Sono ormai più di quindici anni che ho abbracciato la cosiddetta "immersione tecnica". Quello che mi ha spinto a farlo, dopo una decina d’anni che praticavo l’immersione sportiva o "ricreativa", è stato il desiderio di spingermi un po’ più profondo per vedere ciò che più mi attrae in fondo al mare, cioè i relitti. Purtroppo i relitti si trovano quasi sempre a profondità maggiori di quelle consentite nelle immersioni ricreative, e per immergersi in sicurezza sono necessarie conoscenze, tecniche e attrezzature ben diverse. Così nel 2007 ho deciso di fare questo salto, ho acquistato un bibombola e un paio di bombole decompressive e ho cominciato a frequentare i corsi tecnici necessari per superare in sicurezza la fatidica soglia dei 40 metri.
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Tante definizioni Sono state date parecchie definizioni dell’immersione tecnica, tutte piuttosto empiriche. Molto semplicisticamente, sono considerate "immersioni tecniche" quelle condotte con miscele respiratorie diverse dalla semplice aria. Secondo questa prima definizione anche un’immersione condotta entro il limite dei 40 metri (limite stabilito da tutte le didattiche per le immersioni ricreative) utilizzando miscele decompressive diverse dalla miscela di fondo (o miscela principale) è considerata un'immersione tecnica. Sicuramente sono da considerare immersioni tecniche quelle più profonde dei 40 metri e quelle che non permettono la risalita diretta in superficie perché richiedono tappe obbligatorie per la decompressione, o perché sono svolte in ambienti ostruiti che presentano un maggiore rischio, come ad esempio le grotte e l’interno dei relitti. Volendo essere più precisi la definizione di immersione tecnica nasce da alcuni limiti imposti dalla fisiologia umana e dal comportamento dei gas disciolti nell’aria con l’aumento della profondità. Normalmente si assume una respirabilità della comune aria all’incirca fino a 40 metri di profondità (limite dell’immersione ricreativa). Quello che conta però non è tanto la profondità quanto la PPO2, cioè la pressione parziale alla quale si respira l’ossigeno contenuto nell’aria (che è circa il 21%), perché l’ossigeno respirato a pressioni elevate è tossico a livello polmonare (cd. effetto Lorraine-Smith) e a livello del sistema nervoso centrale (cd. effetto Paul Bert). |
Arenzano (GE) 2007 - Primi approcci all'immersione tecnica Immersione sul relitto della petroliera "Haven" - 54 metri |
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Massima profondità operativa Le didattiche tecniche considerano accettabile una PPO2 di 1,4 bar (o al massimo 1,6 bar), e di conseguenza considerano respirabile l’aria fino a una profondità massima di 56 metri (ovvero 66 metri considerando una PPO2di 1,6 bar). Il calcolo della Massima profondità operativa (MOD) è semplice. Basta dividere la Pressione parziale dell’ossigeno desiderata (PPO2) per la Frazione di ossigeno (FO2) contenuta nella miscela respiratoria e si ottiene la Pressione ambiente, che è facilmente trasformabile in metri di profondità. PA = PPO2/FO2 [MOD = 1,4/0,21= 6,6 bar che equivalgono a 56 metri] La respirazione di gas con una concentrazione di ossigeno pari a quella dell'aria (circa 21%) a profondità maggiori di 56 metri e PPO2 maggiore di 1,4 bar è molto pericolosa a causa della tossicità dell'ossigeno. L’iperossia causa sintomi gravi, come allucinazioni visive e uditive, perdita del controllo muscolare e convulsioni, che possono portare a spiacevoli incidenti, anche mortali. |
L'aumento della profondità oltre al rischio di incorrere nella tossicità dell’ossigeno provoca anche la narcosi da azoto. Questa può essere prevenuta riducendo la percentuale di azoto (FN2) contenuta nella miscela respiratoria, sostituendo l'azoto con dei gas inerti meno narcotici e più volatili come l'elio (Trimix), che favoriscono anche la desaturazione, oppure eliminando completamente l’azoto dalla miscela sostituendolo con l'idrogeno o ancora con l'elio (Hydrox, Hydreliox, Heliox). Queste miscele respiratorie limitano gli effetti negativi dell'iperossia e della narcosi, ma aumentano altri rischi, e quindi per il loro utilizzo richiedono un addestramento specifico superiore a quello richiesto per un'immersione sportiva. |
Altre definizioni A volte l'immersione tecnica è definita come quella nella quale è impossibile una risalita diretta in superficie, a causa di impedimenti fisici, come nel caso di immersioni in grotta, all'interno di un relitto, o sotto superfici ghiacciate. Un altro modo di definire l'immersione tecnica fa riferimento alla durata dell'immersione stessa e di conseguenza alla necessità durante la risalita di fare alcune tappe obbligate per la decompressione, magari usando miscele arricchite di ossigeno (Nitrox) o ossigeno puro. La decompressione è necessaria perché gas metabolicamente inerti, come l’azoto e l’elio, se respirati in condizioni di forte pressione sono assorbiti dall'organismo, perciò bisogna consentire il rilascio graduale di tali gas dai tessuti per prevenire problemi come la malattia da decompressione. E' evidente che le immersioni lunghe e profonde con decompressione richiedono una preparazione approfondita e un'attrezzatura specifica (bombole aggiuntive contenenti i gas decompressivi), poiché non è possibile un'ascesa diretta in superficie nel caso si verifichino dei problemi sott'acqua. |
TEK 1 UTRtek - Il trim orizzontale |
Castellammare di Stabia (NA) 2019 - Primo brevetto CCR
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Necessità di addestramento avanzato e attrezzatura specifica Da tutte queste definizioni, sia pure empiriche, si capisce che l'immersione tecnica richiede un addestramento avanzato rispetto all’immersione sportiva e una grande esperienza; inoltre spesso per essere praticata richiede un'attrezzatura specifica. A causa della maggiore durata dell'immersione, si ha la necessità di aumentare la scorta di gas e quindi il numero di bombole oppure di utilizzare un sistema a circuito chiuso che ricicla il gas espirato (rebreather), e nel caso di tappe decompressive si deve disporre dei gas necessari per effettuarle. L'addestramento per le immersioni tecniche è specifico e approfondito e vi sono numerose Agenzie didattiche che offrono corsi specifici per questo tipo di immersione, con standard di insegnamento abbastanza simili tra loro. Alcune didattiche si dedicano soltanto alla subacquea tecnica (ad esempio la UTR, la UTD, la IANTD, la TDI, la GUE e la PTA). Alcune di queste didattiche inoltre propongono nei loro programmi anche corsi ricreativi. Personalmente, avendo approcciato l’immersione tecnica con sulle spalle già un discreto bagaglio di immersioni ricreative e relativi brevetti, ho sempre scelto l’istruttore con il quale effettuare i corsi, a prescindere dalla didattica di appartenenza dello stesso.
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Cavalaire sur Mer (F) 2021 - Immersione con CCR |
Villasimius (CA) 2021 - Relitto "Loredan" |
Capri (NA) 2022 - Immersione sul "Traliccio" |
Il mio percorso "tecnico" Sono passati più di quindici anni da quando mi sono affacciato al mondo della cosiddetta "subacquea tecnica". In questi anni ho fatto centinaia di immersioni nei luoghi più disparati e via via più profonde e mi sono dedicato soprattutto alle immersioni sui relitti, quelle che amo di più. Voglio ripercorrere qui tutte le tappe del mio lungo percorso "tecnico", e consiglio di entrare in questo mondo a tutti quei subacquei già esperti che vogliano ampliare le proprie conoscenze e imparare ad immergersi in sicurezza oltre il limite di 40 metri stabilito per le immersioni "ricreative". |
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Dopo aver completato il percorso didattico "ricreativo" che comprende i brevetti "Open Water Diver", "Advanced OWD", "Rescue Diver" e "Divemaster" (con una parentesi dedicata ai corsi speleo "Cavern" e "Cave Diver"), nel maggio del 2007 mi sono affacciato alla subacquea tecnica frequentando il corso "Decompression" dell'SSI tenuto da Sandro Costa a Porto Santo Stefano e conseguendo il relativo brevetto. Questo brevetto mi ha consentito di aumentare significativamente le mie conoscenze e il mio range operativo. In sostanza ho imparato a immergermi come membro di un "team" di subacquei e a pianificare ed eseguire immersioni profonde che richiedono tappe di decompressione. Durante questo corso ho fatto immersioni di addestramento fino alla profondità di 54 metri respirando aria compressa, oppure Nitrox (aria arricchita di ossigeno) e ho appreso le procedure appropriate per eseguire le tappe di decompressione utilizzando come miscela decompressiva l'EAN50 (miscela Nitrox contenente il 50% di ossigeno). Durante il corso ho utilizzato un’attrezzatura "leggera": un semplice monobombola da 15 litri e una bombola decompressiva S80 (11,7 litri). |
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Il corso "Decompression" mi ha permesso anche di fare esperienza nell’utilizzo del software decompressivo "V-Planner" per la pianificazione delle immersioni, e mi ha insegnato a preparare piani d’immersione principali, di riserva e d’emergenza. Inoltre, durante il corso ho acquisito esperienza nel valutare le condizioni meteomarine, nel saper anticipare i problemi potenziali e nell’applicare le tecniche d’immersione più appropriate per raggiungere gli obiettivi prefissati per l’immersione, predisponendo e rispettando rigorosamente il mio piano d’immersione. A distanza di tanti anni posso dire che è stato un corso interessantissimo e molto formativo che mi ha davvero aperto nuovi orizzonti. |
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Consiglio vivamente di frequentare questo corso o altri analoghi a tutti quei subacquei già esperti che vogliano ampliare le proprie conoscenze e avere un primo approccio con l'immersione tecnica, per poi decidere se proseguire o meno nel percorso di apprendimento. |
Il primo step
Qualche anno più
tardi, nell’aprile del 2011, avendo acquisito l’esperienza
necessaria, ho frequentato il corso "Correctly Diver" dell'UTR Tek
tenuto a Porto Ercole da Simone Nicolini. Questo corso (che equivale
al più conosciuto "Fundamental" della GUE) ha rivoluzionato il mio
modo di andare in acqua e mi ha aperto le porte al mondo
dell’immersione tecnica fatta in maniera più rigorosa. Quelli dell’UTR Tek sono stati due corsi impegnativi e estremamente formativi, che mi hanno permesso di aumentare ulteriormente il mio range operativo e di dedicarmi più intensamente e con maggiore sicurezza e consapevolezza alla mia passione principale, l'esplorazione dei relitti. |
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Istruttore ricreativo Nel frattempo non ho abbandonato completamente l'immersione "ricreativa", infatti, ho frequentato l’impegnativo "Corso Preparatorio Istruttore" della SNSI e nel maggio 2017 ho completato la mia formazione in ambito "ricreativo" conseguendo il brevetto di "Open Water Instructor" della SNSI. Nel 2018, dopo aver rilasciato i miei primi brevetti, sono diventato automaticamente "Advanced Open Water Instructor" e con questo considero concluso il mio percorso didattico in ambito ricreativo. |
Un altro step La voglia di apprendere nuove tecniche d’immersione e di spingermi un po’ più profondo in seguito mi ha spinto a entrare nel vero "mondo del silenzio", ovvero sono passato alle immersioni in circuito chiuso utilizzando il rebreather. A Castellammare di Stabia nel giugno del 2019 ho frequentato il corso "CCR Extended Range" dell'SSI tenuto da Aldo Ferrucci e ho conseguito il brevetto di primo livello che mi ha abilitato ad immergermi fino a una profondità massima di 45 metri utilizzando come gas diluente aria o Helitrox (miscela di aria arricchita di ossigeno e non più del 20% di elio), con tappe di decompressione obbligatorie. Poi nell'ottobre del 2021, sempre a Castellammare di Stabia, ho frequentato il corso "CCR Mixed Gas Diver" della TDI tenuto da Aldo Ferrucci e ho conseguito il brevetto CCR di secondo livello che abilita all'immersione fino a 60 metri utilizzando come diluente Trimix normossico (miscela con minimo il 18% di ossigeno). I vantaggi dell'utilizzo del rebreather nelle immersioni profonde mi sono apparsi subito evidenti e si comprendono bene guardando i grafici dei miei computer che riporto qui sotto relativi ad alcune immersioni in circuito aperto e in circuito chiuso fatte con run time e profondità uguali. La cosa che colpisce subito utilizzando il rebreather è la minore durata delle soste di decompressione, cosa che contribuisce a rendere le immersioni meno faticose e stressanti. Anche la respirazione di una miscela umida e calda, con una PPO2 ottimale e costante a ogni profondità (set point 1,3 bar), determina minore stress e stanchezza a fine immersione. Altri vantaggi sono la possibilità di aumentare il tempo di fondo e la durata totale dell'immersione, il minore peso dell'attrezzatura caricata sulle spalle e, non ultimo, il costo infinitamente inferiore delle ricariche di gas dal momento che l'elio necessario per il Trimix ormai ha assunto dei costi proibitivi e nel rebreather io utilizzo una bombola di diluente da appena 2 litri anzichè due bombole da 12 litri ciascuna. Tutto questo mi ha conquistato, e mi ha permesso di poter esplorare in maggiore sicurezza e comfort molti relitti ancora più profondi. |
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E adesso? Adesso che altro mi aspetta? Ci sarebbe ancora il brevetto CCR di terzo livello, che abilita alle immersioni fino a 100 metri utilizzando Trimix ipossico come gas diluente... ma l'orologio biologico purtroppo non si ferma e la saggezza mi consiglia di fermarmi qui e di accontentarmi di quello che sono in grado di fare. Inoltre, ammetto di aver sforato già diverse volte i limiti del mio brevetto, ma l’ho fatto in sicurezza, utilizzando miscele ipossiche e un adeguato set di bombole di bailout (miscela di fondo o "di fuga" + miscela di deco + ossigeno puro), perciò ho fissato l'asticella dei miei tuffi a 75 metri di profondità massima... più che sufficiente per vedere un mucchio di cose interessanti.
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Immersione sul Traliccio di Capri (NA) - 11 ottobre 2018 Back gas Trimix 21/35 (D12) Deco Gas EAN50 (S80) |
Immersione sul Traliccio di Capri (NA) - 10 ottobre 2023
Prof max 61,7 m Run
time 69 min Deco time 23 min |
Immersione sul Traliccio di Capri (NA) - 30 dicembre 2018 Prof max 63.5 m Run time 84 min Deco time 52 min Back gas Trimix 21/35 (D12) Deco Gas EAN50 (S80) |
Immersione a Punta Sant'Angelo di Ischia (NA) - 5 ottobre 2023
Prof max 71,5 m Run
time 82 min Deco time 40 min |
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