneremo se la visibilità lo consentirà entreremo nello squarcio e risaliremo sul ponte di coperta passando dall’interno del serbatoio di poppa. Per questa volta mi sento appagato così.

Durante la fase di decompressione dell’ultimo tuffo, mentre ascolto il gorgoglio delle bolle che escono dal mio erogatore, mi rendo conto che io e Angela abbiamo condotto tre immersioni perfette. Il mio istruttore tecnico sarebbe soddisfatto. Lo sono anch’io: il periodo di forma e la costanza di questi ultimi mesi mi hanno aiutato, e finalmente mi sento di nuovo bene immerso qui in profondità. Questo è il mio ambiente naturale, sono a mio agio e la lunga sosta alla quota dei 6 metri mentre ripenso all'immersione appena terminata rende più dolce il sottile dispiacere di dover abbandonare l’acqua.

Adesso ho solo voglia di ritornare ad immergermi su questo relitto, di esplorarne altre parti... e so che avverrà presto. Andrea aspettami!


Sopra: a pranzo con Andrea Bada e il suo Staff.
A sinistra: l'imponente bigo di carico di dritta che svetta nel blu.

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