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LA CROCIERA SUI RELITTI A NORD DEL MAR ROSSO - Stretto di Gobal  5-12 aprile 2008

 

Hurgada - Aprile 2008. A bordo del M/Y "EXCELLENCE" con un gruppo di amici del diving calabrese "Dinosub" di Giorgio Chiappetta partiamo per una bellissima crociera nella parte più settentrionale del Mar Rosso, per esplorare i tanti relitti di navi che sono disseminati nello Stretto di Gobal.

Purtroppo il mare agitato dei primi due giorni e il forte vento inizialmente ci costringono a cambiare itinerario rispetto al programma della nostra crociera, ma alla fine  riusciamo comunque a visitare sei relitti e alcuni bellissimi reef: Shaab El Erg, Umm Gamar, Gota Abu Ramada, Giftun Island, Shark Reef e Jolanda Reef.

Solamente i relitti dell'Ulysses e del Rosalie Moller mancano alla mia collezione e mi aspetteranno almeno fino al  prossimo viaggio che farò nel Mar Rosso egiziano...

 

Relitto del "Ghiannis D."

 

Informazioni sul relitto

·                    Nazionalità: greca

·                    Caratteristiche: nave mercantile

·                    Costruita: 1969

·                    Affondata: 19 aprile 1983

·                    Lunghezza: 99,5 metri

·                    Stazza: 2.932 tonnellate

 

Informazioni sull’immersione

·                    Data: 9 aprile 2008

·                    Ora entrata: 13:34

·                    Ora uscita: 14:22

·                    Tempo tot: 48 min.  No dec

·                    Temperatura: 20°C

·                    Visibilità: ottima 35 metri

·                    Corrente: media/forte

·                    Mare: molto mosso

·                    Profondità max: 22 metri

·                    Visita interni: si

·                    Biologia: glass fish, cernie, murene, coralli molli, alcionari 

LA STORIA

 

Il mercantile, carico di legno imbarcato presso il porto di di Rijeka in Croazia, partì per la sua ultima navigazione nell’aprile del 1983 per raggiungere lo scalo yemenita di Hodeida via Jeddah. Il Ghiannis D. navigò tranquillo attraversando l’Adriatico prima e il Mediterraneo poi, per raggiungere Suez pochi giorni dopo. Il conflitto Arabo-Israeliano non era ancora terminato e per tutte le navi che dovevano attraversare il canale a quel tempo, le pratiche doganali erano un vero e proprio incubo, era incombente il rischio di traffici illeciti tra cui quello delle armi, tutto questo richiedeva una perdita di tempo oltre che a una serie di pratiche burocratiche infinite. Trascorsi alcuni giorni per effettuare tutte le pratiche doganali richieste e verificata la regolarità del carico, la nave riprese a navigare attraverso il canale, per poi raggiungere lo Stretto di Gobal. Il capitano, soddisfatto della navigazione e verificato che tutto fosse regolare, con Jeddah a 600 miglia a sud est, dopo un ultimo controllo della rotta, si ritirò nella sua cabina. Convinto che ormai non ci fossero più ostacoli tra lui e la sua prima destinazione, si addormentò senza la minima preoccupazione. Purtroppo non aveva fatto i conti con la presenza del reef di Abu Nuhas, un pericolosissimo reef situato in mezzo al canale di Gubal e erroneamente segnalato sulle carte nautiche. Al contrario degli altri relitti di Abu Nuhas che non erano dotati di efficienti metodi di navigazione, il naufragio del Ghiannis D, moderno cargo affondato nell’83, lascia molto perplessi, soprattutto perchè adagiato nelle vicinanze di altri recenti relitti.  Il 19 aprile 1983 il Ghiannis D. navigava a tutta forza bordeggiando erroneamente lungo il lato nord ovest del reef e seguì la sorte di tante altre navi, andando ad urtare contro il reef di Abu Nuhas. Fortunatamente, nonostante il forte impatto contro la barriera corallina, la nave non affondò immediatamente, ma rimase incagliata con la prua sulla sommità del reef, dando la possibilità a tutto l’equipaggio di mettersi in salvo. Lo scafo rimasto in balia delle onde che lo facevano vacillare sui taglienti coralli, non resistette a lungo; dopo sei settimane le lamiere si squarciarono, spezzando il Ghiannis D. in tre parti e facendolo scomparire completamente dalla superficie su un fondale sabbioso a 27 metri di profondità. Il terzo di prua e quello di poppa, si adagiarono sul fondo entrambi inclinati sulla fiancata di sinistra.

LA NAVE


Costruita nel 1969 presso i cantieri Kuryshima Dock Company di Imabari in Giappone, il "Ghiannis D." è una nave con una stazza di 2.932 tonnellate, lunga 99.5 metri per 6.53 metri di larghezza. Dispone di due stive da carico e una sala macchine situata nella zona poppiera con motore diesel a 6 cilindri per una potenza di 3.000 cavalli e una velocità di 12 nodi costruito in Giappone da Akasaka Tekkosho KK di Yaizu. Fino al 1975 ha navigato con il nome originario di Ghiannis D, dopo essere stata venduta ha cambiato nome in Markos D. Riacquistata nel 1980 dalla Dumarc Shipping Trading Corporation in Piraeus (Grecia), riprese il nome originale di Ghiannis D. In quel periodo, venne impressa una enorme D sul fumaiolo che ancora adesso appare in tutta la sua maestosità appena si scende sott’acqua a testimoniare la compagnia di navigazione della nave.

 

 

 

L’IMMERSIONE


L’immersione sul relitto di questo mercantile è particolarmente interessante, in quanto si tratta del relitto meglio conservato dei quattro presenti sul fondale del reef di Abu Nuhas. Il momento migliore per apprezzare tutta la bellezza del relitto sono le ore centrali della giornata, quando grazie alla trasparenza dell’acqua e alla migliore inclinazione dei raggi del sole, la nave appare splendidamente illuminata. Il Ghiannis D. è adagiato su un fondale sabbioso a 27 metri di profondità diviso in tre sezioni separate poste parallelamente al reef. Iniziamo l’esplorazione dalla poppa, che è  particolarmente ricca d’interesse, in quanto la struttura della nave è ancora perfettamente conservata. Iniziamo dal terzo poppiero dove è visibile la scaletta utilizzata dai marinai per abbandonare la nave dopo il naufragio, appoggiata sulla caratteristica poppa dalla forma particolarmente arrotondata, subito sotto si vede l’elica con le pale contorte a causa dell’urto che subì contro il reef. Uno degli elementi che caratterizzano il Ghiannis è l’imponente fumaiolo con impressa la lettera «D» ad indicare la sua compagnia di navigazione e davanti al fumaiolo è ben visibile l’albero maestro che s’innalza verticale verso la superficie, con due grossi bighi di carico totalmente avvolti da splendidi alcionari e da nuvole di rossi anthias. Tra queste strutture si sviluppano diverse specie di coralli molli e nuotano un’infinità di pesci corallini come il pappagallo (Scarus ferrugineus), il chirurgo (Acanthurus sohal), il sergente (Abudefduf vaigiensis) ed eleganti Sterois miles, presenti soprattutto sul ponte a ridosso del fumaiolo. In questa zona dello scafo sono visibili alcuni grandi portelli che permettono di accedere nei locali più interni della nave. Durante la penetrazione all’interno incontriamo una enorme murena. Subito sotto, sul portellone di destra, è situato l’accesso alla sala macchine dove entriamo per ammirare l’enorme motore a 6 cilindri. Poco oltre l’entrata della sala macchine, si trova un doppio accesso a destra e a sinistra che immette in un enorme stanzone completamente spoglio,  ma particolarmente suggestivo per la luce che entra attraverso i molti oblò presenti. Seguendo poi il corridoio esterno, vediamo le diverse gruette che pendono verso l’esterno. Nuotando seguendo la parete del reef sulla destra, a circa 50 metri di distanza incontriamo la parte centrale del relitto, ormai ridotta a un cumulo di ferraglia e parte del carico di legname adagiato sul fondo.

Nuotando per un breve tratto in direzione est, si raggiunge il troncone di prua anch’esso perfettamente integro e riverso sul lato sinistro a 18 metri di profondità, con il lungo bigo di carico adagiato sul fondo, perpendicolare alla nave. Nella zona di prua, si notano il verricello e numerosi argani di carico. Al centro si trova la stiva, dove è ancora presente la lunga catena dell’ancora che in parte fuoriesce dall’occhio di cubia e in parte è ancora depositata all’interno. Anche qui le lamiere offrono rifugio a branchi di pesci vetro (Parapriacanthus guentheri), corvine (Aethaloperca rogaa) e cernie rosse (Variola louti). Questa parte di nave è stata colonizzata da corallo duro e molle, che la rende molto suggestiva dal punto di vista scenografico, inoltre si possono incontrare grossi esemplari di pesce Napoleone che nuotano tutt’intorno al relitto.

 

Relitto del "Dunraven"

 

Informazioni sul relitto

·                    Nazionalità: inglese

·                    Caratteristiche: nave mercantile a propulsione mista

·                    Costruita: 1873

·                    Affondata: 22 aprile 1876

·                    Lunghezza: 80 metri circa

·                    Stazza: 1.800 tonnellate

 

Informazioni sull’immersione

·                    Data: 10 aprile 2008

·                    Ora entrata: 11:43

·                    Ora uscita: 12:23

·                    Tempo tot: 40 min.  No dec

·                    Temperatura: 21°C

·                    Visibilità: ottima 40 metri

·                    Corrente: assente

·                    Mare: calmo

·                    Profondità max: 28 metri

·                    Visita interni: si

·                    Biologia: cernie, murene, napoleoni, coralli molli, alcionari

LA STORIA

 

Nel mese di gennaio del 1876, il giovane capitano Edward Richards Care di 27 anni, partiva dal porto di Liverpool diretto a Bombay per trasportare un carico di acciaio per la costruzione di strutture che sarebbero servite per la ricostruzione di quella che sarebbe diventata la colonia più importante del regno Britannico. Il viaggio di andata si svolse senza nessun problema e il 6 aprile 1876 la nave e il suo capitano si apprestavano a rientrare in patria con un carico di cotone e di legname. La prima tratta del viaggio nell’Oceano Indiano non comportò nessun problema. Entrato in Mar Rosso, dopo una breve sosta ad Aden per il rifornimento di carbone, il Dunraven navigò tranquillo in direzione di Suez. Il rapporto steso dal capitano il 24 aprile, dava tempo ottimo e calma piatta, tanto che non vennero neanche issate le vele e il vascello procedette con velocità costante di 6,5 nodi. Alle 01:00 del mattino successivo il capitano in seconda vedeva dritto a prua la terra ed era convinto che si trattasse dell’isola di Shadwan, un’ora dopo intravedeva un bagliore luminoso all’orizzonte ed era convinto che si trattasse dei reef di Ashrafi, a nord di Gobal Il capitano Care, che si trovava sul ponte di fianco al suo secondo, accettava di buon grado i suggerimenti e l’identificazione dei reef che questi gli suggeriva. Un’ora e mezza più tardi, i riferimenti luminosi sottocosta venivano persi. Alle ore 04:00 del mattino veniva individuato a poca distanza da prua un enorme oggetto galleggiante, che fu scambiato per una boa. A quel punto fu dato immediatamente ordine di invertire i motori, ma ormai era troppo tardi e il Dunraven andò a sbattere violentemente contro la parete del reef provocandosi una grossa falla. Immediatamente furono azionate le pompe di sentina nel tentativo, peraltro inutile, di mantenere la nave a galla e di portarla sopra il reef, in modo che non affondasse. Purtroppo l’acqua penetrò rapidamente all’interno delle stive allagando la sala macchine e a mezzogiorno la nave si trovava ormai quasi completamente allagata. Trascorsero tre ore prima che un dhow locale li raggiungesse per trarre in salvo il capitano e l’equipaggio e solo allora, parlando con i marinai dell’imbarcazione, vennero messi a conoscenza dell’esatto punto in cui si trovavano: poco fuori dalla punta meridionale della penisola del Sinai nel comprensorio di Sha’ab Mahmoud, sul reef di Beacon Rock.
Alle ore 17:00 il Dunraven prendeva fuoco e scivolava definitivamente lungo il costone del reef, per andare a depositarsi sul fondo con la poppa a 27 metri di profondità e la prua a 15 metri. Per tre giorni il capitano e l’equipaggio rimasero a bordo del dhow ormeggiato direttamente sul relitto, fino a quando vennero raggiunti dalla nave italiana Arabia che li trasportò a Suez. Il vapore Malwa successivamente li avrebbe riportati tutti in Inghilterra.
Nel corso del processo per l’affondamento del Dunraven, la corte inglese ascoltò le testimonianze del secondo ufficiale e del capitano Care, il quale dichiarò che la causa dell’affondamento della nave fu data dalla combinazione di avverse situazioni: la luce individuata all’orizzonte e una forte corrente che aveva sospinto la nave contro il reef. Ma la corte non giudicò sufficientemente logiche le motivazioni date dal capitano e dal suo secondo, in quanto non erano plausibili errori di questo genere; pertanto dichiarò che l’affondamento del Dunraven fu causato dalla negligenza del capitano e del suo subalterno, sospendendoli da qualsiasi mansione operativa per un anno.

LA NAVE


Costruita nei cantieri Mitchell & Company Iron Ship Builders di Newcastle, il "Dunraven" è un mercantile a propulsione mista vela vapore varato nel mese di dicembre del 1873. Si trattava di una nave di nuova tecnologia, relativamente grande per le misure delle navi di allora, con un motore a due cilindri anch’esso costruito a Newcastle da Humphrys e Tennant, capace di produrre 140 cavalli per una velocità di crociera di circa 8 nodi. Era lungo 79,6 metri per 9,8 di larghezza. Il Dunraven era di proprietà della W. Milburn di Londra e veniva utilizzato sulla tratta Suez - Bombay.

Il relitto del Dunraven fu scoperto ufficialmente nel 1977, nello stretto di Gobal e per anni la sua identità non fu riconosciuta. Prima si pensava ad uno dei bastimenti di Lawernce d’Arabia che erano serviti per portare favolose ricchezze da Suez ad Aqaba; poi si pensò ad una misteriosa nave da guerra inglese inviata in medio oriente per la Prima Guerra Mondiale. Solo nel novembre 1978 venne ritrovato un piatto in porcellana con la scritta “Dunraven” e molto presto ne vennero trovati altri con la stessa iscrizione. Ma anche qui il mistero al posto di dissolversi si infittì. Nel registro navale risultavano infatti due navi con lo stesso nome, una silurata e affondata nel 1917 nel Pacifico e una che era stata convertita in nave pirata, cioè all’apparenza un mercantile, ma in realtà una nave da guerra ben equipaggiata, che però era stata gravemente danneggiata e affondata nella Manica. Finalmente, dopo una visita al museo marittimo di New Castle, si risalì all’origine del relitto: si trattava di una nave da carico a propulsione mista, vela e motore, destinata alle rotte dell’India via Suez.


L’IMMERSIONE


L’immersione sul relitto del Dunraven non è particolarmente impegnativa considerando la massima profondità di 32 metri su cui giace la nave. La nostra m/n "Excellence"ormeggia sul reef di Beacon Rock a poca distanza dal faro posto sulla punta sud e da lì con il tender ci portiamo sul punto dell’immersione situato a poca distanza dal reef. La visibilità in questo tratto di mare è spesso ridotta con una presenza quasi costante di corrente che spinge verso nord, ma noi siamo fortunati e abbiamo una visibilità di circa 40 metri. Il relitto, spezzato in due tronconi, si trova adagiato sul fondale in posizione rovesciata con la chiglia rivolta verso l’alto. Cominciamo la nostra perlustrazione dalla zona di poppa che è sicuramente la più suggestiva con l’enorme timone e l’elica a tre pale che si stagliano verso la superficie. La fiancata di sinistra si presenta in buono stato, mentre l’ingresso all’interno dello scafo avviene attraverso le tre grosse falle presenti sulla fiancata di dritta causate dall’urto contro il reef, da queste filtra la luce che illumina l’interno dello scafo. Prima di entrare io e Angela, che chiudiamo il secondo gruppo di sub, vediamo un grosso squalo grigio che nuota nel blu. Entriamo nelle stive, all’interno delle quali sono ancora presenti i resti del carico. Si vedono ancora alcune vecchie cime in canapa e i pochi resti delle balle di cotone, mentre è ormai praticamente impossibile trovare le bottiglie di vino che facevano parte del carico. Cernie e diversi pesci tropicali, in prevalenza pesci coccodrillo, vivono stanziali all’interno inoltre, una eccezionale concentrazione di Glassfish fluttua attraverso le lamiere della nave. La parte più interessante è la zona centrale del relitto dove si trova la sala macchine, qui tra un ammasso di lamiere si trova ancora il grosso fumaiolo e alcune maniche a vento e si vede la grande caldaia a vapore. Proseguendo la perlustrazione interna in direzione della prua, incontriamo molte aperture attraverso le quali si può uscire per riportarsi all’esterno. La zona di prua, a circa 18 metri di profondità, è particolarmente danneggiata e quindi di poco interesse, la raggiungiamo rimanendo all’interno della nave e osserviamo le fitte concentrazioni di Glassfish che si aprono al nostro passaggio. Adagiati sul fondale si vedono i due grandi alberi tutti rivestiti di alcionari.

 

Relitto del "Thistlegorm"

 

Informazioni sul relitto

·                    Nazionalità: inglese

·                    Caratteristiche: cargo armato

·                    Costruita: fine 1940

·                    Affondata: 6 ottobre 1941

·                    Lunghezza:131 metri

·                    Stazza: 9.009 tonnellate

 

 

Informazioni sulla prima immersione

·                    Data: 10 aprile 2008

·                    Ora entrata: 16:05

·                    Ora uscita: 16:37

·                    Tempo tot: 32 min.  No dec

·                    Temperatura: 20°C

·                    Visibilità: buona 15-20 metri

·                    Corrente: fortissima

·                    Mare: mosso

·                    Profondità max: 26 metri

·                    Visita interni: si

·                    Biologia: cernie, barracuda, murene,   napoleoni, coralli molli, alcionari

Informazioni sulla seconda immersione

·                    Data: 11 aprile 2008

·                    Ora entrata: 07:50

·                    Ora uscita: 08:26

·                    Tempo tot: 36 min.  No dec

·                    Temperatura: 20°C

·                    Visibilità: ottima 30 metri

·                    Corrente: assente

·                    Mare: calmo

·                    Profondità max: 32 metri

·                    Visita interni: si

Informazioni sulla terza immersione

·                    Data: 11 aprile 2008

·                    Ora entrata: 12:05

·                    Ora uscita: 12:41

·                    Tempo tot: 36 min.  No dec

·                    Temperatura: 20°C

·                    Visibilità: buona 20 metri

·                    Corrente: media

·                    Mare: mosso

·                    Profondità max: 25 metri

·                    Visita interni: si

LA NAVE
Costruito in Inghilterra nei cantieri J.L. Thompson & Sons questo cargo, destinato al trasporto di materiali bellici venne varato a Sunderland il 9 aprile 1940, il "Thistlegorm" era lungo 131 metri per una larghezza di 17,5 metri e una stazza di 9.009 tonnellate. Di proprietà della Albyn Line Ltd., era provvisto di un motore a tre cilindri a tripla espansione capace di sviluppare una potenza di 1.860 cavalli per una velocità di 10,5 nodi. A causa della guerra, venne armato con un cannone da 4,7 pollici, una mitragliera antiaerea su torretta e una mitragliera pesante mobile.

LA STORIA


Furono tre le missioni che il Thistlegorm effettuò prima dell’ultima e fatale: la prima lo portò negli Stati Uniti, con un carico costituito di parti di aereo e rotaie ferroviarie. La seconda ebbe come meta le Indie Orientali, mentre la terza l’Argentina. Per la quarta, ultima fatale missione, il Thistlegorm (che in gaelico significa "cardo blu") era destinato al trasporto di materiali bellici e, probabilmente, faceva parte di un piano di offensiva destinata a rilanciare l’ottava armata inglese contro il generale Rommel. La nave partì da Glasgow la prima settimana di settembre del 1941 diretto verso lo stretto di Suez e il Mar Rosso. All’ancora nello stretto di Gobal, alle 01:30 del mattino del 6 ottobre 1941, venne inesorabilmente colpita e affondata. L’attacco aereo tedesco fu fulmineo; per gli Heinkel He 111 fu facile centrare almeno un bersaglio, dato che quasi venti navi si trovavano alla fonda a poca distanza l’una dall’altra. Quella notte la seconda squadriglia del 26° Kamp Geswader di stanza a Creta era in azione sulle coste del Sinai; nel chiarore della luna piena i piloti tedeschi intercettarono il convoglio e attaccarono a caso una delle navi presenti. Le bombe lanciate dagli Heinkel raggiunsero l’obiettivo proprio all’altezza della stiva n. 4. Un’impressionante esplosione illuminò a giorno la scena e tutti videro il Thistlegorm affondare, spezzato in due dalla potente deflagrazione. Purtroppo 5 cannonieri e 4 marinai morirono nell’esplosione, mentre gli altri 49 membri dell’equipaggio si salvarono lanciandosi in acqua per poi essere recuperati dalle scialuppe di salvataggio.
Fu il comandante Jeacques Cousteau con la sua mitica nave oceanografica Calypso a scoprire, nel 1956, sul versante esterno dell’immenso reef di Sha’ab Ali, al largo delle coste occidentali del Sinai, il relitto del Thistlegorm. Nelle stive si trovavano un’infinità di munizioni e i più svariati mezzi militari destinati alle truppe inglesi stanziate in Africa settentrionale. Dai camion Bedford, alle automobili Morris, dalle motociclette BSA modello WDM20, alle numerose casse di fucili Lee Enfield MK III e vari pezzi di ricambio, parti di aerei, cingoli, generatori, stivali di gomma, reti da campo e molte casse di medicinali. Nelle stive n. 3 e 4 si trovava il grande arsenale degli esplosivi: mine anticarro, proiettili d’artiglieria di grosso calibro, casse contenenti munizioni leggere e bombe a mano. Sul ponte invece, insieme ai due paravane (dispositivi simili a grandi siluri che venivano trainati ai due lati della nave per proteggerla dalle mine a percussione), si trovavano due piccoli tank, quattro vagoni ferroviari e due locomotive. Proprio questo enorme e pesantissimo carico fu la causa del rapido affondamento della nave. Gli esplosivi presenti nella stiva n. 4 dilaniarono lo scafo, che in breve scomparve poggiandosi sul fondo in assetto di navigazione. Il Thistlegorm dista 19,5 miglia da Ras Mohammed e 31 miglia da Naama Bay.
 

L’IMMERSIONE


Abbiamo effettuato l’esplorazione completa della nave in più fasi, durante tre successive immersioni. Qui mi limito a descrivere la nave nella sua totalità, senza suddividerla per immersioni. Il relitto del Thistlegorm è orientato per nord-ovest, sud-est. Partendo dalla zona poppiera, sul lato occidentale ammiriamo la grande elica e la meravigliosa poppa vista dal basso. Pinneggiando lungo il lato sinistro, saliamo fino al ponte superiore dove si trovano la mitragliatrice pesante e il cannoncino antiaereo tutti ricoperti da alcionari e ben visibili sulla coperta a 25 metri di profondità. Osserviamo l’ampio squarcio aperto dalle bombe tedesche in corrispondenza della quarta stiva che conteneva munizioni, bombe, i due carri armati e una locomotiva, che dopo l’esplosione è stata catapultata a una distanza di circa 30 metri dalla nave a una profondità di 28 metri. Risaliamo lungo il ponte, contrastati da una forte corrente contraria diretta a sud-est, ci dirigiamo verso la prua dove a 15 metri si può osservare il grande salpa-ancore. L’ancora di sinistra è ancora appesa e pende dall’occhio di cubia, mentre la catena di dritta scende verticale sul fondo a 31 metri di profondità per poi snodarsi in direzione nord fino all’ancora distante una sessantina di metri. Durante le nostre immersioni abbiamo più volte esplorato le strutture interne della nave, le tre stive e il loro carico. La prima stiva situata a prua è la più interessante: nella sua parte più profonda contiene casse di medicinali, fucili Lee Enfield MK III, stivali di gomma e pneumatici, mentre nel livello superiore si trovano le motociclette BSA e alcuni modelli di automobili Morris. La seconda stiva posta in posizione mediana, il cui ingresso è fiancheggiato da due vagoni ferroviari, è suddivisa come la precedente in due livelli: in quello inferiore si trovano i camion Bedford, mentre nel piano superiore vi sono altre motociclette BSA e automobili Morris. Immediatamente a poppavia della seconda stiva si trova la plancia parzialmente scoperchiata da cui si può accedere alla cabina di comando. Sotto visitiamo l’alloggio del comandante, all’interno del quale si vede ancora una vasca da bagno. Procedendo verso poppa si giunge alla terza stiva nella quale si trovano per lo più casse di munizioni e bombe a mano: al di là si nota il foro del fumaiolo a poppavia del quale vi è lo squarcio corrispondente alla quarta stiva con i due cingolati MK II Bren Carrier. Durante tutte le nostre immersioni ammiriamo anche la ricca fauna che popola il relitto: dai banchi di platax, ai barracuda, dalle grosse cernie ai banchi di carangidi e lutianidi.

 

Relitto del "Carnatic"

 

Informazioni sul relitto

·                    Nazionalità: inglese

·                    Caratteristiche: vascello

·                    Costruita: 1862

·                    Affondata: 13 settembre 1869

·                    Lunghezza: 90 metri

·                    Stazza: 1.776 tonnellate

 

Informazioni sull’immersione

·                    Data: 11 aprile 2008

·                    Ora entrata: 16:31

·                    Ora uscita: 17:13

·                    Tempo tot: 42 min.  No dec

·                    Temperatura: 21°C

·                    Visibilità: ottima 35-40 metri

·                    Corrente: assente

·                    Mare: calmo

·                    Profondità max: 21 metri

·                    Visita interni: si

·                    Biologia: glass fish, murene, cernie, coralli molli

LA STORIA

 

Il vascello salpò da Suez il 12 settembre 1869 con destinazione il porto di Bombay in India, la nave durante quel viaggio trasportava 230 passeggeri e un carico di posta destinata ai soldati inglesi in India, oltre a numerose bottiglie contenenti vino e «London soda water». La notte del 13 settembre 1869, quando il Carnatic giunse all’estremità meridionale del Golfo di Suez, si avvicinò pericolosamente ai reef occidentali dello stretto di Gobal, terminando il suo viaggio contro i taglienti coralli di Abu Nuhas. La nave, dopo l’urto rimase incagliata sulla sommità del reef e a nulla valsero i numerosi tentativi per riportarla in acqua e rimetterla in condizione di navigare. Il comandante, constatando che il vascello non aveva subito gravi danni, non ne ordinò l'immediato abbandono, permettendo così a tutti i passeggeri di trascorrere tranquillamente la notte a bordo nell’attesa che giungessero soccorsi dalla nave Sumatra che si trovava nei pressi e apparteneva alla stessa compagnia di navigazione del Carnatic. Durante la notte il vento cominciò a soffiare con maggiore intensità, formando ben presto onde alte che s’infrangevano con violenza contro le fiancate del Carnatic. Lo scafo, non resistette a lungo alla furia del mare e del vento e il vascello si spezzò in due tronconi. La zona di poppa affondò subito trascinando con sé più di 20 passeggeri mentre la prua, rimase incastrata sulla sommità del reef per alcuni mesi, sino a quando una forte burrasca non la fece scivolare definitivamente alla base della barriera corallina, sul versante settentrionale di Sha'ab Abu Nuhas, dove oggi si trova.

 

LA NAVE


Il "Carnatic", di proprietà della Peninsular & Oriental Steam Navigation Co, venne varato l’8 dicembre 1862, dai cantieri Samuda Bros e iscritta nei registri navali il 2 marzo dell’anno seguente. Lungo 90 metri per 9 metri di larghezza, 5,30 di pescaggio, con una stazza di 1.776 tonnellate e con un motore costruito da Humphrys and Tennat a Dedtford alimentato da una caldaia a vapore. La caratteristica di quest’imbarcazione è quella di appartenere alla prima generazione di navi a vapore le quali, nonostante fossero motorizzate, presentavano ancora un armamento a vela e per questo motivo venivano classificate come piroscafi a propulsione mista. Il Carnatic era attrezzato con due grandi alberi ed un potente motore a vapore della potenza di 1870 cavalli che permetteva d’imprimere allo scafo la notevole velocità di crociera di 12 nodi.

 

L’ IMMERSIONE

 

Ci immergiamo sul Carnatic arrivando con il tender della m/n Excellence sulla verticale del relitto che è adagiato sulla fiancata di sinistra a 27 metri di profondità. Lo scafo dopo più di un secolo dalla data dell’affondamento appare molto corroso dal mare, ma grazie alla ricca fauna sessile che ricopre totalmente le sue strutture è ricco di colore e d’interesse biologico. Dopo una prima ricognizione che ci permette una visione generale delle strutture dello scafo, scendiamo sulla zona poppiera orientata verso il largo sulla quale si aprono i finestroni che davano luce al salone di prima classe. Il timone è ancora integro così come la poderosa elica a tre pale. Dopo avere esplorato la poppa, ci allontaniamo un poco dallo scafo, seguendo i due alberi appoggiati sul fondo che puntano verso l’esterno e ci troviamo nella zona centrale del relitto, quella che cedette di schianto nell’urto contro il reef.

La zona di prua è integra anche se le assi dei ponti sono sparite e riusciamo facilmente a penetrare all’interno delle stive, dove si vedono le robuste strutture metalliche che un tempo sostenevano il ponte di legno della coperta oggi totalmente corroso e che creano larghe fenditure permettendo ai raggi del sole di formare sorprendenti giochi di luce. Le zone più in ombra sono abitate da nugoli di Glassfish. All’interno delle stive sino a pochi anni fa erano ancora visibili le casse contenenti le bottiglie di vino e quelle ovoidali di soda con impresso sul vetro il nome dei porti di destinazione di Bombay e Calcutta, purtroppo, ormai si vedono solo dei cocci di vetro mentre le bottiglie sono state “prelevate” come souvenir dai molti subacquei che visitano il relitto, e hanno privato il Carnatic di uno degli aspetti più affascinanti della sua storia. Ci consoliamo nuotando assieme ad un delfino che ci segue sino a quando risaliamo in superficie dopo una quarantina di minuti.

 

Relitto del "Chrisoula K."

 

Informazioni sul relitto

·                    Nazionalità: Greco

·                    Caratteristiche: nave mercantile

·                    Costruita: 1954

·                    Affondata: settembre 1981

·                    Lunghezza: 120 metri circa

·                    Stazza: 3.700 tonnellate

 

Informazioni sull’immersione

·                    Data: 12 aprile 2008

·                    Ora entrata: 06:57

·                    Ora uscita: 07:45

·                    Tempo tot: 48 min.  No dec

·                    Temperatura: 20°C

·                    Visibilità: ottima 40 metri

·                    Corrente: assente

·                    Mare: molto mosso

·                    Profondità max: 26 metri

·                    Visita interni: si

·                    Biologia: cernie, murene, napoleoni, coralli molli, alcionari

LA STORIA


Nell’agosto del 1981 il cargo greco Chrisoula K. al comando del capitano Kanellis si trovava in Italia. Terminate le operazioni di carico composto da piastrelle di fabbricazione italiana, la nave salpò diretta a Jeddah in Arabia Saudita. Era l’alba quando il Chrisoula K. mollava gli ormeggi per attraversare il tratto di canale che collega Suez con lo stretto di Gobal. Per oltre due giorni il capitano era stato impegnato a fondo per ottenere i permessi di navigazione, perciò, uscito dal canale, decise di andare a riposare e di affidare il comando della nave ad uno dei suoi ufficiali: con Jeddah a 600 miglia di distanza pensò di avere tutto il tempo per un meritato riposo. Ma il suo riposo durò poco, dato che il capitano Kanellis venne svegliato di soprassalto da un fragoroso rumore. Con i motori a tutta forza la nave era andata a centrare il lato nord orientale del reef di Abu Nuhas. Era il 31 agosto 1981 e la nave nel tremendo impatto fu irrimediabilmente danneggiata. La violenza dell’urto sulla barriera corallina fu tale che determinò il completo distacco della prua. Questa rimase sulla sommità del reef per diversi anni, fino a quando i marosi la disintegrarono completamente. Nell’incidente fortunatamente non ci furono vittime e tutto l’equipaggio riuscì a mettersi in salvo grazie ai soccorsi giunti tempestivamente da Suez. Probabilmente le cause dell’incidente non furono tanto le avverse condizioni atmosferiche che spinsero fuori rotta la nave, quanto piuttosto un errore umano. A confermare questa ipotesi è la forte velocità con cui l’imbarcazione investì il reef di Abu Nuhas, come se l’equipaggio preposto alla navigazione fosse assolutamente certo della rotta e quindi sicuro di attraversare un tratto di mare privo d’insidie. Ma così non fu e la violenza dell’urto sulla barriera corallina fu tale che determinò l’immediato affondamento della nave con tutto il suo carico.

 

 

LA NAVE

 

Il "Chrisoula K." è un cargo costruito in Germania presso il porto baltico di Lubeck, varato nel 1954 con il nome di Dora Oldendorf. La nave cambiò società armatrice nel 1970 e venne chiamata Anna B e con questo nome navigò fino al 1979 quando venne definitivamente prelevata dalla Clarion Company Marina, società armatrice greca che la ribattezzò col nome di Chrisoula K. Lunga 98 metri e larga 14,8 per una stazza di 3.720 tonnellate, questa nave era alimentata da un motore diesel a 9 cilindri per 2.700 cavalli di potenza costruito dalla Masch, Augusta-Nuernberg di Augusta nel cuore della Baviera.

L’IMMERSIONE


Con il tender arriviamo sulla verticale del relitto e scendiamo sulla poppa della nave a 25 metri di profondità, dove osserviamo il timone e la grande elica a quattro pale. Continuando a nuotare lungo il lato di dritta e risalendo vediamo apparire, reclinato sul fondale, uno dei bighi di carico, mentre poco più in là, alla profondità di 19 metri, si trova il fumaiolo. Proseguiamo l’immersione lungo il ponte e raggiungiamo le aperture delle stive, dove si vede ancora il carico composto da casse di piastrelle con su scritto “Made in Italy”. Prestando attenzione a non sollevare il sottile strato fangoso presente all’interno delle stive, entriamo nella sala macchine dove troneggia il grosso motore 9 cilindri avvolto dalla ruggine, mentre sparse qua e là si vedono anche varie attrezzature da lavoro.
L’interno delle stive è particolarmente scenografico grazie alla luce che penetra attraverso gli oblò e i portelloni di carico e alla presenza di fitti branchi di Glassfish che guizzano veloci nella penombra, mentre le lamiere esterne appaiono tutte colonizzate da varie creature sessili, che insieme al pesce corallino avvolgono di colore l’intero relitto. Proseguiamo  entrando nel ponte di comando e nelle cabine, poi nuotiamo verso prua e raggiungiamo la zona del troncone di prua dove a mezz’acqua si vedono nuotare grandi branchi di Platax (pesci pipistrello). Nuotando lungo quello che rimane del ponte superiore raggiungiamo la zona di prua completamente devastata dalle onde del mare e spostandoci verso la parete del reef vediamo le murate di prua appoggiate sul fondo e un continuo susseguirsi di lamiere contorte, che sono tutto ciò che rimane della prua affilata della nave. A ridosso della zona di prua, appoggiato sul corallo, si trova l’occhio di cubia dal quale fuoriesce la catena dell’ancora. Una volta riemersi, notiamo sulla superficie del reef  un profondo solco causato dal forte impatto della nave, che ci fa immaginare la violenza con cui il Chrisoula K. investì il reef di Abu Nuhas prima di naufragare.

 

Relitto del "El MinYa" o "AL MINA"

 

Informazioni sul relitto

·                    Nazionalità: egiziana

·                    Caratteristiche: dragamine

·                    Costruita: n.d.

·                    Affondata: 1967

·                    Lunghezza: 70 metri

·                    Stazza: n.d.

 

Informazioni sull’immersione

·                    Data: 12 aprile 2008

·                    Ora entrata: 12:30

·                    Ora uscita: 13:10

·                    Tempo tot: 40 min.  Deco 5 min.  a 3 m.

·                    Temperatura: 20°C

·                    Visibilità: scarsa/buona 15-20 metri

·                    Corrente: media

·                    Mare: calmo

·                    Profondità max: 30 metri

·                    Visita interni: no

·                    Biologia: barracuda, murene, glassfish, coralli molli, alcionari

LA STORIA


Non si sa molto di questa piccola nave militare affondata ad est del vecchio porto di Hurghada. La nave della marina militare egiziana fu affondata nel 1967 nel corso della Guerra dei Sei Giorni dai cacciabombardieri israeliani. Dai racconti dei vecchi pescatori locali la storia di questo affondamento appare leggermente diversa da come viene descritta normalmente: si racconta infatti di un gommone kamikaze carico di esplosivo che fu mandato a sbattere contro il lato destro della nave, creando una grossa falla che ne ha generato l’affondamento.

LA NAVE

Il dragamine è denominato “El Minya”, ma questo non è il suo vero nome: si tratta solo di un nome datogli dagli egiziani subito dopo l’affondamento che in arabo significa “porto”, ovvero il luogo dove la nave è affondata, proprio davanti al porto vecchio di Hurgada.

La nave è lunga circa 70 metri ed è munita di argani per il dragaggio delle mine e di due batterie antiaeree composte da due mitragliatrici, posizionate la prima di fronte al castello di comando e la seconda nella zona poppiera, mentre l’artiglieria di prua è stata con molta probabilità rimossa.


L’IMMERSIONE

La m/n "Excellence" ormeggia direttamente sul relitto che si trova adagiato sulla fiancata di sinistra su un fondale tra i 25 e i 32 metri. Scendiamo sulla cima e arriviamo rapidamente al relitto, posizionato con la prua orientata verso nord ovest e la poppa a nord est. L’immersione è relativamente semplice e può essere effettuata con tutta tranquillità considerando che, a parte il relitto, tutt’intorno non c'è nulla di interessante. Il fondale di origine rocciosa è ricoperto da un sottile strato di sabbia, perciò l’acqua non è molto trasparente ed è quindi difficile poter vedere la nave in tutta la sua totalità. Scesi in acqua, ci dirigiamo direttamente sulla zona di prua dove si vede l’ancora di destra ancora inserita all’interno dell’occhio di cubia, mentre quella di sinistra è completamente insabbiata e si vede soltanto la lunga catena che si protende verso l’esterno per diverse decine di metri. Tra la prua e il fondale vi sono piccole gorgonie gialle e nuotano dei gruppi di Pterois volitans.
Seguendo il ponte, osserviamo alcuni argani e poi raggiungiamo la parte più interessante della nave, ovvero il castello di comando dove si vede la prima mitragliatrice situata di fronte alla cabina. Subito dietro al castello di comando si trova un piccolo boccaporto aperto, all’interno del quale si può accedere nelle stive che peraltro risultano completamente vuote e di poco interesse. Entriamo. Internamente ci sono diversi cavi elettrici penzolanti, qualche bomba e poco più. Si riconosce inoltre lo scivolo che serviva per il trasporto delle bombe. Continuando nella perlustrazione, raggiungiamo la poppa dove è posizionata una seconda mitragliatrice che è particolarmente concrezionata. Nuotiamo intorno al timone a mezz’acqua e osserviamo le due eliche, a quella più alta delle quali mancano due pale.
L’accesso all’interno delle stive potrebbe essere effettuato attraverso lo squarcio provocato dall’esplosione sulla fiancata, ma preferiamo evitarlo, considerati gli spazi particolarmente ridotti e il sottile strato ferruginoso che riveste completamente le strutture del relitto. Una fitta nuvola di Glassfish è presente proprio all’imboccatura dello squarcio. Tutt’intorno al relitto, disseminati sulla superficie, si possono ancora trovare diversi resti del carico del dragamine. Interessanti sono i falsi siluri di supporto (quelli utilizzati per le operazioni di dragaggio "a sciabica") e una grossa radio a valvole. Dopo una ventina di minuti trascorsi a 30 metri di profondità comincio ad accumulare deco, che smaltisco in risalita attaccato alla cima in una forte corrente, mentre l’acqua man mano che risaliamo diventa sempre più torbida.

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