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IL SOCCORSO AL
SUBACQUEO IN DIFFICOLTA'
di Giovanni Testa
www.bluweb.it
Trovarsi di
fronte ad un subacqueo in difficoltà o in pericolo è
sicuramente una delle situazioni più drammatiche che ci può
capitare sott’acqua ed è la situazione in cui bisogna agire
senza indugio, con assoluta freddezza, determinazione ed
efficienza.
Tutte le
didattiche prevedono esercizi in cui si simula generalmente
il recupero dal fondo di un sub colto da malore e il
successivo trasporto a nuoto verso l’imbarcazione appoggio o
la riva. Sono naturalmente esercitazioni che hanno poco o
nulla di realistico, con il sub “infortunato” tranquillo,
che collabora senza agitarsi. Un po’ come certe arti
marziali che ti vogliono convincere che riuscirai a stendere
un pericoloso avversario armato di coltello, chiaramente sul
tappetino della palestra, con un antagonista anche lui
collaborativo come un agnellino e con un coltello di gomma.
La realtà, invece, è sempre un tantino diversa. |
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Sopra: il soccorritore
pratica la respirazione artificiale al sub
infortunato.
Sotto: somministrazione di
ossigeno all'infortunato. |
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Vediamo quali
sono le varie situazioni che si possono presentare.
Un buon
subacqueo è anche quello che è ha un atteggiamento sempre
presente e vigile nei confronti del compagno d’immersione.
Questa abilità consiste nel saper prevedere e anticipare
eventuali situazioni anomale, in modo da poter intervenire e
risolverle sul nascere, prima che esplodano diventando di
più gravi o addirittura ingestibili. Se ne parla tanto, ma
quello che occorre fare è davvero molto semplice: guardarsi
spesso, controllare a vicenda la propria attrezzatura e il
comportamento, pronti a cogliere la minima anomalia prima
che si trasformi in un guaio più grosso.
Osservare se
il nostro compagno ha lo sguardo assente e imbambolato, se
fa movimenti strani e inconcludenti, se il suo
pinneggiamento è poco o affatto efficace, se respira
affannosamente, se ha perdita d’aria dalla rubinetteria, da
un primo stadio o da una valvola del GAV, se ha un
cinghiaggio allentato o sganciato, se una parte
dell’attrezzatura penzola e rischia d’impigliarsi.
A volte basta
la presenza sollecita e rassicurante del compagno per far
rientrare rapidamente situazioni che possono altrettanto
velocemente precipitare e virare verso il disastro, basta il
semplice contatto fisico, il porgere l’erogatore di scorta o
aiutare a trovare il proprio che non è più al suo posto,
chiudere un rubinetto che perde, serrare meglio una valvola
del GAV.
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Se
il nostro compagno è impegnato in un’operazione faticosa
che può facilmente portarlo in affanno come sistemare o
disincagliare l’ancora lottando contro la corrente o
predisporre un sistema di risalita d’emergenza, non
stiamocene tranquilli in disparte ad assistere passivi ma
chiediamoci cosa possiamo fare per essere realmente d’aiuto
senza arrecare impaccio o confusione.
Se
il nostro compagno ci segnala di sentirsi male, ma si
mantiene cosciente, la sua assistenza diventa priorità
assoluta. Si avvisa un altro componente del gruppo, se
presente, quindi si stabilisce il contatto fisico col sub in
difficoltà e lo si riconduce senza indugio verso la cima di
risalita o il punto di emersione più vicino. A volte si
tratta solo di malesseri passeggeri, come capogiri dovuti a
errata o frettolosa compensazione o affanno. In questo caso
può essere opportuno sostare qualche secondo e invitare il
sub a respirare lentamente e profondamente per eliminare
l’anidride carbonica in eccesso, quindi sarà lui stesso a
decidere se continuare l’immersione o interromperla
comunque.
Se
il nostro compagno è in evidente stato di narcosi, non
reagisce agli stimoli esterni o appare addirittura
insofferente nei nostri confronti, non avvicinarlo mai di
fronte, ove un suo gesto inconsulto può strapparci la
maschera o l’erogatore, aggirarlo invece e afferrarlo
saldamente per la rubinetteria, restando più in alto delle
sue spalle e fuori dalla portata delle sue mani. Iniziare la
risalita lentamente, curando che non sputi l’erogatore.
Generalmente, dopo pochi metri, i sintomi della narcosi
regrediscono e il sub colpito ritrova il suo controllo.
Valutare bene il suo stato e, come buona norma, concludere
l’immersione. |
Ora poniamo il
caso di trovarci di fronte al nostro compagno colpito da
malore grave, con perdita dei sensi. La situazione
impone un’unica soluzione: riguadagnare immediatamente la
superficie. In questi casi i margini di reazione si
restringono notevolmente, anche alla luce del fatto che
solitamente utilizziamo normali attrezzature scuba e non
granfacciali, comunicatori, caschetti, ombelicali e cime
guida che, in caso di svenimento, precludono il rischio di
annegamento dell’operatore, dilatando i tempi di recupero.
Anche in questo caso allertiamo un altro compagno e
assicuriamoci per prima cosa che il sub svenuto possa
continuare a respirare. Manteniamogli l’erogatore in bocca e
cominciamo senza indugio il suo trasporto verso la
superficie. Solo in caso di assoluta emergenza sganceremo la
sua zavorra, ma mai la nostra. Se ci dovesse sfuggire di
mano, l’eccessivo assetto positivo ci farebbe allontanare
subito da lui, impedendoci di continuare l’operazione di
salvataggio. |
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E’ bene che le
zavorre restino al loro posto, dal momento che sicuramente
dovremo ottemperare agli obblighi decompressivi, anche se
solo a scopo precauzionale se il tutto capita quando siamo
ancora in curva di sicurezza. Regoliamo la risalita agendo
sul comando del GAV del sub in difficoltà ma con attenzione,
evitando pallonate incontrollate che ci costringerebbero ad
abbandonarlo. In queste situazioni, fondamentale è l’apporto
di un altro subacqueo, dato che un simile intervento può
veramente essere al di sopra delle nostre forze, portandoci
rapidamente all’affanno e nell’impossibilità di proseguire.
Durante la risalita è reale il rischio di barotraumi, se il
sub svenuto non espira regolarmente, soprattutto tra i 20
metri e la superficie, dove le differenze pressorie sono
maggiori. |
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Se il sub
svenuto ha perso l’erogatore non perdere tempo nel
cercare di rimetterglielo in bocca, guadagnare la superficie
e accertarsi che espiri, tenendogli il capo iperesteso
all’indietro, in modo da assicurare la pervietà delle vie
respiratorie. Compito del sub o dei sub che eseguono
l’operazione sarà di focalizzare la massima attenzione su
ogni fase dell’operazione prevedendo e, se il caso,
anticipando ogni imprevisto, sforzo, situazione che
potrebbero ostacolare il recupero. Fondamentale in questi
casi la perfetta e completa sintonia con la barca appoggio
che prevede la presenza di un barcaiolo esperto, conscio
delle problematiche dei subacquei e che sia sempre vigile,
piuttosto che impegnato nella tintarella o a tubare al
cellulare con la ragazza.
Se
l’incidente avviene lontano dalla cima dell’ancora è
bene che un sub del gruppo lanci immediatamente la boa
gonfiabile, non solo per segnalare alla barca il nuovo punto
di riemersione, ma anche per creare una stabile linea di
appoggio. |
E' bene
avere con sé sempre due boe, una rossa e una gialla. Si
può così stabilire una sorta di codice con chi resta in
barca: per esempio la boa gialla potrà significare una
risalita in un punto diverso ma senza problemi, quella rossa
un’emergenza qualsiasi, come l’esaurimento del gas.
Una volta
condotto il sub svenuto in superficie si dovranno comunque
attuare tutte le procedure di emergenza, come la
rianimazione cardiopolmonare, se necessaria, la
somministrazione di ossigeno puro e trattare il soggetto
come possibile embolizzato, allertando tutte le strutture
del caso (il 118, la camera iperbarica, ecc.). |
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