Castellammare di Stabia 25-30 giugno 2019
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Sono passati più di dieci anni da quando ho iniziato a conseguire i brevetti "tecnici" abbandonando quasi completamente l’immersione ricreativa. Ho fatto decine e decine di immersioni profonde, immersioni con lunghe decompressioni, immersioni in trimix, ma tutte sempre in circuito aperto. L’idea di affidare la mia vita a una macchina che gestisce elettronicamente la mia respirazione proprio non mi piaceva. Ma alla fine mi sono convinto. Ho messo da parte tutte le paure e le incertezze che mi avevano frenato per tanti anni e ho deciso di fare questa nuova esperienza. Risultato? Semplicemente fantastico! Tempi d’immersione, profondità, scorta di gas, tempo di decompressione… tutto ha assunto un’altra dimensione. Ma quello che più mi ha sorpreso è stato il silenzio sott’acqua. Quel silenzio che ti fa sentire un tutt’uno con l’ambiente liquido che ti circonda, pesce tra i pesci, come se avessi sempre vissuto laggiù. |
Il mio corso è stato parecchio impegnativo ed è stato reso ancora più difficile dalle condizioni climatiche non proprio favorevoli.
Belle giornate di
sole per tutta la settimana, ma con temperature intorno ai 34-36
gradi all’ombra.
E il corso lo si
deve fare indossando la muta stagna…. come dire una sauna due volte
al giorno! In acqua invece era piuttosto "fresco", con un netto
termoclino intorno ai dieci metri di profondità e una temperatura
dell’acqua che scendeva drasticamente dai 26-27 gradi della
superficie ai 15-16 sul fondo. |
Ma veniamo al corso e a come l’ho vissuto.
Due soli allievi. Sei
giornate intense, trascorse al diving e in acqua dalle otto del
mattino alle otto di sera… quando non avevo più nemmeno la forza di
cenare e cascavo dalla stanchezza.
Guai a distrarsi mentre
si effettuano i controlli! Bisogna ricominciare tutto da capo.
Confesso che la mia maggiore difficoltà è stata quella di
"interpretare" e impostare i dati del computer Shearwater che
correda la macchina.
Tornati a terra c’era il
debriefing su quello che si era fatto e, se necessario, si
ricaricavano le bombole di ossigeno e diluente per il pomeriggio.
Seguiva una lezione di
teoria in aula, dove si ascoltavano le spiegazioni di Aldo, il
"Maestro", uno degli istruttori di rebreather più competenti e
apprezzati in Europa. Veramente un corso completo e impegnativo, condotto con la maestria e con la professionalità di Aldo Ferrucci! |
Sopra con la mia buddy Angela anche lei con il rEvo e sotto... brindando allegramente con Walter, il mio compagno di corso. |
Le
immersioni sono state via via più impegnative e dopo la prima
giornata trascorsa nell’acqua bassa in prossimità della famosa
"palmetta" davanti al "Bikini Beach" di Vico Equense a fare gli
esercizi base, ci siamo spostati sul Banco di Santa Croce, dove
abbiamo ripetuto tutti gli esercizi e le manovre di emergenza in
assetto (!!), a profondità variabili tra i 25 e i 30 metri. Siamo scesi sulla sabbia oltre lo scoglio della Gerardia a 50 metri di profondità in cerca dei pesci San Pietro, che puntualmente si sono fatti vedere e fotografare. In un’immersione ne abbiamo incontrati addirittura tre, vicinissimi dato che non producevamo il rumore delle bolle. Sempre grazie al nostro silenzio nell’ultima immersione mentre eravamo sul cappello della secca a fare la nostra decompressione ci è passata vicinissima una grossa aquila di mare, per nulla intimorita dalla nostra presenza. Un giorno sono persino riuscito ad arrivare dietro ad una cernia ignara della mia presenza e l’ho accarezzata delicatamente.
Siamo
passati un paio di volte nel tunnel che attraversa la secca
principale a 37 metri di profondità. Lo abbiamo fatto senza alcuna
illuminazione artificiale e nel silenzio totale. |
Abbiamo
fatto tempi di fondo "importanti", assolutamente impossibili
scendendo in circuito aperto, consumando pochissimo gas e
accorciando drasticamente i tempi di decompressione. |
I miei amici Pasquale Manzi e Aldo Ferrucci |
L’aver frequentato il corso al Bikini Diving - che ormai considero la mia seconda casa - mi ha molto aiutato psicologicamente. Sono stato sempre circondato da amici, che mi hanno sostenuto e incoraggiato. Pasquale, Giulia e tutti i membri dello staff mi hanno aiutato e supportato in quelle che erano le mie necessità, e di questo gli sono veramente grato. E sono anche riuscito a passare momenti piacevoli in allegria e spensieratezza, quando, alla fine della giornata e allentata la tensione sono stato a cena assieme agli amici più cari, dimenticandomi della stanchezza che sentivo. |
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Ma il ringraziamento più grande va all’amico Aldo Ferrucci che con pazienza e professionalità mi ha trasferito le sue conoscenze, dandomi utili consigli per affrontare questo nuovo modo di immergermi. Per qualche tempo farò ancora bolle e rumore sott’acqua… poi acquisterò un rebreather ed entrerò anch’io nel "mondo del silenzio" in cui mi sono appena affacciato in punta di pinne. |
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Con Angela e Walter sullo scoglio dell'ancora |
Caratteristiche della
macchina utilizzata Tutti i corsi per l’impiego del rebreather abilitano all’utilizzo di una specifica macchina. Io ho scelto il "rEvo III hCCR" una macchina molto sicura e performante. L’ho scelta per la sua leggerezza, ma soprattutto perché mia moglie Angela la possiede già da un anno e in futuro per noi sarà più facile immergersi assieme utilizzando la stessa macchina.
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Assemblaggio della macchina: un'operazione da compiere con molta attenzione e concentrazione. |
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Il "rEvo III hCCR" è un rebreather a circuito chiuso completamente automatico basato sul principio CMF (portata di massa costante). L’aggiunta di ossigeno nel loop respiratorio è supportata da un "orifizio", cioè una piccola apertura nel tubo dell’ossigeno che permette al gas di fuoriuscirne. Questo orifizio fornisce, ad una pressione di ingresso fissa, un flusso di ossigeno costante, indipendente dalla pressione esterna, che rimane tale anche quando la profondità aumenta. Per mantenere la pressione d’ingresso fissa, la macchina utilizza uno speciale primo stadio, che garantisce una pressione di uscita indipendente dalla pressione ambiente (si tratta di un erogatore di pressione assoluta). Ovviamente, in caso di malfunzionamento del sistema automatico, il rEvo funziona come se fosse un mCCR (rebreather manuale), cioè con immissione manuale dell’ossigeno necessario alla respirazione attraverso il MAV (valvola di aggiunta manuale). |
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Facile da montare, facile da trasportare, facile da usare e di facile manutenzione, il rEvo è stato progettato in modo che l'utente possa avere accesso a tutte le parti. Sensori dell’ossigeno, ADV, orifizio, scrubber e filtri possono essere raggiunti facilmente smontando il coperchio principale, semplicemente togliendo una vite.
I polmoni di
espirazione e d’inspirazione sono posteriori e sono collegati tra
loro da due scrubber di lavaggio montati in serie, che permettono di
risparmiare il materiale assorbente della CO2 oltre a permettere una
bassa resistenza respiratoria.
Durante l'immersione un flusso costante di ossigeno entra nel circuito respiratorio del rebreather (loop) e la sua portata è abbastanza alta da fornire al subacqueo in riposo il sostentamento della vita. La portata di ossigeno può essere regolata in funzione del tasso metabolico del subacqueo (età, peso, consumo), ma è così bassa da essere sicura (oscilla tra 0.7 e 1.3 bar). Il subacqueo durante l'immersione controlla e monitorizza la pressione parziale dell’ossigeno con l'aiuto di un HUD (head up display) disposto davanti alla sua maschera che controlla due sensori di O2 e di un computer indossato sul braccio sinistro che controlla altri tre sensori dell'ossigeno.
Sulla linea di
pressione dell’ossigeno è montata una valvola automatica
("solenoide"), che è pilotata dal computer da polso regolando il
set-point in modo da mantenere automaticamente la pressione parziale
dell'ossigeno stabilita; però in caso di necessità il subacqueo può
aggiungere manualmente l’ossigeno attraverso il MAV, per mantenere
la ppO2 desiderata. |